2
INTRODUZIONE
A partire dagli anni Ottanta l'Italia è entrata a far parte, come meta o solo
come punto di transito, dei crescenti flussi migratori provenienti da ogni latitudine
e in particolare dalle aree più deboli dei «mondisud»
1
. Le stime presenti nel XXIV
Rapporto sull'Immigrazione della Caritas, presentato a giugno all'EXPO 2015 di
Milano, registrano all'inizio del 2014 quasi cinque milioni di stranieri regolari
(poco più della metà sono donne) residenti nel nostro paese, che rappresentano
circa 8,1% della popolazione italiana totale
2
. I dati statistici, quindi, dimostrano
che l’immigrazione sul territorio italiano non è più un'emergenza o una situazione
straordinaria, ma si configura ormai come un fenomeno di massa che ha
modificato e continua a modificare l'Italia a partire dagli ultimi trent'anni,
trasformandola da paese di sola emigrazione a luogo di immigrazione. In
particolare poi, la presenza costante di stranieri e la nascita delle “seconde
generazioni” hanno cambiato il volto della società italiana verso una
composizione sempre più diversificata e transnazionale, portando alla luce allo
stesso tempo vecchie e mai scomparse contrapposizioni legate ancora a stereotipi
discriminalizzanti, oggi riuniti sotto le due grandi categorie dei “nativi” e degli
“immigrati”.
A questo quadro ancora in evoluzione si aggiungono le ondate straordinarie
di profughi che stanno interessando il nostro paese e tutta l'Europa, a partire dalla
Primavera Araba del 2011, e soprattutto negli ultimi mesi a causa dell'acuirsi della
crisi siriana. E mentre nel Mediterraneo dalle «barche spazzatura» si continuano a
1
A. Gnisci, Creolizzare l'Europa. Letteratura e migrazione, Roma, Maltemi, 2003.
2
Caritas/Migrantes, Sintesi XXIV Rapporto Immigrazione 2014. Migranti: attori di sviluppo,
Todi, Tau editrice 2014,
http://www.caritasitaliana.it/home_page/area_stampa/00005865_XXIV_Rapporto_Immigrazi
one_Caritas_e_Migrantes.html (ultimo accesso 26 ottobre 2015).
3
raccogliere corpi che riempiono tristemente le pagine quotidiane dei mass-media,
nell'Est Europa va avanti la costruzione di muri lungo le frontiere (l'ultimo in
Ungheria dopo quelli di Grecia e Bulgaria) per proteggere la cosiddetta “Fortezza
Europa” dal «fiume di profughi» che transita dalla Turchia lungo la Via del
Mediterraneo orientale (o rotta balcanica), verso i paesi più ricchi dell'area
Schengen, scappando dalle persecuzioni, dalla fame e dalle guerre che proseguono
in Africa e in Medioriente
3
.
Le dinamiche con cui si rapporta l'Europa alla complessa e sempre più calda
questione dell'accoglienza/rifiuto dei migranti “extra-comunitari” rivela ormai
inevitabilmente le contraddizioni di questo mondo globalizzato, sempre più
connesso nelle alte sfere di tutto il globo, eppure sempre più diviso nelle vecchie e
nuove dicotomie: centro/periferia, sviluppo/sottosviluppo, nord/sud,
nativi/immigrati. Un nesso profondo lega però le dinamiche contemporanee della
globalizzazione, o per meglio dire del neo-liberismo e del neo-imperialismo
operato dai «mondinord», le migrazioni internazionali e le vecchie politiche
coloniali, dal cui intreccio emergono le stesse disuguaglianze perpetrate da secoli
di «relazioni sbagliate» dovute alle logiche di potere e di sfruttamento, prima
coloniali e poi imperialistiche, tra quelle che oggi chiamiamo moderne
democrazie occidentali e i paesi del Sud del mondo. Proprio dalla consapevolezza
di questo stretto rapporto tra la storia coloniale e il presente globale nasce il
concetto di “postcoloniale”, inteso non tanto in senso cronologico come appunto
seguito del “coloniale”, ma come: «critica a ciò che è stato storicamente il
colonialismo e a ciò che, in maniera pervasiva e disomogenea sul Pianeta, esso
continua a produrre nelle forme di neo-colonialismo e globalizzazione
neoliberista»
4
.
Negli ultimi anni gli studi postcoloniali si sono diffusi in modo esponenziale
3
Cfr. Emanuele Confortin, Preševo, «il Mulino», 26 ottobre 2015,
http://www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:2988 (ultimo
accesso 26 ottobre 2015).
4
R. Derobertis, Introduzione. Fuori centro: studi postcoloniali e letteratura italiana, in Id. (a
cura di), Fuori centro. Percorsi postcoloniali nella letteratura italiana, Roma, Aracne, 2010,
p. 9.
