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Capitolo primo.
Il ruolo della stampa nel corso dei secoli.
1.1. Quando è il dolore a fare notizia.
Durante il corso della sua storia, l‟arte di produrre e veicolare notizie si è evoluta
notevolmente. Dalla yellow press in poi, però, accanto a un tipo di giornalismo serio, misurato, in
cui le fonti sono verificate e attendibili e che ha come scopo quello lodevole di informare gli esseri
viventi su tutto ciò che li circonda, è sempre convissuto un tipo di giornalismo dagli intenti molto
meno nobili, dai toni più urlati, che mira in speciale modo all‟appagamento della curiosità
fisiologica presente in ciascun essere umano e, soprattutto, al più lauto guadagno possibile
attraverso la vendita delle copie del giornale.
Il giornalismo è stato, poi, di volta in volta, voce dei regimi totalitari e del loro sistema di
propaganda, veicolo di protesta, altoparlante per campagne elettorali, mezzo per la propagazione
della cultura e della lingua, triste portavoce delle terribili conseguenze delle varie guerre.
Esso ha dovuto, inoltre, adattarsi a cambiamenti epocali, come l‟arrivo di radio e tv, e,
recentemente, la nascita di internet. E‟ sempre e comunque riuscito, però, a rimanere a passo con i
tempi.
Sebbene non abbia lo stesso potere fascinatorio che le immagini televisive in movimento e
magari in diretta hanno, il carattere tipografico, la sua grandezza e i suoi colori, uniti a giochi di
parole, modi di dire, espressioni colorite e fotografie, riescono bene a far presa sul lettore, anche e
soprattutto se le notizie riguardano temi scottanti, come quelle che riguardano il dolore.
Sia che si tratti di un tipo di dolore fisico, che di eventi spiacevoli che toccano i non tangibili
sentimenti delle persone, quando un giornale affronta temi del genere, gli articoli che li trattano
saranno sicuramente tra i più letti.
In passato il dolore era quel qualcosa di misterioso, e per certi lati inspiegabile, che ogni
persona viveva nella propria intimità. In certi gruppi sociali, soffrire era un atto da vivere per conto
proprio, da non mostrare agli altri, e, a volte, riservato solo a determinate categorie. Con lo sviluppo
e l‟evoluzione della carta stampata prima, e di radio, tv e internet poi, i sentimenti umani, e in
particolare il dolore, vengono ora pubblicamente manifestati, esposti, ostentanti e spesso a
dismisura.
Sono nati, così, una serie di programmi tv, per esempio, in cui gente comune si siede in un
salotto televisivo e racconta le proprie vicissitudini, non certo allegre, alla figura del presentatore e
al pubblico a casa. O, ancora, sono state spese le proverbiali pagine di inchiostro in quotidiani e
riviste, per parlare di casi di cronaca nera con figure professionali (quali psicologi, criminologi,
ecc.), chiamate ad analizzare comportamenti e sentimenti di vittime e carnefici. La cronaca rosa è,
poi, intrisa di storie di tradimenti o amori impossibili, contornati dal dolore dei protagonisti. Non
ultimi, i reality show, programmi in cui i partecipanti si sottopongono a un costante monitoraggio
da parte di telecamere che ne spiano stati d‟animo e reazioni 24 ore su 24. Infine, da ricordare sono
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anche le soap opera
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, anche dette “telenovele”, in cui tutti i sentimenti vengono portati ai massimi
livelli.
L‟editore di un giornale, ai giorni nostri sa che se vuole che numerose copie del suo giornale
vengano vendute, dovrà raccontare a proposito di un fatto doloroso, che riguardi un personaggio
famoso o meno. Nel primo caso, a seconda della simpatia o antipatia provata verso il personaggio in
questione, il lettore proverà pena o gioirà del suo dolore; nel secondo caso, trovandosi allo stesso
livello della persona non famosa, il lettore medio rivedrà nella vittima sé stesso.
Vi sono, inoltre, casi in cui le vicende narrate sono così dolorose e spiacevoli da rasentare la
fantasia. In quel caso, il lettore che legge queste notizie esorcizza le proprie paure, quasi le sublima.
In Italia, uno di questi casi è stato quello del giovane Alfredo Rampi.
1.2. L’emblema italiano: Alfredo Rampi.
Il 10 giugno 1981, un bambino di 6 anni, Alfredo Rampi, cade in un pozzo largo 30 centimetri
e profondo 80 metri, bloccandosi all‟altezza di 35-36 metri, nelle campagne della città di Vermicino.
