talvolta, anche ringraziandomi per le idee che avevo stimolato in loro con le mie molte domande. Dopo le
prime interviste in Francia, dove i direttori di Landor Parigi mi hanno espresso pareri professionali con
grande gentilezza, sono approdata in Italia. Inizialmente ero insicura sulle domande da fare e principalmente
ascoltavo seguendo la scaletta iniziale della Tesi che comprendeva argomenti vastissimi. Avevo un
contenitore dentro cui raccoglievo idee. Ognuno lasciava nel contenitore una traccia pregnante, con la
propria esperienza e la propria abilità. Con il tempo, pur breve, le idee raccolte hanno germogliato e le
domande si sono fatte più fitte, più specialistiche. Come se ciò che gli altri intervistati mi avevano detto
potesse indicarmi le domande da fare alle nuove persone davanti a cui mi sedevo. Al punto che ho smesso di
seguire la scaletta e ad ogni nuova intervista chiedevo una sola cosa, il contributo che un esperto poteva
darmi su un problema che stavo cercando di risolvere durante il cammino.
E’ per questo che la mia voce si è moltiplicata in una serie di voci e sono stata poi capace di collegarle.
Le interviste sono sparse durante la narrazione e si concentrano attorno a dei temi, per introdurli o
specificarli. E’ infatti a partire dalle interviste che si è snodato il nucleo tematico della ricerca.
Le interviste si sono poi trasformate in dialoghi. Le persone non hanno mai parlato fra di loro, come
dicevo, sono io che ho parlato attraverso la loro voce, le idee e i pensieri. Così è nata la forma del dialogo, in
cui i protagonisti delle interviste sono diventati personaggi con una voce, ognuno diversa.
I personaggi dialogano con Alice, nelle vesti di una studentessa che cerca di imparare un’arte, di trovare
risposte alle sue ingenuità. Un’Alice che ha un po’ di me e un po’ della protagonista del romanzo di Lewis
Carrol, che attraversa un viaggio pieno di sorprese.
Anch’io ho percorso un cammino, fra persone accoglienti e interessate alla mia ricerca, che hanno
permesso a questa Tesi di diventare un libro aperto e pieno di saperi miscelati, di voci e tendenze fra le più
attuali in tutti i settori che contornano la marca immersa nella la Società.
Il calore che mi hanno riservato è il regalo più bello che le persone incontrate mi abbiano fatto; ricordo con
immenso e infantile piacere le scrivanie spaziose e i caffé che mi sono stati offerti, le segretarie gentilissime
ed efficienti che mi hanno preso gli appuntamenti.
Vorrei che questa ricerca non si esaurisse qui, ma uscisse assieme a me dall’Università per portare anche
all’esterno il contributo di tutte queste persone, che si sono meritate il duro e incessante lavoro di ricerca di
questi miei lunghi mesi.
Penso che la ricerca abbia assunto la proporzione che ha non solo grazie ai miei intervistati, al mio lavoro e
all’Università.
Una parte dei miei ringraziamenti va alla mia famiglia, composta di poche persone, così diverse ma così
importanti, che mi hanno permesso di arrivare fino qui, ognuna con il suo contributo.
Credo infine che una parte determinante del lavoro l’abbia fatta il mio Relatore, Franco Achilli, il quale,
nonostante gli impegni, il lavoro in studio, le lezioni da tenere e le altre alunne che si laureavano in questa
sessione non ha mai tardato di un giorno la lettura delle mie lunghe e inizialmente confuse pagine, con delle
osservazioni sempre pertinenti, spingendomi a riflettere per arrivare sempre più in alto. Penso che abbia letto
in questi mesi almeno il doppio delle pagine qui stampate, poiché la ricerca ha assunto forme di volta in volta
diverse, per le novità che emergevano durante cammino. E’ per questa urgenza continua di aprire strade
alternative che la ricerca ha ancora una forma non definitiva, pur essendosi le idee finalmente depositate.
Franco Achilli non è un professore. E’ stata la persona che mi ha spinta a osare, a credere nei miei pensieri,
a esprimere pareri sulla “marca” in un modo personale, nuovo e originale. E’ la persona che mi ha sostenuta
incoraggiandomi quando mi trovavo di fronte a dei vicoli ciechi e che si merita il regalo più grande. Vorrei
portargli una scatola di tempo perduto (nelle lunghe letture domenicali), ma non è possibile. Mi auguro con
tutto il cuore che quel tempo perduto si trasformi un giorno in tempo guadagnato.
Le idee infatti non sono mai definitive. Adesso sono al sicuro in queste pagine, domani potranno
rigenerarsi, assumere una forma più definita, mutare pur mantenendo il nucleo portante.
La marca, nel tempo dell’incertezza, si nutre del futuro che cambia.
