comune denominatore di tali “movimenti”, risiede nel fatto che
queste espressioni di fede si pongono in rapporto di alternatività ed
estraneità rispetto alle religioni istituzionali ed in particolare alla
tradizione ebraico-cristiana. Gli ordinamenti europei si sono trovati
quindi di fronte ad uno sviluppo di questa fenomenologia religiosa
che ha messo in moto il sistema dei rapporti tra istituzioni statali e
confessioni religiose proponendo problemi giuridici del tutto nuovi
in Stati che si ispirano a principi di laicità, libertà di religione e
uguaglianza, di fronte ai quali ci sono reazioni di duplice ordine. Si
è proposto, da una parte, di elaborare una strategia repressiva,
fondata sulla elaborazione di una legislazione speciale capace di
tipizzare specifiche patologie confessionali. Allo stesso tempo è
stata rimessa in discussione la validità dei criteri attraverso cui è
stato elaborato sino ad oggi il concetto di confessione religiosa, e di
religione, e si è cercato di individuare un confine che facesse da
spartiacque tra ciò che merita tutela della libertà religiosa e ciò che
ne è fuori.
3
Qualunque sia la posizione che si ritenga di dover
assumere in ordine alla complessa vicenda che attualmente interessa
Osserva infatti James A. Beckford: «ciò che rende la situazione nuova è il più o meno sviluppo
eccezionalmente grande di movimenti religiosi». J.A.Beckford, Nuove forme del sacro,
Bologna, 1990, 28.
3
C.CARDIA, Principi di diritto ecclesiastico. Tradizione europea legislazione italiana,
Torino, 2002, 176.
4
il fenomeno religioso, non si può giungere a negare ogni rilevanza
alla religione sul piano sociale, dal momento che la religiosità
continua ancor oggi ad intervenire in vario modo nei diversi ambiti
della vita sociale.
5
1.1 Il Trattato di Maastricht
Per circa un venticinquennio fondata unicamente sull’autorità della
Corte di Giustizia e, dagli anni ottanta, su atti di incerto valore, la
tutela nell’ordinamento comunitario dei diritti fondamentali, e in
essi del diritto di libertà religiosa, trova finalmente una base
normativa negli anni novanta. In materia di religione e di gruppi
religiosi però è necessario distinguere due ambiti che pur essendo
inevitabilmente correlati, assumono in relazione all’Unione europea
caratteri distinti. Il primo di essi su cui l’influsso della legislazione e
giurisprudenza europea può essere più rilevante è quello della libertà
ed uguaglianza religiosa a livello individuale. In questo campo le
possibilità di intervento dell’Unione europea poggiano su un
fondamento normativo abbastanza saldo e cioè sull’art. 6.2 del
Trattato sull’Unione europea (TUE) secondo cui quest’ultima:
«rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, e
quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati
membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».
Entrambi i riferimenti contenuti in questa norma consentono di
6
includere la tutela della libertà ed uguaglianza religiosa individuale
nel campo di competenza dell’Unione europea: da una parte si
realizza una sorta di incorporazione nel Trattato dei contenuti
materiali della Convenzione europea
1
(CEDU) e quindi anche delle
disposizioni che essa dedica a questi problemi
2
; dall’altro si fa
riferimento a Costituzioni che contengono tutte una o più norme in
materia di libertà ed uguaglianza religiosa.
3
Le prospettive sono
diverse quando si affronta la disciplina giuridica dei gruppi religiosi.
Manca in questo campo un fondamento normativo solido per
affermare la competenza dell’Unione europea. Il meccanismo di
1
Cfr. J.C. MOITINHO DE ALMEIDA, La religion et le droit communautaire, in European
Consortium for Church-State Research, Religion in European Union Law, Bruylant-Giuffrè-
Nomos, Bruxelles-Milano-Baden Baden, 1998, 10.
2
Art. 9 –Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero,di coscienza e di religione; tale diritto include la
libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il
proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto,
l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di
restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in
una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o
della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui.
Art. 14 –Divieto di discriminazione
Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere
assicurata senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il
colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o
sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra
condizione.
3
S. FERRARI, Integrazione europea e prospettive di evoluzione della disciplina giuridica del
fenomeno religioso, in TOZZI V. (a cura di), Integrazione europea e società multi-
etnica,Torino, 2000,132.
7
ripartizione delle competenze tra Stati e Unione messo a punto
dall’art. 3.1 (TUE) prevede che quest’ultima abbia competenze nelle
materie che le sono esplicitamente attribuite: ed anche dopo il
Trattato di Maastricht, che ha segnato l’estensione dei poteri
dell’Unione a nuovi ambiti, tutto ciò che riguarda la disciplina
giuridica dei gruppi religiosi è rimasto estraneo alle competenze
dell’Unione, né è possibile battere la strada dell’art. 6.2 del TUE per
affermare la legittimità di un simile allargamento di competenze:
non esiste in realtà una tradizione comune degli Stati membri
dell’Unione in materia di disciplina dei gruppi religiosi.
4
Il principio
di sussidiarietà, quello di proporzionalità nonché il rispetto delle
identità nazionali
5
rappresentano il limite ultimo ed invalicabile
della legittimità delle norme comunitarie. Una tale conclusione è
confermata nella dichiarazione n. 11 annessa al Trattato di
Amsterdam che recita: «L’Unione europea rispetta, e non
pregiudica, lo status previsto nelle legislazioni nazionali per le
chiese e le associazioni o comunità religiose degli Stati membri.
