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1. DUE O TRE COSE CHE SO DI LUI
Garretson Beekman Trudeau (New York, 1948) si iscrive all’università di Yale nel 1967. Già dal
1968 le sue strisce debuttano sul giornale universitario Yale Record: a quell’epoca la striscia non si
chiamava ancora Doonesbury, ma Bull Tales1.
Jim Andrews, co-fondatore ed editor della Universal Press Syndicate si interessa al talento di
Trudeau. Dopo averlo convinto a cambiare il nome della striscia in Doonesbury, la fa debuttare su
diversi giornali il 26 Ottobre 1970.
Prima striscia di Doonesbury
1
Che potremmo tradurre in italiano con il termine “Stronzate”.
La primissima striscia di Bull Tales, il “prototipo” di Doonesbury,
pubblicata il 30 Settembre 1968.
6
La striscia acquista popolarità e diventa nota come una voce “liberal” (ma in realtà molto
indipendente), che si propone come un tempestivo e acuto commento ai fatti dell’attualità.
Doonesbury viene presto considerato un perfetto esempio di giornalismo disegnato, ed è per
questo che nel 1975 è la prima striscia a fumetti a vincere il premio Pulitzer nella categoria
“Editorial Cartooning”, soprattutto grazie alle numerosissime tavole dedicate allo scandalo
Watergate.
Trudeau, forte del successo del premio Pulitzer, si dedicherà alla realizzazione di opere
anche in campi diversi: dall’animazione, con il lungometraggio The Doonesbury Special (che si
aggiudica una candidatura all’Oscar e vince il Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes); al
musical, con Doonesbury: A Musical Comedy e Rap Master Ronnie; fino alla docuficion con il
mockumentary Tanner ’88 (e con il suo seguito: Tanner on Tanner) firmato in collaborazione con il
regista Robert Altman.
Attualmente Doonesbury viene pubblicato in tutto il mondo su oltre 1.400 quotidiani.
In Italia la striscia è raccolta e pubblicata dal mensile Linus, che la ospita sulle sue pagine dal 1972.
Ci sembra doveroso ricordare l’importanza del lavoro di Enzo G. Baldoni (1948 - 2004), che
per moltissimi anni si è occupato della traduzione di Doonesbury in Italia. E’ soprattutto grazie a lui
se oggi la striscia ha acquistato anche nel nostro Paese una notevole fama.
Anche Trudeau, il “Doonesbury’s Daddy” ha sempre riconosciuto il valore di Baldoni, e in
occasione della sua morte violenta, avvenuta in Iraq nel 2004, ha dedicato alla sua memoria una
striscia in cui tutti i personaggi “storici” della serie piangono la sua scomparsa.
7
2. WELCOME TO THE REAL WORLD
I personaggi che animano le strisce di Trudeau non sono delle caricature: la loro
caratterizzazione è condotta in modo da sottolineare le loro peculiarità, senza però portarle
all’estremo, senza quindi sfondare la soglia della verosimiglianza. Trudeau gioca con questo limite,
con questo sottile confine fra verità, verosimiglianza e finzione. Sebbene spesso i personaggi si
possano trovare a vivere vicende surreali o paradossali, si rimane sempre all’interno di uno spazio
di “realtà potenziale”. Un’amicizia nata sul campo di battaglia fra un soldato americano e un
Vietcong è quasi impossibile; ebbene è quel “quasi” l’elemento che fa la differenza, la scintilla che
dà vita ai personaggi di Doonesbury. Quel “quasi” è ciò che dona loro credibilità e che ci porta a
pensare che in effetti persone come Mike, o Mark, o Boopsie, prima o poi potrebbero incrociare il
nostro cammino.
Un fumetto, dunque, che ha molto a che fare con la realtà: basti pensare al fatto che i suoi
personaggi, con il passare degli anni, crescono, invecchiano, muoiono; le loro idee si evolvono, i
loro gusti cambiano, così come cambiano le loro attività e le loro relazioni personali. Siamo
abituati a conoscere protagonisti dei fumetti come esseri eternamente sospesi in un limbo
temporale indeterminato, praticamente “congelati” in un’immagine di sé eternamente immutabile
(Dylan Dog non invecchia mai, e indossa sempre gli stessi abiti; Charlie Brown, fortunatamente,
non è mai cresciuto).
