l'ITO potesse essere utilizzata per "regolare", più che per "liberalizzare", il commercio
mondiale).
A seguito della mancata istituzione dell'ITO, il GATT iniziò a funzionare, pur
privo di istituzioni permanenti, anche come organizzazione; sebbene si trattasse di
un'organizzazione non riconosciuta nell'ambito del diritto internazionale, essendo i paesi
partecipanti indicati ufficialmente non come "paesi membri" (di un'organizzazione),
bensì come "parti contraenti" (di un accordo); è stato comunque esclusivamente
nell'ambito del GATT che, dal 1948 al 1994, si sono discusse ed adottate le norme per
regolare il commercio internazionale e sono stati affrontati e disciplinati i rapporti
commerciali fra Stati Uniti, Unione Europea e gli altri paesi ad economia di mercato
aderenti all'accordo.
Tuttavia il GATT è sempre stato considerato dalle parti contraenti come un
forum per negoziati di tipo interstatale dove venivano rappresentati gli interessi dei
singoli Stati. Il Segretariato aveva delle funzioni molto limitate e i rappresentati delle
parti contraenti erano gli unici a poter intraprendere negoziati. Interessi ti tipo non-
governativo non sono mai stati, nè formalmente né informalmente, rappresentati
all’interno dei negoziati del GATT
2
.
Il GATT (come organizzazione) è stato sostituito, dal 1º gennaio 1995,
dall'Organizzazione mondiale del commercio, organizzazione permanente dotata di
2
Marceau G., Pedersen P.N., Is the WTO Open and Transparent? A Discussion of the Relationship of the WTO with Non-
governamental Organisations and Civil Society’s Claims for more Transparency and Public Participation, Journal of World Trade
1999, pag.7
5
proprie istituzioni che ha adottato i principi e gli accordi raggiunti in seno al GATT
3
.
Membri dell’Organizzazione mondiale del commercio sono gli Stati, rappresentati dai
governi nazionali. Il diritto primario dell’organizzazione è costituito da regole approvate
dai governi, nel quadro di lunghi e complessi rounds di negoziati commerciali. Queste
vincolano solo gli Stati che le abbiano approvate. Il diritto secondario, invece, è
composto da norme prodotte da organismi a composizione intergovernativa. Il rispetto
delle regole è assicurato da un sistema di risoluzione delle controversie al cui vertice è
posto un organo intergovernativo.
Apparentemente, dunque, la disciplina internazionale del commercio è prodotta
e amministrata nel quadro di una organizzazione che riflette fedelmente i tradizionali
presupposti teorici “dualistici” del diritto internazionale. Sul piano internazionale, vi
sarebbero soltanto relazioni fra Stati, cioè fra governi nazionali. In base a tale
concezione non potrebbero esservi relazioni pubblico/privato, perché i privati rilevano
come soggetti esclusivamente negli ordinamenti domestici.
Tuttavia, se si esamina con più attenzione, la disciplina positiva del commercio
internazionale pare smentire questa idea ricevuta. Essa consente di identificare diverse
categorie di relazioni tra poteri pubblici e soggetti privati, le quali presentano un rilievo
internazionale e, quindi, non si svolgono interamente all’interno dei confini di un
determinato ordinamento nazionale.
I privati si insinuano nei complessi processi che portano alla produzione di
standards, guidelines o best practices da parte delle organizzazioni internazionali, che
possono assumere valore vincolante attraverso “strade” nuove, prodottesi grazie
3
A causa soprattutto dei suoi difetti strutturali e dalla mancanza di una struttura organizzativa istituzionalizzata.
6
all’evoluzione degli assetti internazionali dei pubblici poteri. Tra queste assumono
particolare rilievo l’intermediazione dei poteri statali che prendono parte ai fora
internazionali e la partecipazione dei soggetti privati all’interno delle organizzazioni
internazionali.
L’attività dell’OMC è incentrata fondamentalmente nelle condotte contrarie al
libero scambio, realizzate dai governi degli Stati membri. In linea generale, le regole
stabilite in ambito OMC non riguardano le attività poste in essere dalle imprese.
Sembra, quindi, che l’obiettivo principale dell’OMC continui ad essere la tutela e la
protezione degli interessi interstatali, tuttavia, come vedremo in seguito, esistono
svariate forme di partecipazione soggettiva da parte degli individui.
La teoria dualistica del diritto internazionale sembra ormai superata, la tutela
degli individui inizia a prendere forma sia in numerosi accordi dell’OMC sia nel sistema
di risoluzione delle controversie. In quest’ultimo accordo, anche se apparentemente la
legittimazione sia dal punto di vista attivo che da quello passivo è riservata ai soli Stati,
esistono vita numerose forme di partecipazione e di collaborazione tra pubblico e
privato.
