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INTRODUZIONE
Molte sono le parole che in più di cinque decenni sono state spese per tentare di
spiegare la figura e il genio di Adriano Olivetti, ma mai più che ora i valori e i concetti
espressi da un uomo che aveva fatto di un progetto mille applicazioni potrebbero
rappresentare un àncora di salvezza. Come ci suggerisce Gustavo Zagrebelsky nella
presentazione a Le Fabbriche di Bene (2014, p.33) “L’attuale Olivetti renaissance è
significativa; è un segno dei tempi” riferendosi ai nostri tempi, quelli in cui il potere esercitato
dalla finanza globalizzata è in grado di influenzare destini di milioni di persone e il profitto ha
la priorità sui diritti dei lavoratori. “Quando un sistema globale di potere e di governo entra in
crisi – ci dice il costituzionalista – l’uscita è sempre l’emergere di forze autonome dal basso,
dalle realtà locali”, e cos’altro, se non i valori olivettiani possono rappresentare questa
rinascita dal basso, un punto di partenza per dare alle risorse umane, alle persone, la centralità
che meritano, su esempio di ciò che avveniva nella Olivetti dell’epoca adrianea e come si avrà
modo di spiegare nel primo capitolo. I valori olivettiani oggi, in tempi di crisi, iniziano a
concretizzarsi con il fenomeno del Workers’ Buy Out (da qui in avanti Wbo), ovvero i
salvataggi delle imprese in fallimento da parte dei propri dipendenti che, vedendo a rischio i
propri posti di lavoro, si rimboccano le maniche e cercano di continuare l’attività aziendale.
Nel secondo capitolo saranno affrontate le origini e le motivazioni del Wbo e sarà trattato il
caso della Kuni Sc, cooperativa del basso veronese fondata e gestita dai propri lavoratori.
Infine, nel terzo capitolo, ci si focalizzerà sull’articolazione delle politiche di welfare
aziendale e sul modo migliore per attuarle. Si cercherà di proiettare cinquant’anni avanti il
modello olivettiano, evidenziando analogie e differenze con le attuali pratiche di people care,
work-life balance, cogestione sindacale, rapporto con la comunità locale, formazione, grado di
corrispettività adottate da due grandi società italiane, Luxottica Group e Cucinelli spa. Le
iniziative della prima sono finalizzate da un lato a favorire un maggior benessere ed equilibrio
tra vita privata e vita lavorativa dei dipendenti ma soprattutto a garantire un maggior
commitment, l’engagement dei lavoratori e la realizzazione di particolari obiettivi aziendali.
Ad essere ricercati dall’imprenditore ‘filosofo’ Brunello Cucinelli, come si avrà modo di
spiegare, sono per lo più riconoscimento, legittimazione, stima dalla comunità locale e dalla
clientela.
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Capitolo I:
ADRIANO, VALORI E STAKEHOLDERS
1.1 Premessa
In questo capitolo sarà analizzato l’approccio dell’azienda agli stakeholders interni
ed esterni nell’era adrianea, più precisamente il periodo che intercorre tra il 1946 e il 1960. Si
presenteranno i valori di un imprenditore che già negli anni quaranta aveva intuito le
potenzialità di una gestione aziendale che andasse al di là delle performance economico-
finanziarie. L’attenzione data ai lavoratori, visti prima di tutto come persone, aveva da un lato
lo scopo di affermare valori di solidarietà e di giustizia sociale, ma dall’altro rappresentava un
innovativo approccio alle gestione delle risorse umane, quello che oggi chiameremmo
Strategic Human Resource Management, di cui engagement e identificazione organizzativa
erano i preziosi risultati, che si traducevano poi in successi aziendali e in ricchezza da
ridistribuire fuori e dentro la fabbrica.
1.2 Storia di Adriano Olivetti e dell’azienda
1.2.1 Biografia di un imprenditore illuminato
Adriano Olivetti nacque ad Ivrea nel 1901. Figlio di Luisa Revel e di Camillo,
ingegnere elettrotecnico che dopo una passata avventura imprenditoriale, nel 1908, decise di
fondare nel territorio eporediese la ‘Ing. Camillo Olivetti Et Compagnia’, fabbrica di
macchine da scrivere. Adriano entrò in azienda nel 1914 con un apprendistato di operaio e vi
fece ritorno poi nel 1924 dopo essersi laureato dottore in ingegneria al Politecnico di Torino,
sempre nella veste di salariato.
