4
civile e commerciale, quale naturale complemento alla disciplina di conflitto
contenuta nelle direttive CE.
Si concluderà il lavoro con una breve analisi degli obbiettivi che le istituzioni
comunitarie hanno voluto perseguire attraverso le direttive in materia
assicurativa, e delle prospettive e degli sviluppi che si stanno per affacciare in
questo campo (Capitolo IV).
5
CAPITOLO I - LA LEGGE APPLICABILE AL CONTRATTO DI
ASSICURAZIONE NEL SISTEMA DI D. I. PR. ITALIANO
1.1 La legge applicabile ai rapporti assicurativi secondo l’art. 25, primo
comma, disp. prel. cod. civ.
Nell’ordinamento italiano, prima dell’introduzione della legge di riforma del
diritto internazionale privato del 1995, la legge regolatrice delle obbligazioni
contrattuali e quindi anche dei contratti assicurativi, in caso di conflitto di
leggi, veniva determinata secondo i criteri indicati dall’art. 25, primo comma,
delle disposizioni sulla legge in generale, preliminari al codice civile. Questo
articolo regolava il contenuto, la validità e l’efficacia del contratto e dei suoi
elementi accidentali. Non ricadevano, invece, nel suo ambito di applicazione
la capacità di contrarre, che rientrava nella fattispecie di cui all’art. 17 delle
preleggi, e la disciplina della forma, che era ricompresa nella norma sulla
forma degli atti, art. 26 delle preleggi.
L’art. 25, primo comma, delle preleggi stabiliva che: «Le obbligazioni che
nascono da contratto sono regolate dalla legge nazionale delle parti contraenti,
se è comune [lex patriae communis]; altrimenti da quella del luogo nel quale il
contratto è stato concluso [lex loci contractus]. E’ salva in ogni caso la diversa
volontà delle parti».
Questo articolo prevedeva, dunque, tre criteri di collegamento: accanto ad un
criterio principale, ve ne erano due sussidiari.
La fattispecie di concorso così delineata dall’art. 25, primo comma disp. prel.
cod. civ., era quindi quella del concorso successivo.
Il criterio di collegamento principale in materia di contratti era, in particolare,
quello della volontà delle parti; se, infatti, le parti avevano manifestato
espressamente o tacitamente, ma non «ipoteticamente» o «presuntivamente»,
la scelta della legge applicabile, tale legge trovava applicazione.
1
1
FRIGESSI DI RATTALMA, Il contratto internazionale di assicurazione, Padova, 1990, p. 132.
6
Ciò significava che, in mancanza di una chiara volontà contrattuale delle parti
circa l’indicazione della legge applicabile, la regola era quella
dell’applicazione della legge comune dei contraenti, se esistente, o altrimenti
quella del luogo in cui il contratto era stato concluso.
Con riferimento specifico al contratto di assicurazione, una tesi sostenuta dalla
dottrina risalente ad inizio secolo voleva configurare per lo stesso una norma
di conflitto «integrativa» ad hoc, prescindendo così dal diritto positivo. Questa
tesi riteneva che il contratto di assicurazione dovesse essere regolato dalla
legge nazionale della società di assicurazione.
Così Donati
2
e Cavaglieri
3
indicavano, tra tutti i criteri elencati dall’art. 25,
primo comma disp. prel. cod. civ., come principale il criterio della sede della
società assicuratrice in quanto «veramente essenziale» per ragioni tecniche e
pratiche.
La volontà delle parti si traduceva in effetti, quasi sempre, nella volontà
dell’ente assicuratore, il quale, poiché predisponeva il contratto
d’assicurazione mediante formulari da esso stesso preparati, sceglieva in
pratica la propria legge nazionale.
La cittadinanza comune dei contraenti veniva, generalmente, presa in
considerazione quando uno straniero concludeva all’estero un contratto con un
imprenditore del suo stesso Stato.
La legge del luogo di conclusione, infine, coincideva il più delle volte con la
sede dell’impresa assicurativa.
