INTRODUZIONE
Tra gli “oggetti” connessi alla libertà umana – per dirla con Schelling – figura, in prima
linea, il problema del male. Problema enorme di cui si è detto tanto e troppo poco, al punto
che, su tale questione, pare inevitabile avvitarsi su se stessi: questa concisa espressione,
efficacemente utilizzata da un grande teologo per indicare la condizione dell'uomo dopo il
peccato originale, si presta bene a caratterizzare i pericoli che si preannunciano a chi osi
avventurarsi, filosoficamente, in un terreno tanto paludoso e infido...
Uno di questi pericoli è la “tentazione” di considerare la libertà stessa un male, sulla scia
del famoso Grande Inquisitore de I fratelli Karamazov: meglio starsene tranquilli come
pecore, o logorarsi la coscienza per tutta la vita? Pareyson sceglie la seconda possibilità e,
ben lontano dal giudicare la libertà come male, giudica il male come libertà; l'equazione non
è convertibile.
L'autorevole riflessione di questo filosofo, che ha avuto il merito di lacerare una cortina di
silenzio proponendo accostamenti coraggiosi e inusitati, apre un ventaglio amplissimo di
possibilità nel momento stesso in cui esprime problemi e contraddizioni; indica un metodo,
spalanca drammi di ordine metafisico ed esistenziale. Un'eredità che merita di essere
raccolta e sviluppata, a costo di rischiare, sull'argine scosceso di un pensiero nuovo – in
biblico tra fede e ragione, esperienza e teoresi, ineffabilità e concretezza – anche probabili
scivolate.
Tra i possibili approfondimenti del pensiero tragico – un indirizzo la cui specificità è del
tutto apparente, data invece la ricchezza di campo e di prospettive – e nel contesto di un
personale interesse per il dialogo tra teologia e filosofia, ho scelto di accostare l'opera
principale di Pareyson, Ontologia della libertà, direttamente ai testi biblici cui l'autore fa
costante riferimento. Accanto a questi – in modo particolare i primi capitoli del libro della
Genesi – colloco anche quegli scritti anticotestamentari che mi paiono direttamente
“interpellabili” in un ipotetico confronto a più voci, quasi una tavola rotonda fra “testimoni”.
Testimonianza, infatti, non elaborazione dimostrativa, è la Sacra Scrittura, maturata come
espressione alta di sapienza e di fede; testimonianza, secondo l'insegnamento di Pareyson, è
la filosofia, sgorgante non dalla mente, ma dalla vita intera.
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CAPITOLO I
DAL PERSONALISMO ONTOLOGICO
ALL’ONTOLOGIA DELL’INESAURIBILE
Nell'Introduzione alla quarta edizione di Esistenza e persona (1985) Pareyson stesso,
guardandosi indietro, distingue tre periodi del proprio pensiero, nei quali la sua filosofia può
caratterizzarsi come:
1) esistenzialismo personalistico, o personalismo ontologico (culminato nella pubblicazione
di Esistenza e persona, 1950);
2) ontologia dell’inesauribile, ossia filosofia interpretativa della verità inesauribile, di cui è
compiuta espressione il volume Verità e interpretazione (1971);
3) ontologia della libertà, e anche ermeneutica esistenziale dell’esperienza religiosa
cristiana di Dio come originaria libertà. Gli studi più importanti di questa fase sono confluiti,
ad opera dei discepoli di Pareyson, in Ontologia della libertà, che si può considerare,
paradossalmente, opus maius del nostro filosofo (1995).
1. L'IMPEGNO DI UNA VITA
1
Luigi Pareyson nasce a Piasco (Cuneo) il 4 febbraio 1918 da genitori valdostani. La
mamma, in particolare, gli trasmetterà il rigore di una severa educazione e l’inclinazione a
intendere la sofferenza della vita.
Trasferitosi a Torino con la famiglia, si iscrive alla facoltà di Filosofia. Tra il 1936 e il 1937
soggiorna ripetutamente in Germania, dove nel settembre 1937 ha l’onore di essere ricevuto
in casa propria da Martin Heidegger.
