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c) A-territorialità. O multi-territorialità. Internet non ha frontiere ed un messaggio immesso
su un sito web o in un forum line può essere letto da chiunque si colleghi al sito in ogni
parte del mondo.
Sfruttando le potenzialità offerte dal computer quindi, la rete da una parte riunisce in sé le
caratteristiche dei precedenti mezzi di comunicazione (stampa, radio, TV), dall’altra se ne
distingue. Utilizzando internet il cibernauta deve continuamente compiere degli atti
volontari per giungere all’informazione voluta e quindi difficilmente risulta "assalito" da una
notizia non richiesta (come può capitare con i prodotti del broadcasting: TV e radio).
Date queste caratteristiche, è perciò difficile trattare internet al pari dei tradizionali mass
media, ma nuovi problemi vengono invece posti da questo mezzo di comunicazione.
Ci si chiede ad esempio come effettuare la valutazione del regime della proprietà. O se
reggerà la disciplina antimonopolistica, dato che tutti, con poca spesa, potranno immettere
le proprie idee in rete. Ci si chiede anche quale regime del diritto d’autore sarà applicabile
se un’opera, una volta immessa in rete, potrà essere copiata all’infinito con una qualità
perfetta, creando tante copie originali, oppure potrà essere, viceversa, modificata in modo
egualmente originale. Tuttavia, tra le diverse questioni che la rete apre, a me preme in
questa tesi, porre l’attenzione sul fatto che internet sia innanzi tutto un eccezionale mezzo
di comunicazione.
Partendo dalla valutazione dell’esperienza nord americana, vale a dire degli stati Uniti
d’America, dove per primi ci si è interrogati sui risvolti pratici che l’evoluzione della rete ha
portato nella vita degli americani, le domande che mi pongo sono essenzialmente queste:
1. se la comunicazione che passa in rete viene regolamentata e se occorra
regolamentarla;
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2. qualora si risponda positivamente alla prima domanda, come viene regolata la
libertà di espressione delle persone che utilizzano internet;
3. se il web, dati i file di scrittura possono essere equiparati alla stampa.
Per rispondere alla prima domanda, cioè per quanto riguarda la necessità di regolare
l’informazione vorrei dimostrare come internet non è il regno dell’anarchia, ma sia invece
influenzata e regolata da una serie di regole, quali:
- le netiquette poste dagli utenti stessi;
- i contratti che l’utente stipula con chi gli fornisce l’accesso in rete.
Vorrei dimostrare come le netiquette oggi non sono efficaci in quanto:
- a) non sono quasi più utilizzate perché, nate nell’era pionieristica di internet,
non sono conosciute che da pochissimi navigatori;
- b) sono delle regole di comportamento (di buona educazione) al cui mancato
rispetto non si può determinare alcun obbligo di legge.
In merito ai contratti che l’utente stipula con chi gli fornisce l’accesso in rete, vorrei
dimostrare come, insieme alla responsabilizzazione dei service providers, possano
costituire un pericolo per la libertà di espressione. Responsabilizzare il provider per i
messaggi degli utenti significa, da una parte rallentare il flusso e la quantità di informazioni
disponibili, dall’altra limitare fortemente la libertà di espressione degli abbonati. Su questo
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punto citerò, a sostegno di questa tesi, fra le altre sentenze, l’ordinanza del tribunale di
Roma (17/4/98) che stabilì come i provider non siano responsabili del contenuto dei
messaggi postati nei newsgroup.
Ancora sulla prima domanda:
- vorrei partire dalla situazione degli Stati Uniti d’America, dove internet è nata e dove si
è avuta la prima legge che ha tentato di regolarla: la Telecommunications Act of 1996;
- vorrei analizzare il Communications Decency Act (CDA, il titolo V del
Telecommunications Act) alla luce della dottrina e della giurisprudenza relative al
Primo Emendamento e alla luce della sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti
che ha dichiarato incostituzionale il CDA;
- vorrei tornare poi sulle differenze tra internet e gli altri mass media. La giurisprudenza
americana ha stabilito che limitazioni alla libertà di espressione possono essere
accettate solo se sono attentamente valutate sulle caratteristiche del mezzo che si
utilizza per comunicare: il CDA ha regolato internet al pari di una televisione, mentre
alcune caratteristiche di quest’ultimo, relative soprattutto al forte controllo dell’utente
sull’informazione che riceve, rendono il paragone sbagliato e creano limitazioni alla
libertà di espressione, ben oltre il principio che vuole il limite “il meno restrittivo
possibile” (“the least restrictiver means”) per il medium in questione.
