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dalla Germania sottrarrà intere popolazioni all’obbedienza alla chiesa di Roma, l’espansione turca
nel Mediterraneo e nei Balcani, lo scontro tra la Spagna di Filippo III e l’Inghilterra di Elisabetta, la
ribellione delle Province Unite dei Paesi Bassi del Nord dalla Spagna e le guerre di religione che
interessarono la Francia e terminarono nel 1598.
Il Cinquecento è però anche il secolo delle grandi svolte religiose: la Riforma protestante, lo scisma
anglicano, il Concilio di Trento, la Pace religiosa di Augusta del 1555, la Controriforma.
Questi fatti, intimamente collegati gli uni agli altri, hanno determinato il corso della storia europea,
portandola all’inizio del XVII secolo ad una situazione di crescente polarizzazione politica,
religiosa ed economica finchè maturarono infine le condizioni perché scoppiasse un conflitto e tutti
i nodi accumulati venissero sciolti.
Scopo di questa breve introduzione è cercare di illustrare a grandi linee gli avvenimenti ed i
movimenti indicati, dimostrarne la reciproca interazione e mettere in evidenza come abbiano in
maniera sinergica accompagnato l’Europa verso la guerra che la sconvolse dal 1618 al 1648.
5
1.1 – Il “lungo secolo”
Il XVI secolo è passato alla storia come un secolo di grandi progressi e di notevoli cambiamenti
nella vita del continente europeo: ci fu un lungo periodo di crescita demografica (destinato poi a
contrarsi nel Seicento ma non per motivi legati alla guerra dei Trent’anni), le strutture e la dinamica
dell’economia mondiale subirono probabilmente una trasformazione molto più radicale che non nel
secolo seguente, i nuovi orizzonti aperti dalle esplorazioni e dalle scoperte geografiche dell’ultimo
scorcio del Quattrocento trasformarono il volume del commercio e delle manifatture, l’arrivo delle
immense risorse di metalli preziosi dal continente americano cambiò per sempre la storia
economica dell’Europa ed in particolare della Spagna, i nuovi sbocchi rappresentati dai mercati
extraeuropei provocarono un’espansione delle esportazioni che determinò un balzo in avanti per le
produzioni ed i commerci del vecchio continente.
Tutti questi elementi di prosperità risaltano e spiccano ancor di più se contrapposti alle peculiarità
del Seicento, un secolo nel quale si verificarono invece una grossa crisi demografica generale ed
un’altrettanto grande crisi commerciale, vi furono crolli economici e ripetute bancarotte, eventi
bellici di grande portata con le loro immense devastazioni, crisi nel settore agricolo con un
vertiginoso aumento dei prezzi, … il tutto mentre le risorse extraeuropee cominciarono a ridursi e
ad influire sempre meno nella vita economica europea e si verificava il progressivo spostarsi dei
poli di attività economica dai vecchi centri dell’Europa meridionale verso le più piccole ma
intraprendenti economie del nord
2
.
Dal punto di vista politico, il Cinquecento ha rappresentato un’epoca di lotte per l’equilibrio di
potere europeo ed ha prodotto una serie notevole di cambiamenti di strategie ed obiettivi e numerosi
cambi d’alleanze all’interno dei due grandi blocchi di potere, quello austro-spagnolo degli Asburgo
e quello dei suoi oppositori inglesi, francesi ed olandesi
3
.
Nella prima metà del Cinquecento la Riforma protestante rompe l’unità cristiana dell’Europa, gli
Stati nazionali vanno assumendo una fisionomia sempre più decisa, il campo d’azione degli europei
si amplia per la formazione dei grandi imperi coloniali d’America, la rivoluzione copernicana è in
pieno corso di svolgimento, il capitalismo moderno inizia il suo faticoso decollo, riprende vigore il
mito della monarchia universale con Carlo V d’Asburgo; egli, erede delle corone di Spagna, Austria
e Paesi Bassi, viene eletto – grazie anche al favore dei maggiori finanzieri europei fiduciosi nella
solvibilità dell’Asburgo dovuta alla disponibilità dell’oro americano – nel 1519 anche Imperatore
del Sacro Romano Impero e s’impegnerà per cercare di tradurre in realtà quel mito ma incontrerà la
2
J.P. Cooper (a cura di), “La decadenza della Spagna e la guerra dei Trent’anni: 1610 – 1648/59”, Garzanti, Milano 1971.