4
e capillare nelle accademie di tutto il mondo. Si tratta ormai di un'area di studi
interdisciplinare che coinvolge storia, geopolitica, sociologia, filosofia, critica
letteraria nonché studi femminili, subalterni e culturali. In particolare, proprio la
contaminazione tra studi culturali e studi postcoloniali è stata protagonista di una
vera e propria svolta operata a partire dal testo fondamentale, Orientalism,
pubblicato nel 1978 dal critico di origine palestinese Edward Said, che ha portato
a un ripensamento delle relazioni tra cultura e potere, svelando come l'immagine
occidentale dell'Oriente sia stata costruita in realtà all'insegna di rapporti basati su
egemonia e imperialismo
5
.
Nonostante sia un’acquisizione piuttosto recente, gli studi postcoloniali si
stanno diffondendo ampiamente anche in Italia, coniugando i contributi della
critica internazionale con le specificità del colonialismo e del postcolonialismo
italiano. Per decenni, infatti, in Italia e all'estero, il colonialismo italiano è stato
considerato come un'esperienza marginale all'interno della storia mondiale e
nazionale; rimosso e sottovalutato, infatti, il periodo coloniale italiano è stato
semplicemente messo da parte come una parentesi poco importante, vuoi per la
brevità dell'esperienza, per la marginalità dei territori, ma anche per le difficoltà
con cui l'Italia riuscì a conquistarsi quel tanto agognato «posto al sole»,
fondamentale per essere riconosciuta tra le grandi potenze imperiali nel primo
Novecento.
In tempi recenti, lo studio del colonialismo italiano, grazie soprattutto alla
ricerca di storici quali Angelo del Boca, Giorgio Rochat e Nicola Labanca, è stato
portato alla ribalta legandosi a tematiche quali la decolonizzazione (o più
precisamente la “mancata” decolonizzazione nel caso italiano), il revisionismo
della storia risorgimentale e post-unitaria, l'esperienza dell'imperialismo liberale e
fascista, e soprattutto la costruzione dell'identità nazionale italiana che ha avuto
nella cultura e nell'ideologia dell'esperienza coloniale una base considerevole.
In particolare poi, il dibattito storico e culturale sul colonialismo e il
5
E. Said, Orientalismo: l'immagine europea dell'Oriente, trad. it. di S. Gallo, Milano,
Feltrinelli, 2001 (ed. or. Orientalism, New York, Vintage Books, 1978).
5
postcolonialismo italiano si è unito negli ultimi anni allo studio letterario di quelle
opere scritte in italiano da autori e autrici stranieri a partire dai primi anni
Novanta. Si tratta della cosiddetta «letteratura italiana della migrazione»
6
che,
partendo proprio da una critica postcoloniale del presente, ha avuto il merito da
una parte, di aprire la letteratura italiana contemporanea verso una prospettiva
transnazionale e dall'altra, di portare all'interno del “canone nazionale” tematiche
inedite quali «gender, etnicità e diaspora»
7
.
All'interno del quadro variegato ed eterogeneo degli autori migranti, è
emerso in Italia, soprattutto dai primi anni del Duemila, un insieme sempre più
folto di opere in cui, all'iniziale spinta autobiografica dei primi testi collaborativi
(scritti a quattro mani da autori stranieri e coautori italiani), si va affiancando la
riscrittura proprio di quel passato coloniale di cui la storia e la cultura italiana
sembrano aver perso memoria. Si tratta delle opere di scrittori e in particolare
scrittrici che provengono in vario modo dalle ex colonie italiane in Africa (Libia,
Eritrea, Etiopia e Somalia) e che raccontano attraverso la scrittura letteraria le
memorie di quei tempi nascosti o dimenticati, offrendo nuove prospettive sul
presente italiano dal punto di vista sociale e culturale. Per questi autori e autrici, la
narrazione assume, quindi, un forte valore pedagogico e morale, dichiarando il
loro impegno civile nel portare avanti visioni collettive antagoniste e oppositive
rispetto a quelle dominanti. Proprio in virtù dello stretto legame presente tra
autori, narrazione e società civile, emerge in queste opere una concezione
rinnovata dello scrittore come portavoce della collettività e di conseguenza una
visione della scrittura come valore testimoniale e strumento di resistenza.
A partire da queste considerazioni, il presente lavoro si propone di tracciare
un bilancio della letteratura postcoloniale italiana, ossia delle opere di autori e
6
A. Gnisci, La letteratura italiana della migrazione, Roma, Lilith Edizioni, 1998, ora in Id.,
Creolizzare l'Europa. Letteratura e migrazione, cit., pp. 73-129.
7
S. Ponzanesi, Il postcolonialismo italiano. Figlie dell'Impero e letteratura meticcia, in La
letteratura postcoloniale italiana. Dalla letteratura d'immigrazione all'incontro con l'altro, T.
