6
Questa però non costituisce tuttavia l’unica lettura possibile della disciplina in
discorso. La presente tesi si propone infatti di esaminare la reale portata della
modifica legislativa considerando l’iter di formazione e approvazione della legge
13 febbraio 2006, n. 59 e soprattutto, ripercorrendo il suddetto dibattito dottrinale.
2. L’oggetto della controversia interpretativa è se la riforma operata dalla l.
n.59/2006 abbia introdotto o meno la facoltà di difendere i propri beni
patrimoniali, nell’ambito della propria privata dimora, utilizzando armi
legittimamente detenute per contrastare l’azione dell’aggressore, cagionandone la
morte.
Nel dibattito dottrinale si vedrà come sono presenti due diversi orientamenti:
a) un primo orientamento sostiene l’incompatibilità della nuova disciplina con i
dettami della Costituzione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo:
quella disciplina - si sostiene infatti – autorizza l’uso delle armi o di altri mezzi di
coercizione per difendere beni patrimoniali, anche a discapito della vita
dell’aggressore;
b) un secondo orientamento è fautore di una interpretazione costituzionalmente
conforme della nuova disciplina della legittima difesa. In tal senso si esalta la
presenza, anche dopo la riforma, della necessità della difesa come requisito
indispensabile al fine di considerare legittimo il comportamento di colui che
reagisce all’aggressione. Secondo questa interpretazione la modifica legislativa
avrebbe modificato il solo requisito della proporzione, lasciando inalterati tutti gli
altri requisiti della legittima difesa, tra cui la necessità della condotta difensiva.
7
3. La trattazione seguirà il seguente ordine:
Nel primo capitolo illustreremo la disciplina della legittima difesa prevista dal
comma 1 dell’articolo 52 c.p., e ci soffermeremo in modo particolare sui requisiti
che deve possedere la condotta difensiva, e cioè la necessità e la proporzione.
Nel secondo capitolo prenderemo in esame la riforma del 2006, muovendo dai
lavori preparatori della l. 59/2006. Daremo conto, in particolare, del contesto
socio-politico in cui è maturata la riforma: un contesto che emerge in modo non
equivoco dalla relazione al progetto di legge che, con toni quasi ottocenteschi,
parla di “branchi di uomini feroci – italiani o stranieri che siano – [che] non
esitano a versare sangue innocente ed inerme, ad uccidere e torturare”,
dipingendo un quadro apocalittico e non veritiero che non ha altro effetto se non
quello di alimentare l’insicurezza della società. Dalle statistiche giudiziarie del
2002 infatti si evince che rispetto ad un totale di 40.006 rapine denunciate gli
omicidi dolosi consumati a scopo di furto e rapina sono stati 32. Tale dato tradotto
in percentuale significa meno dell’un per mille rispetto al totale delle rapine
1
.
Il secondo capitolo si conclude con l’esame del comma 3 dell’art 52 c.p. che
estende l’operatività della presunzione di proporzione ad ogni altro luogo ove
venga esercitata una attività commerciale, professionale, imprenditoriale.
Nel terzo capitolo, come si è premesso, si esaminerà il dibattito dottrinale relativo
alla nuova disciplina dell’art. 52, co. 2 c.p., muovendo dal manifesto dei docenti
di diritto penale e procedura penale, divulgato prima dell’approvazione definitiva
della norma in oggetto, che già palesava i dubbi della dottrina (corsa agli
armamenti, violazione del principio di ragionevolezza, mortificazione del ruolo
del giudice) e in particolare il timore di un ritorno a gride di manzoniana
1
VIGANO’, Spunti per un progetto alternativo della riforma, in Dolcini, Paliero (a cura di) Studi in onore di Giorgio
Marinucci, Milano, 2006, p.2045
8
memoria, che rappresenterebbe solo l’ennesima disposizione di pura facciata,
anziché una riforma al servizio del cittadino onesto.
Il lavoro si concluderà con l’analisi delle prime applicazioni giurisprudenziali, che
come si vedrà, mostrano come anche in seno alla giurisprudenza siano presenti
orientamenti difformi.
9
CAPITOLO 1
LA LEGITTIMA DIFESA
1. L’antigiuridicità e le cause di giustificazione: cenni e disciplina
comune.