3
Josef Polisensky, “La Guerra dei Trent’anni”, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1982 (Traduzione di Enrico Basaglia).
6
tenace opposizione della Francia, ben decisa a non farsi soffocare nella morsa dei domini asburgici
e pronta ad allearsi con tutti i nemici dell’imperatore, cioè con gli stati italiani e persino con i
principi tedeschi ed il sultano turco. Ne nascerà un immane conflitto che, attraverso diverse
interruzioni, coprirà un arco temporale dal 1521 al 1559.
Il progetto di Carlo V s’inserisce in un panorama europeo nel quale si vedono i primi elementi che
caratterizzeranno l’impianto organizzativo degli stati moderni, in particolare la nascita di strutture
amministrative ed organizzazioni burocratiche ed un sistema di relazioni economiche più strette
all’interno dei singoli paesi.
L’elezione di Carlo V porta alla guerra con la Francia, la quale si sente come avvolta e soffocata dai
domini asburgici, anche perché l’imperatore dichiara, tra l’altro, di voler rivendicare il Milanese
tornato in mani francesi in quanto a lui necessario per collegare agevolmente i domini d’Austria e di
Spagna e completare così l’accerchiamento francese.
Se da un punto di vista territoriale, economico e demografico i domini di Carlo V sono
impressionanti, si evidenzia come gli stessi non siano in realtà un impero unitario quanto piuttosto
un insieme di città e principati
4
quasi semiautonomi dei quali diversi passeranno al protestantesimo
ed all’aperta alleanza coi nemici del proprio sovrano, ed inoltre caratterizzati da vistose differenze
tra, ad esempio, i Paesi Bassi lanciati verso il capitalismo ed il progresso ed invece zone arretrate e
quasi feudali come gran parte della Spagna.
La prima fase delle lotte franco-asburgiche, che inizia nel 1521 ed è caratterizzata dall’alleanza tra
Francesco I di Francia e gli Stati italiani, viene punita poi dalla spedizione dei lanzichenecchi voluta
da Carlo V e dal saccheggio occorso a Roma (1527) e si conclude nell’agosto 1529 (pace di
Cambrai) a vantaggio del sovrano asburgico che consegue la rinuncia francese al Milanese ed
ottiene di fatto il pieno controllo dell’Italia.
Il conflitto riprende dal 1535 con l’annessione del territorio milanese da parte di Carlo e l’alleanza
della Francia con i turchi ed i principi tedeschi protestanti della Lega di Smalcalda e prosegue, dopo
la tregua di Nizza del 1538, nel 1542 chiudendosi temporaneamente con la pace di Crepy (1544).
Succeduto al padre nel 1547, il re francese Enrico II nel 1552 dà origine alla fase finale della lunga
guerra che sposta l’asse dello scontro dall’Italia alla Germania e che si chiuderà, dopo alterne
vicende, definitivamente nel 1559 con la pace di Cateau Cambrésis quando già Carlo, dopo aver
concluso con i principi protestanti la pace religiosa di Augusta nel 1555, ha abdicato l’anno
successivo e diviso i suoi domini tra il figlio Filippo ed il fratello Ferdinando, rinunciando al suo
grandioso ma forse anacronistico progetto di unificazione della cristianità sotto un’unica corona e di
trionfo sugli infedeli.
