2
Il concetto di sviluppo sostenibile, inteso come sviluppo rivolto al
soddisfacimento dei bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri, è risultato fondamentale
per comprendere l’importanza dello scottante dibattito relativo alla
privatizzazione delle risorse idriche, argomentato nel terzo capitolo e introdotto
dai primi due paragrafi relativi alla gestazione di questo processo avviato in Italia
negli anni ’90, in particolare con il servizio idrico integrato e gli ambiti territoriali
ottimali istituiti dalla legge n. 36 del 1994. La legge al di là dei diversi obiettivi
impone principi che puntano principalmente all’aziendalizzazione del ciclo idrico
integrato, obbligando alla separazione tra il soggetto proprietario, costituito dal
consorzio dei comuni, titolare della funzione pubblica, ed il soggetto gestore,
chiaramente inteso come soggetto imprenditoriale. Il capitolo termina con il
passaggio dall’azione dell’Esecutivo in rapporto ai servizi pubblici, come l’ENI,
per entrare nello specifico attraverso l’analisi delle varie forme e modelli di
privatizzazione, come quello inglese o toscano.
Il secondo capitolo studia le principali normative italiane inerenti la tutela del
suolo e le risorse idriche, fondamentalmente articolate in base a quattro
disposizioni legislative che riguardano nello specifico il regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775; la legge 10 maggio 1976, n. 319, cosiddetta legge Merli; la legge
18 maggio 1989, n. 183, legge sulla difesa del suolo; e la legge 5 gennaio 1994, n.
36, cosiddetta legge Galli. Questa parte del lavoro è interamente dedicata agli
aspetti fondamentali della legge Galli che definisce il concetto di equilibrio idrico,
inteso come adattamento fra disponibilità di risorse e fabbisogno dei differenti
utilizzi. Per la prima volta quindi vengono uniformati i principi di salvaguardia
ambientale e di efficienza economica all’interno di un medesimo testo normativo.
La rivoluzionaria novità introdotta dalla legge consiste nell’attribuzione del
servizio idrico ad un soggetto capace di provvedere a tutte le fasi componenti il
ciclo dell’acqua, vale a dire l’Autorità d’ambito, stabilendo altresì una netta
distinzione tra il soggetto che governa il servizio e il gestore.Viene approfondito
quest’ultimo tema della separazione tra titolarità e gestione del servizio idrico, che
pone fine all’identità tra gestori e titolari del servizio prevista dal nostro sistema,
causa di inevitabile confusione tra le funzioni di controllo e regolamentazione, e
3
la funzione di gestione. Il discorso prosegue concentrandosi sulle problematiche
di attuazione della legge, che è risultata tutt’altro che puntuale, per rivolgersi
verso il Gestore Unico. L’attuazione del processo di riassetto organizzativo del
Gestore è subordinata alla definizione e all’approvazione di un Piano, diretto
all’analisi dello stato attuale del servizio idrico, nonché alla definizione del
programma degli investimenti e all’individuazione della tariffa. In tale senso forte
rilievo assume l’individuazione del modello organizzativo non solo per la
quantificazione dei costi di progetto necessari alla definizione della tariffa, ma
anche per valutare la flessibilità della struttura organizzativa, in rapporto al
conseguimento degli obiettivi connessi al processo di riforma. Ne consegue che
l’appropriata definizione dell’assetto organizzativo del Gestore Unico del Servizio
Integrato sia un tema di centrale interesse. Questo capitolo si concentra, inoltre,
sulle direttrici lungo le quali si è sviluppata l’azione del legislatore europeo, come
la definizione degli obiettivi di qualità
2
, la protezione dell’ambiente idrico
dall’inquinamento
3
, la definizione di misure specifiche concernenti determinate
industrie
4
, la disciplina delle acque reflue urbane
5
e da ultimo, la definizione di un
quadro comunitario in cui inserire gli interventi degli Stati membri in materia di
tutela e gestione delle acque
6
. Il capitolo termina con l’esame del d. lgs. 152 del
1999, relativo alla tutela delle acque dall’inquinamento, e del d. lgs 2 febbraio
2001, n. 31, che “disciplina la qualità delle acque destinate al consumo umano, al
fine di proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla
contaminazione delle acque, garantendone la salubrità e la pulizia”, recependo
quanto disposto dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio del 3 novembre 1998.