I personaggi di Doonesbury posseggono una sorta di quadridimensionalità: oltre la
bidimensionalità della pagina, essi hanno uno spessore che è quello del loro carattere, della loro
dimensione psicologica, affettiva, ideale. Ma c’è una quarta dimensione, che è quella temporale:
Mike, B.D., Boopsie, Zonker hanno un passato, un presente, un futuro; la loro esistenza, come
quella di tutti noi, si sviluppa lungo un asse temporale.
La profondità dei personaggi è evidenziata anche dal complesso di relazioni che
intrattengono: le loro storie personali si ramificano in un composito intreccio di parentele,
amicizie, amori. Sarebbe complicato, ad oggi, creare una mappa che illustri graficamente i rapporti
fra i vari protagonisti, proprio perché ognuno di essi vive e ha vissuto una vita di affetti e di legami,
perché ognuno di essi è un “animale sociale”.
Ciò contribuisce senz’altro ad allontanarci dall’idea di una galleria di personaggi piatti e
stereotipati: il rapporto conflittuale fra Mark e suo padre; la preoccupazione di B.D. per il proprio
padre disoccupato, licenziato dalla fabbrica di aeroplani e ridottosi a vegetare davanti al
8
televisore... sono esempi di una particolare attenzione dell’autore all’approfondimento,
all’esplorazione di tutti gli aspetti della vita delle sue creature d’inchiostro. Trudeau, insomma, non
si limita a presentarci i suoi personaggi, ma ce li fa conoscere veramente.
“Fa parte della magia di Trudeau: far sembrare il suo mondo a fumetti più vero del
vero. Un mondo in cui si sente che i personaggi vivono una vita propria e che il loro
creatore ne traccia i destini senza forzature, come se non dovesse far altro che
aspettare e guardare”2.
E’ innegabile che i personaggi di Doonesbury rappresentino in qualche modo delle tipologie ben
precise: B.D. è senz’altro il repubblicano bellicoso e reazionario per eccellenza; Zonker è lo
“sciroccato” (epiteto che gli viene affibbiato da B.D. già dalla striscia del 22 settembre 1971, in cui
il personaggio fa la sua seconda apparizione), l’hippie naïf e scriteriato; Boopsie è La Cheerleader.
Ma ognuno di questi apparenti bozzetti riesce, nel corso tempo, a riscattarsi dalla veste di
stereotipo, mostrando le proprie contraddizioni e la propria crescita interiore (il momento
massimo di autenticità di B.D. avviene recentemente, dopo la sua seconda esperienza in Iraq, dove
perde una gamba: per la prima volta dopo più di 30 anni lo vedremo senza alcun elmetto.
Parallelamente, acquisirà anche una posizione meno acritica nei confronti della guerra,
qualificandosi come un personaggio del tutto reale).
Ma l’acquisizione di consapevolezza non è mai completa, mai raggiunta del tutto. A differenza di
gran parte degli eroi della Bonelli o della Marvel3 che, sebbene possano possedere un certo
spessore psicologico, sono compiuti, in qualche modo statici, “completi” nel loro sviluppo, Mike e i
suoi compagni sono sempre alla ricerca di qualcosa, in evoluzione incessante, in continuo
mutamento. Come noi. Ed è proprio per questo che quelli Bonelliani sono eroi, quelli della Marvel
addirittura supereroi, mentre quelli di Doonesbury sono comuni mortali.
Il rapporto di Doonesbury con la realtà non si ferma però alla verosimiglianza dei suoi personaggi:
sconfina fuori della pagina e si realizza nel confronto con l’attualità dell’America contemporanea.
2
Luca Raffaelli - Tutta la realtà in un fumetto. Nell’introduzione al volume Doonesbury, America oggi. Supplemento in
abbinamento al quotidiano La Repubblica, nella collana I Classici del Fumetto di Repubblica, Serie Oro. Gruppo
Editoriale L’Espresso, Roma, 2005, p. 6.
3
Importanti case editrici di fumetti. La Bonelli è italiana, e pubblica, fra gli altri, Dylan Dog, Martin Mystere e Tex. La
Marvel è forse la “casa editrice dei Supereroi” per eccellenza: nella sua scuderia figurano Spiderman, Capitan America,
Hulk, i Fantastici Quattro, gli X-Men.
