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società pluralistica e multireligiosa, che sta coinvolgendo anche il resto
dell’Europa. In questo lavoro ci si occuperà in particolare del periodo
delle intese, cercando di verificare il grado di libertà religiosa garantito
dal nostro ordinamento e più in generale negli altri Stati europei.
“L’Italia ha a disposizione un sistema pattizio, quello delle intese e del
Concordato, adattabile alle diverse (antiche e nuove) presenze religiose,
che è ancorato ai capisaldi costituzionali della separazione degli ordini,
dell’uguaglianza dei cittadini, in grado di sostenere sia la crescente
secolarizzazione che le trasformazioni e gli sviluppi confessionali,
sicuramente meglio del più rigido sistema francese, ancorato ai principi
di laicità, separazione, e non riconoscimento dei culti, che non riesce
ancora a superare la crisi aperta dalla massiccia presenza islamica e che
ha dichiarato guerra ai Nuovi Movimenti Religiosi, tutti ammucchiati
nella categoria delle sette”. Con queste parole il prof. Francesco
Margiotta Broglio si è espresso in materia di libertà religiosa in Italia. E’
evidente l’alta considerazione mostrata nei confronti del sistema italiano
rispetto a quello francese, un sistema, il nostro, che è stato in grado di
gestire in maniera meno conflittuale, rispetto ad altri paesi europei,
nonostante i profondi cambiamenti della società italiana e il progressivo
apparire di contesti multietnici e multireligiosi degli anni novanta, i
processi di secolarizzazione e trasformazione della realtà nazionale. E’ un
giudizio tutto al positivo che sicuramente sarà da verificare.
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Il primo capitolo di questo lavoro ha una funzione introduttiva.
Avendo come obiettivo quello di delineare i contorni della libertà
religiosa in Italia e in Europa, ho ritenuto opportuno definire, per quel
che è stato possibile, il principio stesso di libertà religiosa che, come
vedremo, non si esaurisce nel diritto alla libertà di coscienza, di culto o
di propaganda, ma comprende anche il diritto del singolo e del gruppo di
vivere conformemente alla visione della vita e alla scala di valori
derivanti dalla fede religiosa professata. Darne una definizione certa e
universalmente accettata non è stato possibile: storici e giuristi si sono
impegnati, e continuano a farlo, per raggiungere questo obiettivo.
Rispetto al passato, ci troviamo in un momento storico che vede il
superamento della concezione “individualistica” della religione, come
fatto privato della coscienza individuale, e verso una concezione più
ampia, che porta ad allontanarci dalla definizione data da Francesco
Ruffini, di una libertà religiosa come concetto essenzialmente giuridico.
Il concetto di libertà religiosa, sta assumendo invece una dimensione
storica e un valore storico, relativo ad un contesto ben determinato di
cultura e di rapporti sociali. Stiamo parlando di qualcosa di più, del fatto
religioso che ha importanti riflessi all’esterno e nel sociale.
“Come l’Italia sta affrontando questi cambiamenti legati alla
trasformazione del concetto di libertà religiosa, dovuto ad una realtà che
sta assumendo i contorni del pluralismo e connotati multireligiosi?”. “Lo
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strumento delle intese è - come sostiene Margiotta Broglio - quello che
avvicina di più il nostro ordinamento alla realizzazione di un contesto di
piena libertà religiosa?”.
Sicuramente la religione cattolica è la religione della maggioranza
degli italiani e sta affrontando negli ultimi anni la “concorrenza” di altre
confessioni religiose che chiedono allo Stato gli stessi diritti, se non gli
stessi privilegi ad essa concessi dall’essere parte di un sistema
concordatario.