Il lavoro si conclude con la valutazione degli orientamenti della politica di
programmazione nazionale per il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM)
2 Direttiva CEE 80/778 del Consiglio, intitolata “qualità delle acque destinate al consumo umano”, e la direttiva 98/83/CE
del Consiglio, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano.
3 Direttiva del Consiglio 76/464/CEE del 4 maggio 1976, “concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità”.
4 Direttiva 82/883 del Consiglio del 3 dicembre 1982 sulle modalità di vigilanza e di controllo degli ambienti interessati
dagli scarichi del biossido di titanio.
5 Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, che concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque
reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali, e mira a proteggere
l'ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di tali acque.
6 Direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
4
2000-2006 deducibili dalla lettura del rapporto di sintesi predisposto dal Comitato
nazionale per i fondi strutturali comunitari a partire dai rapporti interinali redatti
dai Ministeri e dalle Regioni, per poi tracciare le principali caratteristiche del
sistema idrico calabrese. La Regione Calabria ha effettuato il recepimento della
legge n. 36 del ’94 con la legge regionale n. 10 del 30 ottobre 1997, in base alla
quale il territorio regionale è stato suddiviso in cinque Ambiti Territoriali
Ottimali, ciascuno dei quali comprende i comuni delle cinque province calabresi:
Catanzaro, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Vibo Valenzia. Questa legge è
stata recepita anche attraverso la costituzione di una società mista a prevalente
capitale pubblico, denominata So.ri.cal, diretta alla gestione delle grandi
infrastrutture acquedottistiche. Alla società, costituita per garantire su tutto il
territorio regionale un equilibrio del bilancio idrico complessivo e la priorità negli
usi, è stata affidata la realizzazione e la gestione delle strutture idriche di
integrazione.
L’acqua non è una merce, ma un diritto di tutti. Per questa ragione non può essere
considerata un prodotto industriale, ma una fonte di vita alla quale tutti gli esseri
viventi devono poter accedere. È necessario quindi estendere la partecipazione al
governo di questa risorsa per diffondere quella responsabilità sociale ed
ambientale per la gestione della stessa.
5
CAPITOLO PRIMO
Definizione, classificazione e disponibilità di una
importante risorsa: l’acqua.
1.1 Una risorsa da gestire e da proteggere.
Il dizionario della lingua italiana definisce l’acqua come un “composto di
idrogeno e ossigeno presente in natura allo stato liquido, solido e allo stato di
vapore”
7
, ma in realtà per l’essere umano l’acqua rappresenta molto più di una
semplice definizione di natura scientifica.
L’acqua è un diritto sociale ed umano ed è responsabilità della collettività
salvaguardare le condizioni necessarie per assicurare questo diritto a tutti.
Nonostante la presa di coscienza globale nei riguardi della importanza di questa
risorsa, la realtà in cui viviamo continua a rimanere distante da questi presupposti
sia in ambito internazionale
8
, che nazionale
9
. Alla luce di tali considerazioni nasce
l’affermazione di un diritto dell’acqua, contrapposta alla negazione di un diritto
all’acqua.
Il dibattito relativo al diritto dell’acqua si è affermato durante il Forum di Kyoto
10
.
E’ importante stabilire se questo debba configurarsi come un diritto vero e
proprio, rivendicabile e perseguibile, oppure se tale espressione debba convenire
soltanto come una sottolineatura di principio senza alcun effetto pratico
11
.
7 Il grande dizionario della lingua italiana, Garzanti editore, 1987.
8 Secondo le stime di Green Cross International, organizzazione non governativa ambientalista riconosciuta idonea dal
Ministero degli Affari Esteri, circa 1.1 miliardi di persone, ossia il 18 per cento della popolazione mondiale, non ha accesso
all'acqua potabile, mentre più di 2.4 miliardi di persone non dispongono di impianti fognari adeguati. Nei paesi in via di
sviluppo, inoltre, più di 2.2 milioni di persone, in maggioranza bambini, muoiono ogni anno per delle malattie la cui
insorgenza è associabile alla mancanza di acqua potabile. Si Veda in proposito il sito www.greencrossitalia.it.
9 Sempre secondo l’organizzazione Green Cross, il 70% della popolazione del mezzogiorno italiano non trova possibilità di
accesso all’acqua potabile in maniera regolare.
10 Terzo forum mondiale dell'acqua, Kyoto,
16-23 marzo 2003.
