2
L’argomento che verrà trattato in questo lavoro riguarda una di queste
storie: la realizzazione di una importantissima fonte di informazioni segrete
che il generale Eisenhower ha definito “fattore decisivo nella vittoria alleata”
1
,
fonte nota come ULTRA, preziosa sorgente di informazioni che ha permesso
la decrittazione di ENIGMA, il codice segreto tedesco, realizzata durante la
guerra da Frederick W. Winterbotham, ufficiale del Servizio Informazioni
dello Stato Maggiore dell'Aeronautica inglese , in collaborazione con eccellenti
scienziati.
Ma questo elaborato tratterà soprattutto le conseguenze che l’attività
dell’Intelligence britannico ha avuto sulla Marina Militare italiana, che ne è stata
la più colpita; l’efficacia e gli effetti di ULTRA hanno avuto un’importanza
decisiva nelle singole battaglie navali del Mediterraneo e la documentazione
emersa dagli archivi britannici dal 1974 ad oggi solleva finalmente un fitto
velo, gettando nuova luce su una serie di tragici avvenimenti in cui è stata
impegnata la nostra Marina, da Capo Matapan alle battaglie dei convogli:
nessun tradimento italiano, solo una superiorità tecnico-scientifica del nemico,
sottovalutata dal nostro comando. Ora, finalmente, si conoscono gli
avvenimenti “così come sono e non come dovrebbero essere”, come
affermava Giovanni Giolitti.
Il conflitto nel Mediterraneo è stato certamente una guerra di trasporti
marittimi in cui, quindi, non gli scontri navali ma la lotta per i convogli ha
avuto primaria rilevanza strategica. La Marina italiana ha avuto di fronte un
apparato misterioso ed intelligente, in grado di fornire elementi di guida agli
operatori militari avversari, che hanno quindi potuto utilizzare al meglio i
propri mezzi, in ciò facilitati anche dall’incomprensione italiana.
2
Da parte
britannica, d’altronde, si è fatto di tutto per alimentare questa incapacità di
comprensione: ULTRA è stato usato in maniera intelligente e spregiudicata,
1
D.D. Eisenhower, Lettera inviata al capo del Servizio Segreto britannico, Generale Menzies,
luglio 1945, biblioteca presidenziale, Abilene, Kansas.
2
M. Gabriele, Prefazione a S. Santoni, Il vero traditore, Mursia Editore, Milano, 2005
pp. 1-4
3
rinunciando, se opportuno, ad utilizzare informazioni acquisite e giungendo,
in qualche caso, ad attaccare navi che trasportavano prigionieri alleati.
3
Prima ancora, però, verrà trattato un altro argomento altrettanto
importante, anzi, forse più importante: il reale stato delle nostre Forze Armate
allo scoppio della seconda guerra mondiale. Si dovrà, purtroppo, sottolineare
la grande impreparazione in termini di mezzi e di addestramento e la cecità
dei capi militari, trascinati o obbligati al silenzio anche dalle molte illusioni di
Mussolini in seguito all’esito vittorioso delle guerre d’Etiopia e di Spagna;
tutto questo avrebbe precipitato una nazione ed un esercito in un conflitto
dalle connotazioni assolutamente diverse da qualsiasi guerra mai combattuta
fino ad allora.
Le Forze Armate, soprattutto l’Arma navale, ebbero a disposizione,
rispetto al nemico, mezzi nettamente inferiori per numero e tecnologia e
truppe con alto senso del dovere ed amor di patria usate, però, senza
l’addestramento necessario in manovre inutili ed autodistruttive che
sorprendevano anche i nemici: ci furono grandi atti di eroismo, ma anche
tante morti inutili.
