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PREMESSA
Questo lavoro nasce da una passione ed una esigenza: passione
per la lettura, che nell’infanzia coltivavo sulle pagine di
“Topolino”, ed esigenza di approfondire la conoscenza di un
mezzo di comunicazione poco considerato, che mi ha consentito
di apprendere divertendomi.
Partendo dalla considerazione che ogni avvenimento della vita
umana è reso oggetto di narrazione, la scelta di analizzare una
tematica delicata come la guerra, attraverso un medium
apparentemente “leggero” come il fumetto, è direttamente
connessa allo studio della nostra storia recente . Il Novecento,
è il secolo della violenza di massa: la sua storia, difatti, è
segnata non solo dalle due guerre mondiali, che hanno
profondamente messo in crisi il concetto stesso di civiltà
europea e di progresso, ma da una serie di conflitti “periferici”
8
rispetto all’Europa Centrale
1
. Nello stesso periodo però si è
assistito ad un’accellerazione del progresso tecnologico, ad una
moltiplicazione degli strumenti di comunicazione, ad un
innalzamento del livello medio di alfabetizzazione tali da non
poter essere paragonati a nessun altro momento storico.
La guerra in quanto evento drammatico e dirompente, che
coinvolge e sconvolge l’immaginario collettivo, segnato dal
rapporto conflittuale tra rimozione e conoscenza, trova
necessariamente espressione in tutti i mass-media. Memoria e
conflitto sono diventati grandi temi della cultura
contemporanea, col rischio di banalizzarli.
L’ intento di questo lavoro è quello di proporre una panoramica
sulle diverse tipologie di fumetto di guerra.
1
V. Fortunati, D. Fortezza, M. Ascari, Conflitti. Strategie di rappresentazione della guerra
nella cultura contemporanea, Roma, Meltemi, 2008, p. 9
9
Il primo capitolo introduce all’argomento, tratteggiando la
storia del fumetto, spiegando il suo linguaggio e delineando il
suo rapporto con la società.
Nel secondo capitolo si prenderanno in esame alcuni fumetti
statunitensi, inglesi ed italiani, che rappresentano in massima
parte conflitti della storia contemporanea.
Il terzo capitolo focalizzerà un diverso modo di approcciare la
guerra: non più la narrazione retorica di epiche battaglie, ma la
cronaca estemporanea della vita in tempo di guerra.
Nel quarto capitolo si affronteranno alcuni “voli pindarici” del
fumetto di guerra: in che modo il medium ha descritto conflitti
generati dalla fantasia.
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CAPITOLO I
ORIGINE E VITA DI UN MEDIUM “MINORE”:
CENNI DI STORIA E SOCIOLOGIA DEL FUMETTO
1. Nascita del fumetto
Il fumetto ha origini molto antiche: il suo archetipo è la
narrazione per immagini. Ancor prima che fosse inventata la
scrittura, l’uomo delle caverne tentava di riprodurre le sue
avventure di guerra e di caccia sulle pareti di roccia.
Nel corso della Storia la narrazione per immagini ha fatto
parte del patrimonio espressivo di ogni civiltà. Dalle pitture
rupestri alle raffigurazioni egizie del Libro dei morti, dalle
colonne romane (come quella Traiana) ai libri miniati medioevali
(ad esempio la famosa Bibbia Pauperum, che narrava parabole e
gesta di Gesù attraverso le illustrazioni), dai rotoli cinesi
orizzontali dipinti a quelli verticali giapponesi, dagli affreschi e
12
dalle vetrate delle chiese cristiane all’arazzo di Bayeux
2
, alle
xilografie tedesche della fine del Quattrocento su argomenti
religiosi, morali e politici, gli esempi non mancano
3
.
Dall’invenzione della stampa a caratteri mobili in poi, le storie
per immagini si diffusero ed acquistarono autonomia.
A partire dall’Inghilterra, nella metà del secolo XIX, si
affermò la passione per le caricature politiche e sociali che
avrebbero trasmesso al fumetto le fisionomie esagerate, il
tratto semplice e il feroce umorismo d’attualità.