Anche Durante affermava che, mancando, in tema di assicurazioni, apposite
norme di diritto internazionale privato, dovevano valere quelle vigenti per i
contratti in genere e, al pari del Donati, egli osservava che la legge
dell’assicuratore finiva, solitamente, per reggere il contratto.
Questo Autore, poiché aveva osservato che, nella quasi totalità dei casi, erano
gli assicurati che si recavano presso la sede della compagnia assicuratrice, e
che il contratto veniva concluso proprio in quella sede mediante la
sottoscrizione di formulari predeterminati, finiva per concludere che tale
2
DONATI, Trattato di diritto delle assicurazioni private, Milano, 1952, p. 143.
3
CAVAGLIERI, Diritto internazionale commerciale, Padova, 1936, p. 479.
7
contratto era inevitabilmente disciplinato proprio dalla legge dello Stato dove
aveva sede la compagnia assicuratrice stessa.
L’Autore osserva, inoltre, che tale legge rispondeva a criteri di praticità, di
uniformità e di certezza, tutti criteri che si risolvevano alla fine in un
vantaggio per gli assicurati, parti deboli del rapporto contrattuale in questione.
Vi era anche da considerare il fatto che il lavoro della società assicuratrice
sarebbe diventato oltremodo difficile qualora, a ciascuno dei contratti da essa
stipulati, venisse applicata una legge diversa in funzione della nazionalità delle
parti
4
La norma di conflitto fondata sul criterio del luogo in cui la società aveva la
sua sede appariva quindi intrinsecamente soddisfacente.
In tal modo, nella maggioranza dei casi, era garantita alla compagnia
assicuratrice la possibilità di assoggettare ad un regime normativo identico
tutti i contratti da essa stipulati, prescindendo dalla nazionalità dell’assicurato,
dal luogo ove si possa trovare la cosa assicurata e dal luogo di conclusione del
contratto.
Anche la giurisprudenza confermava le affermazioni della dottrina,
sottolineando la prevalenza nei contratti di assicurazione della legge del luogo
di conclusione, che coincideva con la legge della sede della società
assicuratrice.
In merito, si possono portare alcuni esempi. In una sentenza della Corte di
Cassazione del 20 ottobre 1956, le parti, che avevano stipulato un contratto di
assicurazione marittima di trasporto merci, si erano viste applicare dal giudice
la legge del luogo di conclusione del contratto, quale legge regolatrice del
rapporto, che risultava essere la stessa della sede della compagnia
assicuratrice. Ancora, in una sentenza della Corte D’Appello di Trieste del 7
gennaio 1937, ad un contratto tra un cittadino austriaco e una società
assicuratrice svizzera era stata applicata la legge svizzera, legge del luogo di
conclusione avvenuta presso la sede della società. Infine, in una sentenza del
Tribunale di Roma del 5 ottobre 1951, poiché le parti erano di cittadinanza
4
DURANTE, Osservazioni sulla volontà delle parti nella determinazione della legge applicabile al
contratto di assicurazione e alla prestazione estintiva, in Giur. Compl. Cass. Civ., 1953/IV, p. 297.
8
diversa al momento della conclusione del contratto, anche se successivamente
avevano acquistato una cittadinanza comune, era stata applicata al contratto la
legge del luogo in cui lo stesso era stato concluso, e coincidente con la sede
della compagnia assicuratrice.
5
Tale impostazione, proprio perché volta a privilegiare, in sede di diritto
internazionale privato, le esigenze e gli interessi delle compagnie assicuratrici,
veniva però criticata da un’altra parte della dottrina in quanto si traduceva in
una carente tutela dell’assicurato. Di quest’avviso era Ubertazzi
6
nel sostenere
che: «essendo il contratto di assicurazione concluso sulla base di condizioni
generali predisposte dall’assicuratore, egli non farà altro che applicare la legge
della propria sede o una qualunque legge a lui più favorevole. All’assicurato
non resterà che la tutela offerta dal limite dell’ordine pubblico e dalle norme
imperative di quell’ordinamento».
