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INTRODUZIONE
Il presente elaborato ha come oggetto di studio l’influenza dei sistemi
nazione sulla globalizzazione attraverso l’attuazione delle politiche
strategiche nazionali nel campo del diritto, della fiscalità e spesa nazionale,
del mercato del lavoro, delle politiche monetarie, delle opportunità di fare
business, della libertà di commercio, dell’attrazione d’investimenti e delle
decisioni finanziarie governative; analizzando le decisioni imprenditoriali
assumendo come case study la multinazionale Fiat Chrysler Automobiles
(FCA).
L’obiettivo che si è perseguito nella stesura è capire quali sono le variabili
che influenzano una società multinazionale sulle scelte di politica aziendale
di localizzazione, produzione, gestione delle risorse e come queste incidano
sulle scelte dei Chief Executive Office.
L’elaborato è composto da 3 capitoli.
Con il primo si cerca di dare una spiegazione esaustiva e completa di cosa
sia la globalizzazione dando una spiegazione teorica e definendone i punti di
vista, rimandando a motivazioni che ne sono a favore e motivazioni che la
condannano; sono considerati gli aspetti e l’influenza sulla società civile
parlando di commercio, liberalizzazione, corruzione, corsa all’armamento,
ambiente, povertà, ed economia attraverso il ruolo dello stato, delle politiche
perseguite dall’industria con un focus sulle scelte strategiche
dell’imprenditoria italiana e ripercorrendo le scelte delle istituzioni
internazionali quali Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e
Organizzazione Mondiale del Commercio.
Il secondo capitolo approfondisce il ruolo dello stato e analizza per una
serie di paesi (Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti, Cina, Sud
Africa, Argentina e Hong Kong scelti dal paese con la più alta performance
nella classifica dell’Indice di libertà economica al paese con uno dei risultati
peggiori, considerando anche il case study del capitolo 3) in che grado le
7
macro aree del diritto, del ruolo del governo, dell’efficienza normativa e
dell’ampiezza del mercato, influiscono sulle decisioni prese dai vertici
governativi e a loro volta come queste pesano, incidono su ciò che accade a
livello globale in competizione con gli altri paesi.
Il terzo ed ultimo capitolo invece focalizza l’attenzione sullo studio delle
scelte cruciali della multinazionale Fiat Chrysler Automobiles (FCA) che
nonostante sia nata solo da pochi anni ha molto da raccontare poiché figlia
del tentativo di salvare Fiat e Chrysler, tentativo ad oggi riuscito e che vuole
confermarsi in futuro.
Nella sezione bibliografia sono infine indicate tutte le fonti utilizzate.
Il metodo scientifico utilizzato è stato il confronto dei diversi punti di vista
sulla globalizzazione nonché l’analisi di report istituzionali (per esempio
della Banca Mondiale) per quanto riguarda la sezione sulle nazioni,
sull’analisi aziendale si è dato voce all’aspetto giornalistico e ad un aspetto
più tecnico con il testo di un emerito economista italiano.
Il motivo per cui ho scelto questa materia e in particolare l’analisi di
questo argomento è per la forte curiosità nel comprendere quali siano i motivi
che spingono gli attori internazionali sia nelle vesti di stati nazioni, sia nelle
vesti di multinazionali a prendere determinate decisioni piuttosto di altre e
come queste influenzano i rapporti tra stati nazioni, tra multinazionali e tra
stati nazione e multinazionali al fine stabilire quali siano le strade che stanno
percorrendo questi attori internazionali, ipotizzare dove li conducano ed
eventualmente quali vie possano aprirsi loro in futuro.