Durante un viaggio in Francia, conosce personalmente il filosofo Gabriel Marcel. Nel
1939 si laurea con una tesi dal titolo Jaspers e la filosofia dell’esistenza, che viene presto
pubblicata e che sarà in seguito ridata alle stampe con il titolo Karl Jaspers.
Con irruente purezza e semplicità giovanile Pareyson rompeva l’unico coro neo-idealista
presentando l’esistenzialismo come filosofia capace di comprendere le tragiche
Il profilo biografico di Luigi Pareyson è desunto dal volume: F. TOMATIS, Pareyson. Vita, filosofia,
1
bibliografia, Brescia 2003.
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problematiche contemporanee e di controbattere le filosofie e ideologie ottocentesche
all’origine delle catastrofi del ventesimo secolo. Nella collana diretta da Giovanni Gentile
Pareyson darà alle stampe, nel 1943, Studi sull’esistenzialismo, corposo volume che
raccoglierà tutti i suoi scritti sulla nuova corrente filosofica.
Nel 1940 a Roma vince il concorso di abilitazione per l’insegnamento presso i Licei e gli
Istituti magistrali. Il rientro a Torino coincide con la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia.
Dichiarato inidoneo al servizio militare, si dedica all’insegnamento presso il Liceo classico
Silvio Pellico di Torino. Un suo alunno ricorda: «Faceva lezioni memorabili, che
coinvolgevano in modo profondo gli studenti, anche i meno motivati. Dopo alcuni mesi
scelse nella classe un gruppo di 3-4 studenti che accoglieva a casa sua per una sorta di
“cenacolo filosofico”. Una sera ci chiese di scrivere l’ordinamento della città ideale.
Discutendo i nostri ingenui progetti, ci disse poi che quello era il programma del Partito
d’Azione» .
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Lo stesso Pareyson costituisce nel 1942 il nucleo cuneese del Partito d’Azione insieme ad
alcuni colleghi. All’inizio del 1944 è l’unico docente di Cuneo dichiaratamente antifascista
che sia ancora in cattedra, vista la fama, l’ineccepibilità di condotta morale e la riservatezza
della sua personalità. Alla fine di marzo, in seguito alla pubblicazione di un numero speciale
de “L’Italia libera” – giornale azionista clandestino – da lui interamente curato, viene
sospeso dall’insegnamento. «Quel giorno in cui ha chiuso il registro e ci ha detto “addio!”
noi studenti siamo rimasti allibiti. Aveva fatto lezione come al solito, poi aveva cominciato
a parlare di ciò che in città già si sapeva. Del suo antifascismo, di Galimberti, di Ruata. Ha
chiuso seccamente il registro e ci ha detto che le sue lezioni finivano lì» .
3
Arrestato e rilasciato dopo alcuni giorni, vive un periodo di semiclandestinità tra le
montagne cuneesi e Torino, come responsabile dell’Ufficio del comando delle formazioni
partigiane Giustizia e Libertà per la provincia di Cuneo. È tra i fondatori del Comitato di
liberazione Nazionale-Scuola in Piemonte ed è a Cuneo nel giorno della liberazione della
città, il 28 aprile 1945.
Ripreso subito l’insegnamento nei licei di Cuneo e Torino e, negli anni immediatamente
successivi, presso le Università di Torino e Pavia, prosegue la sua feconda riflessione
sull’esistenzialismo.
Nel 1950, oltre all’importante Esistenza e persona, pubblica un volume e diversi studi su
Fichte, da lui particolarmente amato come filosofo della libertà e sentito come critico ante
litteram dell’hegelismo. Approfondisce intanto gli studi di estetica, che avranno esito nella
sua Estetica. Teoria della formatività (1954).
Ibidem, p. 13.
2
Ibidem, p. 16.
3
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Nel 1951 ha sposato Rosetta Schlesinger, di origine austro-ungarica, dalla quale nel 1953
è nata Emanuela.