1. Per la sussistenza del reato non è sufficiente l’esistenza di un fatto conforme a
quello descritto nella fattispecie legale astratta. È necessario che la realizzazione
del fatto concreto si ponga in contrasto con l’intero ordinamento giuridico.
“L’antigiuridicità è il concetto con il quale si esprime, come secondo elemento del
reato, il rapporto di contraddizione tra il fatto tipico e l’intero ordinamento
giuridico”
2
. L’antigiuridicità viene meno se una norma diversa da quella
incriminatrice facoltizza o impone un medesimo fatto che costituirebbe reato.
“Con il nome cause di giustificazione del fatto (o con nomi equivalenti, quali
scriminanti o cause di esclusione dell’antigiuridicità) si designa l’insieme delle
facoltà o dei doveri derivanti da norme, situate in ogni luogo dell’ordinamento,
che autorizzano o impongono la realizzazione di questo o quel fatto penalmente
rilevante”
3
.
La specificità di queste norme consiste nell’escludere l’applicazione delle norme
incriminatici; più semplicemente esse sono cause oggettive di esclusione del reato
e rendono ab origine lecito un fatto che normalmente lecito non è, impedendo
l’applicazione di qualsiasi tipo di sanzione (penale, civile, amministrativa)
4
ed
operano in virtù della loro obiettiva esistenza indipendentemente dal fatto di
2
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, Giuffrè, 2006, p. 196
3
Ibidem, p. 197
4
Ibidem, p. 198
10
essere conosciute o meno
5
. In proposito il comma 1 dell’art 59 c.p. stabilisce “le
circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente
anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti”. In virtù di
questa norma la dottrina sostiene che “il fatto commesso nell’esercizio di una
causa di giustificazione risulta, sul piano oggettivo, conforme agli scopi
dell’ordinamento, indipendentemente dal particolare atteggiamento soggettivo del
suo autore”
6
. L’art. 119 comma 2 c.p. dispone che “le circostanze oggettive che
escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato”. Da
tale disposizione si deduce che le cause di giustificazione essendo circostanze
oggettive rendono non punibile anche chi concorre alla realizzazione di un fatto
tipico commesso appunto in presenza di una scriminante
7
.
“Le norme che prevedono cause di giustificazione, essendo situate in qualsiasi
luogo dell’ordinamento giuridico, e avendo efficacia in ogni luogo
dell’ordinamento, non sono norme penali. Non sono perciò soggette alla riserva di
legge prevista dall’art. 25 comma 2 Costituzione, né al divieto di analogia sancito
dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale”
8
.
Le cause di giustificazione previste nei vari rami dell’ordinamento sono
molteplici, il codice penale prevede le seguenti cause di giustificazione:
a) il consenso dell’avente diritto (art 50 c.p.)
b) l’esercizio di un diritto e adempimento di un dovere (art 51 c.p.)
c) la legittima difesa (art 52 c.p.)
d) l’uso legittimo delle armi (art 53 c.p.)
5
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit., p. 197-198
6
VIGANO’, Art. 59 c.p., in Dolcini-Marinucci (a cura di) Codice penale commentato, II ed., vol. I, 2006, p. 750.
7
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit. p. 199.
8
Ibidem, p. 197-198
11
e) lo stato di necessità
9
(art 54 c.p.).
2. Oggetto della presente tesi è la causa di giustificazione della legittima difesa, la
cui disciplina, come vedremo è stata oggetto recentemente di una rilevante
modifica operata dalla legge n. 59/2006.
