PREMESSA
Quando parliamo di rinascimento giuridico nell’Europa Medievale, non si può non
tralasciare quella che fu l’utopia maggiore di quel periodo ovvero l’unificazione del di-
ritto: un unico diritto per il mondo cristiano, un’unica legge che riuscisse a sostituire la
molteplicità delle leggi nazionali.
Eppure c’era un diritto già pronto da secoli in grado di fungere da legge comune,
un diritto talmente perfetto da poter unire idealmente tutte le popolazioni
dell’occidente.
Non esisteva forse un’opera già compilata, creata nel VI secolo per merito
dell’imperatore romano d’oriente Giustiniano? Opera che dalla sua origine aveva
quale scopo primario quello di tramandare la somma sapienza giuridica di
quell’epoca al mondo moderno?
A questo punto sorge spontanea una domanda: come mai se esisteva questa ci-
clopica e sublime opera vissuta negli anni, apparentemente perfetta, essa non riuscì
a penetrare nel tessuto medioevale? La risposta a questi quesiti è più semplice di
quello che ci si potrebbe aspettare; in altre parole, la società altomedioevale, per
quanto avanzata potesse considerarsi, sostanzialmente non era ancora pronta ad
accogliere quel diritto che racchiudeva le formule di governo dello Stato e le regole
fondamentali della convivenza civile.
Il corpus juris giustinianeo rimase quindi nell’oblio sino al 1088, data convenziona-
le e artificiosa a partire dalla quale gli storici del diritto attribuiscono la nascita di quel
periodo definito come “rinascimento giuridico”.
Che fine aveva fatto il corpus juris in tutti questi anni?
Qualcuno in qualche modo lo riscoprì e lo ricompose in unità organica.
Il Digesto (parte più ampia del corpus giustinianeo) era composto di ben cinquanta
libri e più di 9150 frammenti, quindi bisogna considerare non solo il fascino di aver ri-
portato alla luce un’opera sublime nella sua forma ma anche il fascino della scoperta
archeologica che essa rappresenta (considerando la dislocazione sparsa dei fram-
menti).
Il grande “archeologo” e scopritore di questa immensa opera fu Irnerio. Maestro
delle arti liberali era l’unico in grado di leggerlo e conoscerne i segreti e di rivelarli.
Sul sacro testo di Giustiniano iniziarono a depositarsi le sue glosse.
Irnerio fu talmente eccelso nel suo lavoro da creare il vuoto alle sue spalle e la-
sciare nell’ombra tutte quelle persone che prima di lui e con lui si avvicinarono al “te-
sto sacro”.
La sua opera rimase talmente scalfita nella storia da meritarsi l’appellativo di lu-
cerna iuris ovvero la prima “luce rischiaratrice del sacro testo giustinianeo”.
Dopo la morte di Irnerio, avvenuta attorno al 1130, nacque la scuola italiana dei
Glossatori con lo scopo di chiarire norma per norma, lettera per lettera il gigantesco
commentario.
I glossatori si avvicinarono alla scoperta del testo giustinianeo con la stessa reve-
renza e lo stesso culto fideistico che ebbero i Padri della Chiesa di fronte alla Bibbia.
Essi credevano infatti che tale diritto fosse stato rivelato all’imperatore romano per
volontà divina e credendo fermamente in questa concezione ritenevano le sue regole
eternamente valide. Quindi, nonostante tutte le difficoltà derivanti dalle contraddizio-
ni, dalle lacune e dalle disorganicità dei testi, proprio in virtù del fatto che l’imperatore
medievale aveva ereditato questo diritto direttamente dall’imperatore romano, esso
era da considerarsi diritto vigente, di derivazione divina e di conseguenza infallibile.
I giuristi medievali fecero qualcosa di ancor più grande ovvero riuscirono ad adat-
tare il diritto imperiale romano alle esigenze del loro presente.
