Capitolo I
Il linguaggio giornalistico sportivo e la lingua del calcio
1.1. Linguistica e linguaggio sportivo: storia di un amore difficile
Prima di procedere all’esplorazione diretta della lingua del calcio e all’individuazione dei suoi
aspetti caratterizzanti, si rende necessaria una sua definizione in termini tecnico-linguistici. Tale
definizione, però, non è agevole a causa della scarsa presenza di investigazioni linguistiche sulla
lingua del calcio e dello sport in generale.
Scrive Antonio Alcoba López
5
(1993) a riguardo della lingua dello sport:
«una materia o área hasta ahora poco tenida en cuenta en las investigaciones lingüísticas. Esa materia o área no
es otra que la deportiva, convertida en una de las que mayor espacio ocupa en los medios de comunicación, ya
sea prensa escrita o medios audiovisuales (radio y televisión)»
6
.
Riflettendo sulle parole di Alcoba López viene da chiedersi per quale motivo, visto che lo sport
occupa una fetta così importante all’interno dei mezzi di comunicazione di massa odierni
(aggiungerei internet all’elenco proposto dall’autore spagnolo), il linguaggio sportivo non sia mai
stato sufficientemente considerato da parte dei linguisti. Una parziale risposta ci arriva stavolta
proprio da un addetto ai lavori, Claudio Giovanardi, che ammette l’atteggiamento di diffidenza da
parte della linguistica tradizionale ma, allo stesso tempo, colma in parte tale lacuna offrendo il suo
apporto attraverso il saggio dal titolo Il linguaggio sportivo. Giovanardi spiega che:
«La grande popolarità dello sport in Italia ha probabilmente avuto un effetto di freno presso gli studiosi della
nostra lingua, piuttosto restii a considerare la cronaca sportiva un oggetto di interesse scientifico; ciò ha fatto sì
che ad occuparsi dei fatti linguistici legati allo sport siano stati spesso giornalisti o comunque appassionati,
mentre dal campo dei linguisti il contributo sia stato assai più centellinato»
7
.
Prosegue Giovanardi affermando che, a volte, l’atteggiamento di diffidenza dimostrato dagli
studiosi di linguistica è stato accompagnato da un sentimento di critica e disprezzo nei confronti di
una lingua ritenuta, forse con eccessiva disinvoltura, grossolana, “raccapricciante” e propensa ad un
inutile slancio retorico.
5
Antonio Alcoba López è un noto giornalista sportivo in Spagna, direttore del corso Sport e Comunicazione e
professore della facoltà di Scienze della Comunicazione presso l’Università Complutense di Madrid.
6
Cfr. Alcoba López (1993), p. 124.
7
Cfr. Giovanardi (2006), p. 243.
14
È altrettanto vero ciò che afferma Giovanardi riguardo alla maggiore presenza di studi da parte di
giornalisti e appassionati di sport, piuttosto che di linguisti. Questo, in parte, è confermato dalla
stessa bibliografia finale che accompagna la nostra analisi. I contributi linguistici sullo studio della
lingua del calcio sono fondamentalmente concentrati su riviste specialistiche come Lingua Nostra e
Ludus, nelle quali compaiono numerosi interventi, è vero, ma quasi sempre limitati in estensione e
riguardanti alcuni aspetti particolari di tale linguaggio. Se si escludono i saggi relativi al calcio delle
origini
8
, non si può non segnalare lo studio di Carlo Bascetta dal titolo Il linguaggio sportivo
contemporaneo, un lavoro completo, di tutto rispetto e senz’altro innovativo per l’epoca in cui fu
pubblicato. Tuttavia, anche l’analisi di Bascetta risale a quasi cinquant’anni fa, fu pubblicata nel
lontano 1962 e pur presentando un approccio eminentemente scientifico, assunto ad esempio da
gran parte degli studiosi del settore (non solo in Italia), deve essere considerata specchio di un
contesto storico, sociale, culturale e linguistico diverso da quello che noi, oggi, ci troviamo ad
analizzare. Posteriore di una decina di anni e precisamente del 1973 è lo studio di Angelo Stella.
Nel suo breve saggio, lo studioso si limita a dar conto delle principali caratteristiche del linguaggio
sportivo, in primis la fitta presenza di forestierismi e tecnicismi e le relative proposte tecniche di
sostituzione, spesso fallite. Possiamo continuare la panoramica includendo in questo rapido elenco
anche il contributo di Fabio Marri sulla rivista Lingua Nostra. L’autore ha pubblicato numerosi
interventi, a partire dal lontano 1983 fino ad arrivare ai giorni nostri, riguardanti la lingua dello
sport e del calcio. La sua ricerca, tuttavia, si è focalizzata sui neologismi, provenienti dal calcio e
dallo sport in generale, che ogni giorno invadono i mezzi di comunicazione di massa.
Se si considera il panorama spagnolo notiamo che le differenze non sono poi così tante, come
ammesso anche da Alcoba López in Deporte y comunicación. I saggi linguistici dedicati al
linguaggio sportivo e alla lingua del calcio sono sporadici: segnaliamo come anno di inizio
dell’interesse linguistico alla lingua del calcio il 1973. Scrive Jesús Castañón Rodríguez (1993) a
tale riguardo:
«La preocupación lingüística de los diferentes medios de comunicación con respecto al fútbol se inicia en
1973, cuando el diario “Ya”, con el fin superar el narcisismo localista y mantener la pureza del idioma,
proponía lograr una unificación de códigos expresivos mediante la realización de un vocabulario que [...] fuese
aceptado con rigor por el resto de los periodistas.
Pero es a partir de 1976 y durante la década de los ochenta cuando proliferan los libros de estilo y las normas
consuetudinarias de redacción [...]»
9
.
Come accade per l’esperienza italiana, anche nella penisola iberica sono spesso gli stessi giornalisti
a scrivere sull’argomento.