9
Lo stato di necessita viene letto, ora come un’ipotesi di giustificazione della condotta fondata sul principio del
bilanciamento degli interessi o beni (in tal senso MOLARI, Profili dello stato di necessità, 1964, Milano, p. 99 e ss;
AZZALI, Stato di necessità, in Novissimo Digesto italiano vol. XVIII, Torino, 1971, p. 356 e ss; GROSSO, Lo stato di
necessità, in Annuario di diritto comparato e studi legislativi, Milano, 1970, p. 200 e ss), ora come una causa di
esclusione della colpevolezza (in tal senso DELITALA, Il fatto nella teoria generale del reato, Padova, 1930, p. 22;
MUSOTTO, Diritto penale, vol. I, Palermo, 1960, p. 183) fondata sull’inesigibilità (in tal senso SCARANO, La non
esigibilità nel diritto penale, Napoli, 1948, p. 119 e ss; SANTAMARIA, Lineamenti di una dottrina delle esimenti,
Napoli, 1961, p. 274; DOLCE, Lineamenti di una teoria generale delle scusanti nel diritto penale, Milano, 1957, p. 27 e
ss). La prima intepretazione è in linea con una concezione oggettiva dello stato di necessità inteso come causa di
giustificazione (stato di necessità giustificante), mentre la seconda va inquadrata nell’ambito di una scriminante fondata
sull’inesigibilità intesa come causa di esclusione della colpevolezza(stato di necessità scusante). L’esclusione della
punibilità accomuna queste fattispecie eterogenee, ma il fondamento di questa va ricondotto a due piani di valutazione
distinti che corrispondono ad altrettante categorie dogmatiche: cause di giustificazione od esimenti, cause di esclusione
della colpevolezza o scusanti. La distinzione rileva sia sul piano teorico che pratico, perché, come si è appena esposto,
soltanto le cause di giustificazione in senso stretto rendendo il fatto lecito ab origine, impediscono l’applicabilità di
qualsiasi sanzione, si estendono a tutti coloro che hanno partecipato alla commissione del fatto ed operano in virtù della
loro obiettiva esistenza anche se sconosciute o per errore ritenute inesistenti, esempio principe è la legittima difesa art.
52 cp. Le cause di esclusione della colpevolezza lasciano integra l’antigiuridicità del fatto e comportano solo il venir
meno della rimproverabilità al suo autore che si trova ad agire sotto la pressione di circostanze psicologicamente
coartanti, tali da rendere difficilmente esigibile un comportamento diverso conforme al diritto o nelle quali difetti
l’elemento soggettivo. Attendendo all’elemento soggettivo queste circostanze operano solo se conosciute dal suo autore
e, permanendo l’illiceità del fatto, operano solo a vantaggio dei soggetti cui si riferiscono e non sono estensibili ad
eventuali concorrenti, V. VIGANO’, Stato di necessità e conflitto di doveri, Milano, 2000,p 596; FIORE, Diritto
penale, parte generale, vol. I, Milano, 2005, p.333
12
2. Vim vi repellere licet: il fondamento della legittima difesa come
causa di giustificazione.
1. L’ art. 52, comma 1 del c.p. stabilisce:
“ Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di
un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
La legittima difesa ha radici antiche: “è riconosciuta da sempre, in tutti gli
ordinamenti, non potendo il diritto ad un tempo tutelare un bene ed imporre al
titolare il dovere di accettarne la distruzione”
10
. Si tratta della più nota e più
comune tra le cause di giustificazione ed il suo fondamento è dato
dall’insopprimibile esigenza dell’uomo di tutelare se stesso e di conservare i suoi
beni opponendosi alle aggressioni altrui. È un’esigenza cui l’ordinamento concede
tuttavia uno spazio limitato, accordandone il riconoscimento alle ipotesi in cui non
sia possibile l’intervento tempestivo delle Autorità.
Più precisamente la legittima difesa rappresenta una “deroga al principio del
monopolio statuale dell’uso della forza […] e tale deroga si estende, in un
contesto sociale e culturale nel quale è riconosciuto e incoraggiato il sentimento di
solidarietà verso il prossimo, anche nelle ipotesi in cui oggetto dell’aggressione
antigiuridica siano i diritti di un terzo, non importa se legato affettivamente
all’agente o a lui estraneo”
11
.
10
MANTOVANI., Diritto penale parte generale, 5° ed., Padova, Cedam, 2007, p. 248
11
VIGANO’, Art. 52 c.p. in Dolcini-Marinucci (a cura di) Codice penale commentato, II ed., vol. I, Milano, 2006, p.
577.
13
La causa di giustificazione in esame possiede intrinsecamente una funzione di
“stabilizzazione dell’ordinamento”
12
in quanto il privato contrastando
l’aggressione del terzo, riafferma la supremazia del Diritto. Si tratta di “una
funzione di riaffermazione della validità dell’ordinamento giuridico violato
consentendo una pronta e immediata reazione contro l’ingiusto. L’azione
difensiva viene in tale ottica concepita come l’esercizio di un potere delegato
dallo Stato, se non addirittura come l’attuazione di una funzione pubblica”
13
.