Com’è facile presupporre infatti, il testo era tecnicamente difficile, ad un punto tale
da non poter essere utilizzato neppure dagli addetti ai lavori quali giudici, notai e av-
vocati, (al contrario di come avviene oggi per un nostro codice, letto e applicato al
caso concreto senza grosse difficoltà dai tecnici del diritto).
Proprio questo era il progetto, e per questo scopo erano pronti i giuristi, che af-
fiancarono al corpus un commentario interpretativo tale da renderlo d’immediata ap-
plicabilità quotidiana.
E in questo stava la straordinaria autorità del giurista medievale e il suo estrinseco
potere, perché è lui il mediatore e colui il quale ne rivela i segreti.
Questo nuovo contesto comportò due tipi di conseguenze: la prima, com’è facile
intuire, trasferì l’autorità dal giudice al giurista; la seconda invece fu che le interpreta-
zioni del giurista finirono col sostituirsi al testo.
Inquadrato il contesto storico, pur se in maniera non esaustiva, in cui il nostro ela-
borato si pone, man mano ci addentreremo in quella che fu la figura di Giustiniano I
imperatore soffermandoci non tanto sull’aspetto prettamente militare, ma su quello
che più a noi interessa ovvero l’aspetto legislativo dello stesso, partendo dalla compi-
lazione del corpus juris e dalla sua scoperta nel medioevo, passando per la nascita
della scuola di Bologna e la creazione delle università sino ad arrivare a capire cosa
sia “la Glossa”, chi siano stati i glossatori e i metodi da loro utilizzati e in definitiva
l’importanza della loro esistenza.
Cap. 1) GIUSTINIANO IMPERATORE E IL CORPUS JU-
RIS, NASCITA DELLA SCUOLA DI BOLOGNA
1.1 GIUSTINIANO IMPERATORE
L’uccisione da parte di Odoacre
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di Romolo Augusto ultimo imperatore di Roma e
il suo insediamento quale Re, pose fine a quello che fu il grande impero romano
d’occidente.
Il collasso della parte occidentale non influì minimamente però sulla parte orientale
dell’impero, anzi la stessa ebbe una sorta di evoluzione perché a partire dalla metà
del V secolo vi fu una ripresa dell’insegnamento giuridico, prendendo spunto dalla
legiferazione dell’impero romano d’occidente, (ovviamente i testi erano tutti scritti in
lingua latina, ma erano spiegati in greco nelle scuole di diritto di Costantinopoli e Be-
rito).
Flavius Petrus Sabbatius Iustinianus (Flavio Pietro Sabbazio Giustiniano), meglio
noto come Giustiniano I fu un imperatore bizantino.
Ascese al trono imperiale nel 527; il luogo di nascita è incerto: molti optano per la
città di Naissus (nell’odierna Serbia), città natale anche del grande Costantino, altri
invece collocano il luogo della sua nascita nella città di Tauresio nella Dardania.
Giustiniano fu un Imperatore il cui nome sarebbe stato per sempre legato in ma-
niera indissolubile al diritto romano.
1
Odoacre (o Odovacar; 434 circa – Ravenna, 15 marzo 493) fu un generale di origine barbarica che, sostenu-
to dai nuclei militari che lo avevano acclamato re delle genti germaniche d'Italia, occupò l'Italia esercitando una
dittatura militare dal 476 al 493. Con la deposizione del giovane Romolo Augusto e col riconoscimento del solo
imperatore romano d'Oriente, Odoacre segnò la fine dell'Impero romano d'Occidente.
Era nipote dell’allora generale Giustino (divenuto poi l’imperatore), il quale decise
di adottarlo promettendogli un’ottima educazione, infatti grazie allo zio Giustiniano
seguì e completò il corso di studi in giurisprudenza e filosofia.
