La libertà religiosa nella Costituzione / Lucia Devigili
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Introduzione
Le questioni connesse al diritto di libertà religiosa erano tradizionalmente
quelle dell’emersione, del riconoscimento costituzionale, dell’impatto dei culti
acattolici e dell’ateismo in una società sostanzialmente omologa e a maggio-
ranza cattolica come quella italiana.
Emergevano in anni più vicini a noi le questioni relative ad una tendenziale
secolarizzazione della società italiana, con la discussione e l’opposizione ri-
volta verso una serie di norme contenenti un favor religionis, in massima parte
relativa alla Chiesa cattolica. Nello stesso periodo occorreva prendere posizio-
ni rispetto a fedi non tradizionali (Testimoni di Geova) e a nuovi gruppi di i-
spirazione religiosa per i quali si poneva la questione della qualificazione in
termini di confessioni religiose (Scientology, sette).
Nell’ultimo periodo, in Italia come nel resto del mondo occidentale, la
questione religiosa sta suscitando nuove forme di interesse, e di emersione di
vicende nuove, connesse ai fenomeni migratori ed al contatto con le più diver-
se esperienze e fedi religiose; si è sul punto osservato che“negli anni più re-
centi le problematiche più sentite riguardo alla libertà di religione originano
da un lato dagli importanti flussi migratori da paesi extracomunitari che com-
portano il diffondersi di una ampia varietà di religioni fra la popolazione, e
dall’altro dal diffondersi di posizioni laiche nella sfera pubblica”.
1
Si è così verificato che mentre le singole società autoctone vivevano un
progressivo allontanamento dal fenomeno religioso, sia pure con tempi e con-
notati diversi nei vari Stati, il fenomeno immigratorio e la globalizzazione
1
V. ONIDA, M. PEDRAZZA GORLERO, Compendio di diritto costituzionale, Milano,
2009, 113.
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2
hanno determinato “un ambiente socio-culturale in repentino cambiamento
ove la dimensione religiosa, lungi dall’uscire di scena, riaffiora robusta e
prepotente”
2
.
Il fenomeno ha comportato in più Stati la ridefinizione dei rapporti fra Sta-
to e confessioni religiose (Portogallo, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna) e
l’esame di questioni nuove.
Sono poi emerse nell’ultimo decennio una serie di posizioni relative alla
destatalizzazione della questione religiosa (Corte di giustizia e Parlamento Eu-
ropeo, CEDU, Consiglio d’Europa).
Nei termini del diritto costituzionale, l’emersione delle questioni suindicate
pone oggi il problema della effettiva “tenuta” del sistema, al fine di verificare
se il diritto di libertà religiosa, faticosamente emerso nella società italiana, poi
costituzionalizzato ed infine inverato nelle sentenze della Corte costituzionale
e della giurisprudenza, possa illuminare l’opera legislativa.
Lo stesso sistema delle Intese coi culti acattolici, prefigurato dal Costituen-
te e di fatto realizzato nel breve periodo che va dal 1984 (in concomitanza con
il Nuovo Accordo con la S. Sede) al 1995, sembra oggi segnare il passo, per le
difficoltà concrete di utilizzazione del meccanismo dell’art. 8 Cost. con deter-
minate fedi, tra cui l’Islam e in qualche misura i Testimoni di Geova. E’ recen-
te d’altro canto il contrario avviso della giurisprudenza amministrativa, che ha
riconosciuto l’esistenza di un vero e proprio “diritto all’accesso” all’Intesa.
3
Una pluralità di questioni, poco analizzate nei decenni precedenti, sono
2
F. ALICINO, Costituzionalismo e diritto europeo delle religioni, Padova, 2011, p. XV.
3
Cons. Stato, sez. IV, 18.11.11 n. 6083 relativa alla vicenda dell’UAAR, su cui infra, cap.
II.
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emerse dal contatto tra culture: dalla questione della simbologia personale o
pubblica (dal velo all’esposizione del crocifisso) al sistema scolastico.
In Italia, a fronte dell’affioramento di odio etnico-religioso (dall’emersione
di nuove forme di antisemitismo alle manifestazioni crescenti di xenofobia e
anti-islamismo), sia in campo politico che in vari settori della popolazione, si
pone con maggiore forza il recupero dei principi costituzionali sotto il profilo
del divieto assoluto di discriminazione tratto dai principi costituzionali di u-
guaglianza e di libertà religiosa.