Tra tutte le cause di giustificazione, la legittima difesa è quella in cui un conflitto
di norme, in particolare tra una norma che punisce la commissione di un fatto
tipico e una norma che lo giustifica e lo rende lecito nell’intero ordinamento,
assume le caratteristiche di un vero scontro fisico tra individui. È indispensabile
che in queste situazioni di conflitto intervenga il Diritto, poiché esso è “condicio
sine qua non e tessuto connettivo di ogni organismo sociale e deve statuire quando
sia lecita la soddisfazione dell’interesse proprio a spese altrui”
14
.
Il conflitto viene formalizzato nella norma e giunge ad estraniarsi “dagli interessi
contingentemente in gioco” raggiungendo così le più corrette sembianze di un
contrasto “tra il diritto e l’illecito, la ragione e il torto, il diritto e l’ingiustizia”
15
.
2. Il fondamento della legittima difesa non si esaurisce in una visione
individualistica di stampo giusnaturalistico. Ad essa si aggiunge, secondo parte
della dottrina, una logica statalista, secondo cui si sarebbe in presenza “di una
sorta di delega che lo Stato conferisce al cittadino per contribuire alla
salvaguardia dell’ordinamento”. In secondo luogo si sottolinea come “deve pure
essere considerata l’efficacia general-preventiva che la difesa legittima può
12
ROMANO, Art 52 c.p., Commentario sistematico al codice penale, III ed., vol. I, Milano, 2004, p. 554
13
VIGANO’, Art 52 c.p., cit., p. 578
14
BOSCARELLI, voce Legittima difesa, in Enc. Giur Treccani., Roma, XVIII, 1990, p. 1
15
PADOVANI, voce Legittima difesa, in Dig. Disc. Pen.,Torino, III, 1989, p. 499
14
svolgere attraverso la dissuasione dei consociati dal commettere ingiuste
aggressioni prodotta dalla consapevolezza di poter andare incontro a reazione
difensive”
16
.
Nell’approccio giuspositivista “lo Stato non perde né il diritto di intervento né
quello di punire e può non attribuirsi una determinata potestà giuridica”
17
. Ciò
significa che l’individuo nell’esercitare il diritto di difesa personale non riacquista
un suo fantomatico potere originario, al contrario è lo Stato che autorizza
l’individuo a certe condizioni, ad esercitare una potestà prettamente pubblica.
La dottrina giuspositivista rifiuta la teoria del “cittadino che si fa giustizia da sè”.
Il vero rischio, attuale e incombente, connesso all’idea che l’impiego della forza
da parte dei cittadini serva a sanzionare l’illecito, è quello di “legittimare nella
prassi l’immagine del cittadino giustiziere chiamato a colmare le assenze vere o
presunte dello Stato nella lotta contro l’illecito, erodendo tendenzialmente il limite
della necessità della difesa”
18
.
In un simile scenario “la nomina del cittadino a volontario poliziotto ausiliario
per il diritto non solo porterebbe le autorizzazioni del singolo ad un inammissibile
contrasto con i diritti dell’autorità scrupolosamente differenziati, ma, attraverso la
liberazione di un eccesso di zelo da parte dei privati, contribuirebbe più al
disturbo che alla conservazione della pace generale”
19
.
L’ultima fase evolutiva della concezione pubblicistica della legittima difesa è
costituita dalla teoria sanzionatoria: l’individuo, ingiustamente aggredito, che si
difende, non si limita ad esercitare una potestà di polizia ma si avvale dietro
concessione, dell’intero potere punitivo statale: “in sostanza, in questa
16
PALAZZO, Corso di diritto penale. Parte generale, 2 ed., Torino, Giappichelli, 2006, p. 392
17
PENSO, La difesa legittima, Milano, 1939, p. 27
18
MARINUCCI, voce Cause di giustificazione, in Dig. Disc. Pen., II, Torino, 1988, p. 133
19
ROXIN, Antigiuridicità e cause di giustificazione – Problemi di teoria dell’illecito penale, a cura di S. Moccia, 1996,
Napoli, p. 252
15
prospettiva….la legittima difesa assume i connotati di una sanzione per l’ingiusta
aggressione”
20
.
3. Argomenti metagiuridici, che si avvicinano molto al pensiero positivista degli
anni Trenta, sono stati infine recentemente posti a fondamento della legittima
difesa da un Autore: “il diritto alla legittima difesa esprime una idea nobile
dell’uomo, come ente intrinsecamente capace di giustizia, portatore di un valore
attivo, inteso alla realizzazione della giustizia nella società” e ciò perché “il diritto
non nasce dallo Stato come regola oggettiva posta autoritativamente dal sovrano,
bensì come inclinazione virtuosa alla giustizia insita in ogni singolo uomo”
21
.