Grazie ai dati emersi dal Public Record Office di Kew Gardens e dalle
testimonianze di chi era presente in quei momenti ed in quei luoghi, è
possibile e doveroso rivedere e completare quanto già conosciuto, sia per
ricordare in modo degno coloro che “si sono imbarcati per l’ultimo viaggio
senza sapere di avere contro tutto”, sia per ridare credibilità alla nostra
storiografia della guerra in generale, e navale in particolare. Solo così sarà
possibile, senza la turpe ombra del tradimento, rivalutare la professionalità e
l’eroismo dei combattenti, siano essi italiani, tedeschi o alleati.
Allora la narrazione coinciderà con la verità, senza la quale non vi può
essere STORIA.
3
Ibidem
4
CAPITOLO I
LA POLITICA NAVALE DURANTE IL FASCISMO
Questo voglio, così ordino: la mia volontà
valga al posto dell’argomentazione.
Giovenale Satire
E’ importante, prima di affrontare l’argomento delle battaglie nel
Mediterraneo, esaminare criticamente la strategia e l’esercizio del comando nel
periodo che precedette l’entrata in guerra.
La Regia Marina, dopo la prima guerra mondiale, era quasi del tutto
sprovvista di navi moderne per poter affrontare le principali potenze europee;
mancava soprattutto una concezione rivoluzionaria della strategia militare
nella preparazione di un conflitto del tutto diverso da quelli combattuti fino a
quel momento.
Le decisioni e le scelte relative degli uomini che esercitarono il comando
influirono notevolmente sui comportamenti operativi, causando perdite di
uomini e mezzi.
La documentazione che, nell’arco di sessant’anni, ha raccontato queste
vicende è stata a volte faziosa, frutto di convinzioni personali talvolta
assolutamente arbitrarie, perché scritta quando era trascorso troppo poco
tempo dagli avvenimenti, mentre un’analisi obiettiva dei fatti ha bisogno di
anni.
5
1.1 - Mussolini e la Marina
Nel marzo 1929, nella prima assemblea quinquennale del regime fascista,
Mussolini enunciò il principio dell’influenza della Marina sul grado di libertà
di azione politica, sintetizzandolo in poche parole: “La Marina costituisce la
gerarchia degli Stati”.
Per sua volontà la Marina Militare ebbe un grande sviluppo ma sempre
soggetto a direttive spesso contraddittorie, ad inesatte valutazioni della
situazione politico-strategica e soprattutto con poca attenzione all’importanza
della neonata Arma Aerea. D’altronde il rinnovamento della Marina costituì
motivo di grande orgoglio nazionale: le spettacolari riviste navali e la
propaganda diffusero nell’opinione pubblica un’illimitata fiducia nella capacità
bellica italiana sul mare.
In realtà, la Marina risultò inadeguatamente preparata nel momento del
bisogno; un complesso di cause aveva contribuito al fatto che l’effettiva
capacità bellica sul mare fosse inferiore a quella apparente: la difficile
cooperazione con l’Aeronautica, la deficienza numerica, tipologica ed
operativa dei reparti aerei destinati alla guerra sul mare, la mancanza di
portaerei, il comportamento contraddittorio tenuto dalla Marina nei rapporti
con il governo e con le altre Armi, l’incapacità dei vertici dello Stato Maggiore
nel capire che la guerra sul mare nel Mediterraneo sarebbe stata navale ed
aerea, resero inevitabile il disastro, avendo opposto un totale rifiuto alla
creazione di un’aviazione navale con base a terra o, almeno, di un’aviazione
marittima istituzionalmente destinata ad operare in mare e cooperante con la
Marina.
Nell’ottobre del 1922 il fascismo - avendo tra i suoi obiettivi la
rivalutazione della vittoria, la restaurazione del prestigio nazionale, il rispetto
dei combattenti e una rinnovata efficienza delle Forze Armate - conquistò il
potere grazie alla crisi sociale provocata dall’incombente minaccia bolscevica e
dal malcontento per le delusioni suscitate dai risultati della Conferenza di
Pace.
6
La saldatura tra il nuovo regime e le Forze Armate fu ratificata dalla nomina
a Ministri della Guerra e della Marina rispettivamente del Maresciallo d’Italia
Armando Diaz e del Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel e a
Sottosegretario di Stato per la Marina dell’Ammiraglio Costanzo Ciano.