Un sistema di tipo intergovernativo non può sussistere all’interno di
un’organizzazione internazionale come l’Organizzazione mondiale del commercio,
poiché sia gli accordi OMC che le raccomandazioni adottate all’interno del sistema di
risoluzione delle controversie hanno delle forti ripercussioni sulle imprese, sulle
organizzazione non governative, sugli individui, in generale sulla “società civile”.
A differenza del sistema GATT, il Trattato di Marrakech, anche se è piuttosto
vago in proposito, prevede che “Il Consiglio Generale può adottare adeguate
7
disposizioni per tenere consultazioni o per cooperare con organizzazioni non
governative operanti in settori attinenti a quelli contemplati dalla WTO”
4
.
Inoltre, bisogna sottolineare che nel corso delle ultime negoziazioni commerciali
è emersa con forza la necessità di coinvolgere i “non-state actors”, secondo la
definizione che l’OMC da della “società civile”, ovvero le associazioni di categoria
(camere di commercio, sindacati, operatori nei vari settori industriali), i gruppi
ambientali o dei consumatori, le istituzioni accademiche e di ricerca, e le organizzazioni
non governative
5
.
Ciò denota una forte evoluzione nella sfera della tutela dei soggetti privati,
tuttavia all’interno del sistema dell’Organizzazione mondiale del commercio continua a
persiste un forte deficit democratico riguardo le forme di partecipazione degli individui
soprattutto nel sistema di risoluzione delle controversie. Tutto ciò probabilmente è
dovuto anche alla non diretta applicabilità delle norme OMC negli ordinamenti
nazionali (così come vedremo successivamente), al fatto che l’Organizzazione mondiale
del commercio pur essendo un’organizzazione permanente dotata di proprie istituzioni,
ha pur sempre continuato ad adottare i principi e gli accordi raggiunti in seno al GATT
1947.
Questo progetto di ricerca verrà articolato in quattro parti: nella prima parte
verrà sottolineerà l’importanza dell’individuo come soggetto del diritto internazionale,
fondamentale per la comprensione del ruolo assunto dai soggetti privati nelle
organizzazioni internazionali. La seconda parte affronterà il problema della diretta
4
4
Art. V.2 dell’Accordo Istitutivo dell’OMC.
5
Soprattutto durante la quinta Conferenza ministeriale, tenutasi a Cancun nel 2003, si è registrato un forte interesse da parte di
numerose ONG ed associazioni di categoria
8
applicabilità degli accordi GATT-OMC all’interno degli ordinamenti nazionali; esiste
una forma di tutela sostanziale o procedurale se gli individui, in seguito a violazioni di
norme OMC, non possono adire le corti nazionali?
La terza parte riguarderà l’analisi della tutela degli interessi privati all’interno
del sistema GATT/OMC, con particolare riferimento a due principi fondamentali, quali
il principio di non discriminazione ed il principio di trasparenza. In seguito, verranno
esaminati alcuni Accordi del sistema OMC al fine di rilevarne o meno la presenza di
un’eventuale forma di tutela processuale dei soggetti privati contenuta in tali Accordi.
L’ultima parte, infine, prenderà in esame il sistema di risoluzione delle
controversie, sottolineando l’importanza di un eventuale ruolo di partecipazione attiva
dei soggetti privati, come gli operatori economici o le organizzazioni non governative,
nella risoluzione delle dispute e nei processi decisionali in generale.
9
Capitolo I
La Tutela degli interessi privati nel diritto internazionale
1.1. Gli Stati come soggetti originari del diritto internazionale:
A partire, approssimativamente, dalla metà del XVII secolo (pace di Westfalia,
1648), tramontati i poteri universali dell’impero e del papato, l’assetto politico
mondiale ha cominciato ad essere ordinato intorno al principio di sovranità degli Stati,
che garantisce a ciascuno di essi il controllo politico esclusivo dei soggetti che si
trovano in una determinata area territoriale.
La sovranità dello Stato è dunque concepita come indipendenza verso l’esterno,
cioè nei confronti di altri ordinamenti statali, che insistono su un diverso e distinto
territorio, e come sovraordinazione verso l’interno, cioè nei confronti di altri
ordinamenti non statali insistenti sullo stesso territorio dello Stato
6
.
Questo assetto politico ha avuto una sua fedele rappresentazione giuridica, che
si basa sul principio dualistico. Lo spazio giuridico viene, infatti, idealmente diviso in
due, attraverso una netta linea di separazione orizzontale. Questo confine immaginario,
che però è il risultato dei confini reali che separavano gli Stati fra loro, distingueva
6
Friedmann W, The Changing Structure of International Law, Stevens, London, 1964, pag 60-71
10
l’area che si colloca dentro lo Stato, da quella che sta fuori dallo Stato. Lo spazio
interno, è quello che corrisponde agli ordinamenti giuridici degli Stati. Lo spazio
esterno, corrisponde invece all’ordinamento giuridico internazionale
7
.