Il nostro ordinamento ha messo a disposizione delle cosiddette
“minoranze religiose”, lo strumento delle intese. Nell’articolo 8 della
Costituzione si legge che tutte le confessioni religiose sono ugualmente
libere di fronte alla legge e che quelle diverse dalla cattolica hanno il
diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non contrastino
con l’ordinamento giuridico italiano; i loro rapporti sono regolati per
legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Lo strumento dell’intesa, introdotto nella Costituzione repubblicana
del 1948, prevede la stipulazione di un patto bilaterale tra lo Stato e le
confessioni religiose che ne facciano richiesta, ma non è stato utilizzato
se non negli ultimi decenni, definiti per questo motivo la “stagione delle
intese”, che ha preso l’avvio dalla stipulazione del nuovo Concordato
con la Chiesa cattolica firmato il 18 febbraio 1984. All’indomani della
revisione del Concordato Lateranense, i governi succedutisi nel
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quindicennio 1985-2000, si sono resi conto della necessità di gestire una
realtà nuova, che presenta problemi, emersi soprattutto negli ultimi
vent’anni, nati dalla metamorfosi delle situazioni matrimoniali e
familiari, dalla caduta della pratica religiosa cattolica, dagli sviluppi
indotti dal Concilio Ecumenico Vaticano II, dalla secolarizzazione della
società (si pensi ai risultati dei referendum su divorzio e aborto), dalla
crescente presenza di immigrati delle più diverse provenienze nazionali e
religiose, e di progettare un’adeguata legislazione ecclesiastica. I
Governi si sono dotati di una serie di organi tecnici per l’elaborazione
della legislazione in materia ecclesiastica: le Commissioni, ed hanno
formalizzato la competenza specifica della Presidenza del Consiglio dei
Ministri per tutte le questioni religiose.
Solo negli anni ottanta, quindi, si è potuto assistere all’applicazione
dell’art. 8 della Costituzione e alla firma delle prime intese.
In realtà, subito dopo il referendum sul divorzio, l’onorevole Aldo
Moro, appoggiato da Pietro Nenni e da Ugo La Malfa, cercò di aprire la
strada ad un’effettiva revisione del Concordato con la Chiesa cattolica,
che risaliva, come abbiamo già detto, al 1929.
Solo tra il 1976 e il 1982, il Presidente del Consiglio Andreotti, e poi
Spadolini, pur provenendo da culture politicamente diverse, compresero
entrambi l’urgenza di eliminare il maggiore ostacolo esistente alla
collaborazione tra le forze laiche e quelle cattoliche: il Concordato, che
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legittimava ancora l’esistenza di una religione di Stato, quella cattolica
appunto. Questo avveniva in un clima di collaborazione anche con il
Partito Comunista di Enrico Berlinguer.
Sarà il leader del Partito Socialista, l’allora Presidente del Consiglio
dei Ministri, Bettino Craxi, il primo socialista a capo di un governo del
dopoguerra, a concludere le trattative (già ben avviate da Pietro Nenni)
con la Chiesa cattolica di Papa Giovanni Paolo II per la firma del nuovo
Concordato (legge 222 del 1985), ma anche quelle della prima intesa con
una confessione religiosa diversa da quella di maggioranza.
Le prime intese stipulate risalgono al periodo immediatamente
successivo la firma del nuovo Concordato: l’intesa con le Chiese
rappresentate dalla Tavola Valdese e quella con la Comunità ebraica
italiana.
In base all’articolo 8 della Costituzione, solo le confessioni che siano
state riconosciute tali dallo Stato, possono stipulare l’intesa.
Per quanto riguarda le competenze del Governo e dei vari ministeri,
queste sono ampiamente spiegate nel primo paragrafo del secondo
capitolo.
Visto che solo le confessioni religiose riconosciute tali dallo Stato,
hanno la possibilità di addivenire all’intesa, ho cercato, sempre nel primo
capitolo, di trovarne una definizione giuridica, anche se, come per il
principio di libertà religiosa, non ne esiste una universalmente accettata.