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Capitolo I
La costituzionalizzazione della libertà religiosa
1. Cenni storici. La disciplina pre-concordataria. 2. Il Concordato e il Fascismo. 3. Il di-
battito nella Costituente.
1. Cenni storici. La disciplina pre-concordataria
L’art. 1 dello Statuto Albertino del 1848 precisava che la religione cattolica
era la religione dello Stato e che gli altri culti erano “tollerati conformemente
alle leggi”. La disciplina legislativa pre-unitaria prevedeva una pluralità di i-
potesi di effettiva parificazione fra culti: l’appartenenza ad un culto acattolico
non poteva costituire causa di limitazione dei diritti civili e politici o di manca-
ta ammissione alle cariche civili e militari (legge Sineo n. 735 del 1848); in
particolare, i Valdesi e gli Israeliti (che rappresentavano, nel territorio del Re-
gno di Sardegna, le principali minoranze religiose allora esistenti) erano am-
messi a fruire dei diritti civili e politici (Lettera patente 18.2.1848 e r.d. 688
del 1848). La permanenza, nel codice penale albertino, di norme a tutela della
religione cattolica comportò tuttavia, nella pratica, forme ristrette di tolleran-
za
4
.
Le leggi successive, più che investire la questione della libertà religiosa,
andavano a regolare una serie di questioni con la Chiesa cattolica: con le leggi
Siccardi del 1850 (governo D’Azeglio) fu abolito il “foro ecclesiastico” e il di-
ritto di asilo, si limitarono le pene per l’inosservanza delle festività religiose, e
gli acquisti delle persone giuridiche (tra cui gli enti ecclesiastici) vennero sot-
4
L. MUSSELLI, Libertà religiosa e di coscienza, in Digesto discipline pubbl., vol. IX,
Torino, 1994, 217 s.
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5
toposti ad autorizzazione regia previo parere del Consiglio di Stato. Nel 1852
fu eliminata dal bilancio la voce relativa ad un cospicuo contributo statale alla
Chiesa per le spese di culto. Nel 1859 fu approvata la legge Casati di riforma
dell’ordinamento scolastico, con effetti sul sostanziale monopolio nel campo
dell’istruzione in allora esercitato dalle strutture religiose.
Nel 1866 fu disposta la soppressione delle corporazioni religiose
5
. Si è os-
servato sul punto che il testo normativo, “redatt[o] in base a una visione me-
ramente finanziaria del problema e a una impostazione chiaramente giurisdi-
zionalista, ebbe un’importanza enorme. Eliminando, infatti, vastissimi patri-
moni terrieri ritenuti in base a una tradizione di origine feudale praticamente
inalienabili, contribuì alla laicizzazione della società italiana, rafforzando
nella sua consistenza patrimoniale parte di quella borghesia agraria che ne
rappresentava allora la salda base politica e che in concreto ebbe possibilità
di acquistare i beni appartenenti alla manomorta ecclesiastica. La legge riflet-
teva così l’ideologia della classe dominante ed appariva del tutto coerente con
lo stesso svolgimento del Risorgimento italiano”
6
.
Permanevano forme di controllo di quella che formalmente costituiva la re-
ligione di Stato; una scelta definita di “giurisdizionalismo attenuato”
7
compor-
tava, ad esempio, che la pubblicazione e l’esecuzione degli atti delle autorità
5
Art. 1 r.d. 7.7.1866 n. 3036: “Non sono più riconosciuti nello Stato gli Ordini, le Corpo-
razioni e le Congregazioni regolari e secolari, ed i Conservatori e Ritiri, i quali importino Vi-
ta comune ed abbiano carattere ecclesiastico.
Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini, alle Corporazioni, alle Congregazioni
ai Conservatori e Ritiri anzidetti sono soppressi”.
6
C. GHISALBERTI, Storia costituzionale d’Italia (1848-1994), Roma – Bari, 2003, 132.
7
C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, Torino, 1979, 140.
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6
ecclesiastiche erano soggette a forme di controllo quali l’exequatur ed il placet
regio.
Con l’annessione di Roma, fu emanata la legge delle Guarentigie
8
; benché
rivolta essenzialmente a regolare unilateralmente i rapporti tra Santa Sede e
Stato, in tale legge si sancirono la libertà di discussione in materia religiosa, la
libertà d’esercizio del culto cattolico e l’abolizione della censura preventiva
sulle pubblicazioni ecclesiastiche
9
.