Una volta che la notizia si propaga, arrivano sul posto decine di giornalisti, che danno vita a quella
che sarebbe stata la diretta TV più lunga (e terribile) della storia del giornalismo italiano. La zona
dell‟incidente si trasforma in set televisivo - cinematografico, un set non-stop della durata di ben 18
ore. Una storia vera, il dramma di persone reali, il dolore di un bambino e dei suoi familiari che
diventa un macabro reality, una soap-opera dall‟esito mediatico fortunato.
Il dolore non fu più uno dei tanti elementi a fare di una notizia una notizia, ma era divenne
esso stesso notizia. Questo evento, certo, non fu pianificato, non fino in fondo almeno, e sfuggì al
controllo. Successe per caso che si accendesse una telecamera, poi tre, quattro, decine, su un evento
che, a prima vista poteva forse sembrare ai più ingenui facilmente risolvibile. Tuttavia, nemmeno
quando la situazione si fece via via sempre più tragica, col passare delle ore, si scelse di spegnere le
telecamere, di interrompere la diretta, almeno non fino a che non si giunse al terribile esito. Questo
accadde, in primo luogo, perché il pubblico di spettatori, pieno di speranza e di una dose di morbosa
curiosità, voleva “godersi” lo spettacolo sino alla fine e privarli degli aggiornamenti in tempo reale
sarebbe stato quasi impossibile, e, secondariamente, successe perché gli addetti al lavoro scoprirono
come parlare di certi argomenti fosse conveniente, “facesse audience”.
Nacque quel giorno la cosiddetta “TV del dolore”, una tv falsa, ipocrita, terribile, che ha sì al
centro dei suoi servizi, dei suoi programmi, il dolore degli altri, ma che contemporaneamente, lungi
dal preoccuparsene veramente, ci passa sopra, lo calpesta in nome dei dati di ascolto, dell‟audience,
del commercio e della vendita di questo stesso dolore.
La TV mandò in onda un dramma collettivo, tenne unita una nazione, scomodò persino il
Presidente della Repubblica, a riprova del fatto di essere diventata quel “villaggio globale” di cui
nel 1964 il sociologo canadese Marshall McLuhan aveva parlato, capace di collegare tutto il mondo
in un‟unica rete di informazioni.
E‟ questa una tv che interrompe qualsiasi confine tra vita privata e pubblica, che crea dei veri
e propri “casi mediatici”, entra nei fatti e a volte li modifica. A Vermicino successe, però, anche il
contrario. Fu l‟evento a modificare la tv e il giornalismo in generale. Non si poté spegnere
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Spettacolo teatrale, e quindi radiofonico e televisivo, prodotto in serie, con un numero molto alto e non prestabilito di
puntate a cadenza giornaliera, che raccontano le vicende per lo più sentimentali di un gruppo ristretto di personaggi, la
cui composizione può mutare in funzione degli sviluppi, spesso clamorosi e improbabili, della trama; la soap opera si
caratterizza per i bassi costi di produzione e la mediocre qualità delle riprese (quasi sempre in interni).
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l‟interruttore perché i fatti non lo permisero. Al contempo non si evitò di sfruttare l‟emotività di
quegli avvenimenti. Il “villaggio globale” fa sentire, infatti, ciascuno di noi parte di un tutto su cui
bisogna essere costantemente aggiornati.
La triste storia di Alfredino Rampi è il primo e involontario reality della storia della
televisione italiana, un “Grande Fratello” che rispose e risponderebbe tuttora eccellentemente alla
fame di informazione, alla bulimia giornalistica, alla ricerca del particolare angosciante, macabro,
scabroso, che caratterizza il giornalismo dei giorni nostri.
Seppure con intrecci e sviluppi differenti, da un punto di vista giornalistico i casi di Alfredo
Rampi e Natascha Kampusch avranno in comune molto. Entrambi presenteranno elementi di
familiarizzazione, semplificazione, personalizzazione, melodrammatizzazione, visualizzazione,
spettacolarizzazione e sensazionalizzazione, basi del peggiore giornalismo scandalistico.
Capitolo secondo.
I media di fronte al caso Natascha Kampusch.