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E’ sicuramente difficile trovare un minimo denominatore comune a
tutte le religioni in quanto non tutte hanno riti, ministri di culto o il culto
stesso, come nel caso delle religioni a-teiste, dove non è presente la
Divinità. Spetta quindi allo Stato il compito di valutare, di volta in volta,
se un gruppo religioso può essere definito “confessione” e quindi
beneficiare dello strumento dell’intesa. I gruppi che non raggiungono
questa qualifica rimangono sottoposti alla legge 1159 del 1929, sui “culti
ammessi”. Dobbiamo ricordare che è attualmente in discussione una
nuova legge generale che sostituisca quella dell’epoca fascista ormai da
lungo tempo superata.
Lo Stato quindi è arbitro di questioni relative alla fede: può essere
definito laico?
Non tutte le religioni sottostanno quindi ad un uguale regime
giuridico. Si può parlare di discriminazione?
Sicuramente le confessioni che hanno stipulato l’intesa godono di
numerosi privilegi, dai quali sono escluse le altre.
Non esistendo in Italia un diritto comune per le minoranze religiose,
nonostante siano garantite costituzionalmente le maggiori libertà, si è
creato un sistema di diritti particolari, anche se, per quanto riguarda la
tutela penale del sentimento religioso, negli ultimi anni si è imposto un
criterio di uguaglianza tra le religioni. Il reato di vilipendio (art.402 del
Codice penale) e il reato di bestemmia (art. 724 del Codice penale), sono
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stati oggetto di importanti revisioni, che hanno portato a vedere tutelate
in egual modo le confessioni religiose diverse dalla cattolica. Questo è il
sintomo del tentativo di creare un sistema pluralistico e di garanzie
uguale per tutti, anche se forme di discriminazioni esistono ancora.
Sempre nel primo capitolo, in tema di tutela del sentimento religioso,
che ci aiuta a creare una mappa della condizioni di garanzia in cui
vivono le “minoranze religiose” e le confessioni, si parlerà della
questione della formula di giuramento dei testimoni, anch’essa adattata
alla nuova struttura sociale e alle nuove istanze di uguaglianza di
trattamento giuridico; è stato, infatti, eliminato dalla formula qualsiasi
riferimento alla Divinità.
Mi è sembrato opportuno passare poi a trattare, nel secondo capitolo,
delle prime intese stipulate, quelle con le Chiese rappresentate dalla
Tavola Valdese e con l’Unione delle Comunità ebraiche, e delle ultime
due, non certo per importanza: quella con l’Unione Buddista Italiana
(UBI) e quella con la Congregazione dei Testimoni di Geova, che
attendono ancora la legge di approvazione. Queste ultime due intese,
sono state definite “intese difficili” perché per stipularle, lo Stato ha
dovuto accettare di mettere definitivamente in discussione il modello
giudaico-cristiano, non più totalmente rappresentativo della realtà
religiosa in Italia.
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C’è la Chiesa cattolica con il Concordato, ci sono le confessioni
religiose senza intesa, le confessioni estere, dipendenti da confessioni
religiose aventi sede in altri paesi e le confessioni riconosciute in base
alla legge sui culti ammessi: questa è la situazione in Italia.
Ripropongo a questo punto la mia domanda: “Esiste libertà e
uguaglianza tra le “confessioni” e “non confessioni” in Italia?
Sappiamo che la libertà di religione è garantita dalla Costituzione, così
come anche l’uguaglianza, ma non è poi così semplice vederle applicate
entrambe. Tutto ciò è lampante nella questione della proposta di intesa
tra lo Stato italiano e le comunità islamiche. Garantire la libertà e
l’uguaglianza religiosa, implica anche la disponibilità ad accettare delle
vere rivoluzioni nel sistema sociale e culturale del Paese, che ha scelto la
via dell’integrazione e non dell’assimilazione. Significa accettare una
“cultura religiosa altra” che convive con la propria tradizionale e storica,
quella cattolica, e garantirne il rispetto delle peculiarità, degli usi, dei riti
che possono spesso apparire incomprensibili o ingiustificabili: il chador
nel caso delle donne musulmane, il pugnale rituale nel caso dei Sick,
l’escissione femminile prevista da alcuni gruppi islamici fino ad arrivare
al rifiuto del servizio militare e alle diverse abitudini alimentari. Ci si sta
proponendo in questi anni il problema di pianificare e accettare o meno,
un’evoluzione culturale che in ogni modo andrà avanti lo stesso.