Mi limito a segnalare, fra i contributi importanti da un punto di vista linguistico, la tesi dottorale di
Domingo Gutiérrez Gutiérrez (1990), in cui l’autore madrileno spazia dalle caratteristiche degli
articoli di cronaca calcistica per passare poi in rassegna, secondo un rigido approccio linguistico, la
morfologia, la semantica e soprattutto il lessico del linguaggio del calcio. Cenni di stile e
grammatica completano la sua analisi. Di tre anni successivo è lo studio del già citato Jesús
8
Su tutti valga l’esempio di Giacomo Devoto (1939), che affronta l’argomento delle cronache di calcio. È definito,
dallo stesso Giovanardi, come «il capostipite dei contributi del linguaggio calcistico scientificamente fondati».
9
Cfr. Castañón Rodríguez (1993), p. 25.
15
Castañón Rodríguez (1993), in cui lo studioso affronta tematiche peculiari del linguaggio
giornalistico del calcio quali la folta presenza, nel lessico calcistico, di traslati, cambi semantici e
prestiti provenienti da gran parte delle lingue europee e dall’inglese in particolare.
Infine, merita una menzione a parte, sia per la validità e la completezza dell’opera, sia per la relativa
vicinanza temporale al 2008, anno a cui appartengono gli articoli di cronaca che verranno in seguito
analizzati, il contributo di Néstor Hernández Alonso (2003), pubblicato dalla casa editrice Cátedra
all’interno della sezione di Linguistica. In quest’opera, l’autore di León delinea le caratteristiche del
linguaggio sportivo e della cronaca sportiva. Diversi capitoli, poi, sono dedicati agli aspetti
puramente linguistici: composizione e derivazione delle parole, sintassi, stile e aspetti retorico-
letterari, grammatica e soprattutto lessico del linguaggio sportivo. La trattazione è impreziosita da
numerosi esempi tratti dai principali quotidiani sportivi spagnoli e da apposite sezioni a parte
dedicate al calcio, al ciclismo e alla pallacanestro.
Un punto in comune fra le esperienze italiane e spagnole nello studio del linguaggio sportivo e della
lingua del calcio è dato dallo spazio enorme dedicato al lessico, che prevale nettamente sugli altri
livelli di indagine e in particolare sulla morfologia e la sintassi. Le ragioni di tale concentrazione
quasi esclusiva sul lessico, come vedremo, dipendono dal ruolo preminente che esso ricopre ai fini
della definizione di un determinato linguaggio come “settoriale”.
Anche in questa sede, il lessico ricoprirà un ruolo primario ma ci si soffermerà, altresì, su questioni
morfologiche, sintattiche e semantiche che, ugualmente, caratterizzano la lingua scritta delle
cronache calcistiche. Allo stesso tempo, un discorso a parte verrà formulato sullo stile di tali
cronache, stile che dipende naturalmente dai diversi articolisti e dalla linea editoriale di ogni singolo
giornale ma che, nel suo complesso, caratterizza anch’esso la lingua del calcio e la rende differente
dagli altri ‘sottocodici’ del linguaggio sportivo.
1.2. Problemi di definizione. La lingua del calcio: lingua speciale o linguaggio
settoriale?
Finora ci siamo limitati ad etichettare l’oggetto di studio come “lingua del calcio”, espressione
neutra, utile per capire, almeno per sommi capi, di che cosa si sta parlando ma eccessivamente
generica dal punto di vista linguistico. Serve una definizione più precisa e linguisticamente in grado
di dar conto delle peculiarità di tale forma espressiva. Tuttavia, non è facile definire, in maniera
univoca e definitiva, la lingua del calcio.
La difficoltà è dimostrata dal fatto che capita di imbattersi in definizioni discordanti e l’oggetto di
analisi rimane, perlopiù, indeterminato o comunque non puntualizzato con il giusto rigore
scientifico.
Si rende necessario, prima, un veloce excursus dei precedenti contributi in materia, laddove ci sia
un qualche tentativo di definizione, per poi giungere a una conclusione finale che inglobi in sé i
principali tratti fondanti della lingua del calcio.
16
Adotto come punto di partenza il già citato saggio di Claudio Giovanardi (2006):
«Il linguaggio sportivo (ammesso che una simile generalizzazione sia plausibile, visto il gran numero di
discipline e le loro diverse tradizioni) può essere inquadrato tra i linguaggi settoriali “deboli”, ovvero con una
scarsa densità terminologica e con una flebile identità nella configurazione sintattica e testuale. Per di più, a
differenza di quanto avviene per altri linguaggi settoriali, quello sportivo conosce solo il registro della
divulgazione, essendo veicolato essenzialmente dai mezzi di comunicazione di massa tradizionali […] ed
elettronici […]»
10
.
Evidenziamo un primo punto, scontato ma fondamentale: la lingua del calcio (come quella del
ciclismo, dell’atletica, della pallacanestro, ecc.) è da considerarsi un “sottocodice” del linguaggio
sportivo generalmente inteso. Allo stesso tempo, però, non è possibile pensare al linguaggio
sportivo in maniera astratta senza tener presente che esso esiste proprio perché formato e utilizzato
nell’ambito delle diverse discipline sportive e delle loro tradizioni specifiche. Emergono, poi, due
caratteri peculiari di questo codice. Da un lato una scarsa densità terminologica causata dal fatto che
coloro che scrivono di sport riutilizzano proverbi e luoghi comuni, espressioni popolari e dialettali,
termini appartenenti alla lingua comune, ad altri settori dell’esperienza e ad altre discipline sportive.
E questo vale anche per il sottocodice calcistico. Infatti, pur essendo presente una ricca sfilza di
termini tecnici prettamente calcistici, dal punto di vista terminologico-lessicale non si può certo
paragonare la lingua del calcio ad altri linguaggi settoriali “forti”, quali la lingua dell’economia o
della medicina. Dall’altro lato, la prevalenza della paratassi sull’ipotassi non è sintomo di forte
identità dal punto di vista sintattico e testuale.