Per rispondere alla seconda domanda (come viene regolata la libertà di espressione delle
persone che utilizzano Internet) vorrei distinguere la posizione di chi diffonde liberamente il
proprio pensiero da quanti fanno sistematicamente informazione, raccogliendo (dalle varie
fonti) le notizie che fornisce “confezionate” al navigante in rete. A tal proposito vorrei
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analizzare la distinzione dell’utente che esprime semplicemente e liberamente il proprio
pensiero dall’utente che tramite la rete, fa dal giornalismo “telematico”, e perciò:
- data l’assenza di una pronuncia della Corte Costituzionale, vorrei analizzare la
posizione della giurisprudenza del tribunale, dato che si espresse prima del legislatore,
riconoscendo l’esistenza della stampa telematica ed equiparandola alla disciplina della
stampa ordinaria. Vorrei perciò:
a. valutare gli effetti della decisione del Tribunale di Roma che per
primo, nel 1997, in seguito alla richiesta di iscrizione alla testata
telematica “Interlex” al Registro Nazionale della Stampa (oggi
confluito nel Registro degli operatori di comunicazione: R.O.C.), ha
riconosciuto con un ordinanza, quale “prodotto editoriale”, una rivista
edita interamente su internet, equiparandola per tanto ad un prodotto
di stampata cartacea periodica;
b. analizzare altre pronunce della giurisprudenza e le reazioni della
dottrina;
- vorrei analizzare le conseguenze della decisione del legislatore (che intervenne, con la
legge 62/01, a parificare il giornalismo in rete a quello su carta) prendendo, quale
esempio, il sequestro del tribunale di Latina di un sito internet perché contrastante con
la legge 62/01;
- Vorrei valutare le varie reazioni della dottrina (soprattutto le posizioni di Zeno-
Zencovich e Pasquale Costanzo da una parte, e Manlio Cammarata dall’altra), in
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merito all’interrogativo se, ponendo queste regole all’informazione che circola in rete, si
verifichino o meno restrizioni o censure alla libertà di manifestazione del pensiero
riconosciuta dall’art. 21 della nostra Costituzione.
In conclusione, vorrei dimostrare che:
1. internet è un mezzo di comunicazione con caratteristiche radicalmente nuove
rispetto agli altri mezzi di comunicazione: non tenerne conto e regolarlo al pari di
altri media, ad es. radio o televisione come accadde negli Stati Uniti, equivale a
rischiare che una legislazione venga dichiarata incostituzionale (come il CDA) o
inefficace (perché non tiene conto della tecnologia della rete);
2. regolare l’informazione che circola in rete come stampa e assoggettarla alle leggi
che regola la stampa su carta significa limitare la libertà di esprimersi ogni volta che
l’equiparazione fra stampa in senso classico (su carta) e stampa telematica viene
“obbligatoriamente” imposta per legge.
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PARTE PRIMA - E’ NECESSARIO REGOLAMENTARE L’INFORMAZIONE
CHE CIRCOLA IN RETE?
Cap. 1. – INTERNET NON E’ IL REGNO DELL’ANARCHIA MA HA DELLE
REGOLE: LE NETIQUETTE E I CONTRATTI TRA PROVIDER ED UTENTI
Par. 1. – Introduzione
Internet è nato più di vent’anni fa, ma solo nel 1996 i vari Parlamenti hanno iniziato a fare
leggi per regolarlo. Fino ad allora nessuna legge è intervenuta per regolarla, ma non se ne
era neppure sentito il bisogno, poiché internet non era priva di qualsiasi regola nonostante
non avesse un corpo di norme imposte da uno Stato. Infatti, esistevano già sia un
consistente gruppo di regole imposte dagli stessi utenti e comunemente accettate in tutta
la rete: le netiquette, dalla contrazione delle parole Net ed etiquette; sia delle "norme"
proprie dei singoli providers, imposte contrattualmente agli utenti dei loro network. Sono
queste le regole che per lungo tempo hanno governato internet e che, malgrado la
comparsa sulla scena di norme regolatrici della condotta di internet da parte dei singoli
Stati, restano tuttora utili e vigenti per la comunità dei cibernauti.
Par. 2 – La netiquette e le sue regole
Internet quando non venne più utilizzata come rete militare, divenne un efficace mezzo di
comunicazione tra centri di ricerca ed università e tale rimase per diversi anni. Gli utenti di
quell’epoca erano minori di quelli attuali e costituivano una comunità compatta ed
omogenea. In questa comunità nacquero regole comunemente accettate.
Le potenzialità della rete permettono di parlare con persone sparse in tutto il mondo e con
pochi comandi ed in breve tempo è possibile spedire lo stesso messaggio ad una
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molteplicità di utenti. Le norme della netiquette non sono altro che delle regole di galateo e
la maggior parte di esse è stata dettata per le prime attività della rete, tenendo conto che
la netiquette si è sviluppata seguendo due idee guida: una ideale, infatti da una parte
alcune norme sono poste a favore del progresso della conoscenza; l’altra pratica, infatti ci
sono regole pensate tenendo d’occhio
i costi di internet, cioè i costi di connessione a tempo, poiché la rete viaggia tramite le linee
telefoniche ed il tempo di connessione grava sulla bolletta telefonica. Inoltre, c’è da
considerare che un elevato numero di messaggi grava sull’intera rete e ne rallenta il
funzionamento.