L’accordo fu più formale che sostanziale poiché Mussolini, con il suo
carattere accentratore ed individualista, tendeva ad imporre il proprio pensiero
in questioni militari anche in opposizione ai giudizi di militari di grande
esperienza, come accadde nella questione di Corfù.
In quegli anni l’Aeronautica muoveva ancora i primi passi, ma offriva le
più rosee prospettive esaltate dal Generale Giulio Douhet, direttore dei
Servizi Aeronautici del Regio Esercito che, nel suo scritto del 1928 Probabili
aspetti della guerra futura, teorizzò l’importanza delle Forze aeree, il problema
aeronavale e la cooperazione aeromarittima, ipotizzando la costituzione
dell’Arma Aerea unica ed autonoma. Queste idee teorizzavano un assoluto
dominio dell’Arma Aerea sulle altre due Forze Armate, concentrando sulla
prima la massima disponibilità delle risorse finanziarie per la spesa militare e
riducendo, di fatto, ruolo ed impiego dei settori terrestre e navale.
Il Douhet sosteneva, e non a torto, così come sarebbe stato dimostrato in
seguito, che “è ormai sensazione comune che le guerre future si inizieranno
nell’aria e che grandi azioni aeree si effettueranno ancor prima della
dichiarazione di guerra, perché ognuno cercherà di sfruttare a suo beneficio il
vantaggio della sorpresa.”
4
Nel 1923 Mussolini deliberò l’accentramento delle Forze Aeree in un unico
organismo, istituendo il Commissariato per l’Aeronautica e sopprimendo di
fatto le aviazioni cooperanti che l’Esercito e la Marina avevano sviluppato. La
Marina, infatti, o meglio parte di essa, aveva compreso le grandi possibilità
offerte dall’Arma Aerea per l’esplorazione e l’attacco in mare ed aveva anche
fatto sensibili progressi negli esperimenti con gli aerosiluranti.
4
G.Douhet, Probabili aspetti della guerra futura, R. Sandron Editore, Palermo 1928, p.
10
7
Alla soppressione dell’Aviazione di marina si oppose strenuamente il
ministro Thaon di Revel che, soprattutto per questo motivo, si dimise nel
maggio 1925, sostituito dallo stesso Mussolini che trasformò il Commissariato
in Ministero dell’Aeronautica, creando così la terza Forza Armata.
Nonostante questo, in Italia la guerra aerea non era ancora, e non lo
sarebbe stata per lungo tempo, concepita come azione coordinata con le
operazioni terrestri e marittime, ma solo come azione parallela a quelle di
superficie, senza valutare l’importanza della tempestività dell’appoggio aereo e
quindi di un’Aviazione di marina nella realizzazione di un’organizzazione
efficiente di difesa e di offesa.
Dal gennaio 1922 aveva cominciato la sua attività l’Istituto di Guerra
Marittima di Livorno che cercava il nuovo orientamento della dottrina di
guerra, con lo studio di casi concreti e con la libera discussione; nel suo ruolo
di Ministro della Marina, nel 1925 Mussolini espresse idee di politica navale in
contrasto con quelle comunemente accettate negli ambienti marittimi italiani e
stranieri: non intendeva prestabilire un organico della flotta, come aveva
invece deciso la Francia che si atteneva ad uno Statuto navale, desiderando
che il suo sviluppo fosse regolato da programmi di carattere contingente. La
forza navale italiana era in piena crisi, soprattutto relativamente alle navi da
battaglia dei principali paesi europei. Era quindi necessario stabilire un
programma di organizzazione e realizzazione di una flotta degna di questo
nome.
