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INTRODUZIONE
Gli studi sui tratti peculiari delle aziende familiari italiane stanno acquisendo sempre
maggiore rilevanza, soprattutto in seguito alla presa di coscienza del ruolo di “volano” che
esse svolgono all’interno del contesto economico italiano. Proprio l’assetto proprietario che
le contraddistingue genera, all’interno di queste realtà imprenditoriali, una serie di
dinamiche uniche che ancora oggi non sono del tutto affrontate dal mondo accademico. Un
contributo di primaria importanza nello studio delle aziende familiari italiane viene dalle
indagini svolte dall’Osservatorio AUB, promosso da AIdAF (Associazione Italiana delle
Aziende Familiari), dal gruppo UniCredit, dalla Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle
aziende familiari dell’Università Bocconi e dalla Camera di Commercio di Milano che
prosegue il monitoraggio delle strutture, delle dinamiche e delle performance di tutte le
aziende familiari italiane con ricavi superiori a 50 milioni di Euro.
Proprio la mia esperienza di stage all’interno del Centro EntER, Centro di ricerca
Imprenditorialità e Imprenditori, che cura la realizzazione del Rapporto annuale
dell’Osservatorio, ha stimolato il mio interesse a indagare con attenzione uno dei tratti
caratteristici e meno approfonditi di queste imprese: la leadership collegiale. Considerando
la popolazione che costituisce la IV edizione del Rapporto elaborato dall’Osservatorio AUB, ci
si accorge come il fenomeno riguardi oltre un terzo delle aziende familiari italiane
considerate e meriti, pertanto, uno studio dedicato che mi auspico possa essere
d’integrazione alle ricerche fino a ora condotte.
Il presente lavoro si articola in due parti distinte. Nella prima parte si è proceduto con
l’analisi della letteratura e degli studi fino ad ora condotti in materia, sviluppando sei sezioni
differenti. Dopo una breve introduzione sul concetto di leadership si presenta il processo
evolutivo della nozione e della definizione di leadership collegiale. Si presentano poi i
contesti aziendali in cui il modello di governo collegiale è maggiormente diffuso, con un
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focus particolare sulle aziende familiari. Si descrivono inoltre i benefici e i limiti del modello
di governo e si sintetizzano le condizioni generali di successo della leadership collegiale.
Durante questa prima fase si è potuto osservare come il fenomeno, a oggi, non sia stato
oggetto di particolari approfondimenti, forse a causa della minore diffusione del modello di
governo collegiale al di fuori del contesto imprenditoriale nazionale.
Nella seconda parte dell’elaborato si è condotta un’analisi quantitativa, indagando i casi di
leadership collegiale nelle aziende familiari italiane sopra i cinquanta milioni di fatturato e le
performance aziendali. Questo secondo capitolo, nello specifico, si sviluppa in tre parti. Nella
prima si è sviluppata una breve analisi descrittiva delle aziende familiari monitorate
dall’Osservatorio AUB e della popolazione di riferimento - data dalle imprese con vertice
collegiale - con riferimento ai tratti distintivi di proprietà e governance. All’interno di questa
sezione si è inoltre cercato di verificare, attraverso i risultati delle analisi condotte, le ipotesi
che alcuni autori (tra gli altri Hambrick e Cannella, 2004) hanno identificato alla base della
scelta di un’azienda di adottare un modello di vertice collegiale. Nella seconda parte si
presenta l’indagine realizzata ad hoc per questo elaborato, che ha condotto a identificare tre
modelli di leadership collegiale, dei quali si esaminano varie caratteristiche. La terza parte
presenta invece i risultati economico-finanziari delle aziende, con dati di confronto sia tra le
aziende censite dell’Osservatorio AUB, sia tra i modelli di leadership collegiale presentati
nella sezione precedente. Il lavoro offre, infine, alcune considerazioni conclusive e alcuni
spunti di riflessione destinati agli imprenditori.
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CAPITOLO 1
ANALISI DELLA LETTERATURA
1.1. INTRODUZIONE: IL CONCETTO DI LEADERSHIP
Prima di addentrarci nella trattazione dei vari modelli attraverso i quali possiamo proporci di
leggere il complesso fenomeno della leadership, può essere utile identificare alcune
definizioni di base. Per quanto riguarda il termine leader, è facilmente realizzabile che si
tratti di una parola di provenienza inglese, di origine indoeuropea derivata dal verbo “to
lead”, condurre, guidare.
La Piccola Enciclopedia Hoepli del 1895 sottolinea una derivazione ippica: “Leader è il cavallo
che si pone in testa nella gara e fa l’andatura”. Il suo significato è simile dunque a una delle
possibili configurazioni della parola italiana “guida”, ovvero “ciò che indirizza verso una meta
determinata o suscita o provoca un determinato effetto; ciò che indica il percorso da
seguire; punto di riferimento” .