Con la legge Coppino del 1877 scomparvero le materie teologiche nelle
università e si sancì la facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole pubbliche.
Il Codice penale Zanardelli del 1889 stabilì la parificazione di tutti i culti
sotto il profilo della tutela penale.
2. Il Concordato e il fascismo
Con la scelta concordataria lo Stato italiano effettuava una netta inversione
di tendenza rispetto al principio di laicità ed al giurisdizionalismo dello stato
liberale pre-fascista. Fra le norme di maggior rilievo con riguardo al diritto di
libertà religiosa, vanno sottolineate l’introduzione del matrimonio concordata-
rio, il sorgere di forme discriminatorie verso i sacerdoti “apostati o irretiti da
censura” (art. 5 Concordato), l’estensione dell’insegnamento religioso anche
8
Legge 13.5.1871 n. 214 recante “Legge sulle prerogative del Sommo Pontefice e della
Santa Sede, e sulle relazioni dello Stato con la Chiesa”.
9
“La discussione sulle materie religiose è pienamente libera” (art. 2 co. 4); “E’ abolita
ogni restrizione speciale all’esercizio del diritto di riunione dei membri del clero cattolico”
(art. 14); “Sono aboliti l’exequatur e placet regio ed ogni altra forma di assenso governativo
per la pubblicazione ed esecuzione degli atti delle Autorità ecclesiastiche” (art. 16).
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nelle scuole medie (art. 36), la previsione di un nulla-osta per i docenti delle
università cattoliche (art. 38) e il riconoscimento dell’Azione cattolica (art.
43).
Nell’ambito di uno Stato che, già dal 1925, aveva manifestato la sua deriva
dittatoriale ed autoritaria, l’introduzione del Concordato comportò per la Chie-
sa e per le organizzazioni cattoliche un moderato àmbito di esercizio della li-
bertà religiosa. Per gli acattolici, al contrario, con l’introduzione della legge
1159/29 si finiva per fornire una disciplina unitaria delle varie confessioni re-
ligiose diverse dalla cattolica, con la ripresa di una terminologia ed una norma-
tiva più prossima ad un’ottica di tolleranza che di uguaglianza di trattamento,
posto che le altre religioni venivano definite “culti ammessi”. La condizione
per tale ammissione era che i culti non professassero principi, e non seguissero
riti, contrari all’ordine pubblico o al buon costume. Veniva così introdotto un
controllo di merito, effettivamente utilizzato in ottica persecutoria di talune
confessioni. Va segnalato, per la durata della valutazione ostativa da parte del
Governo, la condizione dei Pentecostali. Per detta confessione una circolare
ministeriale ne inibì il culto, «essendo risultato che esso si estrinseca e con-
creta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fi-
sica e psichica della razza»
10
.
Tra le norme palesemente discriminatorie, vanno annoverate quelle (r.d.
289/30) che prevedevano che il matrimonio in un culto acattolico avvenisse
10
Circ. Min. Interni n. 600/158 del 9.5.1936 (c.d. circ. Buffarini-Guidi). Nel dopoguerra,
il Ministero degli interni confermò la posizione del governo fascista con circ. n. 001815/59168
del 6.3.47, lasciando intendere che “nel settore dei culti acattolici nulla era cambiato., o dove-
va cambiare”; cfr. C. CARDIA, voce Libertà di credenza, in Enciclopedia giuridica Treccani,
Roma, 1990, 3.
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con un ministro di culto con approvazione governativa e in un tempio a sua
volta autorizzato dal Ministero per la giustizia. Il TULPS del 1931 introdusse
ulteriori norme repressive; il codice Rocco introdusse a sua volta una chiara
distinzione, nella tutela penale, fra la confessione cattolica e le altre religioni.
Una storia a sé, per la sistematica attività persecutoria realizzata, riguarda-
va poi i cittadini di religione ebraica, nei cui confronti si realizzò prima una di-
sciplina speciale e poi una normativa apertamente discriminatoria con le cd.
leggi razziali.