Morosetti (a cura di), numero monografico di «Quaderni del '900», IV, 2004, pp. 25-34; Ead.,
Paradoxes of Postcolonial Culture: Contemporary Women's Writing of the Indian and Afro-
Italian Diaspora, Albany (NY), State University of New york Press, 2004.
6
autrici provenienti in particolare dalle ex colonie italiane in Africa, focalizzandosi
esclusivamente sulla produzione romanzesca che si contraddistingue per la forte
spinta etica e sociale e per una concezione della narrazione intesa come
testimonianza personale e collettiva. In particolare, l’analisi qui proposta,
approfondisce alcuni caratteri dal punto di vista tematico e formale di quello che è
stato definito come «il primo grande romanzo postcoloniale italiano»
8
, cioè il
romanzo Regina di fiori e di perle della scrittrice e performer italoetiope Gabriella
Ghermandi, in cui l’autrice, attraverso le memorie del popolo etiope, riscrive
l’esperienza del colonialismo italiano portando avanti un punto di vista straniante
e oppositivo che mira a ribaltarne le versioni dominanti.
Il racconto è incentrato sulla storia di Mahlet, una giovane etiope che vive
tra Africa e Italia e che ha il compito, quale testimone e custode dei racconti del
suo popolo, di tramandarne la memoria. La storia di Mahlet assume quindi la
funzione di una cornice narrativa, all'interno della quale scorrono le singole
narrazioni dei molteplici personaggi che, piuttosto che dare una visione
frammentaria della realtà, ci restituiscono l'immagine di una co-creazione
letteraria frutto di un'esperienza collettiva. La narrazione diventa così non solo un
momento fondamentale per leggere il passato da un altro punto di vista attraverso
la decostruzione e il «decentramento dello sguardo storico»
9
, ma anche uno
strumento di conoscenza e di impegno civile per la sua dichiarata funzione
testimoniale. Inoltre, il romanzo ripercorre quasi un secolo della storia etiope e in
parte italiana fino ai giorni nostri, consentendo una rilettura del passato coloniale
anche alla luce degli attuali rapporti presenti tra Africa e Italia tra
multiculturalismo e nuove identità transnazionali.
Per dare un'idea dell'evoluzione e allo stesso tempo dello stretto rapporto
che interessano gli autori migranti e postcoloniali italiani e di quanto il valore
8
Ead., Passaggi migranti: genere, generazioni e genealogie nella letteratura postcoloniale
italiana, in T. Caponio et alii, World Wide Women. Globalizzazione, Generi, Linguaggi.
Volume 3 – Selected Papers, Torino, Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne
(CIRSDe)/Università di Torino, 2011, p. 140.
9
S. Mezzadra, La condizione postcoloniale. Storia e politica del presente globale, Verona,
Ombre Corte, 2008, p. 11.
7
etico della scrittura sia uno dei caratteri fondanti di entrambe le “aree” letterarie,
si è scelto di dividere il presente lavoro in due parti, una di carattere generale e
una focalizzata sul romanzo di Gabriella Ghermandi.
La prima parte, costituita da un unico capitolo di carattere introduttivo, mira
a delineare una visione d'insieme della letteratura della migrazione e della
letteratura postcoloniale, collegandole da una parte, alla dimensione più generale
degli studi postcoloniali e culturali della critica transnazionale, e dall’altra,
cogliendone le particolarità all’interno del panorama italiano. In questo primo
capitolo, quindi, si cerca di analizzare i caratteri fondamentali che
contraddistinguono lo “sguardo” etico e oppositivo delle autrici e degli autori
italofoni all'interno del “canone” italiano contemporaneo, evidenziandone allo
stesso tempo l'evoluzione a partire dai primi racconti-cronaca di carattere
memoriale e autobiografico. In queste prime opere scritte a quattro mani, la
narrazione è mossa prima di tutto dall'esigenza di fissare la propria storia
attraverso il racconto del proprio vissuto che si fonda principalmente sul motivo
fondamentale dell'esperienza della migrazione (in particolare il viaggio, l’arrivo e
la difficile convivenza nel nuovo paese). Le opere successive, invece, si
contraddistinguono per una maggiore varietà tematica e formale, dando luogo
anche a prove più mature e diversificate dal punto di vista letterario. Tra queste
spiccano in particolare le opere degli scrittori e delle scrittrici postcoloniali in cui
la narrazione dei tempi presenti si lega sempre allo sguardo all’indietro sul passato
e a una rinnovata «etica del narrare»
10
, per cui la scrittura si delinea quale «atto di
partecipazione e di co-creazione»
11
attraverso il racconto di storie individuali e
collettive allo stesso tempo.
La seconda parte, invece, divisa in due capitoli, è dedicata all'analisi
tematica e formale del romanzo Regina di fiori e di perle. Nel secondo capitolo,
dopo una breve introduzione dell'opera dell'autrice e della trama del romanzo, si
10
Wu Ming, New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro, Torino, Einaudi,
2009, p. 24.
11
Ivi, p. 21.