In sintesi, emerge chiaramente come nella disciplina sostanziale del contratto
di assicurazione vi fosse un dualismo tra esigenze dell’impresa di
assicurazione, che perseguiva il fine di sottoporre tutti i contratti da essa
stipulati ad un regime giuridico uniforme e prevedibile, attraverso l’adozione
di contratti standard, ed esigenze pubblicistiche di controllo dell’attività
assicurativa e di protezione dell’assicurato. Quest’ultima condizione imponeva
ai singoli ordinamenti di dettare norme inderogabili volte a disciplinare la
parte più debole del rapporto.
Oggi, il citato art. 25 disp. prel. cod. civ., risulta abrogato dalla legge 31
maggio 1995 n. 218, che ha riformato l’intero sistema di diritto internazionale
privato italiano.
Per effetto della suddetta legge di riforma, le obbligazioni contrattuali e,
quindi, anche i contratti di assicurazione sarebbero regolati, secondo il rinvio
«in ogni caso» disposto dall’art. 57, dalla convenzione di Roma sulla legge
applicabile alle obbligazioni contrattuali del 19 giugno 1980.
7
5
Ditta Voliani c. Ditta Bertrand; Becker c. Soc. Koher; De Michelis e altri c. Assicurazioni Generali,
in Foro it., 1975, I, c. 1860.
6
UBERTAZZI, Studi sul contratto di assicurazione nel d.i.p., in Riv. dir. int., 1962, p. 319.
7
L’art. 57 della legge 218/95 così infatti recita: «Le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate
dalla convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali,
resa esecutiva con la legge 18 dicembre 1984 n. 975, senza pregiudizio delle altre convenzioni
internazionali, in quanto applicabili».
9
Tale rinvio «in ogni caso» alla disciplina convenzionale pone diversi problemi
interpretativi, sui quali appare opportuno ritornare in seguito per una più
ampia trattazione.
8
1.2 La convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni
contrattuali: art. 1 par. 3
La convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta a
Roma il 19 giugno 1980 ed entrata in vigore il 1° aprile 1991, è stata adottata
nell’ambito della Comunità europea dopo una lunga «gestazione».
Sembrò allora che un’opera di unificazione del diritto internazionale privato,
avrebbe potuto agevolare, sotto diversi profili, il buon funzionamento del
mercato comune ed in particolare la libera circolazione delle merci, delle
persone, dei servizi e dei capitali.
Più precisamente, si considerò che l’armonizzazione delle norme di diritto
internazionale privato, sentita in ambito comunitario come un importante
strumento di integrazione nell’ottica della creazione di un effettivo mercato
unico, avrebbe assicurato una maggiore certezza del diritto: l’uniformità delle
norme di conflitto negli Stati membri comporta infatti che, quale che sia lo
Stato membro di appartenenza del giudice adito, tale giudice applichi
comunque la medesima legge (quella, appunto individuata mediante le norme
di diritto internazionale privato, aventi identico contenuto in tutti gli Stati
membri).
L’unificazione delle norme di diritto internazionale privato degli Stati membri
sembrò opera più agevole e limitata rispetto ad un’eventuale unificazione (o
armonizzazione) del diritto materiale, e comunque, i tempi lunghi da essa
richiesti non sarebbero stati congrui alla necessità di giungere rapidamente ad
un grado ragionevole di certezza del diritto in settori in cui l’abolizione delle
frontiere economiche portava ad un deciso aumento dei potenziali conflitti di
legge.
8
Si veda infra, il par. 1.4.
10
A dire il vero, un’opera di unificazione del diritto sostanziale, in materie come
quelle delle obbligazioni, non sarebbe tuttora realizzabile, considerata la
differenza tra le discipline esistenti negli Stati membri in tale ambito.
9
Per quanto riguarda l’Italia, essa ha ratificato la convenzione di Roma il 25
giugno 1985, in base alla legge di autorizzazione del 18 dicembre 1984 n. 975.
