5
 
Figura 1.1 L’homunculus 
 
Si supponeva che a sua disposizione ci fosse una banca 
mnemonica contenente programmi di movimento paragonabili a 
partiture musicali. Secondo questa visione, per realizzare un 
movimento, l’homunculus recupera una partitura dalla memoria 
e la «suona sulla tastiera della corteccia» causando una risposta 
specifica su un’altra tastiera spinale, che realizza un certo 
movimento muscolare. 
Ciascuna nota prodotta dall’homunculus potrebbe rappresentare 
il comando «contrarre un certo muscolo in una certa quota» 
oppure «muovere una particolare articolazione ad un certo 
angolo». I destinatari dei simboli della partitura motoria 
potrebbero perciò essere un’articolazione, un muscolo, un anello 
alfa-gamma, o una unità motoria (11). 
Ma in tutti questi casi il cervello si troverebbe di fronte a un 
problema computazionale gigantesco, dovendo controllare 
ciascun grado di libertà in ogni momento del tempo durante la 
realizzazione di un atto motorio. Questa è una concezione open-
  
 
6
loop (circuito aperto) del controllo: ogni movimento è il risultato 
di un programma insensibile ai cambiamenti interni o esterni: 
l’esecutivo ignora i cambiamenti che stanno intervenendo come 
conseguenza e nessun aggiustamento viene effettuato in caso 
mutino alcune condizioni. 
Una visione cognitivista più moderna (1973) si può trovare nel 
modello di Anochin della scuola neuropsicologica russa.  
 
 
Figura 1.2 Il modello di Anochin 
 
Secondo questo Autore il movimento è il risultato di una 
complessa elaborazione delle afferenze che continuamente si 
confronta con un modello interno detto Accettore d’Azione. Tra le 
afferenze ambientali un input particolare è l’afferenza attivante che dà 
il via all’atto motorio; tuttavia questo risponde ad una 
motivazione di fondo che può suscitare anche delle valenze 
emozionali che il soggetto riceve nel compiere l’azione. Tutto 
  
 
7
questo insieme (afferenze ambientali, afferenza attivante, 
motivazione, valenze emotive) costituisce la sintesi afferente. In 
base a queste variabili, il soggetto mette in atto la presa di decisione 
(compito delle aree associative) a cui seguirà un programma di 
movimento somatotopicamente organizzato. Tale programma, 
probabilmente realizzato dalle aree motorie e premotorie con la 
collaborazione dei gangli della base e del cervelletto viene 
trasferito attraverso le vie corticospinali ai motoneuroni spinali 
alfa e gamma, e a quelli dei nervi cranici. Questi realizzano il 
movimento vero e proprio attivando la muscolatura attraverso 
neuriti e sinapsi. Il programma motorio in uscita viene 
continuamente confrontato ai vari livelli del SNC con il modello 
interno (il complesso degli input che questi livelli si aspettano di 
ricevere costituisce l’Accettore d’Azione). Una volta che tutto il 
processo si è realizzato e che il soggetto ha realizzato il 
movimento, il risultato di quest’ultimo viene verificato dai vari 
livelli del SNC. Se la sintesi afferente prevista non si realizza, 
avviene una reazione di orientamento per l’attivazione del 
Sistema Reticolare Attivatore nel tronco encefalico a cui consegue 
l’attivazione degli altri livelli del SNC al fine di adeguare la 
situazione alla modifica ambientale non prevista. Normalmente la 
reazione di orientamento non viene utilizzata in quanto il 
movimento è già stato ripetutamente controllato dai vari livelli e 
quindi la sua esecuzione è perfetta (a meno di errori di sintesi 
afferente o di chiara patologia) (2). 
  
 
108
CAPITOLO 7 
APPLICAZIONE DELLA MANOVRA 
 
7. 1 CASO CLINICO 
 
Dalla casistica descritta nel capitolo precedente si è scelto di 
approfondire, in funzione della complessità interpretativa 
dei risultati ottenuti, il caso di Vera. Si tratta di una signora 
di 64 anni emiplegica destra dal 21/1/1996, giorno in cui si 
verifica un’emorragia cerebrale per la rottura dell’arteria 
silviana sinistra con conseguente ematoma dei nuclei della 
base omolaterali. Subito portata al Pronto Soccorso 
dell’Ospedale Fatebenefratelli, è presa in cura nel reparto di 
Medicina Riabilitativa, con diagnosi di emiparesi facio-
brachio-crurale destra sensitivo-motoria, disfonia in seguito 
alla paresi del VI nervo cranico e sindrome spalla-mano 
secondaria. Sono inoltre presenti: una stenosi del canale 
vertebrale lombare, spondiloartrosi con ernie discali 
multiple, non suscettibili di trattamento chirurgico, da L2 a 
L5 conflittuali con il sacco durale, anterolistesi di L4 su L5. 
La sindrome radicolare è prevalente a sinistra. 
  
