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dell’azienda rispondano ai canoni tipici di una marca tribale individuati
precedentemente.
Dopo aver trattato con particolare cura la storia Harley-Davidson Italia,
l’attenzione sarà focalizzata, infatti, sulle sue attività di marketing e di
comunicazione, approfondite come sempre in un’ottica dimostrativa.
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CAPITOLO 1:
1.1 - LO SVILUPPO DELLA MARCA TRIBALE.
Per capire la condizione sociale attuale, definita come postmoderna, nonché
l’emergere del fenomeno tribale, occorre collocarsi in una prospettiva storica.
La modernità ha fatto il suo ingresso nella storia con il Rinascimento, come
forza trainante che prometteva la liberazione individuale dall’ignoranza e
dall’irrazionalità; in altre parole dai forti legami che l’individuo instaurava
con istituzioni quali famiglia, paese, fede, potere, riassunti nel termine
“tradizione”. Con la modernità, al concetto di legame sociale (obbligo subìto
e irreversibile di associazione) si sostituisce la nuova nozione di contratto
sociale che ha il proprio fondamento nella scelta volontaria e reversibile di
associarsi ad altre persone.
Le tensioni successive agli ideali utopici del XVIII secolo si ripercuoteranno
sul 900, infrangendo ogni forma di raggruppamento contrattuale ereditato
dai due secoli precedenti. In questo momento l’uomo non è mai stato così
libero nelle sue scelte private e pubbliche, mai è stato così lontano dallo
spirito comunitario.
Oggi in un’epoca postmoderna, la conquista di sé diventa irrinunciabile. La
consapevolezza di essere degli uomini qualunque è la molla che spinge a
mostrarsi e differenziarsi in ogni azione.
Ciò che caratterizza l’azione dell’individuo qualunque non è però, solo
questa mobilità spaziale e sociale, ma anche un generale individualismo
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favorito dagli sviluppi di industria, commercio e tecnologia. A casa propria e
senza alcuna necessità di un contatto sociale e fisico, il soggetto postmoderno
può ottenere più o meno tutto ciò che desidera.
Si possono tuttavia individuare dei tentativi di riaggregazione: il soggetto
che è riuscito a liberarsi dai suoi legami sociali ricercherebbe una
ricomposizione sociale sulla base di libere scelte emotive. Il risultato di tali
tentativi ci introducono alla nozione di tribù non più intesa in senso
tradizionale ma moderno. E’ grazie a Maffesolì che si possono tracciare
quelle che sono le principali caratteristiche di una tribù. Egli considera una
tribù postmoderna “un insieme di individui non necessariamente
omogeneo, ma interrelato da un’unica soggettività, una pulsione affettiva o
un ethos in comune. Tali individui possono svolgere azioni collettive
intensamente vissute, benché effimere.”
L’elemento fondante è la condivisione di una emozione, il vivere
un’esperienza comune da parte di persone che hanno caratteristiche a volte
anche opposte. La comunità postmoderna non può più esser definita solo in
senso spaziale perché alcune utilizzano i mezzi di comunicazione, e
soprattutto internet, per creare comunità virtuali in cui la simultanea
presenza fisica non è più un elemento imprescindibile. Essa è più instabile ed
effimera della comunità tradizionale in quanto prende forma
occasionalmente, ogni soggetto al suo interno mantiene la propria autonomia
ed è libero di uscire dal gruppo quando lo desidera. Il controllo che viene
esercitato su ciascun membro è meno pressante e coercitivo, ma il rischio
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assunto da ciascun individuo è maggiore rispetto a quanto accade nelle
comunità di tipo tradizionale.
Queste comunità sono designate dal termine socialità, che si oppone a
“sociale”. Ciò significa che la classica suddivisione in classi sociali perde di
significato, lasciando spazio al continuo riposizionamento dell’individuo
nelle varie tribù. L’uomo, infatti, appartiene a tante tribù all’interno delle
quali assume ruoli sempre differenti.
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1.2 – LA MARCA TRIBALE
Tutto il percorso storico illustrato ha avuto risvolti che hanno interessato
diverse realtà tra cui quella economica. L’aumento di autonomia e della
libertà individuale, il dissolvimento dei vincoli dalle istituzioni tradizionali,
la ricerca di condivisione di passioni ed emozioni comuni hanno favorito le
nuove forme di aggregazione sociali, che abbiamo definito come tribù
postmoderne. Tutto ciò ha permesso l’originarsi e il diffondersi del fenomeno
di quelle marche che, suscitando il senso di appartenenza ad un gruppo reale
o ideale e al suo stile di vita, definiamo marche tribali.
La marca tribale è un particolare tipo di marca che similmente alla marca
cosiddetta mitica si inserisce nella sfera emotiva delle persone, ma allo stesso
tempo prende le distanze da questa marca mitica in modo deciso. Mentre,
infatti, per quest’ultima a ricoprire un ruolo di rilievo è il mondo dei simboli,
il cuore della marca tribale è rappresentato senza dubbio da un gruppo di
individui, identificato come tribù, e lo stile di vita che i membri adottano. E’
dunque l’aspirazione della tribù verso l’adozione dello stile di vita proprio
della marca, il motore della marca stessa. Una sorta di idealizzazione del
gruppo per ciò che conferisce alla marca un surplus simbolico, e che si
riversa sui prodotti caricandoli di una forte componente magica.
