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Figura 1.1 L’homunculus
Si supponeva che a sua disposizione ci fosse una banca
mnemonica contenente programmi di movimento paragonabili a
partiture musicali. Secondo questa visione, per realizzare un
movimento, l’homunculus recupera una partitura dalla memoria
e la «suona sulla tastiera della corteccia» causando una risposta
specifica su un’altra tastiera spinale, che realizza un certo
movimento muscolare.
Ciascuna nota prodotta dall’homunculus potrebbe rappresentare
il comando «contrarre un certo muscolo in una certa quota»
oppure «muovere una particolare articolazione ad un certo
angolo». I destinatari dei simboli della partitura motoria
potrebbero perciò essere un’articolazione, un muscolo, un anello
alfa-gamma, o una unità motoria (11).
Ma in tutti questi casi il cervello si troverebbe di fronte a un
problema computazionale gigantesco, dovendo controllare
ciascun grado di libertà in ogni momento del tempo durante la
realizzazione di un atto motorio. Questa è una concezione open-
6
loop (circuito aperto) del controllo: ogni movimento è il risultato
di un programma insensibile ai cambiamenti interni o esterni:
l’esecutivo ignora i cambiamenti che stanno intervenendo come
conseguenza e nessun aggiustamento viene effettuato in caso
mutino alcune condizioni.
Una visione cognitivista più moderna (1973) si può trovare nel
modello di Anochin della scuola neuropsicologica russa.
Figura 1.2 Il modello di Anochin
Secondo questo Autore il movimento è il risultato di una
complessa elaborazione delle afferenze che continuamente si
confronta con un modello interno detto Accettore d’Azione. Tra le
afferenze ambientali un input particolare è l’afferenza attivante che dà
il via all’atto motorio; tuttavia questo risponde ad una
motivazione di fondo che può suscitare anche delle valenze
emozionali che il soggetto riceve nel compiere l’azione. Tutto
7
questo insieme (afferenze ambientali, afferenza attivante,
motivazione, valenze emotive) costituisce la sintesi afferente. In
base a queste variabili, il soggetto mette in atto la presa di decisione
(compito delle aree associative) a cui seguirà un programma di
movimento somatotopicamente organizzato. Tale programma,
probabilmente realizzato dalle aree motorie e premotorie con la
collaborazione dei gangli della base e del cervelletto viene
trasferito attraverso le vie corticospinali ai motoneuroni spinali
alfa e gamma, e a quelli dei nervi cranici. Questi realizzano il
movimento vero e proprio attivando la muscolatura attraverso
neuriti e sinapsi. Il programma motorio in uscita viene
continuamente confrontato ai vari livelli del SNC con il modello
interno (il complesso degli input che questi livelli si aspettano di
ricevere costituisce l’Accettore d’Azione). Una volta che tutto il
processo si è realizzato e che il soggetto ha realizzato il
movimento, il risultato di quest’ultimo viene verificato dai vari
livelli del SNC. Se la sintesi afferente prevista non si realizza,
avviene una reazione di orientamento per l’attivazione del
Sistema Reticolare Attivatore nel tronco encefalico a cui consegue
l’attivazione degli altri livelli del SNC al fine di adeguare la
situazione alla modifica ambientale non prevista. Normalmente la
reazione di orientamento non viene utilizzata in quanto il
movimento è già stato ripetutamente controllato dai vari livelli e
quindi la sua esecuzione è perfetta (a meno di errori di sintesi
afferente o di chiara patologia) (2).
108
CAPITOLO 7
APPLICAZIONE DELLA MANOVRA
7. 1 CASO CLINICO
Dalla casistica descritta nel capitolo precedente si è scelto di
approfondire, in funzione della complessità interpretativa
dei risultati ottenuti, il caso di Vera. Si tratta di una signora
di 64 anni emiplegica destra dal 21/1/1996, giorno in cui si
verifica un’emorragia cerebrale per la rottura dell’arteria
silviana sinistra con conseguente ematoma dei nuclei della
base omolaterali. Subito portata al Pronto Soccorso
dell’Ospedale Fatebenefratelli, è presa in cura nel reparto di
Medicina Riabilitativa, con diagnosi di emiparesi facio-
brachio-crurale destra sensitivo-motoria, disfonia in seguito
alla paresi del VI nervo cranico e sindrome spalla-mano
secondaria. Sono inoltre presenti: una stenosi del canale
vertebrale lombare, spondiloartrosi con ernie discali
multiple, non suscettibili di trattamento chirurgico, da L2 a
L5 conflittuali con il sacco durale, anterolistesi di L4 su L5.
