Premessa
Nei tre romanzi ottocenteschi esaminati la lettera si offre quale espediente narrativo la
cui funzione è essenzialmente quella di far avanzare la storia, solitamente povera di fatti
concreti, ma densa di turbamenti dell’animo. Scrivere una lettera implica rivolgere
determinate parole a qualcuno, talvolta ad un Altro che diviene il destinatario e in altri
casi a se stessi. In questa prospettiva la lettera è come un operatore che crea la presenza
dell’altro attraverso la sua assenza: il manque è materialmente sostituito e presentifica
il ricordo.
Muovendo da uno sguardo teorico e critico, l’analisi che propongo mette in luce la
lettera come figura dell’assenza. Dal punto di vista metodologico si è privilegiato il
pensiero critico letterario moderno, in particolare quello di Roland Barthes e di Jean
Rousset. Entrambi considerano la lettera un mezzo per rappresentare l’assente.
L’attenzione si è, dunque, spostata sull’esame del concetto di rappresentazione che,
come testimoniano alcuni tra i più noti studi dedicati alla materia, si fonda sulla
dialettica presenza-assenza. In seguito, si sono rivelate determinanti le riflessioni che
intendono la lettera come espediente in grado di comunicare l’ineffabile. Da qui il
problema dell’incomunicabilità nella letteratura moderna, tra gli esempi più celebri e
significativi le scritture di Edgar Allan Poe e di Hugo von Hoffmansthal.
Sulla base di uno sguardo critico, si è scelto di porre il fuoco principalmente su tre
romanzi ottocenteschi che, tra gli altri, possono essere considerati emblematici della
rappresentazione dell’assenza tramite la lettera. Ciò che è più significativo è che queste
opere non sono scritture epistolari, bensì romanzi in cui la lettera si fa motivo in grado
di suggerire un tema ricorrente dell’epoca.
Adolphe (1806), breve romanzo di Constant, mette in scena due lettere, nell’incipit e
nell’excipit del racconto. Queste ultime illuminano alcune zone d’ombra e
presentificano un passato ormai lontano. Il protagonista Adolphe vive ai margini
dell’assenza e del vuoto, poiché egli è incapace di amare Ellénore, se non nella tensione
del desiderio. Il giovane è attratto dalla carriera, ma allo stesso tempo non ha il coraggio
di abbandonare una donna che lo ama profondamente. Grazie ad una lettera viene
svelata la volontà del protagonista di porre fine a questa relazione. Le due lettere sono
emblematiche in quanto diventano espressione di un amore lontano. Inoltre “relegano”
3
la vita del protagonista Adolphe in un territorio di separazione e di tensione, il
desiderio, che per sua natura non è mai completamente soddisfatto. Nel romanzo la
scrittura epistolare è destinata ad un misterioso personaggio; essa contribuirà poi a
“sviluppare” l’intrigo del racconto e al tempo stesso l’identità del protagonista.
L’intera esistenza di un individuo può essere ipotecata al passato, rievocato grazie
all’operare della scrittura. È il caso del visconte Félix de Vandenesse, protagonista del
romanzo di Balzac Le Lys dans la vallée (1836). Egli vive all’ombra di un fantasma, la
contessa Henriette de Mortsauf senza godere dell’amore reale di Natalie de Manerville.
Sarà ancora una volta uno scambio epistolare a mettere in luce l’assenza e il vuoto che
caratterizzano la vita del giovane aristocratico.
Oltre alla funzione dialettica la lettera svolge il ruolo di espediente che, mentre svela un
segreto, offre il significato del racconto e rivela l’identità dei personaggi. Armance
(1827), romanzo di Stendhal, ne è l’esempio più significativo. L’assenza si inscrive
nella cifra dell’impotenza, mascherata dietro ad un amore impossibile. Ancora una volta
è la missiva a farsi espressione del segreto del protagonista Octave, ormai deciso al
suicidio perché si sente un uomo incompleto. Mentre offre questo mistero la lettera
materializza l’indicibile, offrendo la vera identità del giovane. La lettera evoca
l’assenza, l’impotenza e restituisce al protagonista il suo vero Io, un Io tuttavia
mostruoso perché rappresenta l’ineffabile.
