Paragrafo1.5
la situazione dopo la conferenza di Ginevra
Dopo la conferenza di Ginevra gli americani tentarono di imporre la Francia
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come potenza straniera dominante in Indocina, e preoccupati che le elezioni per
l'unificazione del Vietnam potessero portare Ho Chi Minh al potere, cercarono di
aggirare gli accordi di Ginevra creando dei presupposti politici, per creare uno
stato non comunista nel Vietnam del Sud. Ho Chi Minh istituì un governo
temporaneo nel nord mentre nel giugno 1954 l’imperatore Bao Dai nominò Ngo
Dinh Diem primo ministro dello stato del Vietnam del Sud. Quasi un milione di
vietnamiti, per lo più cattolici, durante la sospensione delle ostilità emigrò da nord a
sud, dieci volte il numero di quelli che si spostarono a nord. Il primo Ministro
Diem dovette affrontare problemi piuttosto gravi per creare un governo stabile nel
Sud, dopo la conferenza di Ginevra i comunisti avevano concentrato i loro sforzi
nell’insediare un nuovo governo a Nord, ma comunque mantenevano il controllo su
parecchie regioni del Sud. Inoltre Diem dovette affrontare l’opposizione del Cao
Dai e dell’Hoa Hao, sette religiose attive nella zona di Saigon, ciascuna delle
quali esercitava un controllo politico a livello locale e disponeva di forze armate di
migliaia di elementi, inoltre Diem, cattolico in una società prevalentemente
buddista, si trovava a capo di un governo dalla base popolare alquanto limitata, di
cui facevano parte parecchi membri della sua famiglia e che non teneva in gran
conto i rappresentanti delle sette.
Alcuni funzionari americani, consci del suo seguito limitato e
dell’animosità che i francesi nutrivano verso di lui, erano piuttosto scettici
sulle sue possibilità di riuscire a governare il Paese. Nel maggio del 1955, mentre
il governo statunitense discuteva su un eventuale ritiro dell’appoggio a Diem,
questi partì all’attacco delle sette e in pochi giorni ebbe il sopravvento su di esse.
Gli Stati Uniti gli rinnovarono il sostegno ma, nonostante gli aiuti sempre più
consistenti, Diem si dimostrò ancora più ostinato nell’opporsi alle richieste di
riforma provenienti dagli Stati Uniti. La vittoria di Diem sulle sette e la partenza
delle ultime truppe francesi nel 1955 resero impossibili le elezioni nazionali
concordate a Ginevra. Nel mese di ottobre del 1955 il primo ministro consolidò il
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suo potere mediante un referendum manipolato che gli permise di sostituire
l'imperatore Bao Dai al vertice dello Stato e di smantellare formalmente la
monarchia insediando la Repubblica del Vietnam. A quel punto Diem non aveva
interesse a competere in libere elezioni contro Ho Chi Minh, e anche importanti
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personaggi americani lo invitarono a evitare tale confronto. Il governo di Hanoi
ben presto si rese conto che le attese per una riunificazione pacifica avrebbero
dovuto essere ancora rimandate considerando che perfino 1’Unione Sovietica, sua
benefattrice non si dimostrava particolarmente ansiosa di insistere per il rispetto
degli accordi di Ginevra. Tra la seconda meta del 1954 e la fine del 1960 gli Stati
Uniti accrebbero gli sforzi per limitare l'influenza comunista in Vietnam e creare
uno stato non comunista autosufficiente e definitivamente separato dal resto del
Paese. Aumentarono quindi gli aiuti al governo di Diem, diedero impulso allo
sviluppo economico, fecero pressioni per le riforme sociali e politiche, e inviarono i
consulenti per specifici progetti, come l’addestramento di un corpo di polizia. Nel
1954 Diem per consolidare il proprio potere, impiegò le forze armate per sradicare
ciò che restava dei Vietminh nel sud, lanciando una campagna di denuncia dei
comunisti. Queste azioni aggressive misero in serio pericolo i progetti di
riunificazione di Ho Chi Minh, che aveva sperato di poter evitare la guerra creando
un'alternativa politica a Diem nel sud del Paese. I comunisti attivi nel sud del Paese
che nel Politburo di Hanoi godevano dell'appoggio dell'influente politico Le Duan,
già nel 1956 si dichiaravano a favore dell’intervento militare contro Diem, mentre
la dirigenza del partito a Hanoi preferiva insistere con le iniziative politiche.