La sindrome radicolare è prevalente a sinistra.
109
Una volta dimessa prosegue la riabilitazione in regime
ambulatoriale e successivamente domiciliare, con sporadici
trattamenti logopedici. Nel Maggio 1996 raggiunge una
buona sicurezza nella deambulazione con un bastone che
abbandona nell’Ottobre dello stesso anno.
Nel mese di Novembre 1998 si presenta presso il Servizio di
Riabilitazione Neurologica del Don Gnocchi dove, oltre al
trattamento motorio, inizia anche la riabilitazione
neuropsicologica e logopedica.
Esame neurologico:
All’esame neurologico si osserva:
- paresi all’arto inferiore destro;
- lieve ipertono spastico all’arto inferiore destro;
- segno di Babinski a destra;
- ROT asimmetrici, maggiori a destra;
- assenza di deficit alle prove di coordinazione;
- assenza di eminattenzione;
- sindrome da dipendenza ambientale;
- scarso orientamento spazio temporale.
110
- dolori diffusi in tutto l’emicorpo destro di origine non
chiara.
Valutazione fisiatrica:
Durante la visita fisiatrica si evidenzia:
• Arto superiore = la Paziente non mostra limitazioni
articolari tranne una lieve (-15°) all’estensione del gomito. E’
in grado si eseguire tutti i movimenti attivamente, e non
presenta segni di spasticità. La manualità fine appare
discreta: riesce ad utilizzare correttamente le forbici e le
posate.
• Arto inferiore = non presenta deficit alle prove selettive
precedentemente descritte, pur in presenza di una paralisi del Tibiale
Anteriore, Peroneo Lungo e dei Gastrocnemi. Sono inoltre deficitari i
muscoli Quadricipite ed Ischiocrurali. Mostra un lieve ipertono
soprattutto a livello degli Ischiocrurali e del Tricipite Surale che
appaiono anche modestamente retratti e riducono l’escursione
dell’estensione del ginocchio e della flessione dorsale. Non sono
presenti sinergie patologiche.
Aspetto generale:
In stazione eretta la Paziente presenta una marcata e non
compensta lateroflessione del tronco a destra con
111
sovraccarico dell’arto inferiore destro che risulta
pseudoaccorciato sia per effetto della rotazione del bacino
che del marcato recurvatum del ginocchio. Dal momento che
appoggia con la parte laterale del piede questo appare varo e
supinato. L’arto superiore è ben allineato lungo il fianco.
Valutazione funzionale:
La Paziente deambula senza l’uso di ausili. Durante il
cammino aumentano notevolmente sia l’inclinazione del
tronco che la caduta del bacino verso destra. Nella fase di
appoggio destro il ginocchio scatta in iperestensione. La
Paziente durante la deambulazione mantiene gli arti
superiori in atteggiamento di abduzione a 45° e di flessione
del gomito a 90° ma riesce a correggersi se richiamata.
Esegue autonomamente tutti i passaggi posturali senza
particolari problemi. Non presenta difficoltà nelle attività
della vita quotidiana che però la affaticano facilmente,
soprattutto i lavori manuali fini.
124
CONCLUSIONI
Il profilo dei fattori patogenetici rimane immodificato nella sostanza.
Rispetto alla precedente sessione, dove il guadagno neurofisiologico
non aveva un effetto meccanico, la variazione più significativa è una
maggiore utilizzazione in termini cinematico-dinamici degli estensori
dell’anca e dei flessori plantari, attraverso una maggiore produzione di
potenza. Il ginocchio mantiene il medesimo comportamento.
Distalmente, la potenza prodotta dai flessori plantari aumenta oltre il
doppio, nonostante la minore componente elastica, effetto di uno
stiramento ridotto, associato ad una parziale perdita della ricchezza dei
segnali elettrici.