4
Nicola Tranfaglia e Massimo Firgo, “La Storia: i grandi problemi dal medioevo all’età contemporanea”, volume V°, UTET,
Torino 1986: saggio “La guerra dei Trent’anni” di Geoffrey Parker, pagina 199
7
La pace di Cateau Cambrésis definì per quasi un secolo (fino alla pace di Vestfalia del 1648) le
linee fondamentali dell’assetto europeo, confermò la Spagna come massima potenza del continente
e ne sancì la solida egemonia sull’Italia e rese possibile alla Francia, che ottenne l’obiettivo
strategico di alleggerire la pressione asburgica sui propri confini, di conseguire un rafforzamento
significativo delle sue frontiere nord-orientali ma entrambe le potenze escono però dal conflitto in
disastrose condizioni economico-finanziarie.
Nella seconda metà del Cinquecento tra i maggiori protagonisti della storia europea ci sono
certamente la Spagna di Filippo II (re dal 1556 al 1598), figlio di Carlo V, e l’Inghilterra di
Elisabetta I (regina dal 1558 al 1603).
Filippo non vuole certamente passare come “sovrano di eretici” e persegue pertanto le minoranze
ebree e musulmane, dando così seguito al suo progetto d’instaurazione di un regime assolutistico
accentrato; Elisabetta pone invece fine al tentativo di restaurazione cattolica promossa dalla
sorellastra Maria I e riprende la tradizione anglicana nata dallo scisma del 1534 di Enrico VIII (del
quale si parlerà più diffusamente e specificamente, insieme agli altri eminenti fatti legati ai
cambiamenti religiosi conseguenti alla Riforma protestante ed alle sue conseguenze, nella seconda
parte di questa introduzione).
La rivalità e l’antagonismo tra queste due potenze ha, oltre a ragioni ideali, soprattutto motivi
d’interesse da parte inglese d’infrangere il monopolio spagnolo nelle colonie dell’America centro-
meridionale.
Questo confronto, nel lungo termine, vedrà la sconfitta della pur più potente Spagna, incapace di
sfruttare le possibilità di sviluppo capitalistico offerte dal controllo dell’Oceano Atlantico e delle
colonie americane ed inoltre impegnata in una serie di molteplici e dispersivi impegni in mezza
Europa, a vantaggio dell’Inghilterra, la quale invece attraverserà un periodo d’intenso sviluppo
economico.
La durissima sfida tra queste due potenze si articolò all’inizio per mezzo di scontri indiretti
consumati su territori stranieri (casi dei Paesi Bassi spagnoli e della Francia) per mezzo di alleanze
e sostegni ai governi locali, per arrivare poi alla “resa dei conti” diretta tra le due nazioni.
Nella prima metà del Cinquecento i Paesi Bassi, popolati da oltre tre milioni d’abitanti, sono
un’area in forte espansione trainata dalle tradizionali industrie tessili di Liegi e Bruges, dalla nuova
borsa d’Anversa (1531), dal nascente mercantilismo olandese.
All’abdicazione di Carlo V le diciassette province dei Paesi Bassi (ognuna delle quali organizzata
secondo proprie leggi, autonomie e prerogative fiscali) confluiscono nella linea dinastica spagnola e
vengono perciò attribuite a Filippo II, il quale inaugura però una politica ecclesiastica repressiva
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che suscita il malcontento della grande aristocrazia fiamminga e dei ceti artigiani (in gran parte
protestanti), mentre la borghesia mal sopporta i gravosi carichi fiscali imposti dalla politica di
potenza di Madrid.
Ne scaturirà dal 1566 un’insurrezione, poi appoggiata dall’Inghilterra, nei confronti della
dominazione spagnola che sarà intimamente legata alla storia successiva ed in particolare alla
guerra dei Trent’anni.