Riccardo Gualdo (2007) dapprima definisce, genericamente, i linguaggi della medicina,
dell’economia e della finanza, dell’arte, della cucina e dello sport come «linguaggi “speciali”»
11
, in
un secondo momento, però, sulla stessa lunghezza d’onda di Giovanardi, scrive:
«Lo sport, e in particolare il calcio, è nel nostro paese un fenomeno di costume di significativa rilevanza
sociale, e il suo linguaggio, che si può definire un linguaggio settoriale “debole” (non dotato, cioè, di una
compatta terminologia tecnica e di caratteri sintattici e testuali specifici), ha un ruolo importante nella
costruzione del bagaglio linguistico di una fetta considerevole della popolazione […]»
12
.
Rispetto a Giovanardi, Gualdo evidenzia un nuovo aspetto del linguaggio sportivo. Mi riferisco alla
funzione di costruzione del bagaglio linguistico di gran parte della popolazione. Difatti, anche le
persone di estrazione sociale medio-bassa e con un livello di istruzione non elevato, grazie alla
lettura dei quotidiani sportivi e all’ascolto di trasmissioni e dibattiti televisivi, intraprendono una
sorta di alfabetizzazione che altrimenti non affronterebbero. La popolarità dello sport e, nella
fattispecie, del calcio ha, pertanto, importanti risvolti didattici ed educativi. Non solo in Italia
chiaramente.
Néstor Hernández Alonso (2003), invece, riguardo ai linguaggi giornalistico e sportivo afferma che,
oggi, nessuno più si azzarda a mettere in dubbio la loro esistenza né la loro appartenenza alla
cerchia dei “linguaggi speciali”. Poco dopo, mettendo a confronto il linguaggio giornalistico e
10
Cfr. Giovanardi (2006), p. 243.
11
Cfr. Gualdo (2007), p. 57.
12
Ivi, p. 71.
17
quello sportivo con la lingua comune, aggiusta il tiro e li ridefinisce lenguas especiales. Interessante
ciò che lo studioso spagnolo afferma circa il rapporto fra linguaggio giornalistico (incluso quello
sportivo) e lingua comune:
«el lenguaje periodístico se comporta como una isla en el seno de la lengua común, para uso de iniciados,
caracterizado por algunos rasgos lingüísticos, fundamentalmente léxicos, que con preferencia comparten sus
usuarios. Es un lenguaje mixto: texto, tipografía, imagen y color; producido colectivamente, con multitud de
contagios dentro de él: lenguaje político, administrativo, coloquial, deportivo, etc. [...]»
13
.
Hernández Alonso pone in rilievo, dunque, un ulteriore aspetto del linguaggio sportivo: la
caratteristica di inglobare al proprio interno non solo l’aspetto verbale ma anche una serie di
linguaggi non verbali comprendenti fotografie, immagini varie, vignette, grafici, le dimensioni e il
colore del carattere impiegato. Tuttavia, è bene precisare che si tratta di un elemento tipico del
giornale nel suo insieme (si pensi, ad esempio, alle pagine dedicate all’economia e alla finanza),
anche se appare con maggiore evidenza nella sezione sportiva.
Numerose altre etichette sono possibili per designare l’oggetto di analisi: “linguaggi speciali”,
“lingue specialistiche”, “linguaggi specialistici”, “microlingue”, ecc. Tuttavia, anche queste
definizioni si dimostrano carenti e non del tutto esaustive sotto alcuni punti di vista. La definizione
di “lingua” o “linguaggio specialistico” probabilmente fa riferimento all’impiego di tali varietà a
livello diastratico. Pertanto, sono più facilmente applicabili all’uso di una determinata varietà fra
specialisti di un settore. Discorso difficilmente proponibile per lo sport, materia che abbiamo già
definito “universale” e che non mostra importanti variazioni a livello diastratico. L’etichetta di
“microlingua”, invece, implica limitazioni o semplificazioni rispetto alla lingua comune, ma
vedremo che la realtà è diversa e che la lingua del calcio collabora con la lingua comune in maniera
trasversale.
A questo punto, ritengo che una definizione linguisticamente accettabile debba concentrarsi
sull’aspetto verbale della varietà in questione (la lingua del calcio)
14
; pertanto escluderei il termine
“linguaggio” (che include chiaramente ogni tipo di linguaggio non verbale) e opterei per “lingua”.
Nel saggio Lingue speciali, Alberto Sobrero (1993), d’accordo con Gaetano Berruto, propone la
definizione di “lingue speciali” e vi include, fra di esse, anche la lingua dello sport:
«[…] i sottocodici vengono a coincidere con le cosiddette «lingue speciali», che sono utilizzate per comunicare
determinati argomenti, legati a particolari attività lavorative e professionali, come ad esempio la matematica, la
biologia, la linguistica, la musica, lo sport. La caratteristica principale dei sottocodici/lingue speciali è quella di
avere un lessico specialistico»
15
.
Innanzitutto è da evidenziare la corrispondenza, secondo l’autore, fra “sottocodice” e “lingua
speciale”; in secondo luogo, appare corretta, anche se non del tutto completa, la delimitazione del
campo di impiego della lingua speciale. Afferma Sobrero che tali varietà sono impiegate per
comunicare argomenti legati a particolari attività lavorative e professionali e il calcio, con la sua
13
Cfr. Hernández Alonso (2003), p. 15.
14
Per quanto, durante l’analisi, si terrà comunque conto, seppur in maniera secondaria, dell’aspetto grafico delle pagine
in cui sono collocati gli articoli di cronaca, del corpo, del disegno e dell’altezza delle scritte e dei titoli in particolare.
15
Cfr. Sobrero (1993), p. 237.
18
folta schiera di tecnici, giocatori, dirigenti e giornalisti al seguito, non è da meno. Tuttavia, la
“lingua speciale-calcio” è pane quotidiano anche per gli appassionati, per i non addetti ai lavori e
per tutte le persone, di differente età, occupazione e status sociale che parlano di calcio
semplicemente per passione, abitudine o per trascorrere il tempo di un caffè al bar.