1 Mappa geografica rappresentante i territori conquistati da Giustiniano
Divenne un militare e la sua rapida carriera avvenne anche grazie alla nomina di
suo zio Giustino come imperatore; infatti Giustiniano fu dapprima nominato console
nel 521, poi comandante dell’esercito romano d’oriente sino a raggiungere la carica
di reggente prima e imperatore associato poi.
Giustiniano fu uno dei più importanti sovrani dell'epoca altomedievale.
Il suo governo coincise con un periodo d'oro per l'impero sia dal punto di vista civi-
le, che economico che militare, con la conquista di tutto il nord dell’Africa ristabilendo
anche l’autorità imperiale sul regno degli ostrogoti in Italia, per lo più grazie alle cam-
pagne di Belisario e Narsete suoi fedelissimi generali.
Giustiniano portò avanti un progetto di edilizia civile lasciando opere architettoni-
che di notevole importanza come la chiesa di Hagia Sophia a Costantinopoli.
Il suo regno ebbe un impatto mondiale, tale da farlo distinguere rispetto agli altri
imperatori; egli fu infatti l’ultimo degli imperatori con il sogno di riunificare il grande
impero romano.
Giustiniano era di madrelingua latina (ultimo imperatore d’oriente ad essere tale)
ma essendo in quell’epoca lingua ufficiale dell’impero d’oriente il greco, ricevette nei
suoi studi tale istruzione.
La sua opera nel campo del diritto ebbe come unico scopo l’ambizioso progetto
volto, come prima accennato, a rinnovare la gloria dell’impero romano in tutti i suoi
aspetti, opera resa possibile anche grazie a Triboniano
2
, brillante ministro che seppe
mettere in pratica le teorie giustinianee.
L’imperatore resistette anche al papa che rivendicava gli stessi poteri imperiali.
Giustiniano elevò quindi la sua figura al punto da considerarsi il detentore supre-
mo del potere temporale e spirituale, ricollocando il suo impero a quella fase aurea
che ebbe l’impero romano tre secoli prima.
La sua pretesa fu di sostenere che il diritto romano della fase aurea potesse esse-
re applicato nell’impero bizantino dei suoi tempi. Il progetto inizialmente fu molto
semplice, consistente solo nell’aggiornamento del codice Teodosiano
3
.
Il nuovo codice
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voluto da Giustiniano fu redatto in dodici libri, e le costituzioni di-
sposte all’interno dei titoli in ordine cronologico.
2
Triboniano è considerato il più importante giurista dell'Impero Romano d'Oriente e del suo tempo. Di vasta
e solida erudizione, svolse l'incarico di Quaestor sacri palatii (responsabile della giustizia dell'Impero) dal 529 al
532 e, in seguito, dal 535 al 542. Dobbiamo soprattutto a lui che si sia potuto terminare in tempi relativamente
brevi un'opera monumentale come quello che sarebbe stato più tardi denominato Corpus Iuris Civilis, che ha
rappresentato per secoli una fondamentale compilazione del diritto romano.
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Il Codice teodosiano (latino: Codex theodosianus) è una raccolta ufficiale di costituzioni imperiali voluta
dall'imperatore romano d'oriente Teodosio II. Venne pubblicata, dopo una fase di gestazione lunga 9 anni, il 15
febbraio 438, ed entrò in vigore, sia nell'Impero romano d'Oriente che in quello Occidente, il 1º gennaio 439.
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Il Codice giustinianeo (in latino Codex Iustinianus) è una raccolta ufficiale di costituzioni imperiali redatta
per ordine dell'imperatore romano d'Oriente Giustiniano, ad opera di una commissione da lui nominata.
Durante quest’aggiornamento del diritto vennero fuori molte controversie rimaste
irrisolte nel tempo e che Giustiniano decise di appianare.
La parte più importante della compilazione giustinianea è da ritenersi, ancora oggi,
i “Digesta
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” (in greco Pandectae), i quali non ebbero precedenti. Si trattava di parte di
testi estratti dalle opere dei più grandi giuristi tra cui ricordiamo Ulpiano e Paolo, ma
anche di giuristi appartenuti all’epoca tardorepubblicana, tutti racchiusi in un’unica
antologia.