7. 5 RISULTATI
I risultati mettono inizialmente in luce una modificazione
del quadro neurofisiologico, senza una reale influenza sulle
caratteristiche cinesiologiche del cammino, mentre
l’indagine successiva ha mostrato un guadagno nelle
caratteristiche biomeccaniche, nonostante una più
complessiva regressione del quadro clinico e motorio.
La quantificazione e l’analisi delle variabili cinematiche,
dinamiche ed elettromiografiche, offerta dall’approccio
strumentale, ha permesso di monitorare l’evoluzione nel
125
tempo della strategia locomotoria, condizionata da un
numero di variabili troppo elevato per una chiara
interpretazione dell’importanza da attribuire a ciascuna.
In altri termini, è difficile stabilire il grado di influenza
della manovra terapeutica rispetto all’ingravescenza dei
disturbi associati alla sindrome talamica, di quanto
l’aumento del ‘dolore’ abbia ostacolato una teorica
riorganizzazione della strategia locomotoria.
Dopo il periodo di trattamento con la manovra, la comparsa di segnali
elettromiografici nei flessori plantari, bersaglio della terapia, non ha
determinato un immediato aumento delle forze propulsive applicate
alla tibiotarsica.
Ha invece favorito una riduzione dell’iperestensione del ginocchio,
grazie alla sinergia tra la risposta elettrica (reclutamento eccentrico), la
loro maggiore estensibilità (capacità di allungamento) e la variazione
delle loro caratteristiche visco-elastiche (la velocità di allungamento e
di accorciamento), tale da non rendere più necessario l’intervento
accessorio del Tibiale Anteriore.
Non si sono registrati segni di modificazioni del comportamento degli
Ischiocrurali, sia in termini cinematici e dinamici, sia in termini
neurofisiologici apprezzabili, tranne un aumento dell’intensità del
segnale elettrico.
126
A distanza di tre mesi, torna ad aumentare la collaborazione
degli Ischiocrurali all’estensione dell’anca, incrementando la
quota di propulsione prossimale.
Distalmente è diminuita la vivacità elettrica dei flessori
plantari, ma aumenta la capacità propulsiva,
prevalentemente frutto della trasformazione in attività
concentrica del reclutamento, nonostante un minore
sfruttamento dell’energia elastica, pur mantenendo ridotta
l’iperestensione del ginocchio.
I motivi che hanno determinato queste modificazioni a lungo termine,
rimangono di complessa definizione, soprattutto è difficile spiegare
perché non regrediscano ma aumentino le possibilità propulsive, come
espressione locomotoria, in un quadro motorio generale più
compromesso, che probabilmente influenza l’ulteriore lieve riduzione
della velocità del cammino.
127
LEGENDA
A) Archivio di riferimento
B) Durata del ciclo (in ms)
C) Durata della fase di appoggio (in % di B)
D) Durata dei doppi appoggi (in % di B)
E) Lunghezza del passo (in % dell’altezza)
F) Lunghezza del passo anteriore (in % dell’altezza)
G) Larghezza del passo e spostamento laterale del bacino (in mm)
H) Velocità media (in % dell’altezza/Sec)
I) Velocità media del piede in volo (in % dell’altezza/Sec)
J) Valore “zero” della popolazione di riferimento
K) Valore della popolazione di riferimento
L) Valore acquisito del paziente
128
LEGENDA
A) Parametro indagato (es. angoli sagittali relativi, momenti totali dinamici, potenze)
B) Articolazione o segmento esaminato
C) Valori numerici (minimo, massimo e R.O.M.)D) Specifiche
E) Scala
F) Valore assunto in standing
G) Valore medio e deviazione standard
H) Valore del paziente
I) Fase temporale del ciclo locomotorio (contatto arto in esame)
J) Fase temporale del ciclo locomotorio (distacco controlaterale)
K) Fase temporale del ciclo locomotorio (appoggio controlaterale)
L) Fase temporale del ciclo locomotorio (distacco arto in esame)
M) Fase temporale del ciclo locomotorio (successivo contatto arto in esame)
N) Fase temporale del ciclo locomotorio (successivo distacco controlaterale)