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Introduzione
Negli ultimi anni i marchi del distributore, chiamati anche private label,
sono cresciuti notevolmente, fino ad arrivare ad abbracciare moltissime categorie
del “non-food”
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.
La crescita della marca commerciale è dovuta principalmente alla
situazione economica depressa, al tempo per fare la spesa sempre più scarso, al
costo crescente della pubblicità, alla confusione tra i canali distributivi, al
miglioramento sempre continuo della qualità e ad un migliore rapporto
qualità/prezzo. Quest‟ultimo costituisce il punto di forza delle private labels,
dove la qualità è uguale o addirittura migliore a quella delle grandi marche e il
prezzo è nettamente inferiore. In passato i distributori si limitavano a svolgere
attività di tipo logistico, connesse al trasporto dei beni e alla capacità di renderli
disponibili all‟interno dei punti vendita. Oggi lo scenario è completamente
cambiato perché oltre alla funzione logistica, il distributore svolge la funzione
informativa, condiziona le preferenze della domanda, sviluppa strategie di
marketing proprie e relazioni fiduciarie con i clienti, in autonomia rispetto alle
imprese industriali. Il distributore stando sempre a contatto col consumatore, può
cogliere, meglio dell‟impresa industriale, le tendenze del mercato ed offrire un
prodotto congruo alle esigenze del consumatore.
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Oltre che ai prodotti “alimentari freschi, inscatolati, surgelati ed essiccati, merendine, snack, biscotti,
cibo per animali domestici, prodotti sanitari e di bellezza, vengono prodotti anche medicinali da banco,
cosmetici, detersivi, prodotti per la pulizia della casa, prodotti per il bricolage e per il giardinaggio,
vernici, ferramenta e accessori per la manutenzione delle automobili e schede per la telefonia mobile”.
Cfr. BRONDONI S.M., “Private label e nuovi confini della concorrenza”, Mark up, pp. 50-51, Ottobre
2007.
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Possiamo riassumere quanto detto fin‟ora elencando qui di seguito i
cambiamenti della struttura e della condotta che hanno caratterizzato la
distribuzione negli ultimi trent‟anni (Lugli, 2005; Pellegrini, 2005):
ha cessato di essere una leva di marketing del fornitore;
ha assunto un ruolo determinante nella formazione della domanda svol-
gendo un‟attività di marketing mix autonoma, sia attraverso la manovra
di leve condivise col fornitore (prezzo, comunicazione) sia attraverso la
manovra di leve specifiche (assortimento, merchandising, marca com-
merciale, innovazione di formato);
contribuisce alla creazione di valore per il consumatore sia sviluppando un
marketing distributivo, che limita il marketing industriale, sia sviluppan-
do un potere contrattuale negli acquisti che limita il potere di mercato del-
la marca;
rappresenta un nuovo mercato per le imprese industriali, che ricercano un
vantaggio competitivo e vogliono distinguersi innovando.
La modificazione dello scenario distributivo ha avuto anche ripercussioni
sostanziali sul quadro competitivo delle imprese industriali. Infatti il
cambiamento ha portato l‟industria a negoziare il posizionamento di prezzo in
shop, i contributi promozionali e lo spazio espositivo a supporto della propria
offerta.
Il lavoro si articola in 3 capitoli: il primo capitolo verte sulla definizione
di marca commerciale, come essa viene classificata, gli obiettivi dei distributori e
i vari vantaggi/svantaggi rispettivamente dei fornitori e consumatori. Per capire
meglio la crescita notevole delle marche private nel mercato di consumo, bisogna
prima di tutto comprendere in modo dettagliato alcuni aspetti che le
caratterizzano. Per questo motivo è importante capire perché esse sono nate e la
conformazione dei mercati nelle quali si sviluppano. Per i distributori e i
consumatori la marca commerciale ha portato un notevole cambiamento sia per
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quanto riguarda le diverse strategie adottate in maniera autonoma dal
distributore, sia per il cambiamento radicale nei comportamenti d‟acquisto dei
consumatori. I fornitori, invece, hanno fatto più fatica ad accettare l‟introduzione
della marca del distributore nel mercato di consumo; infatti essi possono decidere
se produrre solo ed esclusivamente la marca privata oppure attuare una strategia
combinata. Molte volte, invece, ci sono diversi motivi per i quali non conviene
produrre la marca commerciale.
Nel secondo capitolo vengono mostrati i sondaggi che sono stati effettuati
sulle preferenze dei consumatori e sui loro cambiamenti in tema d‟acquisto. La
crisi economica ha portato il consumatore ad adottare tecniche di risparmio che
sembrano destinate a permanere nel tempo. Come vedremo, il prezzo non è
l‟unico fattore che spinge ad acquistare la marca privata, ma il consumatore
ricerca nel prodotto caratteristiche distintive e di alta qualità.