Grazie:
Adriano Aletti – Direttore divisione Saatchi&SaatchiX;
André Delvallée – Executive Client Director, Landor Parigi;
Andrea Cancellato - Direttore Triennale, Milano;
Andrea Semprini - Docente in Sociologia all’Università IULM, Milano;
Anne-Cécile Galloy – Client Director New Business, Landor Parigi;
Antonio Marazza – Amministratore Delegato Landor Milano;
Anna Bartolini - Rappresentante dell’Italia nel consiglio europeo dei Consumatori;
Bernard Cova - Docente in Marketing all’Euromed di Marsiglia
Carlo Ricciardi - Preside della Facoltà di Scienze della comunicazione e dello spettacolo, Università IULM, Milano;
Carlo Infante - Critico teatrale e docente in new media allo IED di Torino e Macerata;
Chris Brun Vargas – Art Director, Landor Parigi;
Daniele Tirelli – Ex Dirigente Nielsen, Docente in Consumi e Pubblicità all’Università IULM, Milano;
Didi Gnocchi – Giornalista, 3D Comunicazione
Elisabetta Sgarbi - Direttrice editoriale Bompiani;
Ettore Lazzarini – Direttore Marketing Internazionale, Prenatal;
Ezio Manzini - Professore di Disegno Industriale al Politecnico di Milano, Promotore del Sustainable Everyday Project;
Federico Rampolla - Direttore GroupM, agenzia di new media del gruppo WPP;
Francesco Gesualdi – Direttore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo;
Francesco Morace - Sociologo, Direttore Future Concept Lab, Milano;
Franco Mazzarello – Manager, Ferrero
Franco Bolelli - Filosofo pop;
Gabriele Salari - Ufficio Stampa Greenpeace Italia;
Gianni Canova - Critico cinematografico e Direttore della corso di laurea in Scienze e tecnologie della comunicazione,
Università IULM, Milano;
Gianfranco Piccolo – Brand Manager Vodafone Italia;
Giovanni Lanzarotti – Strategic planner Y&R Milano;
Laura Bettazzoli - Direttore Marketing Bonduelle Italia;
Lori Rossenwasser – Direttore Brand Engagement Landor Worldwide;
Lorenzo Marini – Art Director Lorenzomarini&Associati;
Luc Speisser – Direttore Strategia e Innovazione, Landor Parigi;
Mara Servetto – Architetto, Migliore Servetto Architetti Associati
Mario Bucchich – Referente Media, Casaleggio Associati;
Mario Soldi – Direttore Corporate DeAgostini ;
Mario Piazza – Architetto, Studio 46xy;
Massiamiliano Bruni - Docente in Strategie di internazionalizzazione della marca all’Università IULM, Milano;
Michel Houellebecq – Scrittore;
Michelangelo Pistoletto – Artista e Direttore Città dell’Arte
Nicola Giorgi – Direttore divisione BMW/ MINI Italia;
Paolo Calvani - Direttore Ufficio Stampa, Mediaset;
Paolo Martinello – Presidente di Altro Consumo;
Pascale Anderson Mair – Human Resources Director, Landor Parigi;
Phil Duncan – CEO Landor Europa;
Pier Paolo Taliento - Direttore Marketing e Comunicazione Microsoft Italia;
Roberto Bucaneve – Studi e Ricerche, Centromarca;
Serena Salvucci – Direttrice Marketing e strategia Ecko Unltd Italia;
Silvana Biacca - Brand manager IBM Italia;
Stefano Mosti – Presidente, Osservatorio di Pavia;
Vanni Codeluppi - Docente in Sociologia dei consumi all’Università IULM, Milano;
Valter Serrentino – Ufficio Responsabilità Sociale, Banca Intesa;
Vincenzo Perri - Docente alla Hong Kong Polytechnic University School of Design.
1
La marca nel tempo dell’incertezza
Si sta diffondendo un virus letale. Le parole sono molto malate. Le parole sono vuote.
Ci troviamo di fronte ad un muro molto alto, fatto di parole fittissime. In questo ruvido intrico di parole è
divenuto sempre più difficile riconoscere un senso profondo: le parole alludono, sottolineano, aprono
significati e catene sinonimiche infinite, correlazioni troppo ampie per poter rendere le parole univoche e
certe in un qualsiasi contesto.
La diffusione del virus è talmente ampia che noi tutti, abituati al normale linguaggio scritto e orale, fatti di
parole, non siamo più sicuri di ciò che vogliamo intendere quando tentiamo di applicare un concetto ad un
contesto specifico, poiché esso immediatamente ci sfugge, si sminuzza, si perde e talvolta scompare
lasciando di sé solo un simulacro: la parola usata per indicarlo. Il passo dall’idea che si forma nella nostra
mente alla sua espressione sembra allungarsi a dismisura.
Delle molte parole usate per scrivere questa ricerca praticamente solo le congiunzioni hanno un senso
definitivo. Infatti, fin dal momento in cui la linea di ricerca ha preso corpo, il problema della distanza fra
idee e parole è diventato innegabile. L’obiettivo era quello di indagare le tendenze future della “marca”, che
dà il titolo al nostro corso di laurea specialistica. La marca immersa in un teatro di incertezza, la nostra
società.
Immediatamente, è sorto un interesse: che cos’è la marca?
Poiché l’idea e le parole atte ad esprimerla hanno preso distanza, ogni tentativo di imbrigliarla in maniera
univoca è stato vano. Una definizione estremamente generale con cui possiamo leggere questa riflessione
senza cadere in confusione, è quella di “marca” come espressione, insieme di caratteristiche rappresentative
di un’essenza centrale. Una marca come metodo di relazione e comunicazione verso l’interno e l’esterno
della realtà da essa rappresentata. La marca diviene un volto che condensa le manifestazioni che ruotano
intorno ad un nucleo d’identità ben definito. Un volto per esprimersi, essere identificati, relazionarsi; volto
del quale ci rimane un’immagine che incorporiamo nella mente.
Questa definizione è potenzialmente estendibile a qualsiasi sfera dell’essere sociale
1
, dall’ambito
individuale, a quello culturale a quello politico o associativo. Ho dovuto così identificare un oggetto
principale attorno cui costruire la mia riflessione: la marca commerciale, che rappresenta un’azienda o
un’impresa produttrice di servizi e prodotti.
La marca commerciale è l’ambito in cui si studia l’evoluzione delle tendenze socio-culturali e tecno-
economiche in maniera strategica e lungimirante, ambito in cui si approntano strumenti per affrontare il
futuro e prevederlo. Studiosi e ricercatori analizzano gli interstizi della società e della tecnologia per
migliorare ogni sfaccettatura della propria marca. Negli altri ambiti non esiste invece un impegno simile,
nonostante essi adottino una simile tecnica espressiva e comunicativa (tipica di una marca commerciale).