Figura 1.1 - Adriano Olivetti negli anni ’50. (Fonte: Associazione Archivio Storico Olivetti)
4
Nel 1925 viaggiò negli Stati Uniti insieme a Domenico Burzio, Direttore Tecnico
della fabbrica e fedele collaboratore del padre Camillo. Questa esperienza fu fondamentale
per la storia della Olivetti: nel visitare le fabbriche americane, Adriano capì che per restare al
passo con i competitors l’azienda avrebbe dovuto subire la trasformazione da semi-artigianale
a vera e propria industria. Nel 1932 Adriano venne nominato Direttore Generale e nel 1938
Presidente
1
. L’amicizia e il poi il matrimonio con Paola Levi, da cui ebbe il figlio Roberto
(che negli anni sessanta divenne Amministratore Delegato dell’azienda) contribuirono ad
iniziare Adriano all’ambiente culturale italiano e ad avvicinarsi all’entourage dei fratelli
Rosselli e di Giustizia e Libertà. Fu proprio lui a guidare l’auto che nel 1926 fece fuggire
Togliatti in Francia. Nonostante ciò, durante il ventennio la sua posizione nei confronti del
fascismo fu ambigua. La sua vicinanza agli architetti filo-regime Luigi Figini e Gino Pollini
lo portò a fare visita a Mussolini a Palazzo Venezia e ad iscriversi al Partito Nazionale
Fascista
2
. Lo stesso Adriano, in un discorso ai lavoratori di Ivrea nel 1945, dirà: “La direzione
sembrò talvolta accomodante, talvolta fu costretta a scendere a compromessi, ma bisognava
evitare a ogni costo che la fabbrica producesse materiale da guerra, bisognava evitare ad ogni
costo l’invio di macchinari in Germania, bisognava a ogni costo, negli ultimi giorni, evitare la
distruzione dello stabilimento”. Nel ventennio mantenne i contatti con la Resistenza e nel
1943 li intrecciò anche con gli Alleati, fino al 1944, quando si rifugiò in Svizzera. Nel maggio
del 1945 fece ritorno ad Ivrea e nel 1946 iniziò la vera stagione adrianea. Prima le politiche a
sostegno dei lavoratori, con la costruzione di un vero e proprio welfare aziendale, poi
l’attenzione per il rispetto del territorio attorno alla fabbrica, infine la creazione dei Centri
Comunitari con l’obiettivo di elevare culturalmente i cittadini e di affermare il partito da lui
formato, il Movimento Comunità che lo portò ad essere sindaco di Ivrea nel 1956 e
parlamentare nel 1958. Legò a sé moltissimi intellettuali: sociologi, economisti, filosofi e
soprattutto urbanisti. Nel 1950 diede impulso al Piano regolatore eporediese con la
collaborazione di noti accademici (Olivetti, 2014). In questi anni aumentò il numero di
stabilimenti, e nel 1955 venne inaugurato quello di Pozzuoli con vista sul mare, che diventò
un simbolo di estetica industriale, di come il lavoro in fabbrica si potesse conciliare con la
natura e con il bello. Anche i lavoratori crebbero notevolmente, nonostante la crisi aziendale
del 1953 che venne combattuta con un potenziamento della rete di vendita piuttosto che con
licenziamenti. Adriano aveva infatti ben presente l’insegnamento del padre secondo cui “la
disoccupazione involontaria è il male più terribile che affligge la classe operaia” (citato in
1
Associazione Archivio Storico Olivetti. Adriano Olivetti. Disponibile su:
http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercorso=607 [Data di accesso: 23/06/2016]
2
Wikipedia. Adriano Olivetti. Disponibile su: https://it.wikipedia.org/wiki/Adriano_Olivetti ]Data di accesso: 25/06/2016]
5
Olivetti, 2012, p.41). Alla sua morte, sopravvenuta improvvisamente il 27 febbraio 1960
durante un viaggio in treno tra Torino e Losanna per un’emorragia cerebrale, la Olivetti dava
lavoro a 24mila persone tra l’Italia e l’estero (Sciarelli, Tani, 2015). Nel 1962 nacque la
Fondazione Adriano Olivetti che ancora oggi promuove iniziative per tramandare il verbo di
un imprenditore illuminato.
1.2.2 Storia aziendale
La ‘Ing. Camillo Olivetti Et Compagnia’ venne fondata nel 1908 da Camillo Olivetti,
padre di Adriano, con lo scopo di produrre macchine da scrivere. Erano 20 gli operai che
inizialmente lavoravano nella piccola officina di Ivrea di appena 500 metri quadri. La prima
vera macchina made in Italy uscì dalle porte dello stabilimento solo nel 1911, il suo nome era
M1.
Ventitre erano invece le macchine che settimanalmente venivano prodotte nel 1914.
Negli anni successivi si cercarono nuovi mercati, nuovi sbocchi per poter vendere i vari
modelli elaborati, anche se per la prima macchina portatile, la MP1, si dovette attendere il
1932, anno dell’insediamento di Adriano, primo figlio maschio di Camillo, come Direttore
Generale. Fu sempre Adriano che in questi anni propose all’azienda di fare il salto di qualità:
ammodernarsi, portare la struttura organizzativa a funzionale, favorire la carriera dei
lavoratori formati nelle scuole aziendali, modificare i tempi e i metodi di montaggio, rendere
più capillare la rete di vendita. Il primo vero riconoscimento mondiale della bellezza dei
prodotti Olivetti arrivò nel 1950 quando Lettera 22 venne esposta al Museo d’Arte Moderna
di New York. Solo cinque anni dopo i dipendenti Olivetti erano 16mila, più di 11mila solo in
Italia. Nel 1958 Adriano decise di puntare sull’elettronica e comprare la concorrente
americana Underwood (Saibene, 2014).
Figura. 1.2 - Lettera 22 (Fonte: Associazione Archivio Storico Olivetti)