L’incomunicabilità, la mancanza e la lontananza diventano tutte metafore dell’assenza
ed è tramite la scrittura che emerge la dialettica tra presenza e assenza.
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Introduzione
1. Che cosa si intende per lettera: definizione e funzioni
La lettera è un mezzo concreto che permette alla storia di svolgersi. Come afferma
infatti Dorat (1508-1588), scrittore e poeta francese membro della Pléiade :
Une lettre est le plus vrai, le plus rapproché de l’entretien ordinaire, et
le plus propre surtout au développement de la sensibilità. […] C’est un
genre intéressant, qui donne à l’âme toutes les émotions dont elle est
susceptible, peint tour à tour l’abattement de la douleur ou l’ivresse du
plaisir.
1
Autore e lettore vivono contemporaneamente perché quest’ultimo è reso partecipe
dell’azione e la vive nel momento in cui essa è vissuta e scritta dallo stesso personaggio.
Questa presa diretta sulla realtà permette di esprimere le oscillazioni e i movimenti del
cuore, anche i più minimi o impercettibili. Da qui la funzione dialettica della lettera, la
quale crea un rapporto di scambio continuo, di opposizione e complicità tra Io e l’Altro,
Presente e Assente. Come afferma Rousset in Forme et signification la lettera opera
come creatrice della presenza attraverso l’assenza.
Dans le roman par lettres - comme au théâtre – les personnages disent
leur vie en même temps qu’ils la vivent; le lecteur est rendu
contemporain de l’action, il la vit dans le moment où elle est vécue et
écrite par le personnage.
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Rivolgendosi a un destinatario lontano, la lettera permette a chi scrive di ricreare,
tramite le parole e le emozioni impresse su un foglio di carta, la presenza del destinario.
Da assente esso diviene presente alla mente e al cuore, poiché tramite la lettera vengono
evocati i ricordi, i sentimenti, le piccole azioni quotidiane che avvicinano in modo
astratto destinatario e mittente.
La funzione dialettica della lettera si esplica nel momento in cui essa, a partire dal
Settecento in Francia, si sviluppa secondo diverse varianti.
1
Jean Rousset, Forme et signification, essai sur les structures littéraires de Corneille à Claudel, Paris,
Rien de Commun, 2006, p.68 .
2
Ibid., pp. 67-68.
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È possibile affermare uno sviluppo cronologico, vale a dire che vi sia stata una sorta di
evoluzione, dal semplice al complesso, dalla voce solista ai romanzi corali in cui l’Altro
diventano gli Altri.
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La forma dialettica può attuarsi tra un mittente e un destinatario. Nel caso di un’assenza
completa di contatto tra i due la lettera perde la sua funzione dialettica e diventa “ un
cri jeté vers quelqu’un mais qui retombe dans le vide, une voix insistante et monotone
qui répond à son propre écho.
4
“
Diventa quasi una registrazione diretta delle oscillazioni del cuore, delle incoerenze e
dei moti della passione. Per questo l’autore, sebbene si rivolga ad un destinatario
assente per ricrearne la presenza, spesso si sente di scrivere più per se stesso che per
l’altro.
È anche possibile che il destinatario viva uno scambio reale con il mittente. Una persona
scrive, ma il destinatario è raggiunto dalle sue lettere e ne ha consapevolezza, tuttavia
assistiamo ad uno scambio ad una sola voce. Le risposte sono invisibili per il lettore, ma
sono “presenti” ed è dal susseguirsi delle lettere che comprendiamo lo svolgersi della
storia. Ancora una volta la lettera diventa tramite e mezzo di svolgimento della storia.