L’opera è talmente vasta da superare in dimensioni una volta e mezzo la Bibbia,
ma Giustiniano affermava che essa non rappresentava che un ventesimo di tutto il
materiale dal quale partirono i compilatori del codice.
Gli estratti sono divisi in titoli, a loro volta questi sono disposti in cinquanta libri e a
ciascun titolo è dedicato un particolare argomento.
Quando un argomento non poteva essere facilmente diviso, un singolo titolo pote-
va estendersi ed essere suddiviso fino a tre libri.
Tuttavia in alcune circostanze si preferiva ripartire il materiale attraverso un titolo
generale e più titoli speciali, come nel caso della compravendita che troviamo rac-
chiusa in ben otto libri.
L’ordine dei titoli rimase quello originario emanato dal Pretore
6
, anche se i fram-
menti sembravano rispettare un ordine casuale. Ai compilatori del codice era stato
5
Il Digesto (in latino Digesta o Pandectae) è una compilazione in 50 libri di frammenti di opere di giuristi
romani realizzata su incarico dell'imperatore Giustiniano I. Promulgato il 16 dicembre 533 con la costituzione
imperiale bilingue Tanta o Δεδωκεν entrò in vigore il 30 dicembre dello stesso anno. Il Digesto è una parte del
Corpus iuris civilis, una raccolta di materiale normativo e giurisprudenziale. Le altre parti sono le Institutiones e
il Codex. Una quarta parte, le Novellae Constitutiones, fu aggiunta successivamente. Il termine "Digesto" deriva
dal verbo latino "digerere", che significa "disporre ordinatamente, razionalmente"; il termine equivalente con cui
viene indicato il Digesto, "Pandette" ha invece etimologia greca, derivando da π αν δ εκτη ς, che significa "che ri-
ceve o comprende tutto", per indicare la completezza della compilazione.
6
ll Pretore, in latino praetor, era un magistrato romano dotato di imperium e iurisdictio. L'attività del Praetor
si concretizzava nella concessione dell'actio, cioè lo strumento con cui si permetteva ad un cittadino romano che
chiedeva tutela, nel caso in cui non ci fosse una lex che prevedesse la tutela, di agire in giudizio, e portare quindi
la situazione dinnanzi al magistrato.
impartito l’ordine, attraverso un’epigrafe chiamata “inscriptio
7
”, di attribuire a ciascun
frammento una fonte appropriata.
I Digesta furono realizzati in soli tre anni e con molta probabilità il compito dei
compilatori consistette in un lavoro di selezione e abbreviazione del materiale a loro
disposizione, con l’incarico di renderli i più coerenti possibili.
Anche se a ogni estratto fu indicata la sua fonte, ciò non significa che essa sia ve-
ritiera e che ciò che vi si trova inserito, o meglio che il compilatore abbia attribuito a
un giurista, sia realmente ciò che egli abbia effettivamente scritto.
Questo succedeva perché, innanzitutto parte della discussione iniziale fu abbre-
viata, ma soprattutto perché ai compilatori fu fatto esplicito obbligo di eliminare tutte
le contraddizioni e di evitare il più possibile le ripetizioni.
Fu così cancellata gran parte delle testimonianze e dei dissensi avvenuti tra i giu-
risti classici.
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Quando si parla di inscriptio con riferimento ai testi delle costituzioni imperiali si fa riferimento alla parte
iniziale del provvedimento dove sono riportati il nome dell'imperatore emittente (o degli imperatori emittenti) e
del destinatario (o dei destinatari) del provvedimento. Anche i frammenti del Digesto, per volontà di Giustiniano,
contengono una inscriptio nella quale è indicato per esteso il nome del giurista, dell'opera, e del libro dell'opera
da cui il frammento è stato tratto dai compilatori giustinianei.