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CAPITOLO 1
La globalizzazione
1 Globalizzazione e teoria
1.1 Definizione del concetto di globalizzazione
Parlare di globalizzazione è ormai diventato una moda ma definirla,
circoscriverne il significato, dettarne i motivi, le cause e gli effetti è tutt’altro che
banale e semplice; questo termine fu coniato dall’Economist nel 1962 ma ancora nel
1997 il correttore del programma Word non lo riconosceva; dato il carattere totale,
onnicomprensivo di questo fenomeno, esso è studiato da diverse scienze sociali le
quali danno la definizione più inerente alle proprie specificità
1
.
Secondo il sociologo Anthony Giddens
2
per esempio, globalizzazione significa
l’incremento delle relazioni su scala mondiale tali che abbiano effetti a livello locale
creando dipendenza tra eventi che accadono a grande distanza
3
.
L’intellettuale malese Martin Khor
4
definisce la globalizzazione come una
nuova strada al colonialismo del mercato rendendo governi e popoli subordinati alle
1
F. Bonaglia, A. Goldstein, Globalizzazione e sviluppo, il Mulino 2008
2
Anthony Giddens è un sociologo inglese che ha dedicato la sua attività alla ricerca empirica e
teorica con particolare attenzioni alle questioni metodologiche della sociologia, si è impegnato nella
revisione di proposta del welfare state come collaboratore di T. Blair;
http://www.treccani.it/enciclopedia/anthony-giddens/
3
F. Bonaglia, A. Goldstein, Globalizzazione e sviluppo, il Mulino 2008
4
Martin Khor è Executive Director del South Center in Malesia, autore di numerosi libri sul
commercio, sviluppo sostenibile,diritti sulla proprietà intellettuale ha lavorato presso l’Helsinki
Process on Globalisation and Democracy, l’International Task Force on Climate Change (2003-
2005), il Commonwealth Expert Group on Democracy and Development (2002-2003), United Nations
Secretary-General’s Task Force on Environment and Human Settlements in the United Nations
System (1998), l’Intergovernmental Working Group of Experts on the Right to Development under the
UN Commission on Human Rights (as Vice-Chairman in 1996 and as a member in 1997);
https://www.southcentre.int/the-executive-director/
9
forze economiche e quindi alle multinazionali che influenzano gli attori e i processi
di formazione delle politiche pubbliche
5
.
Sull’onda del pensiero di Martin Khor, Zygmunt Baumann
6
sottolinea il divario
sempre più ampio tra chi possiede e chi non ha nulla come conseguenza dell’opera
del libero mercato
7
.
Al contrario Thomas Friedman
8
del New York Times elogia ed esorta
l’integrazione dei mercati con la conseguenza di estendere la propria influenza più
velocemente, lontanamente e profondamente di quanto non sia mai accaduto prima
9
.
Il significato ed il senso che possiamo dare a tale concetto è
nell’intensificazione delle relazioni e interazioni sociali che interessano aree
geografiche differenti e remote, ma ogni evento ha come conseguenza il riflesso in
altre parti del globo; dal livello nazionale è quindi necessario proiettarsi in una
dimensione transnazionale poiché tale processo è governato dalla dilatazione delle
attività sociali che travalicano le frontiere assumendo sempre più importanza per
tutte le regioni del mondo, la crescente complessità delle interconnessioni in ogni
sfera della vita sociale e la continua velocizzazione di tali attività sociali grazie
all’evoluzione dei sistemi di trasporto
10
.
Questo intricato meccanismo è indicativo di una strutturale trasformazione della
società civile che passa da un mondo di stati nazionali distinti ma interdipendenti ad
5
F. Bonaglia, A. Goldstein, Globalizzazione e sviluppo, il Mulino 2008
6
Zygmunt Bauman era nato a Poznanń (Polonia) il 19 novembre del 1925. Negli anni Sessanta, dopo
aver lasciato la cattedra dell’Università di Varsavia in seguito a un’epurazione antisemita, si era
trasferito a Tel Aviv. Chiamato nel 1972 dall’Università di Leeds, vi ha insegnato sociologia fino al
1990. Professore emerito, nel 1998 ha ricevuto il Premio Theodor W. Adorno della città di
Francoforte e nel 2010 gli è stato assegnato, con Alain Touraine, il Premio «Príncipe de Asturias».