La convenzione di Roma del 1980 è stata elaborata nell’ambito della
Comunità europea per continuare, nel campo del diritto internazionale privato,
l’opera di unificazione giuridica già intrapresa nella Comunità, in particolare
in materia di competenza giurisdizionale e di esecuzione delle sentenze. La
convenzione prevede, nei suoi 33 articoli, una disciplina rinnovata ed organica
del diritto internazionale privato in materia contrattuale.
Da più autori si sostiene che, con la sua entrata in vigore si è realizzata la più
importante innovazione nel sistema italiano del diritto internazionale privato
dalla sua prima codificazione del 1865.
10
Per il suo significato e valore, la convenzione di Roma rappresenta un
importante progresso lungo la strada della armonizzazione dei sistemi di
diritto internazionale privato: per la prima volta, infatti, si è realizzato
attraverso la strada dell’accordo internazionale, un sistema uniforme e
generale di diritto internazionale privato in materia contrattuale.
11
L’ambito materiale di applicazione della convenzione è delimitato oltre che in
termini positivi anche in termini negativi, mediante l’esplicita esclusione di
alcune materie.
Un’importante eccezione alla convenzione di Roma è posta nei paragrafi 3 e 4
dell’art. 1.
Tale articolo stabilisce che: «3. Le disposizioni della presente convenzione
non si applicano ai contratti di assicurazione per la copertura di rischi
localizzati nei territori degli Stati membri della Comunità economica europea.
Al fine di determinare se un rischio è localizzato in questi territori, il giudice
applica la propria legge interna.
4. Il par. 3 non concerne i contratti di riassicurazione».
9
VILLANI, La convenzione di Roma sulla legge applicabile ai contratti, Padova, 2000, p. 3.
10
Per tutti vedi BALLARINO, Diritto internazionale Privato, Padova, 1999, p. 26
11
NOVELLI, Compendio di diritto internazionale privato e processuale, Napoli, 1995, p. 70.
11
Il par. 4 non dà luogo a problemi interpretativi. Esso, escludendo dal par. 3 i
contratti di riassicurazione, quelli cioè con i quali un assicuratore assicura con
altra impresa i rischi che si è assunti, determina l’applicabilità della
convenzione di Roma a tali contratti.
Quanto al par. 3, va ricordato anzitutto che l’esclusione dei contratti di
assicurazione fu dovuta essenzialmente alla considerazione che erano in corso
dei lavori in materia di armonizzazione del diritto delle assicurazioni, con
riferimento ai rischi localizzati nell’area comunitaria, lavori che, come
vedremo, hanno prodotto direttive di notevole rilievo anche sotto il profilo
della legge applicabile.
Nella Relazione Giuliano-Lagarde si osservò che gli Stati membri restavano
liberi peraltro di adottare norme di conflitto modellate su quelle della
convenzione di Roma anche per contratti di assicurazione esclusi dall’ambito
della stessa convenzione, purché, naturalmente, nei limiti consentiti dalle
direttive che sarebbero state emanate.
12
Per quanto riguarda quindi i contratti di assicurazione concernenti rischi extra
comunitari, le disposizioni uniformi della convenzione di Roma trovano
applicazione. Si può qui brevemente accennare a tale disciplina. Secondo l’art.
3 della convenzione, il principio generale è quello dell’applicazione della
legge liberamente scelta dalle parti, nel rispetto dei criteri di esistenza e di
validità contenuti negli art. 8, 9 e 11; in mancanza di una scelta operata dalle
parti, l’art. 4 della convenzione dichiara applicabile al contratto la legge del
luogo col quale il contratto stesso presenta il collegamento più stretto.