 
109
Una volta dimessa prosegue la riabilitazione in regime 
ambulatoriale e successivamente domiciliare, con sporadici 
trattamenti logopedici. Nel Maggio 1996 raggiunge una 
buona sicurezza nella deambulazione con un bastone che 
abbandona nell’Ottobre dello stesso anno. 
Nel mese di Novembre 1998 si presenta presso il Servizio di 
Riabilitazione Neurologica del Don Gnocchi dove, oltre al 
trattamento motorio, inizia anche la riabilitazione 
neuropsicologica e logopedica. 
 
Esame neurologico: 
All’esame neurologico si osserva: 
- paresi all’arto inferiore destro; 
- lieve ipertono spastico all’arto inferiore destro; 
- segno di Babinski a destra; 
- ROT asimmetrici, maggiori a destra; 
- assenza di deficit alle prove di coordinazione; 
- assenza di eminattenzione; 
- sindrome da dipendenza ambientale; 
- scarso orientamento spazio temporale. 
  
 
110
- dolori diffusi in tutto l’emicorpo destro di origine non 
chiara. 
 
Valutazione fisiatrica: 
Durante la visita fisiatrica si evidenzia: 
• Arto superiore = la Paziente non mostra limitazioni 
articolari tranne una lieve (-15°) all’estensione del gomito. E’ 
in grado si eseguire tutti i movimenti attivamente, e non 
presenta segni di spasticità. La manualità fine appare 
discreta: riesce ad utilizzare correttamente le forbici e le 
posate. 
• Arto inferiore = non presenta deficit alle prove selettive 
precedentemente descritte, pur in presenza di una paralisi del Tibiale 
Anteriore, Peroneo Lungo e dei Gastrocnemi. Sono inoltre deficitari i 
muscoli Quadricipite ed Ischiocrurali. Mostra un lieve ipertono 
soprattutto a livello degli Ischiocrurali e del Tricipite Surale che 
appaiono anche modestamente retratti e riducono l’escursione 
dell’estensione del ginocchio e della flessione dorsale. Non sono 
presenti sinergie patologiche. 
 
Aspetto generale: 
In stazione eretta la Paziente presenta una marcata e non 
compensta lateroflessione del tronco a destra con 
  
 
111
sovraccarico dell’arto inferiore destro che risulta 
pseudoaccorciato sia per effetto della rotazione del bacino 
che del marcato recurvatum del ginocchio. Dal momento che 
appoggia con la parte laterale del piede questo appare varo e 
supinato. L’arto superiore è ben allineato lungo il fianco. 
 
Valutazione funzionale: 
La Paziente deambula senza l’uso di ausili. Durante il 
cammino aumentano notevolmente sia l’inclinazione del 
tronco che la caduta del bacino verso destra. Nella fase di 
appoggio destro il ginocchio scatta in iperestensione. La 
Paziente durante la deambulazione mantiene gli arti 
superiori in atteggiamento di abduzione a 45° e di flessione 
del gomito a 90° ma riesce a correggersi se richiamata. 
Esegue autonomamente tutti i passaggi posturali senza 
particolari problemi. Non presenta difficoltà nelle attività 
della vita quotidiana che però la affaticano facilmente, 
soprattutto i lavori manuali fini. 
 
 
 
 
  
 
124
 
CONCLUSIONI 
Il profilo dei fattori patogenetici rimane immodificato nella sostanza. 
Rispetto alla precedente sessione, dove il guadagno neurofisiologico 
non aveva un effetto meccanico, la variazione più significativa è una 
maggiore utilizzazione in termini cinematico-dinamici degli estensori 
dell’anca e dei flessori plantari, attraverso una maggiore produzione di 
potenza. Il ginocchio mantiene il medesimo comportamento. 
Distalmente, la potenza prodotta dai flessori plantari aumenta oltre il 
doppio, nonostante la minore componente elastica, effetto di uno 
stiramento ridotto, associato ad una parziale perdita della ricchezza dei 
segnali elettrici. 
 