E’ possibile leggere la riflessione concentrandosi sulle marche commerciali, anche se, proprio per
l’impossibilità di tracciare un vero e proprio confine per separare le categorie di marche, gli altri generi di
1
Marca non è solo la multinazionale o la casa di moda. E’ la compagnia telefonica, la bevanda, l’automobile, l’agenzia per il lavoro, il cioccolatino
che stringiamo fra le dita; i negozi di alimentari che possiedono un’insegna. Marca è una canzone di Battisti, Battisti stesso o Madonna; marca è un
regista famoso di un film che non abbiamo ancora visto, marca è l’Associazione ambientalista, il partito politico con il suo marchio e le sue campagne
di comunicazione, marca è il servizio che Google ci offre su internet; la compagnia aerea che ci porta a basso costo in tutto il mondo, la catena di
Hotel, il villaggio vacanze rinomato, una città come Parigi o Londra. Marca sono le persone, che rappresentano per noi qualcosa: dai personaggi
famosi ai colleghi di lavoro, noi stessi siamo delle piccole marche ambulanti e ogni giorno contribuiamo alla costruzione della nostra sfera valoriale,
del nostro universo privato, dei nostri significati, della nostra immagine e tentiamo di comunicarla. Così riceviamo dagli altri e dal mondo circostante
una serie di stimoli continui che si trasformano in immagini mentali e vanno ad incasellarsi nella nostra struttura percettiva, diventando marche, che ci
servono a definire il mondo e a relazionarci con gli altri..
2
marca entreranno nella narrazione con le loro evoluzioni, gli stili e i mutamenti cui sono soggette e con cui
influenzano il mondo circostante.
In questo modo la stessa marca commerciale si può arricchire prendendo spunto dagli ambiti “altri” in cui
vengono attivate le sue stesse tecniche, magari in maniera più intuitiva e artigianale.
Risolta arbitrariamente questa prima difficoltà se ne sono presentate altre, tutte di una simile portata.
Per analizzare le tendenze della marca, pur concentrandomi su quella commerciale, è stato necessario
inserirla in un contesto che prendesse in considerazione le sfere e i nodi tematici più importanti con cui essa
veniva in contatto: la società, i media, il marketing in senso stretto, l’identità visiva. Ogni volta le “finestre”
concettuali, invece che chiudersi, si sono aperte. Le parole non bastavano mai per cogliere i molteplici
aspetti del reale che emergevano con forza sempre maggiore in ogni parte della ricerca.
Per poter portare avanti la narrazione, ho cominciato analizzando il contesto sociale in cui il mondo
occidentale si muove. Utilizzo la nozione di “dramma sociale”
2
e narrazione su di esso per trasformare la
realtà in una storia raccontata: la storia della società occidentale in movimento.
Così è stato possibile prendere un qualche distacco dalle difficoltà incontrate e dalle potenzialità insite in
ogni ambito della ricerca. Il distacco non è però completo, al contempo il mondo reale è entrato fra le pagine,
come sfondo dove si muovevano i principali “personaggi”: gli individui e i gruppi sociali, le marche
commerciali ( e le altre marche) con i loro linguaggi espressivi.
Nonostante gli ambiti presi in considerazione siano molti, lo scopo centrale è stato quello di analizzare e
identificare le linee di sviluppo dei dispositivi di comunicazione in bilico fra queste sfere.
Sono partita dal punto di vista degli individui, poiché tutte le realtà che ho analizzato sono fatte di persone.
Il primo capitolo, “Essere, consumare”, oltre a fungere da cornice alla narrazione di questo “dramma sociale”
introduce la nozione di incertezza. Le sottili dinamiche del consumo sono entrate nella narrazione poiché per
rappresentare il panorama sociale e individuale occidentale non è possibile prescindere da esse.
Così ho approfondito il passaggio dalla modernità alla postmodernità e i meccanismi che portano gli
individui al consumo, passando attraverso le marche, dei temporanei sostituti alla dispersione di Valori della
modernità e alla frammentazione della nostra identità. Gli scenari che si susseguono esaminano il
meccanismo dei desideri che genera il consumo, la formazione dell’identità e i rituali contemporanei. In
un’epoca caratterizzata da una paura silenziosa diffusa attraverso i media e il passaparola, che ha sullo
sfondo un futuro ancora più incerto e problematico, gli individui si sentono irrimediabilmente frustrati e
incapaci ad apportare un qualsiasi cambiamento, oltre ad essersi allontanati da quella felicità promessa dal
consumismo.
I media vanno a costituire il “mezzo magico” con cui affrontare una parte importante delle problematiche
contemporanee e future. In questo nodo tematico, rappresentato dal capitolo secondo, “Mediare”, ho
mantenuto la concentrazione sulle marche commerciali e sugli individui, con la loro capacità di usare i media
e gli apparati tecnologici (da essi distinti) per trasmettere informazioni e creare identità. I singoli individui, i
diversi gruppi sociali, le associazioni e le marche commerciali dimostrano approcci ai media differenti e
complementari, talvolta contraddittori. Ho incluso nella narrazione diversi piani di analisi, dal basso all’alto
delle sfere sociali pubbliche e private, dagli apparati tecnologici ai diversi media, al loro rapporto con la
realtà che desiderano comunicare.