Il collegamento si può determinare, secondo lo stesso art. 4 della convenzione,
comma 2, attraverso una presunzione, per cui il contratto si considera avere il
12
GIULIANO-LAGARDE, Relazione sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni
contrattuali, in G.U.C.E., C 282/13 del 31 ottobre 1980. Si afferma infatti nella Relazione:
«Sull'opportunità di includere od escludere dal campo di applicazione delle norme uniformi la
materia relativa ai contratti di assicurazione si è svolto un lungo dibattito in seno al gruppo. La
soluzione definitivamente adottata è quella riportata nel paragrafo 3 dell'articolo 1. In base a questo
paragrafo, le disposizioni della convenzione non si applicano ai contratti di assicurazione relativi a
rischi situati nei territori degli Stati membri della Comunità economica europea. L'esclusione di cui
trattasi tiene conto dei lavori in corso nel quadro della Comunità in materia d'assicurazione.
Pertanto, le norme uniformi si applicano ai contratti d'assicurazione relativi a rischi situati fuori dai
suddetti territori. Gli Stati rimangono, peraltro, liberi di applicare norme modellate su quelle della
convenzione anche ai rischi situati nella Comunità, fatto salvo quanto sarà stabilito nella
regolamentazione comunitaria».
12
collegamento più stretto col Paese in cui la parte (impresa) che deve fornire la
prestazione caratteristica ha la propria amministrazione centrale. In pratica, ciò
significa che i contratti di assicurazione relativi a rischi extra-comunitari sono
regolati dalla legge del Paese in cui ha sede l’impresa assicuratrice, quale
contraente che fornisce la prestazione caratteristica.
Questa regola subisce però un’eccezione per i contratti di assicurazione
stipulati con i consumatori, cioè con soggetti che concludono il contratto per
un uso che può considerarsi estraneo alla loro attività professionale. L’art. 5
della convenzione precisa, infatti, che quando il contratto è concluso con i
consumatori possono essere stabilite deroghe sia al principio della libertà di
scelta della legge applicabile (art. 3), sia al principio del riferimento alla legge
del Paese in cui risiede il contraente che fornisce la prestazione caratteristica
(art. 4). Se, per tali contratti, le parti decidono di esercitare la facoltà di
scegliere liberamente la legge applicabile, la scelta della legge non può avere
per risultato di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle
disposizioni imperative della legge del Paese in cui egli risiede abitualmente.
Se poi il criterio della libertà di scelta non viene adottato, la legge applicabile
al contratto non sarà quella dello Stato in cui risiede il contraente che fornisce
la prestazione caratteristica, ma sarà quella del Paese in cui il consumatore ha
la sua residenza abituale.
Si ha così una duplicità di trattamento che, con riferimento al contratto di
assicurazione relativo a rischi situati fuori dalla CE, si può riassumere come
segue: legge dello Stato dell’assicuratore per i contratti conclusi con clienti
«professionisti» e legge dello Stato dell’assicurato per i contratti conclusi con
clienti «consumatori», questo semprechè le parti non scelgano un legge
diversa, nel qual caso deve comunque restare a favore degli assicurati-
consumatori la garanzia minima delle norme imperative del proprio
ordinamento.
Una parte della dottrina, tra questi Pocar
13
, si è chiesta se la motivazione
addotta dell’esistenza di lavori in corso nella Comunità sia un motivo
13
POCAR, Conflitti di leggi e giurisdizione in materia di assicurazioni nella Comunità Economica
Europea, in Riv. dir. int. priv. proc., 1987, p. 417.
13
sufficiente per giustificare un temporaneo rinvio al diritto comune degli Stati
contraenti o, addirittura, possa giustificare l’inserimento del paragrafo 3
dell’art. 1 nella convenzione. Essendo stato, infatti, incluso nella convenzione
di Roma l’art. 20
14
, che sancisce la priorità incondizionata del diritto
comunitario sulla convenzione stessa, una applicazione generale temporanea
della convenzione a tutti i contratti di assicurazione non avrebbe impedito, in
seguito, alla Comunità di adottare altre regole uniformi per tali contratti, con
prevalenza su quelle convenzionali.