Le lingue speciali, però, comprendono al loro interno varietà assai differenziate a seconda del
diverso grado di specializzazione a cui fanno riferimento. Sempre secondo Sobrero, infatti, le
varietà che fanno riferimento a discipline con alto grado di specializzazione sono definite “lingue
specialistiche” (è il caso della chimica o della linguistica, per fare due esempi), mentre le altre che
riguardano settori non specialistici (la lingua dei giornali e quindi anche dello sport) sono definite
“lingue settoriali”. Cito nuovamente le parole di Sobrero, che differenzia queste ultime dalle “lingue
specialistiche” che appaiono dotate di un lessico specifico e di ‘regole’ peculiari (riguardanti ad
esempio la formazione di neologismi) convenzionalmente accettate:
«Le lingue settoriali […] non dispongono di un lessico specifico vero e proprio – o meglio, dispongono di un
lessico specifico molto ridotto – né di regole convenzionali particolari, ma attingono spesso alla lingua comune
o ad altre LS [Lingue Speciali], importandone parole, espressioni, metafore»
16
.
Aggiunge Sobrero:
«I messaggi delle lingue settoriali si diffondono in gran parte attraverso i mass media: la minore
specializzazione del loro lessico, e i numerosi contatti con la lingua comune sono dovuti alla necessità di farsi
capire da un’utenza molto ampia e indifferenziata»
17
.
La definizione di Sobrero non è pensata specificamente per lo sport e per il calcio ma è rivolta ai
sottocodici (o lingue speciali) e alle varietà linguistiche nella loro totalità. Tuttavia, ai fini del nostro
discorso, è perfettamente applicabile alla lingua delle cronache di calcio poiché pone in evidenza un
duplice aspetto di non poco conto. Da un lato, l’aspetto lessicale variegato che caratterizza
fortemente la lingua del calcio, dall’altro lato il suo carattere di divulgazione quasi universale, a cui
abbiamo già accennato in precedenza.
“Lingua speciale” o “sottocodice” come riferimento generico alla varietà linguistica di tipo
diafasico oppure “lingua settoriale” nel caso in cui ci si voglia servire di una definizione più precisa
sono le ‘etichette’ che meglio incorporano le caratteristiche linguistiche della lingua delle cronache
di calcio.
16
Ivi, p. 239.
17
Ibidem.
19
1.3. Il giornalismo (sportivo) scritto nell’era della Tv e di Internet
1.3.1. Contesto comunicativo
Prima di inoltrarci nell’analisi della lingua del calcio, è bene collocarla nel contesto (storico,
sociale, pragmatico, situazionale, linguistico ed extralinguistico) in cui essa prende forma,
definendo, così, la ‘situazione comunicativa’ in cui è inserita. Tale situazione deve necessariamente
tenere conto del messaggio trasmesso, dell’emittente, del ricevente e delle conoscenze da essi
condivise
18
, del canale e del mezzo attraverso i quali si compie la comunicazione. Da un punto di
vista diamesico, infatti, ci stiamo concentrando su una lingua scritta che, come vedremo, appare
fortemente influenzata dal parlato, dall’oralità e dalle tecniche di trasmissione del mezzo televisivo
(ed oggi, con sempre maggior vigore, anche dalla rete internet), ma che rimane, tuttavia, scritta e
impiegata in ambito giornalistico all’interno delle pagine dei quotidiani.
Dal punto di vista comunicativo, il messaggio viene prodotto da un emittente-giornalista che punta
al grado massimo di divulgazione e quindi mira ad essere recepito (letto) da un enorme numero di
riceventi-lettori. Il linguaggio usato deve essere, quindi, facilmente comprensibile e accessibile per
tutti, anche per quei lettori che non possiedono un grado di istruzione e di alfabetizzazione elevato.
Inoltre, i lettori devono conoscere il tema di cui si parla giacché molti aspetti, per motivi di spazio o
di pura praticità, vengono omessi e lasciati impliciti senza che questo comporti un aumento di
“opacità” nella comprensione del messaggio stesso. Chiaramente, un buon output o riscontro che il
meccanismo comunicativo funzioni è fornito dal numero delle vendite del giornale, che determina
la linea editoriale dello stesso e gli eventuali cambiamenti da apportare per migliorarne la fruibilità.
Questo, naturalmente, avviene per tutti i tipi di quotidiani, compresi quelli sportivi che sono tra i più
venduti sia in Italia che in Spagna.
1.3.2. Informazione sportiva e informazione generale: l’avvento della tecnologia
Alcuni aspetti consentono di distinguere l’informazione sportiva, e in particolare quella calcistica,
da quella generale.
Mi rifaccio al già citato autore spagnolo Alcoba López (1993) il quale, in uno studio dal titolo
Cómo hacer periodismo deportivo, evidenzia, oltre alle ovvie differenze in termini di contenuto e
spazio dedicato ai vari sport (e in particolare al calcio), alcuni aspetti che distinguono
l’informazione sportiva da quella di tipo generale. In particolare tre di questi aspetti appaiono, ad
una prima analisi, fondamentali e perfettamente applicabili sia al panorama italiano che a quello
iberico:
18
Ai fini del nostro discorso, si intende fondamentalmente la conoscenza degli avvenimenti calcistici precedenti (ma
non solo calcistici), dei risultati, di alcuni fatti o dichiarazioni dei protagonisti in particolare e di tutto un contesto che
ruota attorno alla cronaca di una partita o alla sua presentazione preliminare.