Così ho introdotto la marca commerciale in senso stretto, completata da alcuni spunti provenienti dalle
altre marche, identificandone le tendenze principali, gli spiragli di luce su cui insistere per migliorare. Il
capitolo 3, “L’universo della marca”, passa dalla funzione “esteriore” della marca alla sua organizzazione
interna, identificando alcune linee evolutive dimostrate dai molti casi in cui esse già prendono forma. Fra
2
Nel Capitolo 1, “Essere, consumare” al paragrafo “Il nostro dramma sociale”
3
queste: la trasformazione circolare, l’adattamento della specie, la sperimentazione, l’amore e il rispetto, il
principio di non invasione, l’innovazione responsabile, il ritorno al proprio giardino.
La parte successiva, condensata nel capitolo 4, “Identità visionaria” approfondisce i linguaggi visivi e le
frontiere della comunicazione di marca dal punto di vista di un “approccio di design”. Una marca
commerciale, e con essa le altre tipologie di marche non possono più esprimersi in maniera univoca ed
esclusivamente intuitiva. Sono introdotte le nozioni di corporate identity e cercate le radici del design
industriale e della marca, attraversando le architetture multisensoriali. Il “bello” (l’estetica, l’approccio di
design”) viene ad investire il presente in maniera strategica tramite le marche commerciali che vestono il
ruolo di precursori nello studio di nuovi linguaggi. Non è più un singolo media ad entrare qui in gioco, ma la
compenetrazione di diversi codici, visioni, forme e sensazioni. Il fine è quello di costruire un percorso che
abbandona i normali stili consequenziali e lineari a cui siamo abituati e ci porta in un “bosco” fatto di sentieri
disposti in reticoli. L’atto della scoperta non è mai scontato e tutti i sensi vengono stimolati e nutriti da noi
individui, assieme alle marche commerciali. Perdiamo così il ruolo passivo di consumatori, che abbiamo
mantenuto nelle epoche precedenti alla postmodernità. Inoltre il percorso di conoscenza può essere scritto e
riscritto senza mai perdere il nucleo centrale. L’identità visuale si trasforma in identità visionaria e noi
diventiamo dei “Pollicino Postmoderni”.
I capitoli precedenti hanno poi aperto la strada ad altre tematiche attuali. Il capitolo 5, “Da Atlante alla
piuma” non era inizialmente previsto, ma dopo aver analizzato le problematiche individuali non era possibile
tralasciare quelle sociali e quelle riguardanti lo spazio in cui viviamo, il pianeta Terra. In questo capitolo si
inseriscono i personaggi della narrazione nel vivo del “dramma sociale” di cui sono protagonisti. Marche
commerciali e altre marche, individui e istituzioni immersi nelle spinte della globalizzazione, del mondo
sempre più connesso e frammentato. Le diverse strategie di approccio dei “Senati Galattici”, organismi
planetari e locali, si dividono convenzionalmente in Valori Universali, Progetti e Idee, Azioni,
impollinandosi a vicenda in uno scontro dialettico. A Babele, metafora del mondo contemporaneo, i diversi
gruppi sociali e le marche si muovono portando diverse soluzioni originali alle previsioni catastrofiche del
futuro. Emerge qui l’esigenza di ritornare un passo indietro, concentrandosi sulla propria attività per
condensare l’essenza delle marche commerciali in un concetto che si sostituisce a quello tanto abusato di
sostenibilità: la compatibilità.
Per tutti gli approfondimenti nelle diverse sfere la difficoltà maggiore è stata quella di trovare delle parole
che fossero adatte ad esprimere le idee che si connettevano, dei concetti che potessero condensare spinte
tanto vaste e frammentate. Per questo motivo in ogni parte della narrazione ho adottato un procedimento de-
costruttivo dei concetti stessi, sbriciolandoli nel maggior numero di manifestazioni che il tempo mi ha
consentito. In ogni capitolo si identificano le tendenze più innovative dei vari approcci e le loro radici, che
affondano nella storia dell’umanità. Nel primo capitolo, gli individui, la frammentazione dell’identità e il rito
del consumo come espressione del dramma sociale e della narrazione su di esso; nel secondo capitolo, i
media come mezzo magico per “porre un termine in relazione con un’altro” in molte delle loro espressioni
antiche e moderne; nel terzo capitolo, il marketing come scienza di ascolto silenzioso della società e una sua
certa somiglianza con la propaganda cattolica (le tendenze sono intese come la parte del castello futuristico
in costruzione, le cui fondamenta sono state in parte trascurate); nel quarto capitolo, l’identità visuale come
linguaggio simbolico e artistico e la dinamica della percezione a partire da schemi mentali appartenenti a
tutti gli individui; nel sesto capitolo la comunicazione come arte di “mettere in comune” con discrezione e
armonia.
Considerando in ogni passaggio il globale e il locale, il connesso e il delimitato, l’“alto” e il “basso”
(indicando così sia le sfere sociali, che le epoche storiche in successione lineare o reticolare).
Quando il concetto era ormai disperso, ne ho raccolto, per così dire un “distillato”. Da qui ho proceduto a
far “scendere” il concetto che si era collocato in un contenitore metaforicamente “elevato” e a riportarlo nel
4
contesto di riferimento a seconda dei casi, attraverso il filtro della compatibilità. Questa procedura che mi ha
aiutata durante tutta la ricerca l’ho chiamata: de-co.co., che significa de-costruttiva e costruttiva nello stesso
tempo.