L’Autore, a sostegno della sua tesi, porta ad esempio il caso di un contratto di
assicurazione concluso tra un cittadino italiano ed una assicurazione con sede
in Francia, per coprire un rischio localizzato in un Paese extra CE. In questo
caso le norme convenzionali troverebbero applicazione in virtù
dell’interpretazione a contrario dell’art. 1 paragrafo 3, e l’assicurato godrebbe
di tutte le garanzie contenute nella convenzione di Roma. Ma se le stesse parti
volessero concludere il medesimo contratto per la copertura di un rischio
situato all’interno della CE, la convenzione di Roma non risulterebbe
applicabile.
I due casi, come fa notare Pocar, sono pressoché identici se non fosse per
l’ubicazione del rischio, ma la disciplina ad essi applicabile risulta essere
profondamente diversa. La duplicità di regime giuridico non sembrerebbe,
quindi, soddisfacente per questo Autore, in quanto comporterebbe una
differenza di trattamento, all’interno della Comunità, di situazioni che, in sé,
appaiono assolutamente analoghe.
Pertanto egli conclude affermando che ragioni di uniformità, di certezza del
diritto, e anche di opportunità, depongono a favore di un’estensione della
normativa contenuta nella convenzione di Roma a tutti i contratti di
assicurazione, indipendentemente dal luogo in cui il rischio è situato, e che
una differenza di regime giuridico basata su tale luogo non sia
sufficientemente giustificata. L’unico correttivo auspicabile a tale estensione
14
L’art. 20 stabilisce: «La presente convenzione non pregiudica l’applicazione delle disposizioni che,
in materie particolari, regolano i conflitti di leggi nel campo delle obbligazioni contrattuali e che sono
contenute in atti emanati o da emanarsi dalle istituzioni delle Comunità europee o nelle legislazioni
nazionali armonizzate in esecuzione di tali atti».
14
potrebbe essere rappresentato dalla adozione di qualche garanzia ulteriore a
favore dell’assicurato rispetto a quelle previste dalla convenzione nell’art. 5,
che riguardano soltanto l’assicurato-consumatore, e non anche l’assicurato che
agisca nel quadro di una sua attività professionale.
Secondo un’altra parte della dottrina, i contratti di assicurazione relativi a
rischi localizzati nella CE sono stati esclusi dall’ambito di applicazione della
convenzione di Roma a causa dello spazio che questa lascia alla libera scelta
delle parti, e con l’art. 4 par.2, alla legge della sede dell’impresa.
15
Scrive, infatti, Forlati Picchio che la vera ragione dell’esclusione di questi
contratti dalla disciplina dettata dalle norme della convenzione di Roma, si
deve ricercare oltre che nella insufficiente protezione offerta all’assicurato-
consumatore, anche nella inadeguatezza del sistema di conflitto individuato
dalla convenzione stessa a risolvere gli specifici problemi che possono sorgere
in questa materia. La soluzione di tali problemi, continua l’Autrice, dove
essere demandata alle istituzioni comunitarie, «lasciando le parti libere di
scegliere la legge regolatrice e privilegiando, in caso di mancanza di scelta, la
legge del «prestatore caratteristico», [si] finisce obbiettivamente per favorire
l’impresa assicuratrice [parte forte del rapporto contrattuale]».
16
Si era constatato allora come la tutela di esigenze di protezione sociale sia
affidata innanzitutto alla scelta dei criteri di collegamento con la legge del
contratto. Si era rilevato, in particolare, come tali esigenze orientino la scelta
verso lo Stato di localizzazione del rischio, mentre il massimo pericolo di
chiusura alle esigenze stesse è insito nel criterio di collegamento rimesso alla
volontà delle parti. In effetti, la posizione di preminenza dell’impresa
assicuratrice nella stipulazione del contratto fa sì che questa possa imporre la
15
Art. 4 par. 2 «Salvo quanto disposto dal paragrafo 5, si presume che il contratto presenti il
collegamento più stretto col Paese in cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al
momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una società,
associazione o persona giuridica, la propria amministrazione centrale. Tuttavia, se il contratto è
concluso nell’esercizio dell’attività economica o professionale della suddetta parte, il Paese da
considerare è quello dove è situata la sede principale di detta attività oppure, se a norma del contratto
la prestazione dev’essere fornita da una sede diversa dalla sede principale, quello dove è situata questa
diversa sede».