Il forum ha deliberato una dichiarazione ministeriale
conclusiva sottoscritta da oltre 100 Paesi, in cui si ribadisce, insieme ad una serie di impegni e di priorità, che l'acqua "è
una forza guida per lo sviluppo sostenibile, compresa l'integrità ambientale e lo sradicamento della povertà e della fame".
11 Salvini G., L’acqua, bene sempre più raro e conteso, in “La Civiltà Cattolica”, n. 3670, 17 maggio 2003, pag. 351.
6
L’acqua intesa sia come bene che come risorsa, andrebbe gestita attentamente ed
in relazione alla vita degli esseri umani, con tutti gli aspetti del territorio e della
sua economia. Essa non appartiene ad ognuno di noi ma all’umanità intera
12
,
configurandosi in tal senso come “bene comune dell’umanità”
13
. Di conseguenza
la possibilità di accesso a questa risorsa costituisce un diritto condiviso con il
resto delle popolazioni del mondo e con le prossime generazioni. Dal momento
che la salute individuale e collettiva dipende da essa, l’agricoltura, l’industria e la
vita domestica ne sono fortemente vincolate ed il suo stesso carattere insostituibile
sottintende che l’insieme di una comunità umana dovrebbe avere il diritto di
accesso all’acqua, ed in particolare all’acqua potabile, nella quantità e qualità
necessarie indispensabili alla vita e alle attività economiche.
Mentre nel passato la condivisione dell’acqua è stata spesso una delle più
frequenti cause delle ineguaglianze sociali, la civilizzazione di oggi riconosce
l’accesso all’acqua come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e
collettivo. Il diritto all’acqua costituisce una parte dell’etica di base di una buona
società e di una buona economia.
Tale risorsa è un dono della natura. “Riceviamo l’acqua gratuitamente dalla natura
ed è nostro dovere nei confronti della natura stessa utilizzare questo dono secondo
le nostre esigenze di sostentamento, mantenerlo pulito e in quantità adeguata”
14
.
L’acqua si pone alla base dell’evoluzione biologica ed è la più preziosa risorsa
fornita dalla natura al genere umano ed è per questo che risulta fondamentale che
gli esseri umani abbiano rispetto dell’acqua cercando di preservare la purezza e
salvaguardare i serbatoi naturali.
In contrasto con l’ampia insensibilità di qualche decennio fa, non c’è più nessuno
oggi che non abbia preso coscienza dell’importanza dell’acqua e dei rischi che
corriamo a trascurarla.
Il concetto di sviluppo è molto più ampio di quello di crescita economica
15
. Esso
implica anche elementi di carattere qualitativo riguardanti standard di benessere
12
Forum ambientalista tenutosi a Telese Terme, Acqua risorsa da salvare, Giornata di dibattiti sui problemi delle risorse
idriche, “Il Mattino”, 11 aprile 2002, pag. 13.
13
Con questo slogan il movimento antagonista ambientalista per la tutela dei diritti, ha voluto a Telese Terme, attirare
l'attenzione sull'importante problema della distruzione delle sorgenti, della contaminazione dei pozzi e delle falde, dello
sperpero delle risorse idriche.
14
Vandana S., Le guerre dell’acqua, Feltrinelli Editore, Milano, 2003, pag. 1.
7
non misurabili da indicatori di finanza e di credito. In questo senso il concetto di
sviluppo implica anche la necessità di preservare le potenzialità dell’ambiente di
produrre ricchezza al fine di permettere alle future generazioni la libertà di scelta
fra uso e non uso del patrimonio naturale, tra diversi gradi di qualità ambientale e
benessere naturale.