L’esigenza sempre maggiore di un linguaggio alternativo per esprimere questi concetti, e per elaborarli in
modo che non si seccassero sulla carta, mi ha portata ad usare talvolta dei termini convenzionali coniati per
l’occasione, che ho brevemente riassunto in un “Piccolo Dizionario di Sopravvivenza”: lo scopo non è quello
di rendere la narrazione astrusa dalla realtà. L’ampiezza dei temi affrontati e la vaghezza delle parole, hanno
reso indispensabile l’uso di vocaboli convenzionali. Ogni terminologia qui utilizzata si riferisce a concetti
già esistenti nella nostra mente, ma spesso confusi dall’enorme quantità di parole che ogni giorno inquinano
le pagine, le coscienze, i media facendo perdere peso ad un linguaggio che in passato poteva essere
maggiormente indicativo.
Questa ricerca va dunque maneggiata come un “libro aperto”, senza alcuna pretesa di fissare i concetti o le
teorie su tavole di pietra. Ciò che è spontaneamente emerso sono delle chiavi per aprire porte che conducono
ad un futuro in continua mutazione. Il futuro dei giovani e del mondo occidentale, principalmente dal punto
di vista dei modelli di espressione, comportamento, comunicazione.
Mi sono chiesta che cosa ci fosse dietro agli alti muri delle convenzioni e delle certezze statiche che ci
vengono ogni giorno offerte con sempre meno aderenza alla realtà. Dietro c’è molto da costruire, pur
essendo le parti “alte” del castello ben strutturate.
Sembra delinearsi un approccio metodologico nuovo e fresco, fatto di trans-disciplinarietà,
approfondimento, intuito e curiosità, ma anche ferrea disciplina e tecnica, conoscenza di sfere diverse del
sociale. Scambio di saperi fra “alto” e “basso”, globale e locale. Fra giovani e adulti, in una conversazione
dialettica. Mutando i linguaggi, ripartendo da una liquefazione di verità fin’ora univoche, senza paura di
abbandonare il “parapetto” da cui ci affacciamo.
Tutta la ricerca è tesa ad elaborare nuovi modelli di comunicazione. Indica infine semplici strade, che
possono essere rivisitate, approfondite, aperte e chiuse: nessun approccio che ho utilizzato o elaborato è
fissato definitivamente.
Siamo nella società delle contraddizioni, viviamo nel tempo dell’incertezza. Probabilmente la capacità di
essere aperti e flessibili è una chiave per accedere al futuro e affrontare il cambiamento.
Per questo anche la lettura non è necessariamente lineare. Ogni capitolo e ogni paragrafo possono essere
letti indipendentemente dalla consequenzialità della narrazione, nonostante esista una guida all’intreccio,
inserita qui di seguito. I paragrafi si compenetrano e si connettono in un rimando continuo, che assomiglia al
percorso di una particella all’interno del simbolo “infinito”: ∞
Ad un certo punto però il simbolo si apre, e possiamo uscire dalle pagine per entrare nel mondo reale e
costruire ciò che le strade hanno indicato.
Questo avviene nell’ultimo capitolo, che non a caso si chiama “Principio”.
L’imperatore procedeva serio e solenne, sotto il suo baldacchino, quando ad un tratto si udì la voce di un bambino:
“Papà. L’Imperatore è nudo!”. L’uomo che teneva il bambino in braccio si scusò, mortificato: “E’ piccolo,
perdonate la sua ingenuità.”
Hans Christian Andersen, “Il vestito dell’imperatore”.
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Sommario sostitutivo
Senza alcuna pretesa di appesantire il concetto di conoscenza reticolare, propongo qui un piccolo sommario
sostitutivo al sommario classico.
L’intento è di simboleggiare che un percorso conoscitivo si può cominciare dal punto preferito, senza
obblighi di linearità, proprio come sulla rete.
Però una guida esiste, infatti, l’accesso ad ogni capitolo può avvenire solo nel senso indicato dalle frecce,
che consentono di ottenere una consequenzialità logica reticolare, lasciando la libertà di scegliere dove
iniziare e come percorrere il flusso.
Anche in questo caso, si tratta di una metafora.
Principio
L’Universo
della Marca
Essere,
Consumare
Mediare
Identità
Visionaria
Da Atlante
alla piuma
6
PICCOLO DIZIONARIO DI SOPRAVVIVENZA
Se pensate di aver di fronte un manuale di filosofia, vi sbagliate. Una lettura che comincia con un Dizionario di
Sopravvivenza può sembrare ardua, in verità, il dizionario è qui solo per comodità. Ogni termine è descritto durante
la narrazione e la speranza è quella che il significato fuoriesca spontaneamente dalla lettura. Infatti anche quando i
termini non vengono spiegati apparentemente, l’uso che viene fatto dei concetti dovrebbe portare ad una loro
comprensione. Se preferite leggere il dizionario, vi consiglio di farlo soltanto nel momento in cui incontrate un
termine che non è chiaro. E se non è chiaro è perché non esiste nel linguaggio comune.
I termini coniati per procedere nella narrazione sono infatti convenzionali e adottati con una prospettiva ironica,
convinta che le parole, non più capaci di indicare univocamente i significati, abbiano invece espanso il loro potere
evocativo. Un potere fondato sulla possibilità di suscitare nuove disposizioni d’animo a partire da concetti che
magari sono gli stessi di sempre.
La terminologia presa in prestito dalle fiabe e dalla filosofia è qui in una veste ironica e vuole semplicemente
indicare come i fatti della vita reale si possano guardare da diverse prospettive e non per questo perdere
autorevolezza, importanza, profondità. L’ottica per comprendere l’uso di questi concetti metaforici è quella di uno
straniamento
3
impregnato di realtà.
ALTO E BASSO: Quando si parlerà di alto e basso s’intenderanno genericamente gli individui, dalla parte del basso e
le grandi realtà economiche, politiche, istituzionali, dalla parte dell’alto. Non intendo spaccare in due la società, si tratta
di una prima facilitazione per comprendere quando sono gli individui singolarmente a introdurre interessanti
innovazioni e quando invece sono le istituzioni di maggiore dimensione economica, come anche le imprese di marca.