L'impresa è costantemente costretta ad adeguarsi alle trasformazioni dell’ambiente e
guidare il cambiamento ma, oggi, come nel passato, ogni impresa eccellente mira al
raggiungimento di un ruolo di preminenza nei suoi campi d’attività. Al leader spetta proprio
il compito di incubare, stimolare, sostenere l’impresa per conquistare tale obiettivo. In
particolare, il leader deve (Bodega, 2012):
possedere la vision mirata al raggiungimento del successo dell'impresa;
essere elemento trainante ed esempio per i collaboratori;
essere creativo;
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essere in grado di determinare processi di cambiamento nell'impresa finalizzati al
coinvolgimento degli stakeholder;
riuscire a creare valore per l'impresa;
essere in grado di valutare lo stato di salute dell'impresa non tanto e non solo dagli
indicatori economico-finanziari, ma da indicatori di natura intangibile e da segnali
provenienti dal mercato e dall'impresa.
Spesso i manager, in particolare quelli delle grandi aziende, si attribuiscono l'etichetta di
leader aziendale. Ma la leadership è cosa diversa dal management. Leadership e
management sono due funzioni aziendali distinte e complementari, entrambe necessarie per
il successo della grande come della piccola impresa. Al management in senso classico è
affidata la gestione dell’azienda “a strategia data”, ai leader è affidato, invece, anche il
compito si sostenere il cambiamento; oggi al termine del periodo di transizione dalla
"vecchia" alla "nuova" economia la maggior parte delle aziende di tutti i Paesi industrializzati
soffre di eccesso di management e di carenza di leadership, e anche ai manager è chiesto di
contribuire al cambiamento come si dirà anche in seguito: come conseguenza di ciò
emergono gravi difficoltà nel gestire quest’ultimo.
La leadership è una questione cruciale che riguarda il successo e il fallimento di ogni
organizzazione, Paese, o movimento. La velocità del cambiamento e della complessità nel
contesto imprenditoriale contemporaneo fa della leadership sempre più un’esigenza, ma la
società è anche caricata di aspettative irrealistiche sui leader eroici (Yukl, 2006).
Apparentemente, sta diventando sempre più difficile per un singolo individuo possedere
tutte le competenze e le capacità necessarie per condurre con competenza le organizzazioni
(O'Toole, Galbraith, e Lawler, 2002). O'Toole et al. (pag.67) hanno affermato "Spesso, le
organizzazioni imparano nel modo più duro che nessun individuo può salvare una società di
mediocri prestazioni e nessun singolo individuo, per quanto dotato di leadership, può essere
'giusto' per tutto il tempo". Pearce (2007) ha sottolineato, "Le aziende hanno compiuto
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incredibili progressi nell'economia della conoscenza e non si può più fare affidamento sulle
semplici nozioni di potere top-down, comando e di guida tradizionale, basate sull'idea che i
lavoratori sono solo droni intercambiabili" (pag. 355).
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1.2. IL CONCETTO DI LEADERSHIP COLLEGIALE
Sally (2002) in un interessante articolo titolato “Co-leadership: Lessons from Republican
Rome” ha sottolineato come la leadership collegiale sia esistita fin dai tempi antichi: "Roma
repubblicana aveva un sistema di successo di co-leadership durato oltre quattro secoli.
Questa struttura di co-leadership era così efficace che si estendeva dai livelli più bassi della
magistratura romana alla massima carica, quella di console” (pag. 84). Tuttavia, nel corso
della storia la maggior parte delle organizzazioni è stata guidata da un leader individuale in
modo gerarchico. Infatti, O'Toole e al. (2002) hanno osservato: "Per la maggior parte delle
persone, la leadership collegiale è un concetto contro-intuitivo: la leadership è un tratto
caratteriale o un’attività individuale" (pag. 66). Inoltre, hanno aggiunto: "Le identità delle
aziende americane sono spesso viste come mere espressioni delle personalità dei loro
leader: intere organizzazioni sono rappresentate come ombre dei “grandi uomini” che
occupano le posizioni di vertice nei Consigli di Amministrazione" (pag. 66). E ancora Bennis
(1999): "Nella nostra società la leadership è troppo spesso vista come un fenomeno
intrinsecamente individuale" (pag. 72). Questo punto di vista tende a generare effetti
collaterali negativi: l’idea diffusa è che tutto all’interno dell’azienda debba essere
inevitabilmente gestito da un singolo leader (tipicamente l'Amministratore Delegato). La
prospettiva individualistica con cui s’insegna la leadership nelle scuole di business e il fatto
che la ricerca accademica sulla leadership condivisa sia estremamente scarsa (O'Toole e al.,
2002) contribuiscono a rafforzare questa idea comune.