Mentre il divario tra il Nord ed il Sud del pianeta sugli usi delle acque si divarica
e i problemi di gestione si traducono in una maggiore attenzione verso un uso
razionale, teso alla diminuzione degli sprechi e attento al controllo degli impatti
ambientali, in molti altri Paesi, per lo più a basso reddito, il problema di fondo
resta quello della scarsità idrica. E’ forte l’esigenza della realizzazione di un
diritto internazionale più efficace in relazione alla gestione delle risorse idriche e
ai diversi problemi di carattere sovranazionale legati a forme di inquinamento. Il
tentativo principale è quello di operare all’interno di una nuova base giuridica
basata sulla sostenibilità della vita nel globo ed in questo contesto è necessario
fissare il principio del riconoscimento del diritto e dovere dell’uomo all’acqua. E’
necessario, cioè, che il diritto all’acqua detenga un contenuto giuridico comune,
che l’utilizzo di questa risorsa sia regolato e regolamentato in maniera equa e
solidale
16
, e che l’accesso all’acqua sia un’aspettativa di ognuno di noi. Occorre,
dunque, riflettere su forme di cooperazione e regimi concordati di tutela e
gestione delle risorse idriche nell’interesse comune. In ogni caso, uno sviluppo
sostenibile necessita di una soddisfazione dei bisogni fondamentali di tutti in
termini di accesso alle risorse e dell’opportunità alle legittime aspirazioni ad un
miglioramento della qualità della vita. In questo senso le battaglie cruciali si
combattono nell’ambito dell’approvvigionamento di acqua potabile a lungo
termine, dell’assetto e tutela del territorio, della sanità pubblica e dell’equilibrio e
diversità degli ecosistemi.
15 Secondo il sito www.equonomia.it., crescita e sviluppo non sono sinonimi. La crescita nella sua accezione economica
rappresenta l'aumento di beni e servizi prodotti dal sistema economico in un dato periodo di tempo. Lo sviluppo costituisce
una vasta branca delle scienze sociali che nasce nel preciso contesto storico-politico del secondo dopoguerra. Secondo una
distinzione comune, la crescita viene riferita alla quantità di beni e servizi disponibili, mentre lo sviluppo comprende anche
elementi di qualità della vita di natura sociale, culturale e politica.
16 Masini S., responsabile Area Ambiente e Territorio Coldiretti, L’acqua un bene di tutti, un bene per tutti, sintesi della
relazione tenuta a Rovigo il 10 maggio 2003.
8
Per la risoluzione dei problemi globali è necessaria l’elaborazione di nuovi
modelli di comportamento giuridico e nuovi criteri etici. A questo proposito bene
interpreta la diversa considerazione dell’acqua, quale bene primario della vita, la
nostra Corte Costituzionale
17
.
Anche se il problema dell’acqua è fondamentalmente un problema etico, cioè di
valorizzazione di un bene legato al mantenimento della vita in tutte le sue forme e
della sua ripartizione equa, cooperativa, responsabile e sostenibile, viviamo dentro
la cultura del capitale e dell’economia di mercato capitalista. La tendenza di
questo modo di produzione è quella di mercificare tutto e da tutto estrarre lucro.
Secondo la logica del mercato, ha diritto all’acqua potabile solo il consumatore
pagante e non semplicemente l’essere umano-cittadino, soggetto di diritti
incondizionati. Sotto il profilo etico è inammissibile che imprese private lucrino
sul patrimonio naturale e culturale comune, fondamentale e insostituibile.
In realtà sta già nascendo il mercato globale dell’acqua, retto dalla logica
finanziaria, che coinvolge circa 800 miliardi di dollari
18
. Questa logica di mercato
rischia di escludere milioni di persone a causa della scarsità d’acqua e dalla sua
qualità inadeguata. Per questo l’acqua si configura come bene di dominio
pubblico dotata di valore economico ed in situazione di scarsità, l’uso prioritario
delle risorse idriche deve essere destinato al consumo umano
19
.
La discussione oggi si pone in questi termini: l’acqua è fonte di vita o fonte di
lucro? L’acqua è un bene naturale, vitale e insostituibile oppure un bene
economico da trattare come risorsa idrica e come merce? Le due dimensioni non
si escludono, ma devono necessariamente essere messe in corretta relazione.
Fondamentalmente l’acqua è diritto alla vita ed in questo senso l’acqua da bere,
usata nell’alimentazione e per l’igiene personale dovrebbe essere gratuita.
Tuttavia la stessa scarsità d’acqua richiede una complessa struttura di
reperimento, conservazione, trattamento e distribuzione che implicano
un’innegabile dimensione economica. Tale dimensione, però, non può prevalere
17
Tale interpretazione deriva dalla sentenza n. 259 del 1996 dove l’acqua viene riconosciuta come risorsa da
salvaguardare da sprechi e da forme di inquinamento in un quadro caratterizzato dalla natura di diritto fondamentale a
preservare l’integrità del patrimonio ambientale.