Le due province calviniste d’Olanda e Zelanda del nord del Paese guidano la rivolta, mentre le
province meridionali puntano più al mantenimento delle loro tradizionali libertà; nel maggio 1579,
con la pace di Arras, le dieci province cattoliche del sud si sottomettono a Filippo II, mentre con
l’Unione di Utrecht le sette province settentrionali (tra cui la più importante è l’Olanda) si
dichiarano unite per continuare la guerra d’indipendenza contro gli spagnoli fino a che, nel 1581 –
con il manifesto dell’Aja – considerarono decaduta la sovranità di Filippo II e si costituirono in una
federazione indipendente sotto la guida dello statolder Guglielmo d’Orange.
Il lungo confronto, interrotto da una tregua di dodici anni (dal 1609 al 1621), durerà fino al 1648
quando, dopo il lungo e progressivo logoramento spagnolo e l’invece costante crescita olandese, si
arriverà al riconoscimento formale da parte spagnola dell’indipendenza delle Province Unite.
Nonostante i suoi impegni nel mediterraneo e nei Paesi Bassi, Filippo intervenne anche nella
profonda crisi attraversata dalla Francia nella seconda metà del secolo nella speranza di poterne
approfittare per rafforzare il suo predominio nel continente ed il suo prestigio di campione della
Controriforma religiosa.
Il lungo conflitto con gli Asburgo aveva devastato le finanze dello stato francese, l’inflazione
divorava i guadagni della piccola nobiltà e degli strati più bassi della popolazione, mentre la
continua espansione del calvinismo veniva duramente repressa: questo è il fosco panorama che si
presenta in Francia al momento della pace di Cateau Cambresis.
Nello stesso anno muore il re Enrico II Valois (sovrano dal 1547 al 1559) e la Francia è interessata
da un periodo di profonda crisi politica e religiosa; i deboli regni dei suoi figli (Francesco II dal
1559 al 1560; Carlo IX dal 1560 al 1574 sotto la reggenza della madre Maria de’ Medici; Enrico III
dal 1574 al 1589) sono infatti scossi dalle concorrenti ambizioni delle famiglie dei Guisa e dei
Borboni.
I primi sono sostenuti da Filippo II di Spagna e guidano la Lega Cattolica, mentre i secondi sono
appoggiati dall’Inghilterra e capeggiano l’Unione dei Calvinisti (altrimenti conosciuti come
ugonotti); la guerra politico-religiosa che ne scaturisce rischia di portare la Francia verso
l’ingovernabilità ma viene infine risolta da Enrico IV Borbone, il quale riesce ad eliminare le
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intromissioni spagnole e diventa re nel 1589, si convertirà al cattolicesimo nel 1593 e concederà
infine la libertà religiosa agli ugonotti attraverso l’Editto di Nantes (1598) avviando il Paese verso
la pacificazione nazionale.
Già, come appena visto, in urto in Francia e nei Paesi Bassi, Spagna ed Inghilterra arriveranno
infine al confronto diretto e l’occasione di tale scontro fu data da una vicenda interna alla politica
inglese.
In seguito ad una rivoluzione religiosa guidata dal calvinista John Knox, la regina di Scozia Maria
Stuart aveva dovuto abbandonare il suo regno e rifugiarsi nel 1568 presso la cugina Elisabetta.
Dopo che quest’ultima fu scomunicata, Maria iniziò ad essere considerata dai cattolici come la
legittima sovrana d’Inghilterra, finchè, nel 1587, la regina la fece decapitare rendendola
simbolicamente la rappresentazione del cattolicesimo perseguitato.
In questo contesto generale, Filippo II fu quasi costretto a reagire alle ripetute provocazioni inglesi,
alle molte umiliazioni subite in tutti i mari del mondo ed alle sfide mosse a lui ed a tutto ciò ch’egli
rappresentava, e fece pertanto assemblare un’immensa flotta (la Invencible Armada) con l’obiettivo
di sbarcare in Inghilterra e deporre la regina scomunicata.