Nel 1957 Pareyson diventa socio onorario della American Society for Aesthetics, l’anno
successivo è socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino.
Nel 1959 nasce il figlio Davide.
Nel 1964 succede al suo maestro Augusto Guzzo sulla cattedra di professore ordinario di
Filosofia teoretica e come incaricato di Filosofia morale, sempre a Torino. Dal 1966 è
direttore degli Istituti di filosofia, pedagogia e psicologia. Nello stesso anno riceve il Premio
del Ministero della Pubblica Istruzione per le scienze filosofiche, conferito dall’Accademia
Nazionale dei Lincei.
Nel 1967-68 è colpito profondamente dalla rivolta studentesca, pur non avendo subito
personalmente alcuna contestazione. «Siamo in un’epoca – si lascia sfuggire – che è peggio
della rivoluzione francese».
Nel 1970 riceve dal Ministero della Pubblica istruzione la medaglia d’oro per i benemeriti
della scuola, della cultura e dell’arte. Nel 1971 pubblica Verità e interpretazione, l’opera più
rappresentativa di questo periodo.
Nello stesso anno è colpito da cirrosi epatica, malattia che gli imporrà per il resto della
vita notevoli limitazioni: l'ultima fase della vita di Pareyson sarà segnata sempre più
pesantemente dalla malattia, che lo costringerà gradualmente a diradare gli impegni.
Già nel 1972 tiene una relazione sul tema “Le dimensioni della libertà in Dostoevskij”, ma
l’interesse per questo autore si approfondirà negli anni successivi con la partecipazione a
vari eventi dedicati al romanziere russo. Tutti i suoi interventi verranno raccolti nel 1993 in
un unico volume: Dostoevskij. Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa.
Dirigendo una collana di inediti filosofici presso una casa editrice torinese, negli anni
settanta Pareyson porterà alla luce importantissime lezioni inedite di Schelling, altro autore
di grande importanza per la successiva evoluzione del suo pensiero, «felice scoperta dei miei
anni più tardi» .
4
Nel marzo 1980 è ricoverato in ospedale per un distacco della retina; entra in coma e si
riprende dopo pochi giorni, quasi miracolosamente. Si sente graziato da Dio.
Per alcuni anni si congeda dall’Università per motivi di salute, nel 1983 tiene il suo ultimo
corso, sul tema Essere e libertà. Il principio e la dialettica.
La sua ultima filosofia è contenuta nelle cosiddette “Lezioni di Napoli”, un breve corso
tenuto presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici nel 1988 sul tema Filosofia della
libertà.
Nel 1990 muore, a soli 37 anni, la figlia Emanuela. La moglie del filosofo ricorda: «Si
chiese: “perché lei e non io?”».
PAREYSON, Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza, Torino 1995, p. 9. D'ora in poi indicato con la
4
sigla OL.
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Mi sembra preziosa, per questi ultimi anni, la testimonianza dell’amico Reinhard Lauth,
che ricorda «il suo concreto soffrire per il potere che il male ha in questo mondo e una
angoscia esistenziale che confinava con la disperazione; e talvolta soverchiava ogni altra
cosa. “Il rammarico di esistere e il rimpianto di non esistere: meglio non essere che essere”:
questo sentire era in lui estremamente forte e lo riportava a Giobbe, a Sofocle, a
Shakespeare, a Leopardi, a Conrad. Temeva un crepuscolo nella “desolazione”» .
5
Alla scomparsa di Pareyson (1991) il suo capolavoro, Ontologia della libertà, è a buon
punto. Pubblicato postumo (1995) a cura degli allievi, raccoglierà oltre alle lezioni di Napoli
molti altri scritti dell’ultimo periodo, esprimendo compiutamente il “pensiero tragico” del
filosofo piemontese.