18 Dati tratti dal sito www.ecplanet.com.
19 Legge n. 9433 dell’ 8 gennaio 1997, “Politica Nazionale delle Risorse Idriche”, art.1.
9
su quella etica. Al contrario, è necessario garantire l’accessibilità universale alla
risorsa, malgrado ciò implicherebbe elevati costi economici.
La scarsità di acqua dolce ed il suo scriteriato utilizzo pregiudicano seriamente la
possibilità di uno sviluppo ecologicamente razionale e durevole. Salute e
benessere dell’uomo, sicurezza alimentare e industrializzazione si trovano
fortemente a rischio, nella stessa misura degli ecosistemi da cui esse dipendono,
salvo che si adotti, nel presente decennio e oltre, una gestione più efficace
dell’acqua e del territorio
20
.
Scienziati e amministratori della cosa pubblica, agricoltori e industriali, utenti e
distributori di acqua, sono giunti a configurare, a comprendere il principio
secondo il quale l’acqua è un bene unico, la cui gestione deve essere impostata in
modo unitario, tenendo costantemente presenti gli aspetti delle disponibilità e
degli utilizzi insieme a quelli degli scarichi e degli inquinamenti, della
regolamentazione del regime dei corsi d’acqua e della difesa delle acque.
L’importanza dell’utilizzo delle risorse idriche ha assunto un ruolo di maggior
rilievo nel momento in cui il processo di sviluppo industriale e le necessità del
settore agricolo hanno generato una visione della natura come strumento di
produzione dell’acqua, provocando un incremento del valore della stessa. Soltanto
in epoche più recenti acquistano, invece, maggiore rilevanza le problematiche
inerenti alla tutela, non solo in termini quantitativi ma anche qualitativi del bene
acqua.
Sostanzialmente, il diritto sulle acque varia in relazione al soddisfacimento dei
bisogni fondamentali della società producendo un’abolizione del titolo di
proprietà individuale. In questo senso, l’aspetto basilare di una dottrina moderna e
razionale delle acque non è quello di una amministrazione indirizzata alla
titolarità del bene, ma quello di una disciplina incentrata sulle attività di consumo
e di produzione che l’utilizzo di tali risorse consente di attuare. Sotto questa
prospettiva, l’art. 2 Cost. rappresenta la fonte costituzionale primaria del diritto
ambientale. Si tratta, cioè, di un diritto non attribuito dalle leggi dello Stato, ma
20 Dichiarazione di Dublino,
L’acqua nella prospettiva di uno sviluppo durevole (paragrafo introduttivo ai principi della
Dichiarazione), Irlanda, 26-31 gennaio 1992, pp. 1-3. Disponibile anche sul sito www.greencrossitalia.it.
10
che la Repubblica, attraverso le previsioni di legge, riconosce ed ha il dovere di
garantire
21
.
Un grande tema che si eleva all’interno del dibattito politico con relazioni alle
possibili opzioni individuali e collettive nel campo dell’acqua, è rappresentato
dalla questione della proprietà dell’acqua. Non risulta difficile intervenire in
questo dibattito affermando che spetta all’umanità garantire una gestione
collettiva attraverso una conservazione ed utilizzazione nel rispetto del diritto alla
vita per tutti, sia esseri umani che per le altre specie viventi. Anche se può
sembrare un paradosso, questa affermazione non è tutelata in alcun modo. Nessun
trattato internazionale, infatti, né alcuna costituzione nazionale riconosce l’acqua
come un bene appartenente all’umanità, nonostante esista una forte coesione nel
riconoscere questa risorsa come bene fondamentale per la vita. Dunque,
l’opinione preminente opera una netta distinzione tra acqua-risorsa e acqua-bene.
Nel momento in cui agisce un intervento umano diretto alla trasformazione della
risorsa in servizio, l’acqua deve essere considerata come bene economico e
commerciale dotato di un valore determinato in funzione del giusto prezzo di
mercato e quindi vengono innescati processi di appropriazione e di uso privato.