4. Il fondamento sostanziale della legittima difesa viene in conclusione ravvisato,
dalla quasi totalità della dottrina, nella prevalenza attribuita all’interesse di chi sia
ingiustamente aggredito rispetto all’interesse di chi si è posto fuori dalla legge
(vim vi repellere licet)
22
.
20
PALAZZO, Corso di, cit, p. 392
21
RONCO, “La vittima nel diritto penale e la legittima difesa”, in Cristianità, 2005, p. 330-331
22
Nel medesimo senso, nella giurisprudenza, Cass. Pen. 6 maggio 1975, in Rep. Foro it., 1976, p. 351
16
3. I presupposti della legittima difesa:
3.1. La nozione di pericolo
Presupposto fondamentale, che deve sussistere affinché si possa ricondurre una
reazione difensiva nell’ambito della legittima difesa, è il pericolo attuale
23
che un
diritto proprio o altrui possa essere offeso ingiustamente. In base all’art 52 c.p.
infatti si stabilisce la non punibilità di chi commette il fatto per esservi stato
costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui “contro il pericolo
attuale” di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza “pericolo” non è mera eventualità di
danno, ma possibilità di un danno qualificata da un’apprezzabile intensità
24
.
“Con l’espressione pericolo la dottrina moderna intende una situazione nella
quale, alla luce delle leggi di esperienza, vi sia la probabilità o la rilevante
possibilità del verificarsi di un evento lesivo”
25
.
Il pericolo “deve essere valutato sulla base di tutte le circostanze esistenti al
momento del fatto come sono state individuate ex post in sede giudiziale e
secondo un parametro scientifico empirico oggettivo”
26
.
“Offesa” e “pericolo” costituiscono diversi modi per esprimere lo stesso concetto:
la probabile lesione dell’interesse che può avvenire non necessariamente
attraverso una condotta violenta
27
.
23
Non c’ è pericolo attuale quando l’aggredito ha disarmato l’aggressore, Cass. 15 novembre 1972 in Giust. Pen., 1974,
II, 7, o questo sta allontanandosi, Cass. 28 settembre 1978, in Riv. Pen., 1979, 622.
24
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit., p. 212; PALAZZO, Corso di, cit., p. 396; FIANDACA,MUSCO, Diritto
Penale. Parte generale, 5 ed., Bologna, Zanichelli, 2007, p. 278; MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 250
25
VIGANO’ , Art 52 c.p., cit., p. 579
26
PALAZZO, Corso di, cit., p.396
27
MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 249
17
3.2. L’ attualità del pericolo
Pericolo attuale è il pericolo “in atto” in quanto già radicato e rilevabile nella
condotta dell’aggressore, non ancora terminato, con o senza la realizzazione
dell’offesa
28
.
Non rientra nel concetto di pericolo attuale il pericolo in corso, perché in questo
caso non vi sarebbe più nessuna necessità di prevenire l’offesa; né di un pericolo
futuro poiché in questa ipotesi sarebbe possibile ricorrere senz’altro all’intervento
dell’Autorità
29
.
Per pericolo attuale si deve intendere “una minaccia di lesione incombente al
momento del fatto tale cioè che la reazione nei confronti dell’aggressore
rappresenti l’unico mezzo per mettere al riparo il bene posto in pericolo”
30
.
Rientra nel requisito dell’attualità anche il pericolo perdurante che si riscontra nei
casi in cui “non essendosi del tutto esaurita l’offesa, non si è ancora completato il
trapasso dalla situazione di pericolo a quella di danno effettivo”
31
.
E’ discusso se il concetto in questione debba determinarsi esclusivamente con
riferimento al momento dell’insorgenza del pericolo o anche con riferimento
all’improcrastinabilità dell’azione difensiva. Ci si chiede, cioè, se si possa
definire pericolo attuale anche l’ipotesi in cui la minaccia di lesione del diritto non
sia imminente e perdurante
32
.
L’ipotesi problematica è ben illustrata dal caso del “padre-padrone”, che ogni sera
percuote violentemente moglie e figlia. Più volte denunciato alla polizia, se egli
28
MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 250; MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit., p. 213; PALAZZO, Corso di,
cit., p.396; VIGANO’, Art 52 c.p., cit., p.579
29
MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 250; MARINUCCI, DOLCINI, Diritto penale, cit., p. 213; FIANDACA,
MUSCO, Diritto penale, cit., p.278.