Preoccupati del potere crescente di Diem, i sudvietnamiti si organizzarono e nel
1957, quando Diem inviò truppe all'attacco delle roccaforti comuniste,
cominciarono gli scontri tra l’esercito della Repubblica del Vietnam di Saigon e gli
insorti del sud. Nel 1957 l'esercitò di Saigon uccise duemila sospetti comunisti e
ne arrestò altri sessantacinquemila. Nel 1959 Le Duan sollecitò una combinazione
di lotta militare e lotta politica, mentre Ho Chi Minh sperava che il governo di
Diem sarebbe caduto senza l’uso della forza, i leader di partito a Hanoi ammisero
la necessità di una strategia più aggressiva da parte dei comunisti sudvietnamiti,
nello stesso anno vi furono i primi invii di personale e materiali dal nord al sud. In
mancanza di soluzione politica gli interventi di Diem avevano quindi stimolato
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l’inizio della guerra civile, le cui vittime cominciavano a contarsi a migliaia da
entrambi le parti. Rendendosi conto che era necessario impedire agli insorti
l’accesso alle risorse della popolazione civile, tra il 1959 e il 1961 Diem cercò di
guadagnarsi la fedeltà del popolo sudvietnamita con la costruzione delle città
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agricole villaggi fortificati contro le infiltrazioni dei guerriglieri, dove vennero
trasferite centinaia di famiglie che furono cosi costrette ad abbandonare i luoghi in
cui vivevano da secoli a favore di zone rurali più isolate e lontane dall’influenza
comunista. Ai contadini, il programma non piacque, poiché rappresentava per loro
la causa di disgregazione e di attriti sociali. La corruzione dei funzionari
governativi, sommandosi all’opposizione del popolo spinse Diem a porre termine
all’esperimento ma il danno era fatto, proprio questo tipo di scelte unite all'elevato
tasso di nepotismo presente nel suo governo non facevano altro che allontanare
sempre di più buona parte della popolazione. Nel novembre del 1960, dopo un
tentativo di colpo di stato, Diem riprese rapidamente il controllo, ignorando quasi
completamente le raccomandazioni dei consiglieri statunitensi relative alle
applicazioni di riforme politiche ed economiche. Nel dicembre del 1960 i comunisti
del Sud si unirono ad altri gruppi ostili al governo di Diem e crearono il Fronte di
liberazione nazionale(FLN) che Diem ribattezzò spregiativamente vietcong, cioè
comunisti vietnamiti.
Il FLN godeva di ampio sostegno e privilegiava l’indipendenza nazionale
rispetto alla rivoluzione sociale e promuovendo la riforma agraria, si guadagnò
l’appoggio dei contadini e se alcuni si sentirono spinti ad arruolarsi per motivi di
pressioni sociali e di paura, la maggior parte aderì volontariamente. I1 governo di
Hanoi dava le direttive al FLN ed era ora ben deciso a riunificare il Paese con la
forza se necessario. La conferenza di Ginevra aveva dunque ritardato ma non
concluso la guerra per l’indipendenza e la riunificazione del Vietnam , e all’inizio
del 1961 i ribelli sudvietnamiti organizzarono la loro componente militare
nell’Esercito popolare rivoluzionario (EPR). Il nuovo presidente americano, John
Kennedy, ampliò l’impegno statunitense in Vietnam poiché riteneva come
Eisenhower, che i1 conflitto fosse un’aggressione comunista nel contesto della
guerra fredda, e pensava che una vittoria dei comunisti vietnamiti avrebbe
incoraggiato altri movimenti rivoluzionari nel resto del mondo a vantaggio di
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sovietici e cinesi. L’impegno degli Stati Uniti nei confronti di Diem continuo a
crescere nonostante la sua popolarità fosse in declino. 1 rapporti della CIA (Central
Intelligence Agency) e di una speciale commissione inviata da Kennedy nel 1961
infatti rivelavano che la posizione politica di Diem era ormai compromessa.
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Davanti alla situazione critica di Saigon Kennedy reagì riaffermando che
l’obiettivo statunitense era quello di impedire una vittoria comunista in Vietnam.
Kennedy decise di puntare sulla contro insurrezione una serie di interventi messi in
atto dal governo istituzionale per sconfiggere i vietcong, se i ribelli vietnamiti
utilizzavano tattiche di guerriglia per scalzare il governo di Saigon e ottenere il
controllo politico, una efficace contro insurrezione doveva provvedere alla
sicurezza della popolazione sul cui sostegno la guerriglia faceva affidamento.