La considerazione dell’acqua come bene economico favorisce coloro che
privilegiano la dimensione economica a discapito di tutti gli altri valori, cosicché
questa opzione si colloca nella tesi della superiorità del mercato sopra qualsiasi
altro meccanismo di regolamentazione politica e forma di solidarietà e
cooperazione
22
. Tuttavia la morale umana dovrebbe scartare questa opzione in
quanto l’acqua costituisce una risorsa unica per sua natura, a cui gli esseri umani
devono ricorrere per soddisfare le proprie necessità vitali, collettive ed individuali,
nonché risorsa insostituibile per vivere. E’ proprio questo uno dei principi propri
del corretto funzionamento di molti meccanismi del mercato e cioè quello della
sostituibilità ed intercambiabilità dei beni. Da qui deriva la funzione dei relativi
prezzi che rispecchiano il valore di utilità comparato tra beni e servizi
sostituibili
23
. E’ importante, quindi, all’interno del mercato la possibilità di
21 Sintesi della relazione tenuta a Rovigo il 10 maggio 2003.
22 Petrella R., Presidente Comitato Internazionale del contratto sull’acqua, Beni Comuni Mondiali: Giustizia e Solidarietà,
stralci di una relazione tenuta a Roma, in “Casa Generalizia dei Fratelli delle Scuole Cristiane”, pag. 3.
23 Ibidem, pag. 4.
11
scegliere tra beni di natura differente o simile, ma diversi a livello di prezzo e di
qualità. L’accesso all’acqua, però, non è un’opzione. Tutti hanno bisogno di acqua
ed in quanto insostituibile essa diventa bene fondamentale inadattabile ad alcun
principio particolare e parziale di regolamentazione, legittimità e valorizzazione
mercantile. In questo modo l’acqua si pone come bene comune di base per tutta la
comunità umana.
Essa è “un bene sociale, economico e ambientale e la sua gestione esige
fondamenti sociali ed etici difficili da conciliare con altre esigenze”
24
legate a
diversi principi come il principio di solidarietà, che deve governare una gestione
diretta all’esclusione di conflitti, il principio di equità tra individui e nazioni, il
principio di rispetto della dignità e centralità della persona umana, il principio di
partecipazione alla gestione dell’acqua ed il principio di rispetto e conservazione
ambientale. Proprio quest’ ultimo è riferito apertamente alla necessità dell’accesso
all’acqua sicura oltre che per la prevenzione di malattie, anche per l’agevolazione
dello sviluppo della persona nella sua interezza e nella sua capacità relazionale.
Lo stesso sviluppo richiede una corretta gestione delle risorse idriche. In seguito
alla predisposizione da parte delle Nazioni Unite di strumenti necessari per la
difesa dei diritti umani riconosciuti a livello universale
25
, il riconoscimento di un
diritto all’acqua diventerà cruciale, poiché l’acqua sicura risulta essere una
condizione necessaria per la realizzazione di molti altri diritti. Diventa
fondamentale in questo senso stabilire i modi per attuare tale diritto in ambito
internazionale, nazionale e locale tenendo presente che soltanto attraverso un
approccio di carattere globale l’essere umano potrà affrontare le sfide legate alla
gestione delle risorse idriche.
24 Martino R, Pontifical Council for Justice and Peace, Water, an essential element for life, a contribution of the
Delegation of the Holy See on the occasion of the Third World Water Forum, Vatican City, 2003, pp. 2-3.
25 La seconda Conferenza Mondiale (la prima si tenne a Teheran il 13 maggio 1968) sui diritti dell’uomo tenuta a Vienna
nel 1993 elaborò tra il 14 e il 25 giugno la Dichiarazione sull’educazione ai diritti umani. Nel documento si legge: “la
Conferenza Mondiale sui Diritti dell’Uomo riafferma l’impegno solenne di tutti gli Stati a realizzare i propri obblighi, a
promuovere il rispetto universale, l’osservanza e protezione di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti in
accordo con la Carta delle Nazioni Unite, ed altri strumenti concernenti i diritti umani e il diritto internazionale”.
I diritti
dell’uomo sono definiti come “il faro di tutti gli esseri umani; la loro protezione e promozione è la prima responsabilità dei
Governi”. Essi sono universali, indivisibili, interdipendenti e correlati. La Dichiarazione considera, inoltre, interdipendenti
la democrazia, lo sviluppo e il rispetto dei diritti dell’uomo.
12
In Italia, la legge Galli, imponendo la scelta di un gestore unico responsabile
dell’intero ciclo integrato dell’acqua, dalla fonte fino alle fognature, determina le
priorità di utilizzo in caso di scarsità d’acqua e apre di fatto la strada alla
privatizzazione dei servizi idrici. Ma perché accettare la privatizzazione se in tal
modo interverrebbe la sottomissione della vita a logiche di profitto? Purtroppo sta
emergendo il paradosso secondo il quale soltanto l’impresa privata, al contrario
della res pubblica, appaia in grado di garantire un’equa distribuzione della risorsa.