Nel 1827 l’insegnante ginevrino Rodolphe Töpffer, ispirandosi
alle incisioni di Hogarth e ai disegni di Rowland, cominciò a
scrivere e disegnare alcuni racconti, che vennero pubblicati a
partire dal 1833. Egli fu anche il primo teorico di questa forma
2
L’Arazzo di Bayeux risale al 1066-1077, è un ricamo in fili di lana su tela di lino che illustra la
conquista di Guglielmo di Normandia, detto il conquistatore, raffigurandone i complessi artefatti: la
preparazione alla spedizione, la navigazione sulla Manica, lo sbarco, l’invasione e la vittoriosa
battaglia di Hastings. L’arazzo si trova a Bayeux presso il Musée de la Tapisserie.
3
F. Restaino, Storia del fumetto : da Yellow Kid ai manga, Torino, Utet, 2004, pp.9-10.
13
espressiva, fornendone un’accurata analisi nei suoi “Saggi di
fisiognomica”.
Altri precursori del moderno fumetto furono gli illustratori:
Gustave Doré, Lothar Meggendorfer, Frank Bellew, Albert
Humbert, Charles Ross e sua moglie Emilie de Tessier, Tom
Browne e Wilhelm Busch. A quest’ultimo si deve l’invenzione dei
bambini terribili Max e Moritz, che avrebbero ispirato uno dei
primi fumetti, “The Katzenjammer Kids”, iniziato nel 1897 da
Rudolph Dirks
4
.
Soltanto sul finire del XIX secolo, all’interno dell’apparato
produttivo e distributivo del giornale nacque il medium
fumetto. Dal 1890 più di un quarto dei quotidiani statunitensi
pubblicavano supplementi domenicali, nonostante la forte
resistenza degli ambienti religiosi, che consideravano sacra la
domenica.
4
Ivi, p. 11.
14
Tra gli editori che osarono superare tale veto, si distinse
Joseph Pulitzer, che arricchì continuamente il supplemento
domenicale di satira ed umorismo fino a proporne uno
contenente una regolare sezione <<comica>>. A seguito
dell’invenzione della rotativa a colori, dal 1894 questa sezione
apparve a quattro colori.
Richard Felton Outcault fu assunto nello stesso anno dal
direttore del supplemento domenicale del quotidiano “The New
York World”, di proprietà di Pulitzer. Già cartoonist, ossia
autore di vignette satiriche e umoristiche, per il settimanale
“Truth”, nelle sue illustrazioni a pagina intera o mezza pagina
riproduceva scene di vita quotidiana dei quartieri poveri e
multietnici della metropoli newyorkese.
In questi squarci sulla vita di strada dal febbraio 1895
comparve saltuariamente un bambino irlandese calvo, in
camiciola, il cui nome era Mickey Dugan. Nel gennaio dall’anno
seguente, in seguito ad una migliore riuscita nella stampa del
15
giallo, la camiciola di Mickey diventò di questo colore,
calamitando immediatamente l’attenzione dei lettori e
facendolo passare alla storia come “The Yellow Kid”.
A questo punto le illustrazioni in cui il bambino giallo era
ancora un personaggio secondario nella cornice della strada,
non erano ancora fumetti. Il salto di qualità avvenne grazie al
magnate della stampa William Randolph Hearst, rivale di
Pulitzer, che offrì ad Outcault un contratto più vantaggioso e
lanciò lo “American Humorist”, coloratissimo supplemento
domenicale al quotidiano “New York Journal”, che incontrò il
favore del pubblico. Sullo “Humorist” Yellow Kid divenne
gradualmente protagonista delle scene illustrate, in alcune
delle quali dialoga attraverso il balloon, specie di palloncino o
nuvoletta di fumo (da cui deriva il termine italiano
<<fumetto>>).
Quella che è comunemente considerata la prima vera striscia a
fumetti della Storia comparve il 25 ottobre 1896. In essa
16
Yellow Kid parla all’altoparlante di un grammofono a manovella
da cui fuoriescono parole scritte all’interno del balloon.
Fig. 1 – “The Yellow Kid and His New Phonograph”
Outcault era totalmente inconsapevole di aver creato una
nuova forma d’arte e per questo fino al 1902, quando diede vita
ad un nuovo personaggio, Buster Brown, utilizzò principalmente
le didascalie e raramente il balloon
5
.
5
Ivi, pp. 5-6-7.
17
2. Breve percorso evolutivo dalle <<strips>>
alle <<graphic novels>>
La storia del fumetto è una storia breve (soprattutto se
paragonata a quella delle arti visive) e problematica
6
.