Reparti armati speciali, denominati Berretti verdi, addestrarono l’esercito
sudvietnamita alla guerriglia, mentre la CIA metteva in atto un programma locale
di difesa denominato civilian Irregular Defense Groups (CIDG). Per garantire la
sicurezza e la sorveglianza negli altipiani. Tra il 1961 e il 1964 gli Stati Uniti
lanciarono un programma di villaggi strategici, circondati da filo spinato e
sorvegliati da unita militari regolari, che avevano lo scopo di limitare la
penetrazione del FLN e impedire ai guerriglieri di reclutare membri tra la
popolazione. Seguendo in linea di massima i suggerimenti del consigliere
britannico Robert Thompson, Diem edificò molti di questi villaggi fortificati,
simili alle precedenti comunità agricole perché fossero autosufficienti nel difendersi
dagli insorti ma, come gli altri esperimenti analoghi, questi villaggi circa 3.000 alla
fine del 1962 non ebbero grande successo e non conseguirono gli obiettivi che si
volevano raggiungere. I consiglieri americani erano in disaccordo sulla strategia
migliore per sconfiggere la guerriglia, ma convennero che in mancanza di ulteriori
aiuti dagli USA, i comunisti avrebbero preso il controllo del Sud. I1 15 ottobre
1961 il Presidente Kennedy inviò in Vietnam il generale Maxwell Taylor per
valutare l’eventuale impatto di truppe da combattimento statunitensi in Vietnam.
Taylor riferì che in effetti era in atto una crisi ma che si poteva porvi rimedio
aumentando il numero di consiglieri militari americani piuttosto che con l’invio di
truppe di terra. Il rifiuto di Diem di delegare l’autorità e di ampliare la sua base di
sostegno, aprendo l’accesso al governo ad altre fazioni politiche, da qualche tempo
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deludeva le aspettative dei consiglieri americani. Egli avendo sistemato parecchi
parenti in posizioni di rilievo e facendo parte della minoranza cattolica, non godeva
di un grande seguito nel Paese.
Non modificarono La situazione gli ulteriori aiuti statunitensi del 1961 e
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l’arrivo, nel febbraio del 1962, del generale Paul Harkins, capo del neonato
MACV (Military Assistance Command) in Vietnam che ora coordinava tutte le
attività militari Statunitensi in Vietnam sostituendo il vecchio MAAG.
La riluttanza dell’esercito sudvietnamita a condurre operazioni offensive
contro l’esercito rivoluzionario ostacolò i progetti bellici statunitensi, perché Diem
continuava a opporre resistenza a interventi militari che potessero portare a elevate
perdite umane. Nel settembre del 1962 i consiglieri statunitensi a Saigon valutarono
che il governo di Diem controllasse il 49% del Vietnam del Sud, il FLN il 9% e il
resto fosse ancora oggetto di contesa. L’insurrezione nel Sud nacque a livello
locale, ma a delineare gran parte del suo andamento era Hanoi, il cui governo
considerava il Vietnam un unico paese e un unico popolo temporaneamente diviso a
causa di intrusioni straniere. Sebbene gli scontri militari fossero divenuti più
frequenti sia Hanoi sia il FLN continuarono a dare la precedenza agli aspetti
politici della lotta, il motivo principale era di evitare un intervento diretto degli Stati
Uniti nel conflitto. Inoltre sia i cinesi sia i sovietici volevano evitare un conflitto
militare su vasta scala nel sud -est asiatico. La posizione militare del governo di
Saigon si aggravò nel corso del 1963. Una delle prime battaglie importanti della
guerra si svolse il 2 gennaio del 1963 ad Ap Bac, a trentacinque miglia da Saigon,
dove un battaglione dell’esercito rivoluzionario sebbene nettamente inferiore come
numero nonché privo del supporto di artiglieria e mezzi aerei, ridusse a mal partito
le forze di Saigon. Le cronache giornalistiche americane smentirono i comunicati
ottimistici diffusi dal governo di Saigon che affermavano di aver ottenuto una
vittoria sul campo militare. Il presidente Kennedy inviò il generale Earle Wheeler,
capo di Stato Maggiore dell’esercito, e il generale della marina Victor Krulak
perché conducessero un’inchiesta. I due ufficiali criticarono la stampa, elogiarono
gli sforzi di Diem e tornarono in patria riportando un’ impressione
complessivamente molto positiva, mentre altri esponenti ufficiali statunitensi
ritenevano che solo un governo anticomunista, a forte connotazione nazionalista e
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vicino alla popolazione rurale buddista avrebbe avuto la possibilità di sconfiggere il
FLN. Hanoi stava infatti guadagnando un vantaggio sul versante politico, anche
se Saigon aveva una posizione di superiorità su quello militare. Dei 3.700 villaggi