7. 5 RISULTATI 
 
I risultati mettono inizialmente in luce una modificazione 
del quadro neurofisiologico, senza una reale influenza sulle 
caratteristiche cinesiologiche del cammino, mentre 
l’indagine successiva ha mostrato un guadagno nelle 
caratteristiche biomeccaniche, nonostante una più 
complessiva regressione del quadro clinico e motorio. 
La quantificazione e l’analisi delle variabili cinematiche, 
dinamiche ed elettromiografiche, offerta dall’approccio 
strumentale, ha permesso di monitorare l’evoluzione nel 
  
 
125
tempo della strategia locomotoria, condizionata da un 
numero di variabili troppo elevato per una chiara 
interpretazione dell’importanza da attribuire a ciascuna. 
In altri termini, è difficile stabilire il grado di influenza 
della manovra terapeutica rispetto all’ingravescenza dei 
disturbi associati alla sindrome talamica, di quanto 
l’aumento del ‘dolore’ abbia ostacolato una teorica 
riorganizzazione della strategia locomotoria. 
Dopo il periodo di trattamento con la manovra, la comparsa di segnali 
elettromiografici nei flessori plantari, bersaglio della terapia, non ha 
determinato un immediato aumento delle forze propulsive applicate 
alla tibiotarsica. 
Ha invece favorito una riduzione dell’iperestensione del ginocchio, 
grazie alla sinergia tra la risposta elettrica (reclutamento eccentrico), la 
loro maggiore estensibilità (capacità di allungamento) e la variazione 
delle loro caratteristiche visco-elastiche (la velocità di allungamento e 
di accorciamento), tale da non rendere più necessario l’intervento 
accessorio del Tibiale Anteriore. 
Non si sono registrati segni di modificazioni del comportamento degli 
Ischiocrurali, sia in termini cinematici e dinamici, sia in termini 
neurofisiologici apprezzabili, tranne un aumento dell’intensità del 
segnale elettrico. 
  
 
126
A distanza di tre mesi, torna ad aumentare la collaborazione 
degli Ischiocrurali all’estensione dell’anca, incrementando la 
quota di propulsione prossimale. 
Distalmente è diminuita la vivacità elettrica dei flessori 
plantari, ma aumenta la capacità propulsiva, 
prevalentemente frutto della trasformazione in attività 
concentrica del reclutamento, nonostante un minore 
sfruttamento dell’energia elastica, pur mantenendo ridotta 
l’iperestensione del ginocchio. 
I motivi che hanno determinato queste modificazioni a lungo termine, 
rimangono di complessa definizione, soprattutto è difficile spiegare 
perché non regrediscano ma aumentino le possibilità propulsive, come 
espressione locomotoria, in un quadro motorio generale più 
compromesso, che probabilmente influenza l’ulteriore lieve riduzione  
della velocità del cammino. 
  
 
127
 
LEGENDA 
A) Archivio di riferimento 
B) Durata del ciclo (in ms) 
C) Durata della fase di appoggio (in % di B) 
D) Durata dei doppi appoggi (in % di B) 
E) Lunghezza del passo (in % dell’altezza) 
F) Lunghezza del passo anteriore (in % dell’altezza) 
G) Larghezza del passo e spostamento laterale del bacino (in mm) 
H) Velocità media (in % dell’altezza/Sec) 
I) Velocità media del piede in volo (in % dell’altezza/Sec) 
J) Valore “zero” della popolazione di riferimento 
K) Valore della popolazione di riferimento 
L) Valore acquisito del paziente 
 
  
 
128
LEGENDA 
 
A) Parametro indagato (es. angoli sagittali relativi, momenti totali dinamici, potenze) 
B) Articolazione o segmento esaminato 
C) Valori numerici (minimo, massimo e R.O.M.)D) Specifiche 
E) Scala 
F) Valore assunto in standing 
G) Valore medio e deviazione standard 
H) Valore del paziente 
I) Fase temporale del ciclo locomotorio (contatto arto in esame) 
J) Fase temporale del ciclo locomotorio (distacco controlaterale) 
K) Fase temporale del ciclo locomotorio (appoggio controlaterale) 
L) Fase temporale del ciclo locomotorio (distacco arto in esame) 
M) Fase temporale del ciclo locomotorio (successivo contatto arto in esame) 
N) Fase temporale del ciclo locomotorio (successivo distacco controlaterale)