DRAMMA SOCIALE: Indica gli stati di conflitto di piccola o grande portata, che possono investire molti gruppi sociali
o dei gruppi ristretti e costituire un momento di rimescolamento dei Valori e di cambiamento della società stessa,
poiché interessano Valori condivisi da tutti. Si verificano quando dei gruppi sociali si contrappongono per il
raggiungimento di un diverso scopo. Un esempio è la Rivoluzione francese, un altro la Rivoluzione industriale. Il
“dramma sociale” si concretizza in fasi che Turner riconduce a rottura, crisi, compensazione, reintegrazione, descritte
nel primo capitolo. I “drammi sociali” vengono poi assorbiti dalla cultura e riproposti sotto forma di narrazioni: il
teatro, l’arte, il cinema o, nell’antichità, i rituali. Con “dramma sociale” indicheremo la situazione in cui versa il mondo
inteso nella sua globalità e in particolare le sfide sollevate dalle problematiche dell’incertezza sociale, economica
ambientale. In questo tipo di dramma sociale è molto difficile individuare gruppi contrapposti poiché esso coinvolge,
potenzialmente, il mondo intero. Far entrare il mondo reale in una narrazione è un procedimento altamente proficuo in
quanto ci permette di guardare oggettivamente problematiche e sfide che ci coinvolgono direttamente e di identificarne
meglio punti di forza e debolezza. Lo scopo è quello di far successivamente uscire la narrazione nel mondo reale, per
modificarlo.
PERSONAGGI: Con questa parola mi riferisco generalmente agli attori del mondo reale che, prendendo parte alla
narrazione, sono trasformati in personaggi. Essi sono: gli individui della società occidentale, di ogni gruppo, ideologia,
età, compresi coloro che lavorano per una marca commerciale (poiché svestendo i panni “da lavoro” si trovano ad
essere parte della società come gli altri); le marche commerciali (quando vengono incluse altre marche sarà specificato).
Quando le associazioni e le istituzioni politiche o ideologiche entrano nella narrazione vi è una specificazione.
MEZZI MAGICI: Descritti nella nota 6 al capitolo secondo, i mezzi magici sono nella narrativa gli strumenti che i
personaggi, in genere i protagonisti, ricevono dagli aiutanti o raccolgono nel corso della narrazione e con i quali
riescono ad affrontare i pericoli ed arrivare alla risoluzione finale. Un mezzo magico è la spada di Artù. Per noi
indicano i media e la capacità di padroneggiare sia i linguaggi che gli apparati tecnologici con cui trasmetterli.
VALORI: I valori quando espressi in corsivo non hanno specificazione alcuna. E’ il termine come noi tutti lo
utilizziamo normalmente. Corrisponde anche alla parola usata dalle marche commerciali per indicare una serie di
3
Si parte dallo straniamento brechtiano, descritto nella nota 100 al Capitolo 5
7
regole morali a cui si attengono. I valori, come vedremo nel corso della narrazione, hanno perso oggi la loro portata. I
valori sembrano essere dappertutto, sono ciò su cui si fondano intere società, culture, ma anche marche commerciali,
imprese, istituzioni, associazioni. Valori che forse non sappiamo comprendere perché parliamo lingue troppo diverse,
ma siamo costretti ad indicare con questo termine concetti simili, spesso svuotati del loro senso. Valori sparpagliati su
ogni superficie, di cui non si trova più il significato originale, pur costituendo il Sacro Graal di tutte le narrazioni che
vedremo dispiegarsi. Se ne discute in particolare nel paragrafo “Noi, fra marche e valori”, Capitolo 1, e nel paragrafo
“Valori svalutati”, Capitolo 6.
VALORI UNIVERSALI: Corrispondono ai Valori di ampia portata, validi per l’umanità nel suo complesso. Ad
esempio l’Etica, il Rispetto, l’Uguaglianza.
EMPIREO PRIVATO: E’ un contenitore metaforico (situato per questo in una sfera “alta” rispetto al pianeta Terra) in
cui ciascun individuo raccoglie i Valori Universali in forma astratta, senza applicarli ad alcuna realtà ma cogliendoli,
sempre individualmente, nella loro vasta portata. L’Empireo è infatti la parte più sublime del cielo, perché sede degli
astri, secondo Tolomeo. Nel Paradiso dantesco corrisponde alla sfera più elevata, a forma di rosa, in cui risiedono tutti i
beati.
EMPIREO COLLETTIVO: Lo stesso contenitore metaforico valido però per l’umanità intera, senza distinzioni
individuali.
DE-CO.CO: Quando prendiamo un concetto, un termine, o un valore nel linguaggio comune, cerchiamo di
comprendere che cosa esso sia esattamente. Essendosi però allungata la distanza fra le idee che possiamo cogliere con
la mente e le parole usate per esprimerle non sempre questi termini, concetti e valori assumono un significato univoco.
Nel momento in cui vogliamo applicarli alla realtà essi necessitano di essere sbriciolati in un metaforico mortaio. Il
processo si concretizza in un’applicazione del termine, concetto o del valore a tutte le situazioni in cui lo troviamo, le
metafore in cui lo leggiamo, le immagini mentali che ci ricorda. Sminuzzandolo vedremo che le sue manifestazioni
sono molteplici, così numerose che il significato iniziale viene perduto. A questo punto il concetto, il termine o il valore
possono essere posizionati nell’Empireo Privato. Dopo averlo rilevato in molte manifestazioni ci saremo formati una
nostra idea, avremo di essi un’immagine mentale, seppure ancora non esprimibile a parole. Il concetto o il valore sono
divenuti un distillato purissimo, pronto per fare il percorso contrario. Farli scendere dall’Empireo significa ricostruirli e
applicarli alla realtà in cui vogliamo utilizzarli. Renderli soggettivi e originali, adatti solo al nostro contesto. Declinarli
in Principi e Caratteristiche.