20
1- perdita di “serietà” nel linguaggio sportivo, che spesso riutilizza frasi ed espressioni propri
del parlato quotidiano e del linguaggio della strada e mira alla sfumatura delle proprie
espressioni per facilitare la comunicazione fra emittente e lettore;
2- incremento dello spazio dedicato all’opinione di chi scrive, che porta ad assumere un ritmo,
di conseguenza, più vivace, teso a riprodurre il carattere concitato delle azioni sportive;
3- impiego sempre maggiore della tecnologia presso le pagine sportive: grandi titoli con
evidenti differenze, rispetto all’informazione generale, nel corpo, nella dimensione e
nell’altezza delle scritte; l’uso abbondante del colore, delle immagini, delle fotografie e di
iconismi di varia natura
19
.
La tecnologia impiegata dalla stampa sportiva (in primis il ricorso a grandi foto e immagini di varia
natura) ci sembra maggiore rispetto a quella usata dai quotidiani e dai giornali di carattere generale.
Una tecnologia, che ha fatto passi da gigante in ambito televisivo e sulla quale si fonda il new
journalism
20
multimediale, non poteva rimanere insensibile ai problemi della stampa né ignorarla
senza sconvolgere, prima, il modo di lavorare del giornalista del nuovo millennio.
Vedremo successivamente come i tre aspetti evidenziati sopra costituiscano, realmente, dei punti
cardine del giornalismo sportivo di oggi.
1.3.3. Stampa, Tv e Internet: la commistione dei mass media
Spesso si è sentito parlare di “spettacolarizzazione” della notizia, concetto che, sia chiaro, è
possibile applicare a tutti i tipi di notizia, inclusa quella sportiva naturalmente. Tale concetto è
mutuato dal mezzo televisivo e dall’esempio di alcuni Tg che, negli ultimi decenni, si sono
discostati dal modello classico, preoccupandosi più di come dare una notizia, che della
comunicazione obiettiva della notizia stessa. Questa dinamica è dettata dalle regole dell’audience e
della vendibilità del prodotto; per questo la notizia deve apparire il più possibile accattivante,
sbalorditiva, interessante. La stessa logica, ormai, si è trasferita anche sulla pagine dei quotidiani ed
è divenuta realtà anche nei siti di informazione online. Il tutto è stato reso possibile da una
tecnologia che, come abbiamo visto, è in continuo progresso e permette di ottenere immagini e
immortalare istanti che qualche decennio fa non si potevano cogliere o montare servizi televisivi
con una facilità e rapidità prima impensabili. Questo discorso vale per l’intero settore del
giornalismo scritto e, in particolare, per i quotidiani sportivi che fanno dell’immagine, del colore e
delle moderne tecniche di impaginazione il loro cavallo di battaglia.
Avremo modo di soffermarci, in particolare, sull’aspetto tecnologico grazie a vari esempi tratti dal
corpus degli articoli analizzati. Al giorno d’oggi, infatti, la tecnologia spadroneggia in tutti i tipi di
giornali e, rispetto al passato, le fotografie ricoprono l’importante funzione di attirare il lettore
(questo capita a maggior ragione con le prime pagine dei quotidiani sportivi, spesso dominate da
19
Cfr. Alcoba López (1993), p. 146 e seguenti.
20
La definizione è tratta da Pratellesi (2004).
21
fotografie di notevoli dimensioni e dai cosiddetti titoli “urlati”
21
) e di sostituirsi, in parte, al testo
degli articoli o, quantomeno, di anticiparne i contenuti.
In particolare, negli ultimi decenni si è sviluppata, presso le pagine dei quotidiani sportivi e non,
una tecnica di disposizione delle informazioni che ricorda il modello televisivo e che, a sua volta, è
stata perfezionata dalla rete internet con la creazione di collegamenti intertestuali fra più pagine.
Mi riferisco alla struttura “a stella” degli articoli, un modello che prevede la disposizione, attorno
all’articolo principale, di articoli più brevi (riguardanti, ad esempio, l’analisi della moviola, le
dichiarazioni dei protagonisti, i pareri degli esperti o di autorevoli addetti ai lavori), di una o più
fotografie o immagini varie (grafici e tabelle in primis), di riquadri esplicativi, di cenni storici o di
eventuali glossari di termini tecnici. In particolare, le pagine dei quotidiani sportivi dispongono,
attorno all’articolo centrale di cronaca, le statistiche della partita (possesso palla, tiri in porta,
cartellini, falli commessi, ecc.), l’ormai immancabile “tabellino”, contenente gli autori dei gol, i
nomi dei giocatori, comprese le riserve, dell’allenatore e della terna arbitrale, le “pagelle” del
dopopartita, le indicazioni degli spettatori paganti, delle condizioni atmosferiche e del terreno di
gioco e gli eventuali cartellini gialli e rossi, con tanto di spiegazione, comminati ai giocatori dal
direttore di gara.
Tale tecnica vivacizza le pagine dei giornali, aumenta il loro grado di leggibilità e permette di
“rompere”, almeno a livello visivo, quella compattezza delle colonne tipica dei giornali di un
tempo. L’insieme di informazioni, inoltre, rende quasi superflua la lettura dell’articolo centrale,
giacché le vicende e i contenuti principali sono riassunti dalla titolazione (titolo, occhiello e
sottotitolo), dalle fotografie con le relative didascalie e dai diversi riquadri a corredo del pezzo di
cronaca centrale.
Assistiamo a una sorta di “commistione dei mass media”, che non è altro che la nuova frontiera
della comunicazione di oggi. Di tale commistione sono consapevoli gli stessi mezzi di
comunicazione di massa e le persone che vi lavorano. Riprendendo un concetto già espresso da
Ormezzano (2008), stampa, tv e internet danno vita, ormai, a un continuo gioco di dipendenze, di
collaborazioni, di scambi di contenuti e dichiarazioni e cercano, gli uni negli altri, una sorta di
legittimazione del proprio operato. Soprattutto in ambito sportivo e grazie allo sport, i tre grandi
mass media hanno potuto ritagliarsi il loro spazio e lavorare in maniera complementare,
integrandosi a vicenda. Se la tv, infatti, offre lo spettacolo di una partita di calcio, la stampa e
internet la presentano, la anticipano, la commentano (anche in tempo reale nel caso di internet) e la
criticano. Grazie alla rete online, inoltre, anche lo spettatore, il comune appassionato di calcio, può
commentare gli episodi, le dichiarazioni dei protagonisti o il risultato di una partita. Egli stesso, poi,
può sperimentare questa commistione usufruendo, in vari momenti, di tutti i mass media che ha a
disposizione.