16
FORLATI PICCHIO, La legge applicabile al contratto di assicurazione, problemi di raccordo fra
convenzione di Roma e diritto comunitario, in Verso una disciplina comunitaria della legge
applicabile ai contratti, a cura di Treves, Padova, 1983, p. 140.
15
presenza, nel contratto stesso, di una clausola che individui come legge
regolatrice la legge più rispondente ai propri interessi.
Anche in questo caso, però, pur partendo da analisi iniziali diverse, l’autrice
giunge alle medesime conclusioni già espresse da Pocar, e cioè che la
momentanea sottoposizione alla convenzione di Roma dei contratti di
assicurazione relativi a rischi localizzati nella Comunità non avrebbe in alcun
modo condizionato gli atti in corso di elaborazione a livello comunitario (atti
in cui, come accennato sopra, l’attenzione agli interessi e alla protezione
dell’assicurato è nettamente accentuata). La disciplina internazionalprivatistica
in essi contenuta, infatti, comunque prevarrebbe sulla convenzione di Roma,
in virtù del principio di specialità, e della precedenza ad essi assicurata
dall’art. 20.
L’opzione di politica legislativa formulata nel testo della convenzione di
Roma è dunque discutibile. Una volta entrati in vigore tanto la convenzione
quanto gli atti comunitari, si è venuto a delineare un sistema binario, e
discriminatorio, di soluzioni dei conflitti di leggi in materia di contratti di
assicurazione. Tale sistema sembrerebbe contraddire non solo l’impronta
universalistica della convenzione, e più in generale, l’obiettivo di creare un
sistema uniforme di norme di conflitto, ma anche la possibilità di assicurare
pari condizioni di accesso al mercato dei servizi in ambito comunitario.
Va tenuto presente che la legge applicabile al contratto di assicurazione
contribuisce a determinare il contenuto del «prodotto» assicurativo ed i termini
e le condizioni alle quali questo può essere offerto, sì che qualsivoglia
limitazione alla facoltà delle parti di scegliere la legge regolatrice del proprio
rapporto si pone, in linea di principio, come un ostacolo alla libertà di
stabilimento e di prestazione dei servizi che il Trattato di Roma garantisce
anche alle imprese assicuratrici; d’altro canto, limitazioni di tal genere si
impongono, e si giustificano, anche dal punto di vista del diritto comunitario,
ogni qual volta l’assicurato si presenti come contraente «debole» e vada quindi
tutelato dal potere negoziale dell’assicuratore.
17
17
BENEDETTELLI, Commento all’art. 57 legge 31 maggio 1995, in NLCC, 1996, p. 1379.
16
1.3 L’art. 20 della convenzione di Roma sulla legge applicabile alle
obbligazioni contrattuali: il primato del diritto comunitario
È necessario, a questo punto, affrontare brevemente un’altra questione
importante ai fini della nostra indagine sulla legge applicabile ai contratti di
assicurazione con rischi localizzati nella CE: quella relativa all’art. 20 della
convenzione di Roma.
Tale norma è volta a delimitare il campo di applicazione della convenzione di
Roma dal punto di vista dei rapporti con le norme di diritto internazionale
privato contenute in atti normativi di natura comunitaria.
Bisogna innanzitutto ricordare che la materia del diritto internazionale privato
dei contratti fu oggetto di un vivo interesse da parte della CE già a partire dalla
fine degli anni sessanta. Si assistette così ad un intensa attività per lo sviluppo
di progetti legislativi, che seguì due strade. Da una parte, la Commissione creò
un gruppo di lavoro, che elaborò un progetto di convenzione, avente come
scopo primario quello di introdurre nella legislazione degli Stati membri un
complesso di norme uniformi sulla legge applicabile alle obbligazioni
contrattuali, nonché su talune questioni generali di diritto internazionale
privato che si riconnettono alla materia delle obbligazioni. Dall’altra parte, si
sentì la necessità di intervenire in alcuni specifici campi delle obbligazioni
contrattuali, come ad esempio in quello delle assicurazioni.