DISTILLATO: Il condensato fatto di valori, che dopo essere stati de-costruiti e sminuzzati, vanno a riempire l’Empireo
Privato in forma purissima.
PRINCIPI: Un termine del tutto convenzionale per distinguerli dai valori e dai Valori Universali. Nel corso della
narrazione i Principi vengono sostituiti alla dicitura valore, ma nella maggior parte dei casi il significato che le marche
commerciali danno alla parola valore corrisponde a ciò che voglio intendere con la parola Principio. Infatti a differenza
dei valori che hanno in parte perso significato a forza di usarli, i Principi hanno fatto un percorso de-co.co.
Sono dei derivati dei Valori Universali, una volta “scesi” dall’Empireo Privato o Collettivo che li raccoglie. Il valore di
Rispetto ad esempio può essere compreso soltanto sbriciolandolo e guardandolo da più punti di vista possibili. Se
prendiamo in esame tutti i casi in cui viene usata questa parola troveremo che non è poi così facile comprenderla. (un
piccolo esercizio: chiedetevi che cosa sia il “rispetto” e quante volte avete sentito o letto questa parola). A quel punto
quando i significati si sono moltiplicati, mettiamolo nell’Empireo Privato cogliendone il significato più puro che
possiamo pensare. Successivamente potremo “tirarlo verso il basso” e declinarlo applicandolo alla nostra ristretta realtà.
Che cosa è per noi il Rispetto? A che cosa serve? Quali sono le immagini che ci richiama alla mente nel nostro specifico
caso? Ed ecco che il Rispetto sarà divenuto Principio. I Principi sono più effimeri dei valori ma non per questo meno
importanti. Essi infatti sono effimeri semplicemente perché vengono applicati a situazioni quotidiane e “terrene”.
Applicare un Principio è altrettanto difficile che applicare un Valore Universale.
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CARATTERISTICHE: Le Caratteristiche sono più effimere ma più innocue rispetto alla delicata dialettica fra valori e
Principi, andando a toccare sfere meno elevate. Esse derivano più spesso da dei concetti che alla stessa maniera hanno
subito la procedura de-co.co. Esempi di caratteristiche sono il divertimento, l’estetica, la simpatia. E’ più facile avere
molte Caratteristiche che molti Principi. Anche in questo caso potremo trovare situazioni in cui ad esempio le marche
commerciali si descrivono con delle Caratteristiche che poi non troviamo applicate nella realtà.
COMPATIBILITA’: Il concetto è usato in sostituzione della sostenibilità per indicare quanto sia importante
relativizzare i concetti e i valori trasportandoli nel proprio ambito operativo quotidiano. I concetti e i valori che
scendono dall’Empireo Privato sono misurati in rapporto alla realtà di riferimento e resi Principi o Caratteristiche grazie
alla loro compatibilità con l’ambente sociale, naturale, economico, politico, culturale e tecnologico circostante.
MARCA: Essa ha la funzione di raggruppare un’insieme di significati, comportamenti, caratteristiche, modi di
relazionarsi e comunicare. La marca è una “polvere” in cui si condensano l’essenza di un’azienda, una persona, un
gruppo sociale. E’ il volto di ciò che rappresenta. Tutte le altre manifestazioni
(il simbolo grafico, o marchio, in senso
stretto; i prodotti, quando ci sono; le idee, i progetti, i modi di parlare o la musica ad essa associati, la sua attività, i suoi
colori e via dicendo) sono permeate da questa essenza e vanno a definirla, ed è per questo che possiamo allargarne l’uso
a tutte, e molte altre, situazioni che ho elencato nell’introduzione (nota 1). L’essere umano trattiene in sé l’esigenza di
creare delle “marche” per relazionarsi al mondo. La caratteristica che permette di accomunare diverse realtà sotto la
denominazione di “marca” è il dispositivo di comunicazione che vi è dietro. Questi dispositivi di comunicazione hanno
dei denominatori comuni, fra cui l’espressione grafica “astratta” (dal logo alla firma personale, all’incisione sul bastone
per affermarne la proprietà), l’articolazione di una serie di significati attraverso un percorso multiplo fatto di diversi
codici (dalle immagini, ai simboli, alle spiegazioni orali, ai testi scritti, ai suoni, le voci, i gesti,), il richiamo ad un
universo di idee, progetti, valori che poi si possono concretizzare in azioni per confermarli o contraddirli (io
4
sono
onesto e ho reso un cellulare a una persona che lo aveva smarrito; io sono democratico e voglio fare delle leggi per
tutelare i lavoratori; io sono ambientalista e combatto per eliminare l’inquinamento; io sono “trendy” e ti confeziono dei
vestiti originalissimi). La marca non va confusa con il marchio.
MARCHIO: E’ il segno o il simbolo che esprime una funzione di identificazione, una configurazione grafica con
funzione significante. I marchi esistono con questa funzione da più di 5000 anni. In inglese si traduce con brand, che
per noi assume però una sfumatura diversa.