21
Tale tipologia di titolazione è caratteristica nei quotidiani politicamente schierati e in quelli sportivi e contribuisce a
evocare l’immagine di un urlo. Gioca su strategie iconiche di richiamo visuale e i suoi elementi distintivi riguardano il
tipo, il colore e la dimensione del carattere e il numero delle colonne occupate. L’uso di tali titoli, spesso, è giustificato
dalla volontà di nascondere la povertà di contenuti dei giornali sportivi che devono uscire in edicola tutti i giorni anche
in assenza di eventi sportivi rilevanti.
22
1.4. La cronaca di calcio: struttura e caratteristiche
Abbiamo già detto in precedenza che la grande maggioranza degli articoli analizzati è costituita da
cronache calcistiche. La cronaca calcistica, intesa come sottocategoria del genere “cronaca” nella
sua totalità è, tuttavia, differente dalla cronaca politica, dalla cronaca nera e rosa, da quella di
costume e di società.
Nei quotidiani sportivi, dato che su questi si concentra la nostra analisi, appaiono differenti generi
di articoli, dalle cronache propriamente dette, alle interviste, dagli articoli di approfondimento e
commento (come gli “editoriali”) alle inchieste ed ai reportage, dalle pagelle agli spazi dedicati alla
moviola, ecc. Chiaramente il terreno più fertile per l’analisi della lingua del calcio è proprio la
cronaca, genere sportivo per eccellenza, in cui maggiormente emergono le sue caratteristiche e dove
tale linguaggio acquisisce tutta la sua grandezza e personalità.
José Luis Martínez Albertos (1989), professore emerito di giornalismo presso l’Università
Complutense di Madrid, individua quattro caratteristiche generali per la cronaca
22
:
1- si tratta di una narrazione diretta ed immediata di una notizia, nel nostro caso di una partita
di calcio, con alcuni elementi di commento e valutazione, dovuti e generati dal distacco
temporale fra i fatti accaduti e il momento della pubblicazione della notizia stessa (anche se
bisogna dire che si suole redigere le cronache calcistiche durante le ultimissime ore del
giorno, in breve tempo e poco prima della chiusura del giornale);
2- comporta una certa regolarità nella narrazione e continuità nei confronti di chi scrive e del
tema trattato;
3- possiede uno stile diretto e semplice, fondamentalmente oggettivo, attraverso il quale mira a
raggiungere la maggiore economia, rapidità e chiarezza possibili
23
;
4- Si tratta di un genere realizzato da un cronista o reporter, che vive “sul campo” e in prima
persona gli avvenimenti che poi riporterà, appunto, sulle pagine del giornale per cui lavora.
Fondamentali, da questo punto di vista, sono la creatività e l’originalità dei giornalisti che si
devono sforzare affinché i loro articoli non risultino eccessivamente monotoni e ripetitivi.
Queste quattro caratteristiche, pur essendo utili a inquadrare il genere della cronaca, non sono
sufficienti a definirlo nella sua complessità. Si possono aggiungere all’elenco altri tratti caratteristici
importanti. Abbiamo detto che la cronaca sportiva appare per metà narrazione e per metà opinione,
e proprio la parte soggettiva della cronaca ci permette di fare qualche considerazione in più su chi si
occupa di cronaca e su coloro ai quali il testo è indirizzato. Da un lato ci sono i reporter che non si
limitano a rilasciare commenti moderati e pacati, ma sfociano, spesso, nel mondo dei sentimenti e
delle passioni, pur mantenendo la propensione originaria all’obiettività. Di contro, i lettori delle
cronache sono innanzitutto appassionati e, nella maggior parte dei casi, tifosi di una delle tante
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Cfr. Martínez Albertos (1989).
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Tuttavia, Gualdo (2007), p. 95, afferma che «la scrittura, rapida e concisa, impone scelte linguistiche che talvolta
appaiono in contrasto con le esigenze di leggibilità, come l’abbondare di costrutti impliciti (gerundi e participi congiunti
e assoluti), che hanno il vantaggio di condensare particolari della notizia ma possono rivelarsi pericolosi per la coerenza
e l’equilibrio del periodo».
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squadre esistenti. Conoscono, pertanto, i risultati, i dati rilevanti e tutto quanto ruoti attorno alla
partita di calcio; ciò consente loro di raggiungere una più facile comprensione degli articoli. I lettori
non cercano nella lettura dell’articolo una sorta di mero resoconto di ciò che, probabilmente, hanno
visto con i loro occhi il giorno prima, bensì uno strumento per sublimare la realtà, qualcosa che
dipinga loro una versione dei fatti più bella di quella che già conoscono.
Altra caratteristica fondamentale è data dall’estensione variabile di un articolo di cronaca. Per
estensione si intende il numero di battute dell’articolo, le colonne occupate, ma anche il numero di
fotografie a corredo dello stesso articolo. La lunghezza, di solito, varia in base all’importanza della
partita che viene raccontata e delle squadre che vi hanno preso parte, in base a ciò che è successo
durante i novanta minuti di gioco, al numero di gol e di episodi meritevoli di trattazione.
Naturalmente l’estensione degli articoli dipende anche dalla linea editoriale del giornale e dalla
presenza o meno di altre partite o di altri importanti avvenimenti sportivi. Minore è lo spazio di cui
dispone un articolista, maggiore sarà la precisione del suo testo, all’interno del quale non troveranno
spazio i dettagli e tutto ciò che l’autore della cronaca ritenga sia superfluo.