La flotta inviata fu però battuta duramente nell’estate 1588 in un’epica battaglia nelle acque della
Manica e fu poi decimata anche nel viaggio di rientro in patria.
Il secolo si chiude nel 1598 con la morte di Filippo II ed il suo lungo regno è caratterizzato dal
successo nel mediterraneo (vittoria sui Turchi e consolidamento in Italia
5
) ma dal fallimento della
sua politica rivolta alla repressione della rivolta olandese; si può ancora dire che la Spagna sia la
massima potenza d’Europa, per quanto chiaramente avviata al regresso ed afflitta da una stasi
economica e sociale, mentre emerge sempre più la potenza economica inglese, fondata sulla
ricchezza d’attività produttive e mercantili.
Il nuovo secolo si apre nei suoi primi anni con alcune crisi (l’incidente di Donauworth e la
successione al ducato di Jülich-Cleve di cui accennerò a breve) che sono perfettamente
esemplicative dell’esplosiva situazione europea alla vigilia dello scoppio della guerra che la
sconvolgerà per oltre trent’anni e che sarà, almeno nella sua prima parte, influenzata da rilevanti
motivi legati alla religione. E’ per questo motivo che reputo opportuno a questo punto dare una
breve scorsa alle vicende accadute nel Cinquecento riguardanti la religione ed in particolare al
“terremoto” socio-culturale e politico introdotto dalla Riforma protestante ed agli avvenimenti ad
essa collegati.
5
J.P. Cooper (a cura di), opera citata.
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1.2 – Il terremoto religioso
L’Europa del Cinquecento, oltre che dalle vicende belliche e di scontro politico tra nazioni, è in
maniera rilevante interessata dal processo che, saldando le generali attese riformatrici con le
tensioni interne al mondo tedesco ed i processi di formazione degli Stati, porterà alla perdita
dell’unità religiosa nel continente ed alla liberazione dai princìpi dell’autorità ecclesiastica basati
sui pilastri Chiesa / Impero
6
.
E’ mia intenzione tratteggiare brevemente gli eventi legati alla Riforma protestante di Lutero, alla
nascita del calvinismo, allo scisma anglicano ed alla reazione della Chiesa cattolica attraverso il
Concilio di Trento e, più in generale, il movimento di Controriforma.
Sarà il monaco tedesco Martin Lutero (1483 – 1546) l’iniziatore nel 1517 di un movimento di
ribellione contro la Chiesa contemporanea e le sue degenerazioni e corruzioni, che, in seguito, egli
stesso avvalorerà con una propria interpretazione del cristianesimo ed una personale idea di riforma
della Chiesa che risulteranno chiaramente incompatibili con la tradizione cattolica in quanto fondate
sul libero esame, sul sacerdozio universale, sul rifiuto delle opere meritorie, sulla salvezza per la
sola fede e sul radicale disconoscimento dell’autorità del Papa e del magistero della Chiesa. La sua
critica agli abusi della Chiesa conduce in breve tempo ad un vasto movimento di ribellione contro
Roma favorito anche dalla debolezza dell’Impero e dai conflitti per l’elezione di Carlo V. La
disputa teologica s’inserì in una situazione storica esplosiva e si trasformò in elemento catalizzatore
di tutte le forze sociali e politiche della Germania interessate a sovvertire lo status quo.
Dal punto di vista dottrinale vi è un contrasto radicale sul modo d’intendere la religione: “Roma
infatti voleva organizzare la vita religiosa in una istituzione facente capo al Papa, mentre Lutero
l’affidava piuttosto allo spontaneo consenso dei fedeli”.