3. Il dibattito nella Costituente
I commentatori (
11
) segnalano che la tematica della libertà religiosa non
ebbe nei lavori della Costituente quei contrasti e quei dibattiti che riguardaro-
no il tema correlato dei rapporti fra Stato e Chiesa cattolica e, più in generale,
tra Stato e confessioni religiose. In effetti i maggiori contrasti politici ed ideo-
logici si incentravano sul ruolo della Chiesa cattolica, sulle opposte richieste
formulate dalle minoranze religiose dell’epoca (segnatamente Protestanti ed
Ebrei) e sulla vigenza del Concordato a fronte della legislazione fascista di
forte controllo impresso sui culti acattolici.
La questione della libertà religiosa fu rimessa, per materia, alla prima Sot-
tocommissione. Si pose sin dall’inizio la scelta fra muovere dall’affermazione
del diritto di libertà religiosa o di regolare preventivamente i rapporti con le
confessioni religiose. Il tema fu affidato a due relatori di opposto orientamen-
to, il democristiano Dossetti (esponente dell’ala cattolica progressista) ed il
11
Per tutti, v. G. LONG, Alle origini del pluralismo confessionale, Bologna, 1990, 329
ss.
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demo-laburista Cevolotto (portatore di un pensiero laico non marxista). Il se-
gno della diversità di prospettiva è fornito dalla due relazioni; nella seconda, in
particolare, si riteneva che nella Costituzione dovessero essere espressi solo i
diritti e le libertà n materia religiosa, non essendovi posto per i rapporti Stato-
Chiesa.
Le bozze presentate dai due relatori di quello che, in quella fase della Co-
stituente, era l’art. 14 del progetto preliminare, offrono ciascuna un proprio ca-
talogo della libertà religiosa.
L’on. Cevolotto proponeva la garanzia della libertà di fede e di coscienza,
la libertà di esercizio e di propaganda, la libertà dei cittadini di aderire o meno
a un culto, l’assenza di scriminante (per un reato o l’inadempimento di un do-
vere) per invocazione delle proprie opinioni religiose o filosofiche, con ciò e-
scludendo rilievo all’obiezione di coscienza.
L’on. Dossetti inseriva il diritto di resistenza (individuale e collettiva) agli
atti incostituzionali dei pubblici poteri, come reazione ad eventuali norme nel-
la legislazione statale, in contrasto con le convinzioni religiose.
La questione che, secondo i commentatori, è sfuggita alla maggior parte
dei membri, pur se segnalata da Cevolotto, era la differenza da attribuire ai di-
ritti dei singoli ed a quelli della confessioni.
All’esito del dibattito in commissione, fu approvato il testo proposto da
Dossetti, che recitava: “Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle
proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita
religiosa interiore ed esteriore, alla libera manifestazione, individuale ed as-
sociata, della propria fede, alla propaganda di essa, al libero esercizio, pro-
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vato e pubblico, del proprio culto, purché non si tratti di religione o di culto
implicante principi o riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume”.
Come è stato segnalato in dottrina, può rilevarsi dal confronto fra detto te-
sto e quello che poi è divenuto l’odierno art. 19 della Costituzione, che il testo
presentato all’Assemblea non conteneva più l’accenno al diritto di esplicazio-
ne della propria vita religiosa, sicché il tema specifico della libertà dei singoli
non verrà più discusso
12
. Il testo recitava, all’art. 14 comma 1 del Progetto de-
finitivo della Costituzione proposto dalla Commissione dei 75: “Tutti hanno
diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,
individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in
pubblico atti di culto, purché non si tratti di principi o riti contrari all’ordine
pubblico o al buon costume”.
Il relatore Ruini precisò che, posto il testo base, vi erano emendamenti re-
lativi solo all’ultima parte. Gli emendamenti approvati facevano capo a Cala-
mandrei e Cianca; essi portarono all’eliminazione del riferimento all’ordine
pubblico
13
, che – ove inserito come limite nella norma costituzionale – avreb-
be consentito interventi repressivi non solo a tutela dell’ordine pubblico mate-
riale (inteso come incolumità dei consociati) ma anche di quello ideale, a tute-
la, in ipotesi, dell’ordinato vivere civile, della moralità pubblica, etc. Esso a-
vrebbe comportato una valutazione in concreto di fedi i ideologie che, per il
solo fatto di essere potenzialmente perturbatrici dell’ordine pubblico, non a-
vrebbero potuto ricevere tutela costituzionale.
12
L. MUSSELLI, voce Libertà religiosa e di coscienza, in Digesto discipline pubbl., vol.
IX, Torino, 1994, 221.
13
Seduta del 12.4.57.