Normalmente un pezzo di cronaca viene preparato già prima che abbia luogo la partita; infatti molti
reporter hanno l’abitudine di scrivere una sorta di cronaca preparatoria contenente già importanti
informazioni riguardanti, ad esempio, le condizioni atmosferiche e del terreno di gioco, il numero di
spettatori presenti, le probabili formazioni o i precedenti fra le due squadre. A questa sorta di “pre-
cronaca” segue la cronaca propriamente detta, ovvero un testo che contiene il dettaglio oggettivo
dei fatti rilevanti accaduti. Qua, spesso, il cronista deve operare una selezione soggettiva e decidere
cosa lasciar fuori dal testo. Infine, vi è una fase di “post-cronaca”, in cui l’inviato aggiunge alla
relazione degli avvenimenti qualche elemento personale di commento e valutazione.
Il cronista mira a riprodurre, nel testo, la vivacità, la concitazione e il ritmo delle azioni e spera di
creare quella tensione nella narrazione senza la quale una cronaca non potrebbe essere definita tale.
La cronaca odierna deve risultare, inoltre, quasi spettacolare, deve stupire il lettore che in essa cerca
qualcosa in più rispetto alla fredda trattazione degli episodi chiave.
La cronaca di calcio, nella fattispecie, ruota attorno a concetti fissi che occorrono in quasi tutti gli
articoli del genere. Questi concetti si possono riassumere, fondamentalmente, in alcuni punti:
- il risultato;
- il modo in cui hanno giocato le due squadre nel complesso e i singoli giocatori;
- la tattica di gioco delle due squadre;
- il modo in cui l’arbitro ha diretto la gara (e quindi le eventuali lamentele e proteste dell’una
o dell’altra squadra);
- l’atmosfera e il contesto in cui ha avuto luogo la partita;
- le circostanze fortuite che hanno determinato gli episodi più importanti.
Normalmente la cronaca possiede un’organizzazione fissa, una struttura vera e propria, che da un
lato favorisce la fase esecutiva per il giornalista, il quale si limita a seguire uno schema più o meno
definito, e dall’altro facilita la comprensione per il lettore che si aspetta, seppur inconsciamente,
sempre la stessa linea organizzativa.
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Domingo Gutiérrez (1990) individua tre blocchi fissi che fanno della cronaca una narrazione chiusa,
ordinata e strutturata:
1- i titoli;
2- i dati oggettivi dell’incontro, una sorta di sommario che segue, in linea di massima, la
famosa “regola delle 5 W”;
3- il corpo dell’articolo, con il suo carattere di narrazione e di commento.
Hernández Alonso (2003) individua un quarto blocco importante, quello relativo all’aspetto
tipografico in cui è inserito ogni pezzo di cronaca. I quattro blocchi si integrano perfettamente gli
uni con gli altri e mantengono una relazione di coerenza morfosintattica, semantica e lessicale fra
loro. Il significato contenuto in ogni blocco dipende dall’interazione fra i significati di quel blocco e
degli altri tre. Non può accadere, ad esempio, che ciò che è contenuto nei titoli entri in
contraddizione con quanto contenuto nel testo.
Vediamo, ora, in maniera più dettagliata come sono strutturati i diversi blocchi e quali sono le loro
funzioni principali:
i titoli: fanno parte del “paratesto”, ovvero la parte esterna al testo vero e proprio e
rappresentano il punto di interazione tra il contenuto e l’aspetto grafico-iconico della
cronaca. In qualsiasi titolo possiamo distinguere fra ciò che viene detto esplicitamente e ciò
che rimane implicito e viene comunicato attraverso il contesto. Senza la conoscenza del
contesto e la condivisione di determinate conoscenze, infatti, il lettore non comprenderebbe
a pieno il significato dei titoli. I titoli, generalmente, assolvono tre importanti funzioni:
quella di richiamo dell’attenzione del lettore, la funzione distintiva e quella di relazione con
la parte posteriore della cronaca che essi anticipano, attraverso l’impiego di alcune parole
chiave che ritroviamo, poi, nel corpo dell’articolo, e riassumono per facilitarne la
comprensione o per consentire al lettore, qualora lo volesse, di evitare la lettura dell’intero
pezzo senza che ciò comporti una perdita di informazioni o la mancata comprensione della
notizia.
Normalmente, ma non sempre, un titolo si compone di tre elementi:
- il soprattitolo, o occhiello, che introduce il concetto espresso dal titolo e
contiene, per quanto riguarda le cronache calcistiche, notizie relative al luogo in
cui si è tenuta la partita, al pubblico, al tempo o all’arbitraggio;
- il titolo principale, che offre una sintesi dei contenuti basilari dell’articolo;
- il sottotitolo, o sommario, che spiega il titolo e offre una sintesi ulteriore di
quanto contenuto nel testo, lasciando spazio ad altre particolari circostanze di
gioco.
La lettura di questo apparato procede, in genere, cominciando dal titolo principale (messo in
rilievo da un corpo maggiore rispetto agli altri due), proseguendo con l’occhiello e infine col
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sottotitolo. I tre elementi che compongono il titolo, tuttavia, sono legati da forti rapporti di
coesione e spesso si dice che “dialoghino” fra di loro.
Soprattutto in questo blocco costitutivo della cronaca si manifesta una forte economia
linguistica che porta all’eliminazione di articoli e ausiliari per ragioni di spazio e brevità. Per
questo dominano i titoli concentrati e quelli ‘bimembri’ (nei quali due segmenti vengono
separati dalla virgola, dai due punti o da un punto fermo), abbondano lo stile nominale e
l’ellissi delle forme verbali sia in costrutti predicativi che copulativi, mentre sono rari i titoli
sintatticamente completi.
Il secondo blocco è quello dell’attacco, anche definito cappello o lead, in cui il cronista
include le informazioni essenziali della partita (risultato, formazioni, arbitro, pubblico,
clima, condizioni del terreno di gioco, eventuali espulsioni o episodi eclatanti, ecc.).