9
“Doonesbury è una fonte di informazione alternativa e spesso (non sempre) più
divertente rispetto a quelle tradizionali”4
precisa Antonio Dini nell’introduzione alla recente edizione dell’Integrale 1970-1972,
sottolineando come le strisce di Trudeau siano, a tutti gli effetti, dei pezzi di giornalismo vero e
proprio. E Doonesbury, in effetti, è la prima striscia a fumetti a vincere il premio Pulitzer nel 1975
nella sezione “Editorial Cartooning”, grazie in particolare alle numerose tavole incentrate sullo
scandalo Watergate. Specifica ancora Antonio Dini:
“Il Pulitzer a un cartoon pubblicato in un giornale non era affatto una novità, dato
che quella specifica categoria del premio era stata fondata nel 1922, cioè ben 53
anni prima. La novità stava nell’assegnarlo non a una vignetta, ma a una striscia che
veniva stampata nel dorso del giornale dedicato ai fumetti, e non in quello degli
editoriali e delle opinioni, che nei giornali statunitensi vengono tenuti anche
redazionalmente separati dalle pagine delle notizie”5.
Con il premio Pulitzer viene riconosciuta e affermata l’importanza di Doonesbury come fonte di
informazione non convenzionale ma culturalmente e socialmente valida. Il premio rappresenta
probabilmente
“Il riconoscimento implicito che l’intrattenimento e l’informazione all’inizio degli
anni Settanta avevano raggiunto una commistione profonda, contaminandosi a
vicenda”6.
La nascita di Doonesbury è legata ad un periodo, quello degli anni Settanta, in cui nuove istanze
convergevano su un terreno di sperimentazione: basti pensare al New Journalism di Tom Wolfe, o
all’esperienza radicale e lisergica del Gonzo Journalism di Hunter S. Thompson (il quale non a caso
entra a far parte del cast di Doonesbury sotto mentite spoglie: quelle di Duke, il personaggio più
surreale e funambolico della striscia).
Il giornalismo, negli anni Settanta, si rinnova, scopre nuovi linguaggi, si apre a nuove esperienze. E
fra queste nuove esperienze rientra quella di Doonesbury, che diventerà non solo una fonte
giornalistica ufficialmente riconosciuta, ma a volte verrà addirittura considerato come La fonte
3Antonio Dini - Il Metodo Doonesbury, fra Fumetto e New Journalism. Nell’introduzione dell’Integrale 1970-1972, a
cura di Omar Martini e Andrea Stefanelli, Bologna, Black Velvet Editrice, 2009, p. 10.
5
Antonio Dini, op. cit., p. 12.
6
Ibid.
10
d’informazione per eccellenza dagli stessi personaggi presi di mira dall’autore. Gerald Ford, ex
presidente degli Stati Uniti, dichiarò che
“Ci sono tre grandi mezzi per tenersi informati su quel che succede a Washington: i
giornali, la televisione e Doonesbury. Non necessariamente in quest’ordine”7.
Anche personaggi come Bill Clinton, Dan Quayle, George Bush (uno dei bersagli preferiti di
Trudeau, insieme a Nixon e Kissinger) e molti altri riconobbero l’importanza mediatica e l’influenza
sull’opinione pubblica della striscia. George Bush si spinse a dichiarare: “Il popolo americano
voterà, e vedremo se sta dalla parte di Doonesbury o dalla mia”8.
Affermazioni come queste da parte del potere politico denunciano una presa di coscienza
dell’impatto fortissimo (e per di più permanente e ininterrotto) che Doonesbury esercita
sull’opinione pubblica americana, accrescendone la consapevolezza politica.
Il successo della striscia negli Stati Uniti sta forse nel fatto che Trudeau, negli anni, è
sempre stato (per usare un gergo giornalistico) “sul pezzo”. Dal 1970 a oggi, Doonesbury ha
esercitato una funzione di commento di ogni argomento di attualità portato alla luce dalla stampa
statunitense. I personaggi sono cresciuti e cambiati con il loro Paese, vivendo di volta in volta sulla
propria pelle i mutamenti della società, senza trascurare nulla.
Le tematiche della guerra del Vietnam, delle contestazioni, dello scandalo Watergate (e più
recentemente dell’11 settembre, della guerra in Iraq, dell’elezione di Barack Obama a presidente
degli Stati Uniti) giungono all’attenzione del lettore filtrate dallo sguardo dei vari protagonisti, che
spesso offrono una visione pluriprospettica di uno stesso tema.