strategici, il FLN ne aveva distrutti 2.600, arrivando, già verso la meta del 1963 a
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controllare un’ampia quota di villaggi e popolazione sudvietnamita. Da anni i
rapporti di Diem con la maggioranza buddista sudvietnamita erano conflittuali e lo
scontro alla fine degenerò in aperta rivolta nell’estate del 1963. L’8 maggio a Hue
le truppe governative attaccarono i dimostranti buddisti e ne uccisero parecchi. I
leader buddisti chiesero al governo di porre termine alle misure repressive contro di
loro ma Diem non ammise l’esistenza di una situazione di crisi mentre
continuavano le dimostrazioni. La crisi buddista pose fine alle speranze americane
che Diem potesse costruire quella stabilita politica indispensabile per sconfiggere l
'FLN. Quando il 22 agosto 1963 assunse l’incarico di ambasciatore degli Stati Uniti
in Vietnam Henry Cabot Lodge fu informato dai generali dell’esercito
sudvietnamita dell’esistenza di un progetto di colpo di stato contro Diem. Il
presidente Kennedy fece diverse dichiarazioni pubbliche in cui esprimeva la sua
insoddisfazione nei confronti di Diem mentre circolava addirittura la voce di un
possibile accordo tra il governo presieduto da Diem e il Vietnam del Nord che
consentisse a Diem di restare al potere. Una delegazione guidata dal segretario alla
Difesa Robert McNamara e da Maxwell Taylor rientrò all’inizio di ottobre,
esprimendo ottimismo sulle possibilità militari, ma dando anche una valutazione
negativa della stabilita politica del governo di Diem. Il 1° novembre 1963 i generali
dell'esercito vietnamita misero in atto un colpo di stato e giustiziarono Diem . Gli
americani avevano approvato il colpo di stato, ma rimasero negativamente colpiti
dalle numerose esecuzioni sommarie che seguirono il colpo di stato. Il presidente
Kennedy fu assassinato tre settimane più tardi lasciando in eredità al nuovo
presidente Johnson un contingente militare americano in Vietnam di 16.000 soldati
e il coinvolgimento in una guerra sempre più estesa.
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la politica di Johnson
Anche il presidente degli Stati Uniti Johnson, come già Kennedy prima di
lui, credeva che un fallimento in Vietnam avrebbe causato al suo partito gravi
ripercussioni politiche a vantaggio dei Repubblicani, i quali già in passato avevano
accusato i Democratici di essere i responsabili dell’avanzata comunista in Asia. Pur
continuando ad aderire alla politica kennediana, Johnson ritenne necessario
ampliare l’impegno statunitense per salvaguardare il regime di Saigon. Il generale
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Duong Van Minh, nuovo capo dello stato sudvietnamita, si dimostrò incapace di
dare stabilità al governo e di combattere i comunisti. Alla fine del 1963 Saigon
godeva di un notevole vantaggio sia in termini di potenziale umano sia di
armamenti, l'esercito sudvietnamita era composto da 215.000 soldati, più 83.000
della guardia civile e oltre 200.000 membri delle forze irregolari. La CIA valutò
invece che il potenziale dell’esercito rivoluzionario fosse inferiore alle 25.000
unita, più 60-80.000 irregolari. Nonostante questo vantaggio e il controllo dello
spazio aereo, non erano stati fatti apprezzabili passi avanti contro i guerriglieri.
L’esercito rivoluzionario intensificò anzi gli attacchi e ottenne il controllo su una
più vasta area attorno a Saigon, danneggiando strade, interrompendo le vie di
comunicazione e riuscendo a raccogliere sistematicamente imposte dalla
popolazione civile. Al presidente Johnson giungevano resoconti contrastanti sulla
situazione del governo sudvietnamita e pochi funzionari di Washington avevano
fiducia nel nuovo regime. Sia il segretario alla Difesa McNamara sia il direttore
della CIA John McCone fecero dichiarazioni pessimistiche il primo addirittura
affermò che, senza un drastico cambiamento nel modo di agire di Saigon, gli Stati
Uniti avrebbero potuto trovarsi di fronte a una vittoria dei comunisti nel giro di tre
mesi. Mentre i funzionari statunitensi discutevano sul modo adeguato per gestire
gli eventi, furono gli stessi vietnamiti a portare drastici mutamenti alla situazione.
Il 29 gennaio del 1964 il generale Nguyen Khanh, comandante di corpo d'armata di
Saigon con ambizioni politiche, guidò un colpo di stato contro il governo,
provocando reazioni di segno opposto sia nel Vietnam del Sud sia negli Stati Uniti.
Washington aveva comunque già perso ogni illusione sui deboli tentativi di Duong
Van Minh e a quel punto sperava che Khanh avrebbe portato avanti l’impegno
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