2.1. Per un’analisi del caso attraverso i quotidiani: corpus e struttura.
Per organizzare meglio il lavoro, la mia analisi della trattazione del caso Kampusch nella
stampa è stata suddivisa in due parti. Nella prima parte, ho analizzato come sei importanti
quotidiani (due austriaci, due francesi, uno tedesco e uno inglese) abbiano dato la notizia della
ricomparsa di Natascha Kampusch. Per fare questo, ho letto criticamente e tradotto i testi relativi al
24 agosto 2006 (in un caso la notizia è stata data, in forma ufficiosa, già il 23 agosto 2006),
soffermandomi, nei casi in cui sia stato possibile, anche nell‟attenta analisi delle copertine dei
suddetti quotidiani e nelle immagini che accompagnavano gli articoli. Mi sono di volta in volta
soffermata su ogni singolo articolo, redigendo delle apposite tabelle in cui vengono ordinati i vari
elementi ricercati nei testi. Per una più ampia e facile fruizione, ogni tabella in lingua originale è
accompagnata da un‟ulteriore tabella con i vocaboli e le espressioni tradotti in italiano. Va precisato
che in alcuni casi gli articoli, non potendo essere rintracciati nel loro formato cartaceo, sono stati
quelli delle edizioni online dei quotidiani.
Nella seconda parte mi sono concentrata sul quotidiano Kronen Zeitung, analizzando come
esso abbia trattato il caso nel corso della settimana successiva alla ricomparsa della ragazza (25-31
agosto 2006).
L‟analisi degli articoli di giornale dei sette quotidiani da me scelti è stata effettuata ricercando
in essi elementi di:
- sensazionalismo;
- affetto e compassione (nel suo originario significato di “patire con”) nei confronti della
vittima;
- mistero;
- paura e orrore;
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Ho, inoltre, rintracciato dettagli sui personaggi delle vicende e particolari intimi (o, comunque,
appartenenti alla sfera del privato) della ragazza o del suo aggressore.
Nel caso dell‟analisi della settimana del Kronen Zeitung, ho prestato attenzione anche alla
presenza di elementi riguardanti la sfera sessuale e agli intervanti di figure professionali (psicologi,
criminologi, etc.). Sono stati presi in considerazione solo gli articoli salienti e quelli di cui si
avevano a disposizione i testi nella loro struttura originale e le immagini.
Qualora si sia trattato di un commento e non di una semplice cronaca, è stato esplicitamente
scritto. Al giorno d‟oggi, è comunque necessario precisare, risulta spesse volte complicato riuscire a
distinguere nettamente quando ci si trovi di fronte a un articolo di cronaca, oggettiva e impersonale,
oppure a un commento. Sono frequenti, infatti, gli articoli ibridi, a metà strada tra la notizia e il
commento.
Tutto il lavoro è stato svolto al fine di dimostrare come vi siano enormi differenze nella
costruzione di una notizia a seconda dello scopo che il giornalista /il direttore vuole con essa
raggiungere e, come, nel caso di notizie che trattino di un evento spiacevole o del dolore di una
persona, i suddetti elementi spesso abbondino. Nel caso la notizia sia, inoltre, un vero e proprio
colpo di scena (come in quello della Kampusch), gli articoli dovranno essere ancora più espressivi,
in modo da riuscire a catturare l‟attenzione del lettore, suscitare la sua curiosità, risvegliare in lui
determinati sentimenti e, in un certo senso, fidelizzarlo, cosicché egli si interessi all‟evento tanto da
acquistare nuovamente il giornale, quando nei giorni successivi esso non mancherà di parlare
ancora della notizia e in modo ancora più dettagliato.
2.2. Come sei famosi quotidiani hanno scelto di dare la notizia.
2.2.1. DIE KRONEN ZEITUNG. (Austria)
Il 24 agosto 2006 il quotidiano austriaco “Kronen Zeitung” esce con una copertina (Immagine
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Il titolo, “Natascha lebt!” (“Natascha vive!”), di tipo espressivo, è a caratteri cubitali e
termina con un punto esclamativo, a sottolineare maggiormente il carattere sensazionalistico della
notizia. L‟occhiello recita “Nach acht Jahre in der Hölle:” (“Dopo otto anni all‟inferno:”), col
termine “inferno” che trasmette appieno la sensazione e il clima di paura e terrore nella quale la
ragazza è vissuta. Una piccola frase posta sotto al titolo anticipa che ben sette pagine di cronaca con
tanto di fotografie verranno dedicate alla storia della giovane. In primo piano è presente una grande
foto della ragazza avvolta in una coperta, con al suo fianco un uomo e una poliziotta. Al lato, sulla
destra, due foto (simili a delle fototessere), rispettivamente di Natascha bambina nel 1998 e del suo
sequestratore. Da notare come nel riquadro posto sotto le foto, in cui è incluso il catenaccio, in
basso a destra, dove la notizia viene riassunta e precisata, Wolfgang Priklopil venga appellato con il
termine “Sexbestie” (ossia, bestia sessuale), sebbene ancora non si sapesse granché riguardo ciò che
fosse di preciso successo alla ragazza.