Internet è una rete di reti: ogni singolo network collegato trasporta una parte degli
innumerevoli messaggi che viaggiano tramite quello che è definito internet: quindi
qualsiasi azione compiamo, va a gravare su questi piccoli network.
Ora, le regole dette netiquette, spesso delle vere e proprie raccomandazioni o “avviso ai
naviganti”, servono ad una migliore convivenza fra i cibernauti. Ecco quali sono le più
importanti in circolazione:
a) ricordarsi di non scrivere mai quello che non si direbbe a voce di fronte
all’interessato. Tutto ciò che viene trasmesso tramite internet può essere salvato e
schedato e costituire una prova delle nostre affermazioni o attività. Da ciò ne deriva
l’inopportunità di scrivere ciò che non si vorrebbe vedere pubblicato: il destinatario
della missiva potrebbe infatti rendere pubblica la nostra lettera, senza contare che
la rete non è completamente sicura, purtroppo qualcuno è in grado di spiare anche
le conversazioni riservate avvalendosi di sofisticatissimi programmi.
b) Rispettare tempo e "bandwith" delle altre persone. Il "bandwith" è un termine
indicante la quantità di informazioni che i cavi che collegano i computer connessi ad
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internet possono trasportare. Quanto maggiore è la bandwith, tanto minore sarà il
tempo di collegamento (ed il costo connesso). Quindi è meglio spedire messaggi e
paragrafi brevi e soprattutto riempire nel modo più indicativo possibile la linea del
subject, in modo che il destinatario, senza perdere troppo tempo, sappia subito
qual’è l’argomento del messaggio e possa decidere se leggerlo o meno.
c) Usare un linguaggio appropriato. La netiquette ha elaborato diversi stratagemmi per
indicare il tono del messaggio. Ad esempio, per indicare un titolo o per sottolineare
un punto importante si possono usare le lettere maiuscole, scrivere tutto in
maiuscolo equivale ad urlare. Inoltre si usano una serie di simboli detti emoticon
(dalla contrazione di emote ed icon) o smileys (sorrisi) dal più famoso di questi
simboli, appunto una faccina sorridente :-), che indica una battuta od uno scherzo
quando l’inflessione della voce non può far capire le intenzioni dello scrivente. Altri
smileys in uso: |-) Addormentato; :-)) Molto contento; :-D Risata; :-( Triste; :-X
Censura; :---) Grossa bugia.
d) Rispettare la privacy. Non abusare del proprio potere. Non solo gli hackers, ma
neppure providers ed amministratori di sistema dovrebbero, salvo diversi accordi
contrattuali, ed in casi eccezionali, leggere la corrispondenza altrui.
e) Ricordarsi sempre che gli altri utenti hanno il diritto di non sapere: esistono delle
materie di cui una parte dei cibernauti desidera rimanere all’oscuro, ad es., trattante
argomenti a carattere sessuale o violento oppure il semplice svelare il finale di un
film giallo (spoiler). In questi casi deve intervenire una blanda forma di autocensura.
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f) Accettare l’anonimato degli altri utenti. Questo è un loro diritto, non annoiare altri
utenti con domande personali, non svelare la vera identità di chi usa uno
pseudonimo e non utilizzare pseudonimi altrui.
g) Non fare pubblicità nei gruppi di discussione. Per fare pubblicità ad un prodotto o ad
una società, si possono utilizzare le pagine web destinate a fini commerciali
(normalmente quelle che finiscono in .com). In queste pagine il messaggio è
facilmente riconoscibile come “messaggio pubblicitario”.
h) non inviare e-mail non richiesta
1
. Quando si riceve della posta, cartacea od
elettronica, non si può conoscerne il contenuto fino al momento dell’apertura e
talora possiamo essere "aggrediti" da materiale a noi sgradito ed assolutamente
indesiderato. Ma, mentre nel caso della posta cartacea non costa nulla cestinarla,
costa eliminarla in rete: il costo della posta elettronica grava sul destinatario che per
leggerla deve collegarsi al server e pagare il tempo della connessione.
i) Va tenuto in mente con quale parte del mondo si è collegati: ogni riferimento che
noi facciamo può essere non capito da persone che vivono in un altro continente.