I due ordinamenti sono separati e non si sovrappongono, perché è diversa, nei
due casi, la natura della plurisoggettività: questa è composta dagli individui, per gli
ordinamenti giuridici statali; dagli Stati, per l’ordinamento giuridico internazionale.
Sulla base del dualismo, l’ordinamento internazionale presenta dunque caratteri
così particolari, che è stato persino messo in dubbio che esso potesse definirsi un vero
e proprio ordinamento giuridico. Se osservato nelle componenti proprie di ogni
ordinamento giuridico, possiamo infatti constatare che il gruppo sociale, la
plurisoggettività, non è composto da individui, ma solo da “figure giuridiche
collettive”, quali sono appunto gli Stati: in primo luogo, gli individui non partecipano
alla formazione delle decisioni e delle norme internazionali, se non tramite gli Stati; in
secondo luogo, le decisioni e le norme internazionali non raggiungono gli individui, se
non tramite gli Stati. Ogni passaggio dall’interno all’esterno, e viceversa, è
necessariamente mediato dallo Stato, o, più esattamente, dai governi degli Stati.
Questo principio dualistico ha due conseguenze: i privati non possono influire
sulle decisioni delle organizzazioni internazionali se non attraverso il proprio Stato; le
7
Nella ricostruzione della posizione dell’individuo rispetto al diritto internazionale si contrappongono le teorie dualistiche-
positiviste e moniste-giusnaturaliste. Gli studiosi dualisti, ritenendo che diritto internazionale e diritto interno costituiscano due
sistemi giuridic distinti, negano la soggettività internazionale dell’individuo. L’individuo è soggetto soltanto nell’ambito degli
ordinamenti giuridici statali, mentre lo Stato è il soggetto primario dell’ordinamento internazionale. Per la dottrina monista, invece,
costituendo il diritto internazionale e diritto interno un medesimo ordinamento giuridico, i giudici nazionali possono applicare il
diritto internazionale senza che sia necessaria la sua trasformazione in legge interna.
11
organizzazioni internazionali non possono regolare i comportamenti dei privati se non
attraverso il loro (dei privati) Stato.
In tempi più recenti, tuttavia, il principio dualistico ha conosciuto ulteriori
smentite, derivanti in particolare dall’affermarsi di due tendenze.
La prima tendenza consiste nel fatto che il potere dello Stato di tradurre in regole
e decisioni nazionali le decisioni delle organizzazioni internazionali è sempre meno
libero. Sempre più spesso, cioè, lo Stato è obbligato ad esercitare quel potere, perché
altrimenti può andare incontro a sanzioni comminate da organi giurisdizionali
internazionali, oppure può essere punito dai mercati, perché i capitali o le imprese
fuggono dagli Stati che non rispettano le regole internazionali, etc.
Se, dunque, il potere di intermediazione statale si riduce, l’efficacia delle regole
che si applicano all’interno degli Stati sempre più spesso riposa sostanzialmente
sull’autorità delle organizzazioni internazionali. Lo schermo della sovranità statale è
sempre più penetrabile
8
.
8
Leanza U, Caracciolo I., Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritto per gli individui, Giappichelli editore, Torino, 2008,
pag.121-123
12
1.2. La centralità degli individui nell’ordinamento internazionale
La fine della seconda guerra ha inaugurato una nuova fase nelle relazioni
internazionali, caratterizzata dalla centralità assunta dall’individuo in sé considerato
nella Comunità internazionale. Posto al centro degli interessi della Comunità
internazionale e del suo diritto, l’individuo assume una posizione sempre più
determinante.
La rilevanza dell’individuo ha trovato un espresso riconoscimento anzitutto
nelle norme di diritto internazionale, generale e convenzionale, sulla tutela della dignità
della persona umana, che, a partire dalla Carta delle Nazioni del 1945 e dalla
Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, hanno progressivamente eroso il
dominio riservato agli Stati, imponendo loro di rispettare determinati precetti
sull’assetto del proprio apparato di governo e sulla sfera di libertà degli individui
stanziati sul loro territorio.
In realtà occorre sottolineare il fatto che la teoria dei diritti umani ha esercitato
anche un ruolo più ampio, poiché, radicandosi a fondo nella vita della comunità
internazionale, ha finito per produrre una grande influenza sui principi generali che
regolano tale comunità e quindi anche, come vedremo, un impatto sull'ordinamento
internazionale complessivamente considerato
9
. Ciò è dovuto sostanzialmente a due
motivi, fra loro collegati.
Il primo è che la teoria dei diritti umani è per sua natura “sovversiva” o
“rivoluzionaria” rispetto alla struttura tradizionale dei rapporti fra stati, perché si pone
9
Cassese A., Diritto internazionale, Il Mulino, Bologna, 2003, pp. 17-32
13