8
1.2 - Il programma navale ed il riarmo nella fase prebellica
Sulla base delle idee e dei progetti del primo triennio di attività dell’Istituto
di Guerra Marittima, nel settembre 1927, fu sottoposto a Mussolini un
memorandum sui fondamenti di politica navale che constava di dieci punti
essenziali, cioè la necessità di definire un programma per assicurare una
relativa continuità di indirizzo nello sviluppo della flotta, la determinazione di
una politica navale adeguata alle esigenze di una eventuale guerra fra grandi
potenze, la comprensione dell’importanza strategica del Mediterraneo e di un
suo controllo da parte della Marina italiana coadiuvata dall’arma aerea, la
necessità di impiegare in modo coordinato le Forze Aeree e quelle navali,
sottolineando le particolari esigenze della guerra aerea sul mare e l’utilità delle
portaerei nel Mediterraneo, la necessità di adeguare lo sviluppo dei mezzi alle
esigenze del conseguimento degli obiettivi essenziali nel campo
aeromarittimo, definire le caratteristiche delle unità navali, in relazione ai
requisiti desiderabili, realizzando una potenza unitaria, solidità, buona
protezione e qualità nautiche almeno equivalenti a quelle delle flotte delle
maggiori potenze europee, rinunciare al rimodernamento delle vecchie dread
noughts, necessità di iniziare i lavori tempestivamente poiché l’industria italiana
aveva una potenzialità limitata e necessità di stabilire un ordine di precedenza
per le varie categorie di navi, avvalendosi delle facoltà consentite dal trattato
di Washington per le portaerei e le navi di linea fino alla costruzione di 70000
tonnellate di grandi navi, la necessità di armonizzare le esigenze per l’azione
coordinata delle varie specie di mezzi attenendosi al concetto anglosassone
della flotta bilanciata, cioè di una flotta comprendente tutte le categorie di navi,
inclusi i cacciasommergibili, le navi per operazioni anfibie e le portaerei,
consentite dal trattato di Washington per un totale di 60000 tonnellate, infine
la necessità di coordinazione delle Forze navali con aerei siluranti affidati a
personale della Marina.
9
Il memorandum fu approvato da Mussolini e la Marina formulò un piano
quinquennale per un primo nucleo di una flotta armonicamente costituita; nel
1928 iniziò un programma navale incentrato però non su una flotta equilibrata
come era nei progetti, ma, per preciso ordine del duce, sulla costruzione di
incrociatori da 10000 tonnellate per eguagliare il rapporto di forza con la
Francia: era, questo, un modo completamente illogico di attuare una politica
bellica dal momento che era chiaro a tutti che il conflitto non si sarebbe
limitato ad un duello italo-francese.
Abbandonando il piano organico fondato sul principio della flotta
bilanciata, l’Italia si ispirò al principio di realizzare un numero cospicuo di
sommergibili e di incrociatori; d’altronde le mire coloniali italiane che
determinavano l’antagonismo con l’impero britannico, avrebbero dovuto
stabilire una priorità nella costruzione di portaerei e di corazzate della
massima potenza; così non fu e si continuò a costruire navi i cui requisiti di
armamento e protezione sarebbero poi risultati assai inferiori alle corazzate
inglesi.
5
Dopo la chiusura fallimentare della Conferenza di Pace, l’Italia escluse un
elemento fondamentale per costituire delle task-forces,
6
le portaerei,
consentendo alla Gran Bretagna una superiorità navale qualitativa. D’altra
parte il potenziamento dell’armamento di tutte le Forze Armate era stato
procrastinato ad oltranza costringendo ad una fatale impreparazione tutto
l’esercito.
Così scriveva il Capo di Stato Maggiore Generale Maresciallo d’Italia
Badoglio riferendosi alle condizioni delle Forze Armate nell’aprile del 1939:
“le Forze Armate, come al duce era ben noto, erano in stato di assoluta
impreparazione, ad eccezione della Marina che aveva una preparazione
valida”
7
.
5
R.Bernotti, Storia della guerra nel Mediterraneo, V. Bianco Editore, Napoli 1960, p. 7
6
Ivi, p. 8
7
P. Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale, Mondatori Editore, Milano 1946.