La privatizzazione, favorita ad esempio dalla Banca Mondiale, razionalizza la
gestione delle risorse attraverso la riduzione degli sprechi e accomodando le
consuete rovinose inefficienze della gestione pubblica. Tuttavia il privato non
predilige investimenti di lungo periodo, ma mira al profitto immediato o
monetizzabile in breve, trascurando le necessità della popolazione
finanziariamente non affidabile. In diversi Paesi, tra i quali gli Stati Uniti, la
maggioranza degli acquedotti sono in mano pubblica. Tale pubblicità deriva dalla
gestione di un bene di carattere comune ed indispensabile, ma che non sempre
offre elevati profitti. “Non è facile, infatti comporre tra loro le due esigenze,
quella dell’efficienza, che vede nell’acqua un bene economico da amministrare
oculatamente ed efficientemente, e quello del bene comune, che può richiedere
investimenti e servizi anche senza un ritorno economico, almeno diretto”
26
.
L’economia a livello globale aspira sempre più “all’evoluzione della definizione
di acqua da bene pubblico a proprietà privata, una merce da estrarre e
commerciare liberamente, infatti l’orientamento economico punta alla
destituzione di tutti i vincoli e le normative sull’uso dell’acqua e l’istituzione di
un mercato di questo bene”
27
. La sua natura di bene indispensabile alla vita
rappresenta la ragione per cui, secondo le leggi consuetudinarie, il diritto ad
accedervi è stato accettato come un fatto naturale e sociale. Il motivo per cui il
diritto all’acqua è stato sempre presente anche nelle legislazioni antiche, come ad
esempio le Institutiones di Giustiniano che indicano l’acqua e altre fonti naturali
come beni pubblici e, il fatto che tali norme continuino a sussistere come leggi
26 Salvini G., Op. cit., pag. 3.
27 Vandana S., Acqua, risorsa non negoziabile dal mercato, 15 marzo 2004, tratto dal sito www.nuovimondimedia.it.
13
consuetudinarie nell’epoca moderna, contraddicono l’idea che quelli sull’acqua
siano diritti puramente giuridici, ossia garantiti dallo stato o dalla legge
28
.
L’accesso all’acqua non è un problema opzionale. Assicurare ad ogni persona e
collettività umana l’accesso all’acqua per soddisfare le proprie necessità vitali,
rappresenta un dovere fondamentale per la società, nonostante i prezzi da
assumere e pagare per assicurare tale accesso. Questi costi non sono né esclusivi
né sostituibili come succede, invece, secondo una logica di ottimizzazione della
utilità individuale e privata. E’ necessaria una cultura nuova, basata su una forte
“consapevolezza e responsabilizzazione nell’uso dell’acqua, che riconosca la
limitatezza di questa importante risorsa e quindi l’improrogabile necessità di una
corretta gestione e tutela del territorio affinché ne venga garantita la disponibilità
vitale a tutti”
29
. Una gestione integrata e sostenibile dell’acqua “trae la sua
efficacia dall’assunzione globale, integrata e cumulativa della globalità dei
costi”
30
. Ciò significa concretamente che ogni società deve assicurare
collettivamente l’insieme dei costi necessari e indispensabili per il possesso, il
consumo, la conservazione, la distribuzione, l’utilizzazione e il riciclaggio delle
acque con il fine di distribuire e garantire l’accesso minimo all’acqua per tutti.
Anche quello idrico è un problema globale ma non esiste ancora una legislazione
globale sull’acqua. I paesi stanno ancora elaborando le loro politiche di gestione
delle acque e quella italiana è considerata una delle migliori al mondo. L’ONU ha
affermato in maniera dura la possibilità di guerre per garantire l’accesso all’acqua
potabile, nel caso non si stabiliscano legislazioni adeguate, sulla base della
cooperazione e della sostenibilità. A ciò deve aggiungersi la forte pressione della
tendenza dominante nel mondo, definita dai signori delle finanze e del mercato,
affinché l’acqua sia privatizzata e vista fondamentalmente come un bene
economico. Sono diverse le soluzioni valutate per gestire nel migliore dei modi la
crescita del consumo dell’acqua, ma è evidente la mancanza di regole mondiali di
controllo sulla gestione dell’acqua e la sua tutela come bene comune e
28
L’europarlamento ha sancito il concetto di acqua come bene dell’umanità non privatizzabile: “Più di qualsiasi altra
risorsa, l'acqua deve rimanere un bene pubblico e necessita di una gestione comune”.