CORPORATE BRAND: La composita espressione di “entità” dell’impresa (es. Ferrero)
PRODUCT BRAND o semplicemente BRAND: la denominazione e l’identificazione di un comparto della marca o di
un singolo prodotto (es. Nutella)
VISUAL IDENTITY: parte visibile della corporate identity in cui il soggetto attivo della comunicazione proietta la
propria identità organizzata. Questo si realizza attraverso dei “programmi d’identità” (anche Manuali d’Identità), dei
sistemi in cui stabiliscono l’attività visuale dell’impresa attraverso degli standard applicativi nei diversi contesti,
contenenti le regole di applicazione grafica del marchio e dei segni che fanno parte dell’identità visuale dell’impresa (o
del soggetto attivo della comunicazione). L’obiettivo è quello di fornire un preciso profilo visivo dell’impresa, di
mantenere costanti applicazioni e percezioni di un valore.
CORPORATE IDENTITY: Insieme di tutte le manifestazioni espressive coordinate dei valori e delle azioni
dell’impresa: è il sistema delle immagini, delle idee, e delle affermazioni che si formano nella mente di coloro che
entrano in contatto con essa. E’ l’agire quotidiano e strategico dell’impresa attraverso comportamenti, stili, luoghi,
informazione e comunicazione organizzata nei confronti del mercato, degli stakeholders, dei consumatori, della società
nel suo complesso.
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Questo “io” vuole essere riferito a diverse dimensioni, non solo quella dell’individuo.
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APPROCCIO DI DESIGN: Descritto anche nel capitolo 4. Intendo così un modo di vedere le cose, di progettare, di
pensare. Un “approccio di design” prende in considerazione molte componenti: estetica, funzionale, grafica, innovativa,
emozionale, simbolica, tecnica, sociale, economica, ambientale. L’approccio di design è diverso dalla “poltrona di
design”. E’ l’insieme comunicativo formato dal carattere tipografico, dal colore, dalla disposizione delle forme, dal
medium con cui si “trasmette” l’opera, dal materiale con il quale è realizzata, dal rapporto con i cinque sensi, dalla sua
luce, dalla sua posizione nella società e nei media, e soprattutto dal suo rapporto con l’identità, la realtà altra che vuole
esternare, in ogni sua forma.
Essere, consumare.
Entriamo nel nostro dramma sociale e disponiamo i personaggi della narrazione, a partire dagli individui
postmoderni e dalle marche commerciali, intrappolati nelle dinamiche della società dei consumi. L’obiettivo è forgiare
le chiavi per aprire la porta del futuro.
*da qui è possibile accedere all’uso e alla diffusione dei mezzi magici, indispensabili per affrontare il dramma sociale, in “Mediare”
Alice, 1866 - Illustrazione di John Tenniel
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Il nostro “dramma sociale”
1
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate
2
Una narrazione inizia quasi sempre con la descrizione di una situazione statica: all’orizzonte, non si
vedono grandi problematiche. Dopo un certo lasso di tempo si genera un conflitto e i termini si rovesciano.
La normalità è turbata e i personaggi devono adoperarsi per ristabilire la situazione iniziale o modificarla
creandone una nuova, dopo aver appianato, accettato o represso il conflitto e le sue cause. La prima parte
della narrazione è quindi più tormentata e contraddittoria dell’ultima.
I protagonisti sono in difficoltà e si può provare un certo timore nel proseguire poiché non si sa dove si
andrà a finire.
Nella storia di ogni civiltà e società umana si verificano situazioni di conflitto. Gli stati di questo tipo li
chiameremo “drammi sociali”. Possono essere di piccola o grande portata, possono investire molti gruppi
sociali o dei gruppi ristretti. Costituiscono generalmente un momento di rimescolamento dei Valori e di
cambiamento della società stessa, poiché interessano Valori condivisi da tutti. Essi sono portati avanti da
quelle che Victor Turner definisce le “star” del gruppo: per esempio, i portatori della fede, i leader
rivoluzionari, i riformatori per eccellenza.
3
Il “dramma sociale” si concretizza in fasi che Turner riconduce a rottura, crisi, compensazione,
reintegrazione.
Come accennato sopra, la prima fase è quella di rottura di una situazione statica: nella fase precedente alla
Rivoluzione Francese, ad esempio, all’assolutismo monarchico si contrappongono ideali di uguaglianza,
fratellanza, libertà, portati avanti dalla borghesia. Successivamente si manifesta la sensazione che lo status
quo non possa più sostenere i cambiamenti in atto, ovvero la diffusione e il radicamento degli ideali
illuministici. Nella fase di crisi o di conflitto le fazioni entrano in lotta. Riferendoci ancora, per comodità,
alla Rivoluzione Francese avremo la fase in cui la borghesia illuminata si contrappone alla monarchia
assoluta. Dopo la crisi si assiste ad un sacrificio letterale o simbolico, che coincide con la fase di
compensazione, in cui un capro espiatorio viene identificato come vittima dal gruppo perdente (i re che
vennero decapitati con la ghigliottina durante la Rivoluzione). Nella fase finale si può assistere ad una
reintegrazione del gruppo sociale in conflitto (se per esempio i monarchi francesi avessero deciso di
modificare le loro posizioni assolutiste e si fossero riuniti con la borghesia per elaborare una nuova
1
Il termine è ripreso da Victor Turner, “Dal rito al teatro”, Il Mulino Intersezioni. La nozione di dramma naturalmente non vuole
rifarsi ad una visione “tragica” della vita. Esso è stato criticato per la scarsa scientificità, ma Turner lo difende spiegando che la
maggior parte degli eventi quotidiani si presenta sotto forma di “dramma” in quanto rappresenta il corso di un’azione, solitamente
generata da un conflitto, o dalla rottura di una o più regole. A mio avviso è il dramma scenico (la performance culturale) a mutuare
dalle esperienze della vita sociale quotidiana la propria forma.
2
Dante Alighieri, “Divina Commedia”, canto III. Appendice al capitolo 1, DANTE
3
Victor Turner, (op. cit.)