La formula che sembrerebbe più logica, è, effettivamente, la più rara. Il duo
propriamente detto, lo scambio effettivo di lettere tra mittente e destinatario, è un
esempio molto raro da trovare nella letteratura. Un buon esempio è costituito dalle
Mémoires de deux jeunes mariées di Balzac nel quale la “vie quotidienne” si mescola
alla “vie du coeur” dando origine ad un connubio particolare. Avremo poi un momento
di dialettica suprema con il romanzo epistolare corale sinfonico a più voci, del quale
l’esempio migliore è Julie ou La nouvelle Héloise di Rousseau. Stando a quanto riporta
Rousset nel suo saggio « la multiplication des personnages entraîne la multiplicité des
points de vue et des éclairages ».
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Oltre ad avere una funzione essenzialmente dialettica la lettera è anche creatrice di
senso e d’identità.
La lettera come creatrice di senso rimanda al ruolo che svolge all’interno di un racconto
o di un romanzo, anche non necessariamente epistolare.
3
Ibid., p. 76 e seguenti, paragrafo II.
4
Ibid., p. 77.
5
Ibid., p. 85.
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Interessante per sottolineare il ruolo della lettera, in questo caso, è l'analisi del racconto
di Edgar Allan Poe, "The porloined letter". Si tratta del terzo racconto poliziesco scritto
dall’autore per la rivista “The Chamber’s Journal” nel 1845, nel quale la lettera assume
il ruolo di fulcro e motore del racconto. Il protagonista è l’investigatore Auguste Dupin,
la vicenda è narrata da un amico del Cavalier Dupin. Al centro del racconto vi è la
sottrazione di una lettera compromettente da parte del ministro francese D. davanti agli
occhi del destinatario, impossibilitato ad opporvisi per la presenza di una terza persona,
molto altolocata, alla quale tale documento doveva rimanere celato.
Questo avvenimento sottolinea ancora una volta lo stretto legame presente tra mittente
e destinatario, spesso coinvolti da un segreto la cui rivelazione potrebbe portare ad una
serie di reazioni incontrollabili. Rivelando un segreto al destinatario l’autore mette in
gioco se stesso, in quanto pone la propria fiducia e il proprio sé più intimo nelle mani di
un altro. La lettera testimonia perciò la centralità dell'assenza in seno alla narrazione e
anche nella costruzione dell’identità.
Torniamo ora al racconto di Poe. Quanto scritto nelle “lettera rubata” comprometteva
seriamente l’onorabilità di una nobildonna famosa e potente, conferendo così
all’illegittimo possessore, astuto e intelligente ma privo di scrupoli, un certo potere
ricattatorio. Le perquisizioni minuziose ed accurate effettuate dalla polizia
(rappresentata dal prefetto G.) nella casa del ministro, a sua insaputa, per ritrovare la
lettera, non hanno dato alcun risultato. Interviene per questo Dupin. L’investigatore
intuisce come il nascondiglio del documento non debba essere cercato nei luoghi
deputati a tale funzione. Egli ritrova infatti la lettera, opportunamente mimetizzata, in
un luogo visibile a tutti proprio nello studio dove il ministro riceve i visitatori e con uno
stratagemma se ne impadronisce, risolvendo così il caso .
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La lettera in questo racconto crea un senso, il senso del segreto, dell'indicibile e
dell'ineffabile, quel “ non detto “ al centro della letteratura moderna. Nascondere un
segreto compromettente genera l’intreccio e dà origine alla scrittura.
La lettera è anche creatrice d'identità oltre che di senso. Immaginando l'Altro lontano e
assente la lettera permette anche la conoscenza di sé e delle pieghe del proprio animo.
Come afferma Brigitte Diaz nel saggio L'épistolaire ou la pensée nomade, la lettera
potrebbe essere definita uno specchio dell'altro più che di se stessi, strumento di
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Edgar Allan Poe , La lettera rubata e altri racconti, Milano, BUR, 2007.
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