In estrema sintesi, nel suo pensiero Lutero vede la Chiesa - nella sua funzione di maestra delle
coscienze - come un’impostura e ne nega quindi il magistero, teorizza la legittimità dell’individuo
quale solo interprete delle Scritture e riconosce quindi il principio del libero esame, intende
eliminare gli ordini religiosi e crede pertanto nel sacerdozio universale, vorrebbe ridurre il numero
dei sacramenti, nega il principio del libero arbitrio ed afferma quindi il concetto di predestinazione
dell’uomo; nella sua predicazione emerge molto evidente la predominanza del tema dell’interiorità
della vita religiosa, la quale si esplica principalmente nel pensiero della salvezza per la sola fede (e
non per mezzo delle opere) e nel segreto ed intimo contatto dell’anima con Dio.
6
AA.VV. “Manuale di Storia moderna”, Donzelli, Roma 1998; saggio “L’idea di età moderna”di Roberto Bizzocchi.
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Intimato a Lutero tramite la bolla Exsurge Domine di ritrattare parte delle sue tesi ed avendone
ottenuto il pubblico rogo della bolla stessa, nel gennaio1521 Papa Leone X, con la bolla Romanum
docet ponteficem, scomunica Lutero, il quale, nella Dieta di Worms della primavera dello stesso
anno, non ritratta le sue posizioni e viene successivamente posto al bando dall’Impero riparando poi
in Sassonia, mentre quasi contemporaneamente, a Zurigo nel 1522, il prete Huldrych Zwingli
inizierà una predicazione anticattolica costruita sulla svalutazione del culto, delle cerimonie e dei
sacramenti e sulla concezione della vita religiosa raccolta nell’intensità della preghiera.
La Riforma si diffonde intanto sempre più nell’Impero (ed in pochi anni anche in Svizzera e nei
Paesi scandinavi) in quanto il messaggio di Lutero, veicolato anche attraverso numerosi opuscoli,
trova profonda eco nella nazione germanica suscitando al tempo stesso radicalizzazioni sul piano
sociale (esempi ne sono la rivolta dei cavalieri nel 1522-1523 e quella dei contadini nel 1524-1525).
Per quanto rivoluzionario nel campo religioso, Lutero era invece un convinto conservatore in
politica ed assertore dell’inviolabilità del principio d’autorità e per questo motivo il suo
avvicinamento ai principi tedeschi rese il suo movimento un fattore di stabilizzazione degli Stati
territoriali (rafforzati anche dall’incameramento delle terre ecclesiastiche sottratte).
Mentre la Riforma prosegue la sua diffusione anche oltre i confini germanici, nel 1529 la Dieta di
Spira vieta nuove secolarizzazioni di terre ecclesiastiche: i principi luterani di Sassonia, Assia,
Brandeburgo e dodici città libere protestano contro queste decisioni e verranno pertanto bollati
come “protestanti”. Quando nel 1530 l’imperatore Carlo V decreterà la restituzione alla Chiesa
delle terre secolarizzate, i principi protestanti reagiranno costituendo la Lega di Smalcalda; la pace
di Norimberga (luglio 1532) tra l’imperatore e la Lega riconoscerà ai protestanti la libertà di culto
fino alla convocazione di un concilio.
Il 1541 è un anno interessato da due fatti storici molto importanti: nella Dieta di Ratisbona fallisce il
tentativo di conciliazione dottrinale tra cattolici (rappresentati dal cardinale Contarini) e protestanti
(rappresentati da Filippo Melantone, stretto collaboratore di Lutero) mentre a Ginevra Giovanni
Calvino (1509 – 1564) traduce in francese la sua opera fondamentale Istituzione della religione
(pubblicata inizialmente in latino), organizza una comunità cristiana rigorosa e disciplinata in stretto
contatto con l’élite politica urbana e dà seguito alla diffusione del suo modello religioso in tutta
Europa (specialmente Svizzera e poi, dopo il 1555, anche in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi,
Boemia, …)
Il modello calvinista, fondato sulla stretta compenetrazione di politica e religione, prevede (a
differenza, come abbiamo visto, del luteranesimo) il diritto di resistenza all’autorità per ragioni di
fede e si dimostra dotato di forte capacità di penetrazione presso i ceti artigiani e professionali
urbani.