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Dalle parole di Francesco Ruffini possiamo trarre insegnamento:
“Perché la libertà religiosa sia veramente uguale per tutti, è proprio
necessario che lo Stato tratti tutte le associazioni di culto in modo
identico?”. Risponde profeticamente lo stesso Ruffini: “Il regolare in
modo uguale rapporti giuridici disuguali è altrettanto ingiusto quanto il
regolare in modo disuguale rapporti giuridici uguali”. Se fosse così,
l’Italia sembrerebbe seguire la via giusta, ma cosa succederà quando le
intese si moltiplicheranno insieme alle nuove richieste di intese da parte
di confessioni nuove? Non sorgerebbero tanti diritti particolari? Serve
comunque una legge che sostituisca la 1159 del 1929 sui “culti
ammessi”, e ci si sta lavorando.
Risale al 28 maggio del 2002, la notizia che le intese con i Mormoni e
gli Induisti sono in dirittura d’arrivo (fonte agenzia AGI) e che, da parte
del Governo è rinnovato l’impegno a chiudere definitivamente quelle
con la Congregazione dei Testimoni di Geova e l’Unione Buddista
Italiana (UBI).
IL Governo intende fare concreti passi in avanti in materia di libertà
religiosa, da un lato spingendo per l’approvazione della nuova legge che
abroghi la normativa precedente degli anni del fascismo, dall’altro lato
portando a compimento le intese con le numerose confessioni religiose,
sospese a causa della fine della XIII legislatura.
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Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi, ricorda
che è già concluso l’iter preliminare delle intese con la Chiesa di Gesù
Cristo e dei Santi degli ultimi giorni, con i Mormoni, con l’Unione
induista italiana e con la Chiesa Apostolica.
Come ha ricordato il prof. Silvio Ferrari, docente di diritto canonico
all’Università statale di Milano e a quella di Lovanio, in Belgio, nel
volume “Musulmani in Italia, la condizione giuridica delle comunità
islamiche”, le intese, oltre al loro sostanziale contenuto giuridico, hanno
acquistato soprattutto un valore simbolico, divenendo la prova della
piena legittimazione giuridica e sociale di una comunità religiosa.
Le intese rappresentano realmente l’esito più naturale e più probabile
del processo di integrazione nel sistema previsto dall’ordinamento
italiano per la tutela dei diritti di religione?
Il 1° marzo del 2002, il Consiglio dei Ministri ha approvato, su
proposta del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, un disegno di
legge “recante norme sulla libertà religiosa e abrogazione della
legislazione sui culti ammessi”, che integra la riforma della legislazione
ecclesiastica avviata nel 1984 e articolatasi nella revisione concordataria,
nell’approvazione delle norme sugli enti cattolici e il sostentamento del
clero, nonché nell’applicazione del procedimento per la
regolamentazione, sulla base di intese, dei rapporti tra lo Stato ed alcune
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confessioni religiose, che hanno segnato la prima fase di un vasto
processo tuttora in corso >… ≅.
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Il 4 giugno del corrente anno, si è tenuto alla Camera dei Deputati un
convegno sulla questione dell’intesa con i musulmani, come sappiamo
ancora in sospeso, con la partecipazione delle più alte cariche dello Stato
ma l’assenza di una rappresentanza del mondo islamico italiano.