La marca tribale rende, per questi motivi, assolutamente unico ed esclusivo
ciò che entra in contatto con essa. Ogni elemento viene caricato di un
significato che, per la tribù e per coloro che vivono con l’aspirazione di
diventarne membri, è diverso, illuminante, realizzante.
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Giungere alla costruzione di un così permeante insieme di valori e significati,
non è come potrebbe sembrare, semplice e meccanico. L’obiettivo finale può
essere raggiunto soltanto attraverso una forte volontà ma soprattutto
necessita che vi sia una strategia, una programmazione sul lungo periodo che
tenga conto di tutti i passi che vanno seguiti.
La costruzione di una marca tribale richiede fondamentalmente due
operazioni che devono attuarsi in simbiosi. Più che costruire una storia, qui è
necessario centrare il percorso di significato rilevante per il target, essere
presenti nel suo stile di vita connotandolo. Questo presuppone la scelta di un
gruppo di riferimento e la definizione di uno stile di vita a cui questo debba
aggrapparsi. Questa prima decisione, può essere anche affrontata e studiata a
tavolino benché via sia l’impegno a che non manchi coerenza nel seguirla e
portarla avanti.
L’obiettivo è fare in modo che il set valoriale che si è deciso di inglobare nel
proprio brand sia, non solo significativo, ma addirittura descrittivo per il
target a cui si fa riferimento; bisogna che i valori richiamati alla memoria
pensando alla marca siano riconosciuti e adottati come propri dal target. Il
consumatore, membro o aspirante tale della tribù, deve fare propria la marca
a tal punto da esprimere e definire sé stesso, con e tramite essa.
E’ in questo che sta la naturale differenza rispetto alla marca mitica: mentre
la logica che sostiene questa tipologia di brand è il cercare di coinvolgere e
affascinare il maggior numero di consumatori possibile, la marca tribale è
molto più selettiva e segmentante. Non è per tutti: ESSA DEVE DIRE Sì A
POCHI E NO A MOLTI.
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All’interno di questo scenario neo-tribale si assiste ad una crescente tendenza
ad una indifferenziazione, alla perdita di una persona in un soggetto
“collettivo” , ciò significa che un soggetto vale soltanto in rapporto con gli
altri, all’interno di un contesto sociale.
Nel gruppo e nell’atteggiamento di esso dominano il caso, la
disindividualizzazione che permettono di vedere nella comunità una nuova
tappa storica. In questo quadro si cerca la compagnia di chi la pensa come
noi; la ragione non ha più tanta parte nell’elaborazione e divulgazione delle
opinioni. Ciò che ha maggior rilievo è il contagio del sentimento, di una
emozione vissuta in comune.
Per tale ragione è producente affermare che, al di là del target, è
l’atteggiamento della marca che conta moltissimo. Il tentativo di individuare
un target non sarà un atteggiamento operativo errato, ma questa attività
dovrà essere organizzata con la consapevolezza dell’importanza
fondamentale di quanto sopra.
Gli sforzi di selezionare un target, sfoceranno in tre vie. Emergeranno in
primis tre grandi raggruppamenti: un primo gruppo è rappresentato dai 40-
50enni arrivati, che hanno costruito una cultura di status symbol, a cui
seguiranno i giovani tra i 25 e i 35 anni, un gruppo cosiddetto degli yuppie
emergenti, provenienti dalla finanza o dall’informatica particolarmente
aggressivi e senza dubbio con elevate disponibilità monetarie. Un terzo
gruppo, infine, comprende i giovani fino alla fine degli studi universitari, in
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quell’età tra i 16 e i 24 anni in cui il problema maggiormente sentito è il
rafforzamento della propria identità.
L’appartenenza ad un gruppo che dia stabilità e sicurezza e permetta
socializzazione sono il risultato di questa necessità.
Questi sono genericamente i tre raggruppamenti a cui può essere produttivo
indirizzare una strategia di marca tribale, anche se, come già accennato, la
definizione di un target di persone a cui rivolgere la propria attenzione e la
propria strategia non è sufficiente a convogliare verso il successo la marca
tribale.
Il pilastro su cui fare affidamento è l’atteggiamento della marca.
La causalità o l’utilitarismo non possono da soli spiegare la propensione ad
associarsi. Si può assistere a una mass-mediatizzazione crescente, ad un
abbigliamento standardizzato ma nello stesso tempo qualora si tratterà di
riappropriarsi della propria esistenza si assiste ad una comunicazione locale,
al successo di abiti particolari, di prodotti, piatti locali. Oggi si assiste ad un
ritorno all’indietro verso cose a portata di mano, verso sentimenti realmente
condivisi, tutte cose che costituiscono un mondo di costumi e rituali accettati
in quanto tali. Mentre i costumi sono dei codici genetici che delimitano il
modo di essere permettendo ad un gruppo di essere riconosciuto per ciò che
è, i rituali rappresentano degli asset intangibili il cui scopo è ricordare al
gruppo la propria esistenza. La ripetitività di essi avvalora e solidifica il
sentimento che un gruppo ha di sé.
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Se per la marca tribale si può accennare al concetto di massa occorre, perciò,
prestare attenzione ed intendere tale concetto come un insieme di persone
che condividono una emozione, un sentimento.
Il concetto di costume come quello di rituale ci rendono più chiaro l’obiettivo
di base di una strategia di marca tribale: la marca tribale deve coccolare il
proprio target non in modo classico (fornendo beni e prodotti), bensì
coinvolgendo il consumatore nel mondo simbolico del prodotto.