4
S. FERRARI, Integrazione europea, cit. , 134 – 135.
5
A.PAULY, Modestes rèflexions à propos d’une recherché empirique, in European
Consortium for Church-State Reserch, Religions, in European Union Law, Bruxelles-Milano-
Baden Baden, 1998, 150 – 151.
8
L’Unione europea rispetta ugualmente lo status delle organizzazioni
filosofiche e confessionali
6
».
1.2 Il Trattato di Amsterdam
Il Trattato di Amsterdam, datato 1997, ha ulteriormente rafforzato la
proclamazione di cui all’art. 6.2 del TUE aggiungendo l’art. 6.1 nel
quale si afferma che: «L’Unione si fonda sui principi di libertà,
democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli
Stati membri». Un ulteriore passo avanti registratosi ad Amsterdam
sulla via di una tutela più ampia della libertà di religione è
rappresentato dall’inclusione nel Trattato Istitutivo della Comunità
Europea (TCE) di uno strumento per favorire la lotta contro le
discriminazioni fondate sulla «religione o le convinzioni personali».
Il meccanismo prospettato dall’art. 13 va oltre una tutela
giurisdizionale prevedendo una azione positiva, da definire, (la
norma parla infatti di «provvedimenti opportuni»). È stato precisato
6
Questa dichiarazione manifesta la volontà delle grandi Chiese europee di raggiungere
l’obiettivo di impedire la modificazione dei sistemi di relazioni tra Stato e Confessioni religiose
vigenti nei paesi membri e porre un limite all’influsso che, il diritto europeo comincia ad
esercitare sullo status di cui le organizzazioni religiose godono negli ordinamenti nazionali.
9
quindi come l’art. 13 «si limita ad autorizzare senza imporre una
normativa
7
».
1.3 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea
Altro significativo avanzamento è quello compiuto grazie alla
“Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. Nel preambolo
si trova un rafforzamento della «tutela dei diritti fondamentali alla
luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale e degli
sviluppi scientifici e tecnologici». Per quanto riguarda più
specificamente la libertà religiosa, la Carta segna alcuni punti di
grande rilevanza: anzitutto non è stata accolta la proposta avanzata
da alcuni europarlamentari di inserire nel preambolo della carta il
riferimento al patrimonio religioso dell’Unione europea. Ha trovato
invece posto il più generale richiamo al «patrimonio spirituale e
morale
8
». Nell’ambito dei diritti di libertà l’art. 10.1 sancisce il
diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione replicando
alla lettera l’art. 9 della CEDU. L’ art. 10.2 collega alla libertà di
7
F. MARGIOTTA BROGLIO, La tutela della libertà religiosa nell’unione europea,in Iglesias,
confessiones y comunidades religiosas en la Union Europea, 69.
8
Il progetto del 14 settembre 2000 prevedeva il riferimento all’ispirazione dell’Unione europea
«alla sua eredità culturale, umanistica, religiosa».
10
pensiero, di coscienza e di religione il diritto all’obiezione di
coscienza, rinviando i termini del riconoscimento e la stessa
disciplina alle leggi nazionali. L’art. 14.3 riconosce la libertà di
creare istituti di insegnamento «nel rispetto dei principi
democratici» il che non è sempre stato pacifico; la norma prevede
altresì il rispetto «secondo le leggi nazionali che ne disciplinano
l’esercizio, del diritto dei genitori di provvedere all’educazione e
all’istruzione dei figli secondo le loro convinzioni religiose,
filosofiche, pedagogiche». In tema di uguaglianza l’art. 21 vieta
qualsiasi forma di discriminazione fondata, tra l’altro, sulla
«religione e le convinzioni personali». E’ qui riproposta la
medesima espressione utilizzata nel menzionato art. 13 TCE.
L’assenza di particolari novità nella formulazione dei diritti
connessi alla libertà religiosa non deve trarre in inganno circa
l’importanza generale della Carta: l’Unione riconosce del diritto alla
libertà religiosa la definizione ormai comune in Europa che è quella
della Convenzione, ma la riconosce nel proprio contesto
ordinamentale del tutto peculiare e caratterizzato da forte
dinamismo.
11
1.4 Risoluzione del 1984 e del 1992 del Parlamento
europeo
Per avere un quadro più completo di come le Istituzioni europee
sono intervenute in materia di libertà religiosa bisogna fare adesso
riferimento a due importanti Risoluzioni del Parlamento europeo.
La Risoluzione del 1984 è espressione della tendenza di una parte
della società a reclamare uno specifico intervento dello Stato come
risposta ai comportamenti di alcune sette distruttive, promuovendo
l’adozione di una legislazione speciale. Il proposito del documento
non consta nella discriminazione o nel controllo abusivo su
determinati gruppi religiosi, bensì risiede nella formulazione di una
risposta alla crescente preoccupazione provocata da alcuni
movimenti settari.
9
L’atto ha come fine quello di invitare gli Stati
membri ad una uniformità di trattamento delle problematiche
connesse ai nuovi movimenti religiosi. Il Parlamento infine si
dichiara non legittimato a giudicare le convinzioni religiose ma solo
tenuto a valutare la legalità e la liceità dei metodi impiegati da tali
associazioni. Sono questi i criteri ritenuti valevoli al fine della
9
R.SARRA, Nuovi movimenti religiosi tra legislazione comune e legislazione speciale:
Prospettive europee e legge francese sui «mouvements sectaires», in Archivio giuridico –
volume CCXXIII – fascicolo II -2003, 202.
12