Un primo problema è rappresentato dal processo di analisi,
studio e ricostruzione storiografica dei primi anni della
produzione fumettistica su quotidiani, che viene svolto tramite
ristampe totali o parziali perché il materiale è quasi del tutto
irreperibile
7
.
Un secondo problema è costituito dall’incapacità della cultura
“alta” di considerare il fumetto una forma d’arte ed
intraprenderne studi critici fino agli anni Sessanta del
Novecento. La prima grande mostra internazionale del
6
D. Barbieri, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carrocci, 2009, p. 11.
7
F. Restaino, op. cit., p. 19.
18
fumetto, dal titolo “Bande dessinée et figuration narrative”
(Fumetto e figurazione narrativa), ebbe luogo, infatti, al
“Musée des Arts Décoratifs” del Louvre di Parigi soltanto nel
1967
8
. Negli stessi anni cominciarono a svilupparsi editoria e
produzioni indipendenti, con una svolta che avrebbe portato
finalmente il medium ad acquisire maturità imprenditoriale ed
espressiva.
Eppure l’alone denigratorio che avvolge il termine italiano
fumetto, quello inglese comics oppure lo spagnolo historietas,
permane tutt’oggi. Comunemente, nonché erroneamente, si
continua a ritenere il fumetto un medium “minore”, una
“sottoletteratura” per l’infanzia o per adulti affetti dalla
sindrome di Peter Pan
9
.
Ma in realtà cosa sono i fumetti? Gino Frezza li definisce come
“disegni vignettati e posti in successione sequenziale, su tavola
8
Ivi, pp. 11-12.
9
D. Barbieri, Breve storia della letteratura a fumetti, Roma, Carrocci, 2009, p. 11.
19
o striscia, di piccolo o grande formato, in bianco e nero e/o a
colori; la loro articolazione sequenziale è altresì varia e
composta di vaste differenziazioni nelle forme praticate e
legittimate dal consumo
10
.”
Questi disegni hanno avuto una complessa evoluzione delle
forme, dei contenuti e del linguaggio, e con essa nel corso del
tempo son mutate anche le tipologie di lettori, i tempi, i luoghi
e le modalità di fruizione.
Da quel fatidico 25 ottobre 1896, si andò affermando una
struttura ben definita della sezione dedicata alle strips nei
supplementi domenicali. La forma standard prevedeva una
pagina intera per i personaggi principali (mentre a quelli
secondari era solitamente dedicata mezza pagina all’interno del
supplemento), composta da dodici vignette distribuite in
quattro strisce orizzontali di tre vignette ciascuna. Il titolo
10
G. Frezza, Le carte del fumetto. Strategie e ritratti di un medium generazionale, Napoli,
Liguori, 2008, cit. p. 1.
20
del fumetto, che corrispondeva generalmente al nome del
personaggio, compariva in alto
11
.
Le tavole, con immagini e all’inizio didascalie, poi balloons o
nuvolette contenenti parole e pensieri dei personaggi in azione,
narravano storie i cui contenuti, come sottolinea Gino Frezza
citando Alberto Abruzzese, sono pressoché gli stessi del
cinema delle origini : “i trucchi, gli inseguimenti, l’esotico,
l’attualità, la morale civile
12
”.
L’<<anti-naturalismo>> delle tavole di Outcault, Dirks, Verbeek,
Feininger, McCay, grazie al quale personaggi ed oggetti
possono trasformarsi da una vignetta all’altra oppure
oltrepassare il limite stesso delle vignette, rappresenta
l’equivalente dei trucchi cinematografici; i temi del viaggio e
dell’esotico sono alla base di molte avventure domenicali, da
quelle di “The Katzenjammer Kids” di Dirks & Knerr a quelle
11
F. Restaino, op. cit., p. 14.
12
A. Abruzzese, Forme estetiche e società di massa, Venezia, Marsilio, 1973, cit. p. 100.
21
di “Little Nemo in Slumberland” di McCay; la morale civile nelle
strips è schematizzata per essere evidente alla fine di ogni
storia, come in “Bringing Up Father” di McManus o “Buster
Brown” di Outcault
13
.
Fig. 2 – “Little Nemo in Slumberland”, The walking bed
13
G. Frezza. Fumetti, anime del visibile, Roma, Meltemi, 1999, pp. 33-34-36-38.