Corrisponde, in genere, al primo capoverso del testo e deve essere breve, incisivo, deve
spingere il lettore a proseguire nella lettura dell’articolo. Al suo interno dominano lo stile
nominale, le enumerazioni e la paratassi. Il giornalista, qui, secondo il modello classico non
dovrebbe lasciarsi andare a commenti e valutazioni personali di quanto accaduto ma, come
vedremo specialmente per alcuni cronisti spagnoli come Santiago Segurola e Juanma
Trueba, spesso capita che nell’attacco trovino spazio particolari chiavi di lettura dell’esito
della partita e si mescolino toni epici, trionfalistici o di disfatta con la “fredda” esposizione
dei dati della partita.
Domingo Gutiérrez (1990) individua, suggestivamente, tre differenti tipi di attacco:
1- l’attacco di “complicità”, in cui l’articolista incita il lettore a condividere le sue opinioni
in una sorta di captatio benevolentiae;
2- l’attacco “aneddotico”, in cui il giornalista cerca la sorpresa nel lettore, raccontando
magari un particolare aneddoto;
3- l’attacco “solenne”, in base al quale si decide quasi di convertire l’inizio del discorso in
un poema epico per indicare quale sarà il tono che avrà il resto della cronaca.
Infine abbiamo il corpo o il testo dell’articolo, che contiene lo sviluppo ampio e dettagliato
dei fatti principali della partita (gol, giocate particolari e altre circostanze influenti).
Abbiamo già detto che qua il giornalista mescola la narrazione oggettiva degli episodi della
partita con la valutazione soggettiva di quanto accaduto.
L’autore di un articolo di cronaca deve organizzare le informazioni essenziali in blocchi
informativi per poi ordinarli secondo una logica interna (e non necessariamente secondo un
ordine cronologico). Sotto questo punto di vista, è possibile accostare il testo di una cronaca
ad un testo narrativo con tanto di fabula e intreccio.
Sempre Domingo Gutiérrez (1990), nel capitolo della sua tesi dottorale dedicato al genere
della cronaca calcistica, distingue un processo narrativo in cinque fasi:
1- la situazione iniziale;
2- la prima modifica della situazione iniziale;
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3- la nuova situazione creatasi;
4- la seconda modifica della situazione;
5- il finale, con cui termina il processo narrativo.
Appartengono a questo blocco narrativo anche le conclusioni dell’articolo, concentrate,
normalmente, in un unico paragrafo finale dove drammaticità o allegria, a seconda dell’esito
di una partita, risaltano sopra qualsiasi altro aspetto. La conclusione risulta la parte più
creativa della cronaca, quella in cui il giornalista si sente più libero di esprimere il proprio
punto di vista e la lingua appare più originale rispetto alle parti precedenti. Il giudizio
normalmente si basa sul modo in cui ha giocato una squadra o alcuni giocatori in particolare,
su come l’arbitro ha diretto la gara, sulla situazione in classifica dell’una o dell’altra società
o su eventuali conseguenze che una vittoria o una sconfitta possono avere per il futuro di
una squadra.
Capitolo II
Il corpus degli articoli e gli Europei di calcio del 2008
2.1. Austria e Svizzera 2008: l’Europa si ferma per il calcio
Non è questa la sede adatta per riflettere sull’enorme peso mediatico di un torneo internazionale
come l’Europeo di calcio, sull’impressionante numero di persone coinvolte nella sua organizzazione
e svolgimento o, piuttosto, sull’incredibile quantità di denaro che gira intorno ad una
manifestazione di tali dimensioni. Basterà accennare alla maestosità di un evento, con il quale
possono competere solo le Olimpiadi o i Mondiali di calcio. L’estrema popolarità del pallone,
infatti, trova la sua massima espressione proprio in corrispondenza di eventi di tale portata. I mass
media di tutto il mondo, a cominciare dalle televisioni, investono cifre iperboliche per assicurarsi i
diritti per la trasmissione delle partite e fanno registrare picchi di ascolto che nessun altro evento
riesce a raggiungere. Indici di share da record e milioni di telespettatori incollati davanti ai
teleschermi per sostenere la propria nazionale, trascinati da uno slancio patriottico che, forse, oggi
viene fuori solo in occasioni del genere. Televisioni, giornali, radio, siti internet riversano nei paesi
organizzatori migliaia di giornalisti, esperti e commentatori per seguire, passo dopo passo, ogni fase
della manifestazione e per non perdere neanche una dichiarazione dei protagonisti né il più
insignificante dei dettagli. Vere e proprie redazioni temporanee, con tanto di studi televisivi,
vengono allestite nelle città che ospitano gli incontri; gli appassionati di calcio del nuovo millennio,
quelli che non hanno la fortuna di seguire dal vivo la propria squadra, possono godere
quotidianamente, quasi in prima persona, di un mese di calcio e di puro spettacolo.
Il calendario ha presentato, su un piatto d’argento, un’occasione imperdibile per la nostra analisi: gli
Europei di calcio svoltisi in Austria e Svizzera nel giugno 2008. Un evento di grande spessore
mediatico che coinvolgeva direttamente sedici nazionali europee, incluse Italia e Spagna, e che
interessava, comunque, gli appassionati e i mass media di tutto il mondo. L’occasione di Euro 2008
ha permesso, quindi, di selezionare gli articoli di cronaca sfruttando un’arma a doppio taglio
importante. Da un lato l’interesse comune, da parte dei grandi quotidiani italiani e spagnoli, per le
medesime partite, e l’importanza, da un punto di vista sportivo, di un evento che garantiva, a priori
e qualunque fosse stato lo sviluppo della manifestazione, un ampio spazio in termini di pagine di
carta stampata ad esso dedicate. Dall’altro lato, una serie di 31 partite concentrate nell’arco di tre
settimane circa, che avrebbero assicurato un numero di articoli di cronaca cospicuo e sufficiente per
affrontare un tipo di analisi comparativa e per trarre alcune conclusioni sullo stato attuale della
lingua delle cronache di calcio nei principali quotidiani sportivi di Italia e Spagna.