Il confronto fra i diversi punti di vista dei vari personaggi fa sì che il lettore possa godere di
un quadro il più possibile completo dei problemi affrontati. Esemplare in questo senso il caso delle
elezioni presidenziali: durante ogni competizione elettorale tradizionalmente ciascun personaggio
si schiera con un diverso candidato. Nel dialogo (e nello scontro, a volte) fra i vari co-protagonisti
vengono alla luce le motivazioni di ciascuno di essi. Ed è così che va a comporsi un complesso
mosaico polifonico che ci permette di osservare la realtà da varie angolazioni.
Doonesbury “funziona”, dunque, perché i suoi personaggi sono come noi. Ciascuno di noi si può
affezionare a Zonker, o a B.D., e grazie alla loro credibilità, vi si può identificare: le creature create
7
Riportato in: Paolo Interdonato e Matteo Stefanelli - Giornalismo disegnato. Alle origini del Fumetto di Realtà, dal
Political Cartooning al Comics Journalism. Nell’introduzione dell’Integrale 1970-1972, a cura di Omar Martini e Andrea
Stefanelli, Bologna, Black Velvet Editrice, 2009, p. 17.
8
Riportato in: Luca Raffaelli - Tutta la realtà in un fumetto, op. cit., pp. 5-6.
11
da Trudeau ci rappresentano e ci rispecchiano; hanno le nostre idee, le nostre ambizioni, le nostre
stesse delusioni. Sono reali, tangibili, perfettamente “umani”. L’abbiamo già detto: non sono eroi,
né tantomeno supereroi, ma persone normali (anche se forse a volte un po’ sopra le righe, come
nel caso di Zonker) con desideri normali e facce che nel corso degli anni ci sono divenute familiari,
come se facessero parte della nostra cerchia di amici. Li vediamo discutere insieme di politica
come noi ne discuteremmo con i nostri conoscenti, li vediamo crescere e invecchiare con noi.
A differenza degli animali antropomorfi di Walt Kelly, l’umanità dei personaggi di Trudeau è
immediata, perfettamente riconoscibile, esplicita. I protagonisti di Pogo indossano una maschera,
sono trasfigurati; quelli di Doonesbury la maschera l’hanno tolta rivelando il loro vero volto, che è
incredibilmente somigliante al nostro.
Poco importa se il segno di Trudeau è semplificato, molto essenziale. Immediatamente
riconosciamo in quelle linee scarne per lo meno l’icona di un volto umano. E, come ci fa notare
Scott McCloud, più il segno è iconico, stilizzato, più l’identificazione sarà universale e condivisa.
“Più una faccia è cartoonesca *...+ più persone è in grado di descrivere”9.
Il cast di Doonesbury siamo noi, sono i nostri amici, parenti, familiari. Stilizzati, semplificati,
tratteggiati, ma siamo noi. E il contesto è il nostro, è quello reale, il mondo che conosciamo. Ma è
sempre un mondo che guardiamo attraverso un filtro: i personaggi di Doonesbury fanno da
schermo, diventano il nostro strumento d’indagine del reale. Gli unici “irrappresentabili”, non a
caso, sono quelli “in carne ed ossa”: uomini di potere, presidenti,
segretari di Stato, first ladies non si manifestano praticamente mai,
nemmeno parodizzati. Compaiono le loro icone, i simboli del loro
potere, le loro caratteristiche portate all’estremo. Nel caso di George
W. Bush, ad esempio, egli è rappresentato da un grande asterisco
sovrastato da un elmo da generale romano, rappresentante l’indole
imperialista della sua amministrazione; elmo che, man mano che il suo
Governo entra in crisi, si sfascia, riempiendosi di crepe.
Il potere per lo più entra nelle vignette di Doonesbury solo come voce, che esce dal televisore di
Mike o che viene riportata nei baloons sospesi sopra la Casa Bianca. I potenti sono
irrappresentabili perché sono meno reali rispetto ai personaggi inventati: il potere è “ai confini
9
Scott McCloud - Understanding Comics, The Invisible Art, Kitchen Sink Press (USA), 1993. Pubblicato in Italia con il
titolo Capire il Fumetto, l’Arte Invisibile, Edizioni Studio 901, Torino, 1996, p. 39.