Il primo obiettivo fu raggiunto con l’emanazione della convenzione di Roma
del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, mentre per il
secondo si è assistito ad un importante serie di interventi normativi. In
particolare, assumono rilievo per la nostra ricerca le direttive di prima
(direttiva 79/267/CE vita
18
e direttiva 73/2397/CE danni
19
), di seconda
18
Prima direttiva 79/267/CE del Consiglio, del 5 marzo 1979, recante coordinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'accesso all'attività
dell'assicurazione diretta sulla vita ed il suo esercizio, in G.U.C.E., 13 marzo 1979, L 63, p. 1.
19
Prima direttiva 73/239/CE del Consiglio, del 24 luglio 1973, recante coordinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di accesso e di esercizio
dell'assicurazione diretta diversa dell'assicurazione sulla vita, in G.U.C.E., 16 agosto 1973, L 228, p.
3.
17
(direttiva 88/357/CE
20
e direttiva 90/619/CE
21
), e terza generazione (direttiva
92/49/CE
22
del 18 giugno 1992, ramo danni e direttiva 92/96/CE
23
del 10
novembre 1992, ramo vita).
Proprio perché non si poteva ignorare l’esistenza, a livello comunitario, di
progetti di normativa ad hoc nel campo dei contratti di assicurazione, che
lasciavano presupporre una futura possibile sovrapposizione tra la materia
regolata dalla convenzione di Roma ed il diritto comunitario, i compilatori
della convenzione di Roma elaborarono una norma specifica, l’art. 20
appunto, che regolasse i rapporti tra la convenzione stessa e la normativa
comunitaria.
Nella Relazione Giuliano-Lagarde si legge, infatti, che la ragione
dell’introduzione di questo articolo è quella di evitare eventuali confitti,
presenti e futuri, tra le disposizioni comunitarie emanate in materie particolari,
siano esse regolamenti, direttive, convenzioni o legislazioni nazionali di
attuazione, e le norme contenute nella convenzione, attribuendo la prevalenza
alle prime. La Relazione porta ad esempio il regolamento relativo ai conflitti
di leggi in materia di contratti di lavoro, e dichiara che quando sarà
definitivamente adottato, tale regolamento prevarrà sulla convenzione.
24
La «cedevolezza» della convenzione di Roma nei confronti degli atti
normativi di natura comunitaria ha suscitato perplessità in dottrina.
20
Seconda direttiva 88/357/CE del Consiglio del 22 giugno 1988 recante coordinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa
dell'assicurazione sulla vita, e alla fissazione delle disposizioni volte ad agevolare l'esercizio effettivo
della libera prestazione di servizi e che modifica la direttiva 73/239/CE, in G.U.C.E. 4 luglio 1988, L
172, p. 1.
21
Seconda direttiva 90/619/CE del Consiglio, dell'8 novembre 1990, che coordina le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'assicurazione diretta sulla vita, fissa le
disposizioni destinate a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi e modifica la
direttiva 79/267/CE, in G.U.C.E. 29 novembre 1990, L 330, p. 50.
22
Direttiva 92/49/CE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dell'assicurazione sulla
vita e che modifica le direttive 73/239/CE e 88/357/CE (terza direttiva assicurazione non vita), in
G.U.C.E. 11 ottobre 1992, L 228, p. 1.
23
Direttiva 92/96/CE del Consiglio del 10 novembre 1992 che coordina le disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta sulla vita e che modifica le
direttive 79/267/CE e 90/619/CE (terza direttiva assicurazione vita), in G.U.C.E. 9 dicembre 1992, L
360, p. 1.
24
GIULIANO-LAGARDE, Relazione sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni
contrattuali, in G.U.C.E. 31 ottobre 1980, C 282/30.