2. ESISTENZIALISMO PERSONALISTICO
«I primi studi ai quali per affinità elettiva mi dedicai furono la filosofia dell’esistenza,
specie di Jaspers e Marcel in principio, e poi soprattutto di Heidegger, e fu principalmente
da essa che trassi la mia ispirazione. Questa triplice lezione ricevuta nella mia formazione
filosofica mi confortò a mettere al centro d’ogni mia preoccupazione speculativa il
problema e il concetto di “persona”. Son giunto così a una forma di “personalismo” che non
ha niente in comune né con le varie forme del personalismo francese né con l’intimismo
spiritualistico di origine idealistica e trascendentalistica, tanto meno attualistica» .
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Un cammino, potremmo dire, in salita, considerata la giovane età del nostro filosofo, in
un periodo storico in cui ben altri erano gli interessi dei più significativi autori italiani.
2.1 Un filosofo europeo
Il punto di partenza di Esistenza e persona è la “dissoluzione dell’hegelismo”, che l’ancor
giovane filosofo afferma evidentemente compiuta, benché con esiti opposti, nell’opera di
Kierkegaard e di Feuerbach. Entrambi si professano inizialmente discepoli di Hegel e
tentano di conseguire una “assimilazione pratica” del suo sistema, ponendolo in relazione
con la vita concreta. Entrambi metteranno alla berlina l’immagine del “professore” che, nel
momento stesso in cui spiega la realtà attribuendole i caratteri del puro pensiero, per il fatto
stesso di esistere – e di non essere puro pensiero – sconfessa se stesso. Il pensatore
R. LAUTH, Ricordi dalle mie conversazioni con Luigi Pareyson, in «Luigi Pareyson filosofo della libertà.
5
Atti del Convegno di S. Margherita Ligure, 6-7 marzo 1995», Napoli 1996, p. 42.
PAREYSON, Esistenza e persona, Genova 2002, p. 201. D'ora in poi indicato con la sigla EP.
6
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concreto è l’uomo integrale, afferma Feuerbach, la filosofia deve essere umanizzata e
incarnata. Gli fa eco Kierkegaard: il pensatore concreto è il pensatore esistente e soggettivo .
7
Tuttavia, mentre Kierkegaard spezza e sbriciola il sistema, Feuerbach lo capovolge e lo
rovescia. Viene messa in crisi la conciliazione hegeliana di essere e pensiero, di finito e
infinito, di uomo e Dio. Kierkegaard infatti afferma l’irriducibilità dell’esistenza a pensiero,
Feuerbach denuncia il prevalere, nell’apparente conciliazione hegeliana, del pensiero
sull’essere e la necessità di rovesciare la prospettiva, ponendo al centro l’essere in quanto
natura, in quanto uomo .
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Kierkegaard fa della dialettica hegeliana una forbice che si spacca, dato l’abisso
incolmabile tra finito e infinito, tra uomo e Dio. Feuerbach “chiude” la forbice in modo
definitivo, dissolvendo nell’altro uno dei due termini dialettici: Dio.
Per Kierkegaard l’oggettivizzazione della religione, per se stessa fondata sulla fede e
dunque soggettiva, è un assurdo: «Si parla di fede oggettiva: ma che cos’è la fede oggettiva?
Una somma di teoremi, come se il cristianesimo si fosse annunciato come un sistemino,
anche se non così ben fatto come quello di Hegel?». Per Feuerbach, filosofia e religione sono
inconciliabili perché, mentre la filosofia si fonda sulla ragione, la religione si basa sul
sentimento e sulla fantasia. È contraddittoria la nozione stessa di “filosofia cristiana” .
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L’assunto finale, proclamato tanto da Kierkegaard che da Feuerbach, è questo: la filosofia
è morta, finita. Mentre Kierkegaard intravede il futuro nella personale “rivoluzione”
interiore dell’uomo religioso, Feuerbach ventila come unica possibilità di riscatto la
rivoluzione politica.
«La domanda che si presenta è: ed ora?».