Immagine tratta dal volume
Doonesbury - America Oggi.
12
della realtà”, completamente trincerato nei palazzi, ignaro rispetto ai problemi della società,
talmente inverosimile di per sé da essere impossibile da raffigurare.
(Immagine tratta dal volume Doonesbury - America Oggi)10
(Immagine tratta dal volume Doonesbury - L’Integrale 1970-1972)11
In questo modo Mike & Co. diventano più reali del reale, certamente più credibili e più “umani”
rispetto a chi l’umanità l’ha persa divenendo la parodia di se stesso e facendosi corrompere dai
valori distorti del denaro e del potere. I personaggi di Doonesbury, pur essendo di carta,
conoscono meglio la realtà e ne sono molto più consapevoli dei personaggi in carne ed ossa.
Si è parlato, a proposito di Doonesbury, di New Journalism, di giornalismo disegnato ma anche di
reality show:
“Trudeau con Doonesbury è riuscito a intrecciare soap opera e reality show,
mettendo sullo stesso piano i suoi diversi personaggi, quelli inventati e quelli veri”12.
10
Doonesbury, America oggi. Supplemento in abbinamento al quotidiano La Repubblica, nella collana I Classici del
Fumetto di Repubblica, Serie Oro. Gruppo Editoriale L’Espresso, Roma, 2005.
11
Doonesbury - L’Integrale 1970-1972, a cura di Omar Martini e Andrea Stefanelli, Bologna, Black Velvet Editrice,
2009.
12
Luca Raffaelli - Tutta la Realtà in un Fumetto, op.cit., p. 5.
13
Con una formula assolutamente innovativa (non dobbiamo dimenticare che la striscia nasce nel
1970) Trudeau mette in scena, in effetti, una sorta di reality show cartaceo, tenendosi però
lontano dagli eccessi e dalle volgarità che contraddistinguono i nostri spettacoli televisivi.
Il termine “reality show” allora acquisisce una connotazione davvero coerente con il suo significato
letterale: quello di Doonesbury è, a tutti gli effetti, un “mostrare la realtà” (in maniera peraltro più
veritiera rispetto alle paradossali finzioni dei reality televisivi): il lettore può davvero spiare la vita
di ogni personaggio in tutti i suoi aspetti, e può seguirlo in tutte le sue attività, appassionandosi
alle sue vicende personali.
Man mano che si affeziona ai vari personaggi, il lettore è sempre più coinvolto nello
sviluppo dei fatti, e può capitare di attendere con apprensione la lettura dell’episodio successivo
per scoprire “com’è andata a finire”. In questo senso Raffaelli parla di “soap opera”: la complessità
delle relazioni fra i personaggi, l’intreccio di storie d’amore e d’amicizia, le esperienze individuali
che si intessono in una trama variegata e intricata, competono per laboriosità alle biografie dei
personaggi di Beautiful.
Ciò non preclude la comprensione del fumetto nemmeno al “neofita”, a chi si avvicina alla
lettura di Doonesbury per la prima volta, perché ogni singola striscia risulta godibilissima di per sé;
il lettore affezionato semplicemente ha qualcosa in più: una progressione nel tempo di una storia
(o di un insieme di storie) alla quale coinvolgersi. Il lettore assiduo ha la possibilità, rispetto al
lettore occasionale, di godere del Doonesbury-soap opera oltre che del Doonesbury-giornalismo
disegnato.
In un discorso generale sul fumetto, Barbieri afferma:
“La striscia comica autoconclusiva vive della sua vita di giornata. Ogni giorno rinasce
bell’e nuova, senza alcuna memoria, se non vagamente tematica, della sua sorella
del giorno prima.
Ma già dai primi anni della sua storia la striscia comica si presenta come solo
parzialmente autoconclusiva: in altre parole, ogni striscia conteneva una battuta, e
poteva (quasi sempre) essere letta ignorando quello che era successo i giorni
precedenti - ma in realtà da un giorno all’altro gli eventi si sviluppavano
leggermente, cosicché il lettore abituale era privilegiato rispetto a quello
occasionale: conoscendo i precedenti aveva maggior motivo di apprezzare i
contenuti della striscia del giorno. Molto spesso questa serie di strisce concatenate
giocavano, una volta impostato un tema, sulle tante variazioni di quel medesimo