Spesso ciò che è accettato in una rete, non lo è in un’altra; oppure ciò che va bene
in una newsgroup non è ben visto dai partecipanti ad un’altra. Ogni newsgroup ha
delle proprie particolarità che è bene conoscere prima di parteciparvi, per questo
motivo la netiquette consiglia il lurking (lurk significa sbirciare): leggere i messaggi
1
si v. P. Costanzo in Le nuove forme di comunicazione in rete: Internet, in Informatica e diritto, 1997, fasc. 2
(dicembre), 22, “…la creazione di un sito Web, la partecipazione a Newsgroups o l'apertura o l'inserimento in un canale
mediante l'Internet Relay Chat, in quanto accessibili alla sola condizione che si disponga delle apparecchiature e dei
programmi adatti, sottintendono (…) l’intenzione di dare un'indiscriminata diffusione al proprio pensiero, mentre,
dall’altro lato, la digitazione di un messaggio di e-mail, l'utilizzo di Internet per conversazioni telefoniche o per
videoconferenze presuppongono, non diversamente dai tradizionali strumenti comunicativi, la volontà di rapportarsi in
modo biunivoco ed esclusivo con i soli destinatari del messaggio.”
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prima di intervenire, per capire quali argomenti trattano i partecipanti e quali sono
invece fuori luogo. Infine, bisogna seguire le regole stabilite dal moderatore (se c’è),
poiché è lui che stabilisce le netiquette della lista.
j) Non iscriversi ad una mailing list o leggere i messaggi di una newsgroup se non si è
interessati all’argomento. Quando si decide di partecipare non si devono inviare
messaggi che siano fuori tema, perché si interrompe un dialogo già avviato e si
infastidiscono i partecipanti. Naturalmente spesso critiche ed obiezioni sono ciò che
fanno proseguire la discussione, però bisognerebbe distinguere tra i vari gruppi ed il
tipo di critiche ed in questo caso, più che la netiquette, serve buon senso. Ora, visto
che nelle newsgroup (ed in internet in generale) è possibile trovare ogni argomento,
nessuno è costretto a seguire argomenti che non sono di suo interesse. Allo stesso
modo, però, deve essere permesso ad ogni altro utente della rete di partecipare ai
gruppi di discussione che più gli aggradano e non è ammissibile partecipare ad un
gruppo di discussione col solo intento di disprezzare le idee dei partecipanti.
La scelta di cosa vedere in internet è totalmente libera e nessuno è costretto a partecipare
a gruppi da cui si sente offeso. Da tutte le regole della netiquette traspare grande rispetto
per gli altri utenti: precetti che invitano ad usare un certo stile nello scrivere, a rispettare il
tempo altrui, a perdonare gli errori degli altri utenti, a non partecipare a flame wars, a
ricordare che dall’altra parte del computer c’è un altra persona, implicano, come logica
conseguenza, che messaggi irrispettosi delle idee altrui debbano ritenersi estranei al
galateo della rete.
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Par. 3. - I contratti tra provider ed utenti
Il singolo utente difficilmente potrebbe sostenere la spesa (di svariati milioni) di una linea
direttamente collegata ad internet, quindi questa spesa viene sostenuta da un soggetto
commerciale, un provider, che rientra nei costi o vendendo degli abbonamenti che
permettono l’accesso al suo "nodo Internet" tramite la normale linea telefonica o
consentendo la presenza di banner pubblicitari sulla linea di collegamento.
Diventa importante il rapporto che si instaura tra l’utente ed il suo diretto interlocutore, cioè
il provider, soprattutto qualora manchi una normativa statale
2
, che ha il potere di decidere
tramite clausole contrattuali, cosa sia lecito fare all’utente, cosa questi può o non può
immettere nel sistema del provider e quindi in Internet. È il provider la porta attraverso cui
si entra nel ciberspazio, ma al contempo può anche rivelarsi un pericoloso collo di
bottiglia, un passaggio obbligato attraverso cui occorre transitare ed alle cui regole ci si
deve assoggettare.
Il problema è questo: se si rende responsabile il provider per le azioni dell’utente, c’è il
rischio che il fornitore d’accesso, per evitare conseguenze giuridiche, si riveli un censore
più severo dello Stato. Spesso i provider, tramite i contratti d’abbonamento, si riservano il
diritto di poter unilateralmente impedire l’accesso a chi abbia contravvenuto alle regole
imposte dal provider stesso.
E’ prevista la possibilità di recessione unilaterale del contratto in caso di violazione, da
parte dell’utente, delle clausole contrattuali dallo stesso sottoscritte. Generalmente si
avverte l’utente che il contratto viene unilateralmente rescisso in caso di “uso illegale del
sistema. Il sistema non può essere usato per diffondere immagini pedopornografiche,
incitare alla prostituzione o all’uso di armi o droghe, al furto; non può essere usato per
diffondere virus o per tentare di violare la privacy altrui”.
2
si veda, sulla necessità di un regolamento statale, P. Costanzo, op. cit., in Informatica e diritto, 1997, fasc. 2
(dicembre), 15.