Nell’ultimo capitolo ho cercato di analizzare la situazione e lo stato di
salute di cui gode la libertà religiosa fuori del nostro Paese, limitando la
mia ricerca all’Europa. Il motivo di questa scelta è legato alla volontà di
verificare come una struttura culturale, per molti aspetti omogenea, come
quella europea, stia affrontando la stessa tipologia di problemi: una
sempre maggiore crescita della presenza islamica, rivendicazioni che
giungono da una rinata e rinnovata religiosità, altra, rispetto a quella di
stampo giudaico-cristiana.
Troveremo, a sorpresa, la Francia messa nell’area grigia dei paesi con
la legislazione in materia religiosa più restrittiva; una Francia duramente
criticata nell’ultimo Rapporto del Dipartimento di Stato americano sulla
libertà religiosa, a causa della legge anti-sette, del maggio 2001,
violentemente contestata anche dalla Chiesa Cattolica e dalla
Federazione Protestante: la pericolosità di questa legge per la libertà
religiosa e di coscienza, consiste nell’assimilazione delle pratiche di
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penitenza e digiuno, in uso da due millenni nella Chiesa cattolica e
ortodossa, ad atteggiamenti settari, e quindi condannabili.
E’ in Francia che le comunità musulmane stanno riscontrando i
maggiori problemi di integrazione, soprattutto in seguito al divieto
emanato nel 1994 dal Ministro dell’Educazione, di indossare simboli di
ostentazione politica o religiosa nelle scuole, aprendo così l’affaire del
velo islamico.
Parleremo però, anche di un’altra Francia, di una Francia che si sta
aprendo alla collaborazione con le religioni e i gruppi religiosi, perché
comincia a riconoscerne il peso e l’importanza a livello sociale e
culturale: per la prima volta nella storia del paese, il 13 gennaio del
2000, il Presidente francese Jacques Chirac, ha ricevuto quattro alte
personalità della religione islamica.
Vedremo anche come in Grecia, in Turchia, esista una scarsa libertà
religiosa: in Grecia il proselitismo è vietato per legge; in Turchia
l’appartenenza religiosa deve essere dichiarata e inserita nella carta
d’identità.
Come se la cava la cattolicissima Italia in materia di libertà religiosa
rispetto alla laicissima Francia?
Quali sono i timori in Europa e quali gli strumenti di cui i vari Stati
Europei si sono dotati o si stanno dotando per affrontare la nuova realtà
del pluralismo religioso.
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A queste domande ovviamente ho cercato di dare una risposta nelle
parte dedicata alle conclusioni.
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Cap. 1 La libertà religiosa in Italia
1.1 La libertà religiosa
Il processo che ha portato al riconoscimento, anche giuridico, della
libertà religiosa è durato dei secoli, ed è passato attraverso l’evoluzione
del concetto di “tolleranza” tanto odiato da Mirabau in seno
all’Assemblea Nazionale “la parola tolleranza mi pare in certo qual
modo tirannica essa stessa, poiché l’autorità che tollera potrebbe anche
non tollerare”.
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Generalmente si parla di “tolleranza di fatto” in uno Stato
confessionale, dove esiste una religione ufficiale, che non permette, a chi
non pratica il culto della religione dominante, di praticare il proprio, ma
comunque concede di vivere nel proprio territorio. Quando lo Stato
decide di concedere una “limitatissima e sempre a capriccio revocabile
protezione ai “dissidenti”, si comincia a parlare di una forma rudimentale
di “tolleranza di diritto”,
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che assicura non più solo la semplice
concessione di alcuni fra i più essenziali diritti civili ma anche la
possibilità di esercitare privatamente il proprio culto.
Quando finalmente lo Stato concederà tutti i diritti civili e politici
fino alla facoltà di esercitare in pubblico e in privato il proprio culto, si
parlerà di Stato moderno e di libertà religiosa in quello Stato.
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Ruffini F., La libertà religiosa, storia dell’idea, Milano, 1992, p. 9
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ivi