Sembra però, analizzando la letteratura di riferimento, che sia in atto un certo cambiamento
nell’approccio al concetto di leadership. Proprio O'Toole (2001) suggerisce che la leadership
non può essere considerata solo una caratteristica individuale, ma che può assumere anche
un carattere collegiale. Avolio, Walumbwa, e Weber (2009) hanno inoltre osservato che la
leadership condivisa sta guadagnando importanza nelle organizzazioni attraverso la
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diffusione di team di vertice in sostituzione di strutture gerarchiche tradizionali basate
esclusivamente su una logica individuale. Un’osservazione analoga era stata formulata anche
da O'Toole e al. (2002) che affermavano, "Il trend negli ultimi cinquant'anni è stato lontano
dalla concentrazione del potere in una sola persona ma orientato verso una condivisione
della leadership tra i membri di vertice della società” (pag. 67). Anche Yukl (2006) riconosce
la progressiva diffusione dei modelli collegiali, osservando come all’interno di numerose
aziende si sia compreso che "importanti decisioni su cosa fare e come farlo sono realizzate
attraverso processi interattivi che coinvolgono molte persone diverse che s’influenzano l’una
l’altra" (pag. 4).
Ciò premesso, la ricerca di una definizione integrata e accettata dalla comunità scientifica in
merito al concetto di leadership collegiale è stata piuttosto articolata e non ha portato in
maniera univoca verso un unico risultato. Tra le definizioni più complete, come riconosciuto
anche da Avolio et al. (2009), viene citata quella elaborata da Conger e Pearce (2003): "La
leadership collegiale è un processo dinamico e interattivo d’influenza tra gli individui
organizzati in gruppo il cui obiettivo è di portare l'un l'altro al raggiungimento di obiettivi
organizzativi condivisi" (pag. 1).
E' importante riconoscere i termini spesso associati con leadership collegiale: nella
letteratura di riferimento, leadership condivisa, leadership collettiva e leadership distribuita
vengono usati in modo intercambiabile, mentre il “team at the top” è comunemente visto
come un concetto differente (Avolio e al., 2009): si tratta, infatti, della definizione
solitamente utilizzata per indicare, all’interno dell’azienda, il gruppo di manager di prima
linea e l’Amministratore Delegato (o Amministratori Delegati) che si occupano dell’indirizzo
strategico dell’azienda e presidiano le varie funzioni
ossia tutto il gruppo dirigente.
Carson et al. (2007) hanno esaminato le condizioni antecedenti la leadership condivisa in un
campione di cinquantanove team di consulenza composti da studenti MBA e hanno concluso
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che la "leadership condivisa si riferisce a una proprietà di un team in cui la leadership è
distribuita tra i membri, piuttosto che concentrata in un singolo leader designato” (pag.
1217). In sintesi, la letteratura sulla leadership collegiale mostra come essa possa essere
concepita come un processo relazionale e collaborativo o un fenomeno che coinvolge un
team, i cui membri s’influenzano reciprocamente l'un l'altro e collettivamente condividono i
compiti e le responsabilità altrimenti affidate a un unico capo .
La tabella 1 di seguito permette di evidenziare l’evoluzione di alcune delle definizioni di
leadership collegiale emerse negli studi più recenti:
Tabella 1. Le definizioni di leadership collegiale
Ricerche Definizione di leadership collegiale
Avolio, Jung, Murry e Sivasubramanium
(1996)
Non vi è una definizione esplicita, ma la
leadership collegiale è essenzialmente
concepita come la forma evoluta della
leadership nei team altamente
sviluppati.
Pearce e Sims (2002)
Reciproca influenza tra i membri
appartenenti a uno stesso gruppo
Pearce e Conger (2003)
Processo d’interazione dinamico e
interattivo tra gli individui all’interno di
un gruppo
Pearce, Yoo e Alavi (2004)
Processo di reciproca influenza
all’interno di un gruppo caratterizzato
da “serial emergence”.
Ensley, Hmieleski e Pearce (2006)
Processo all’interno di un team in cui la
leadership è detenuta dalla squadra nel
suo complesso piuttosto che
unicamente da un singolo individuo.
Mahra, Smith, Dixon e Robertson
(2006)
La leadership condivisa è un fenomeno
relazionale che comporta influenza
reciproca tra i membri del team che
lavorano per raggiungere obiettivi di
squadra.
Fonte: elaborazione dell’autore
Dalla ricerca di riferimenti è emerso come la letteratura sulla leadership collegiale sia da
sempre piuttosto scarsa, probabilmente per la – ancora- limitata diffusione del modello in
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questione a livello internazionale (si consideri, tra gli altri, lo studio effettuato da William
Mercer Incorporated da cui è emerso come solo lo 0,8% delle aziende su un campione di
oltre 6100 aziende americane abbia guida collegiale)
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Per la discussione dello studio Mercer si veda Thomson (2002.)