Ed infine nel terzo capitolo viene analizzato in concreto il caso in cui il
fornitore decide di intraprendere la strada della fornitura di private label: il caso
ALA. Quest‟ultima è un‟azienda che è riuscita ad ottenere un posizionamento
competitivo rilevante sul mercato delle private labels alimentari, grazie alla forte
partnership con la “Pietro Isnardi Alimentari S.p.a.”. Insieme hanno creato nuovi
prodotti di alta qualità e sviluppato ricette personalizzate per soddisfare le
richieste dei consumatori. Dal 2001, ALA ha maturato un‟elevata esperienza nel
campo della marca privata riuscendo, così, a creare una solida clientela che vuole
distinguersi innovando.
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Capitolo 1
LE PRIV ATE LABELS NEL MERCATO DI CONSUMO
1.1. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELLA MARCA COMMERCIALE
Si definiscono marche commerciali o private labels tutti quei prodotti
che, anziché col nome o col marchio del fabbricante, vengono proposti al
consumatore con un marchio o nome di proprietà di un distributore che ne
garantisce direttamente il livello qualitativo (Cristini, 1992).
Nel passato erano anche chiamate "white label" (etichette bianche) in
quanto la marca era appunto un'etichetta bianca sulla quale veniva scritto il
semplice nome del prodotto.
Oggi invece, la marca commerciale è l‟etichetta che caratterizza la linea di
prodotti del supermercato nel quale vengono venduti. Gli articoli vengono offerti
ai clienti con il marchio del distributore e possono raffigurare l‟insegna del
distributore stesso, ma anche un nome di fantasia. Si tratta di beni di ogni
genere, dagli alimentari (freschi e non), ai detersivi, dai prodotti per l‟infanzia
(pannolini, latte, omogeneizzati, …) ai surgelati.
La caratteristica principale di questi prodotti è il loro prezzo, relativamente
più basso rispetto a quello di marche note e pubblicizzate. Tuttavia, questo non
deve far pensare ad un prodotto di scarsa qualità, perché quasi sempre si tratta di
beni di ottima qualità, a volte superiore a quella dei marchi industriali. Infatti,
questi prodotti di consumo vengono fabbricati negli stessi stabilimenti dai quali
escono i “grandi nomi”.
Questa tipologia di prodotti, non avendo la componente del costo di
marketing tipico dell'industria di marca, permette al distributore di incassare
margini più alti e al consumatore di portare a casa un prodotto di qualità
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assimilabile a quella di marca a dei costi più contenuti.
La marca privata, quindi, se sfruttata correttamente, è una leva di
marketing in più nelle mani del distributore. Con essa si può rafforzare agli occhi
del consumatore l'immagine dell'insegna, della sua convenienza e/o della sua
qualità.
Secondo il report “Times & Trends - Global Private Label 2009”,
elaborato da Iri Infoscan, i consumatori sono sempre di più attratti dal risparmio
che si aggira intorno al 20-25% rispetto ai brand leader, questo è dovuto
principalmente al fattore pubblicità. Dal momento che non vengono sostenuti gli
elevatissimi costi di realizzazione e messa in onda di uno spot, o di acquisizione
di pagine pubblicitarie, questi prodotti possono essere proposti a prezzi
decisamente inferiori. Oltre a questo va considerato il fatto che il supermercato
spesso chiede una fee d‟ingresso
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alle grandi aziende, sia per essere presenti sugli
scaffali, sia per ottenere un posizionamento ben visibile, e queste spese ricadono,
inevitabilmente, sul consumatore finale.
Un‟altra sostanziale differenza tra i prodotti di marca industriale e di
quella commerciale è che nel primo caso le attività di testing, di lancio, di
packaging
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e di promozione vengono di norma realizzate dai produttori che,
proprio in ragione di tale strategia, sono in grado di definire una precisa politica
di posizionamento. Con riferimento invece alla marca commerciale, il grado di
integrazione delle funzioni di marketing da parte del distributore può essere
elevato, riguardando quindi l'intero processo dalla progettazione al
posizionamento in shop, o invece, modesto, vale a dire relativo solamente al
posizionamento e alle politiche promozionali.
Dopo aver definito e descritto la marca privata, è ora fondamentale
individuare la classificazione che evidenzia il sentiero di sviluppo della marca
commerciale (Cristini, 1992; Fornari, 2009).
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La fee d'ingresso è un compenso iniziale forfettario che dovrebbe corrispondere più o meno alle spese
effettuate dal franchisor per accogliere il suo nuovo affiliato, con o senza beneficio per il franchisor, con o
senza ammortamento delle spese e degli anni passati a creare e migliorare il concept.
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Il packaging è la veste esterna del prodotto (busta stampata, scatola ecc..) come è presentata nel punto di
vendita.