29 Ludovici A. e Ambrogi L., Obiettivo Acqua, dossier sullo stato delle acque in Italia, 2003, pag. 9. Disponibile sul sito
www.wwf.it.
30 Zichichi A., Acqua agli sgoccioli, articolo tratto da “Famiglia Cristiana”, n. 19/2003, pag.25.
14
patrimoniale, mentre domina un approccio all'acqua come bene da lasciare alla
libera regolamentazione del mercato
31
.
La scelta di un’economia di mercato anche per l’acqua ha prodotto due effetti
principali rappresentati dall’inizio del processo di privatizzazione del servizio di
erogazione dell’acqua potabile e dalla vendita delle acque in bottiglia.
La predazione finanziaria del settore di erogazione della risorsa è documentata
dalla crescita esponenziale del numero di persone a cui l’acqua potabile è fornita
da imprese private. Nel 1980 erano 300.000 gli utenti del servizio privato, oggi
sono già 400.000.000 e si prevede che per il 2015 saranno 1.700.000.000. I servizi
sono gestiti da S.p.a., le quali ovviamente ragionano in termini di remuneratività
di capitali. Spesso la privatizzazione ha portato ad un aumento dei prezzi a fronte
di un peggioramento infrastrutturale e della qualità dei servizi. In ogni caso,
secondo questa logica chi non è in grado di pagare non ha accesso alla risorsa.
Nel nostro Paese la corsa per la conquista dell’acqua è cominciata in seguito a
quanto previsto dalla legge Galli e all’articolo 35 della Finanziaria del 2001, che
prevedeva nello specifico la trasformazione delle municipalizzate in S.p.a. Proprio
l’art. 35 viola il principio di autonomia degli enti locali, infatti Regioni e Comuni
si sono mobilitati chiedendone lo stralcio. Anche la Commissione Europea è
intervenuta con una procedura di infrazione. In seguito a tutto ciò il governo non
ha mai potuto dar vita al decreto attuativo dell’art. 35, quindi non esiste alcun
obbligo effettivo alla privatizzazione nel nostro Paese
32
.
Sul piano giuridico va rilevato il ruolo di maggior rilievo e crescente, che le
autonomie locali rivestono all’interno dei piani di sviluppo e tutela dei beni
ambientali ed in particolar modo delle risorse idriche. Il regime giuridico delle
acque dimostra una forte complessità. Tale rilievo viene provocato dal notevole
numero di testi di leggi che, in un lungo arco di tempo, si sono succeduti, al fine
di disciplinare in maniera più completa e dettagliata quest’ambito; ciò in quanto
l’approccio che il legislatore ha compiuto nel tempo in tale materia è stato quasi
sempre marcatamente settoriale. Il quadro offerto risulta essere, quindi,
estremamente variegato di norme e regole disciplinari ove si intersecano
31 Callegaro A. e Cristaldi L., Acqua: risorsa limitata, Scheda tematica “Fame e Alimentazione”, Villaggio Volint, sezione
B, dicembre 2000, pag. 16.
32 Considerazioni e dati tratti dal sito www.pacesviluppo.it.
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normative codicistiche e speciali, leggi statali e regionali di salvaguardia
dell’ambiente e articoli abrogati espressamente o anche tacitamente. Questo
quadro ha condotto a numerose situazioni problematiche e di dubbia
configurazione, aggravate inoltre da uno scarso coordinamento tra le diverse
disposizioni, da un complesso intreccio di competenze tra enti ed organi preposti
alla gestione ed alla programmazione degli interventi, dalla necessità, in occasione
del varo di ogni nuova normativa, di salvaguardare la forza e l’efficacia della
legislazione preesistente, ed infine dall’inadeguata considerazione degli aspetti
programmatici dei vari usi di acque
33
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33 Guarnieri F. e Rosci
A., In materia di risorse idriche. Considerazioni sulla legge 5 gennaio 1994, n. 36, con particolare
riguardo alle forme di gestione dei servizi idrici, in “Nuova rassegna di legislazione”, 1995, pag. 1150.