30
FIANDACA, MUSCO, Diritto penale, cit., p. 278.
31
Ibidem.
32
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit., p. 214.
18
fosse ucciso nel sonno da una delle vittime dei maltrattamenti, il pericolo di
ulteriori abusi non sarebbe imminente, né perdurante, ma potrebbe essere
fronteggiato solo in quel momento (ora o mai più)
33
.
In questo caso secondo la concezione tradizionale di pericolo attuale
34
, verrebbe
negata la sussistenza del requisito stesso. Tuttavia secondo un’interpretazione
estensiva “attualità del pericolo indicherebbe una situazione nella quale i fattori
in grado di condurre al risultato lesivo siano già in movimento. Il carattere
dinamico del pericolo attuale costituirebbe una nota distintiva nell’ambito del più
ampio genus ‘pericolo presente’, ma d’altra parte, il pericolo attuale non si
identificherebbe necessariamente con il pericolo imminente che dovrebbe invece
intendersi come il grado estremo di pericolo attuale ormai procinto di tramutarsi
in danno”
35
.
Tale ampliamento dell’area di operatività della scriminante è funzionale a tutte
quelle situazioni in cui la forza pubblica non appaia di fatto in grado di assicurare
un’efficace tutela al cittadino contro offese non ancora imminenti, ma la cui
realizzazione diverrebbe inevitabile in difetto di una immediata condotta di
neutralizzazione del pericolo da parte del cittadino stesso. In questa prospettiva
non ci si affiderebbe più al requisito dell’attualità del pericolo per selezionare i
pericoli rilevanti ex art 52 c.p. ma alla necessità dell’azione difensiva al fine di
sventare il pericolo
36
.
33
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit., p. 214; VIGANO’, Art 52 c.p., cit., p. 583-584.
34
Tale concezione circoscrive il concetto di attualità ai soli casi in cui la verificazione del danno sia imminente o già in
atto.
35
VIGANO’, Art 52 c.p., cit., p. 583.
36
Ibidem.
19
3.3. La fonte del pericolo
Il pericolo deve scaturire da una condotta umana. Può derivare anche da cose o
animali, qualora sia identificabile un soggetto responsabile il quale sia tenuto ad
esercitare su essi una vigilanza. In tal caso la causa di giustificazione opererà a
favore di chi reagisce direttamente contro l’animale, la cosa o la persona gravata
dall’obbligo della custodia
37
.
Il pericolo può altresì provenire da una condotta omissiva: sia attraverso il
compimento di reati omissivi impropri, cioè “l’omesso impedimento di un evento
lesivo ex art. 40 comma 2 c.p. : ad esempio il mancato attivarsi da parte di chi
aveva l’obbligo giuridico di controllare una fonte di pericolo per impedire il
prodursi di eventi lesivi”
38
sia attraverso la realizzazione di reati omissivi propri
(es. omissione di soccorso).
Ai fini del requisito in esame non ha nessuna incidenza il carattere colpevole o
punibile della condotta umana che ha creato il pericolo, quindi può reagire,
invocando la legittima difesa, il soggetto contro il quale siano realizzate condotte
aggressive senza dolo e senza colpa o poste in essere da soggetti non imputabili e
non punibili: è sufficiente che l’aggressore ponga in essere un comportamento
contrastante con l’ordinamento giuridico considerato nel suo complesso,
indipendentemente dal fatto che la specifica illiceità penale venga meno per
difetto del requisito di natura soggettiva
39
.
37
MANTOVANI, Diritto penale, cit., p. 249; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., p. 277; PALAZZO, Corso di,
cit., p. 399. In argomento GROSSO, Legittima difesa ( diritto penale ), in Enc. Dir. Vol. XXIV, Milano, Giuffrè, 1974,
p. 41. Nel senso della non configurabilità della legittima difesa nel caso di danno arrecato da animali introdottisi in un
fondo altrui v., tuttavia, Cass. 6 maggio 1975, in Rep. Foro it., 1976, p. 351.
38
MARINUCCI, DOLCINI, Manuale, cit., p. 212.
39
GROSSO, Legittima difesa (diritto penale), cit., p. 27.