Pareyson individua nella crisi dell’hegelismo un passaggio epocale, una crisi della
filosofia, ma non certo la sua fine. Impegno di tutta la sua vita sarà, anzi, dimostrare la
necessità della filosofia, in stretta polemica non solo, o non tanto, con “giganti” della portata
di Feuerbach e Kierkegaard, ma con i detrattori suoi contemporanei. Nel 1986, partecipando
a un convegno dallo stimolante titolo “Dove va – se va – la filosofia italiana?”, Pareyson fa
memoria degli inizi della sua attività di studioso e colloca il suo pensiero nell'ambito delle
filosofie del Novecento, mettendo in dubbio la sensatezza di un'espressione come filosofia
italiana. In nome di un'auspicabile irreversibilità dell'unità culturale europea, pone il
proprio personale percorso in diretta antitesi con quei movimenti europei che,
nell'immediato dopoguerra, riducevano la filosofia a mera ideologia o metodologia della
scienza: il marxismo, il neopositivismo, la filosofia analitica.
Cf. ibidem, pp. 45-46.
7
Cf. ibidem, pp. 47-56.
8
Cf. ibidem, pp. 62-63.
9
14
«È vero che le scienze umane, come la sociologia, la psicologia, la linguistica,
l'antropologia culturale e così via hanno avuto un enorme sviluppo; ma ciò non significa
che la filosofia debba considerarsi, come credono alcuni, soppiantata da esse. Nessuna
delle scienze umane intende sottrarre il campo alla filosofia; anzi, tutte insieme hanno
straordinariamente esteso l'ambito della filosofia» alla quale, infatti, non sfugge ormai
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alcun settore dell’esperienza umana.
2.2 Un esistenzialista cristiano
Ben ampio sarà sempre anche lo sguardo del nostro filosofo, ma possiamo osservare che
l'interesse esplicito per la dimensione religiosa, giunto a piena maturazione nell’ultima
opera, si riallaccia, quasi a chiudere un cerchio, a quella precoce attenzione con cui, nei
primi anni, Pareyson si sforzava di recuperare «il cristianesimo nella sua genuinità
religiosa», ponendo al centro della storia europea il problema «fine o ritrovamento del
cristianesimo» .
11
A partire dall'esistenzialismo, del quale il giovane Pareyson si dice esplicitamente
“storico” . «L’esistenzialismo è l’unico interprete autorizzato della crisi odierna. Esso
12
dimostra che la crisi attuale non è altro che la crisi odierna della filosofia hegeliana, cioè il
fallimento di quel razionalismo metafisico ch’è l’essenza di gran parte della filosofia
moderna da Cartesio a Hegel. Esso dimostra l’inanità della superbia della ragione, della
hybris titanica dell’uomo che ha voluto porsi nel punto di vista di Dio». Solo
l’esistenzialismo ha messo in rilievo i problemi che la filosofia deve oggi affrontare e
risolvere: il problema della persona, il problema della realtà storica e religiosa del
cristianesimo, il problema del riconoscimento della storicità e personalità della filosofia.
La crisi del cristianesimo rientra, infatti, nella crisi della cultura e della filosofia moderna,
dovuta a sua volta al fatto di aver fagocitato e depauperato il cristianesimo: è il grande
equivoco della secolarizzazione del cristianesimo.
La sensibilità religiosa di Pareyson, così complessa e tormentata, rimarrà sempre
debitrice alla straordinaria riflessione di Kierkegaard, suo primo maestro di fede inquieta,
quando afferma: «La dimostrazione della verità di fede annulla la fede» e «il cristianesimo
(…) non solo non deve essere compreso, ma deve non essere compreso» . Asserzione,
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quest'ultima, indubbiamente molto forte, che sfiora l'antico adagio: “Credo quia absurdum”.
Comprensibile, tuttavia, come reazione ad una forma di speculazione che, cercando di
PAREYSON, Essere libertà ambiguità, a cura di F. TOMATIS, Milano 1998, p.13.
10
EP, pp. 16-17.
11
Ibidem, p. 251.
12
Ibidem, p. 61.
13
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