Sempre nel 2010 è stato fondato in suo onore il «Bauman Institute» presso la Scuola di Sociologia e
Politica Sociale dell’Università di Leeds; http://www.corriere.it/cultura/17_gennaio_09/morto-
zygmunt-bauman-b5f9d0aa-d689-11e6-b48b-df5f96e3114a.shtml
7
F. Bonaglia, A. Goldstein, Globalizzazione e sviluppo, il Mulino 2008
8
Thomas Friedman nacque a Minneapolis nel 1953, è un saggista ed editorialista statunitense che
scrive di politica estera sul New York Times; http://www.thomaslfriedman.com/official-bio/
9
F. Bonaglia, A. Goldstein, Globalizzazione e sviluppo, il Mulino 2008
10
D. Held, A. McGrew, Globalismo e antiglobalismo, il Mulino 2010
10
uno spazio sociale condiviso i cui fattori chiave sono la moderna tecnologia, la
comunicazione ed i trasporti; la globalizzazione simboleggia la progressiva
deterritorializzazione delle attività umane che si espandono con rapidità da nord a
sud, da est ad ovest; in questo quadro, spazio territoriale economico e spazio
territoriale nazionale non coincidono più poiché i centri dell’interesse economico si
dislocano nelle zone più produttive e remunerative, ridimensionando l‘importanza
dei confini e delle frontiere
11
.
Diventa quindi evidente che questo intreccio interregionale, transnazionale,
transcontinentale che confina l’importanza delle frontiere nazionali ad un mero
aspetto geografico porti sul tavolo di discussione le conseguenze sulla sovranità
nazionale creando schieramenti opposti tra loro: i globalisti ovvero cosmopoliti e gli
scettici ovvero comunitaristi
12
.
1.2 Scettici e Globalisti
La controversia sulla globalizzazione si sviluppa su due assi di dissenso, il primo
riguarda l’aspetto meramente intellettuale sul concetto ovvero la sua influenza
teorica; il secondo riguarda l’aspetto normativo che considera il fenomeno come
progetto politico e si pone quesiti quali le modalità di trasformazione, di difesa, di
accettazione e di respinta della globalizzazione
13
.
Coloro che abbracciano l’analisi scettica considerano il fenomeno in progressivo
rallentamento a causa di un’inversione di marcia degli scambi commerciali, dei flussi
di capitali e degli investimenti esteri, il tutto all’interno di un contesto politico
globale in cui si sono accentuati una serie di passaggi dal multilateralismo
all’unilateralismo, dalla stabilità all’insicurezza, dalla cooperazione alla
competizione.
11
Ibid.
12
Ibid.
13
Ibid.
11
Al contrario, i globalisti, esclamano con veemenza che le tendenze attuali portano
ad affermare una vitalità e radicamento molto più profondo del fenomeno di quanto
pensano e pensavano gli scettici
14
.
Senza nascondere la contrazione post 2001, gli scambi e i flussi sono rapidamente
risaliti, in particolare oltre alla sfera economica anche quella militare ha conosciuto
un’accelerazione preponderante; ci sono profonde ragioni che continueranno ad
alimentare la globalizzazione quali
15
:
1. L’evoluzione delle forme di comunicazione;
2. La logica espansionistica dell’economia (in particolare del capitalismo e dei
mercati globali);
3. La nuova divisione del lavoro;
4. L’incremento dei flussi migratori;
5. Il degrado ambientale;
Questi indicatori di cui è difficile farne una lista esauriente sono profondamente
strutturati, intrecciati e generano complessi modelli d’interazione globale; la
conseguenza è che le comunità non possono più essere considerate come mondi
separati anche se gli stati moderni rimangono tasselli importanti, gli attori
principali
16
.
La pretesa dello stato moderno di affermarsi e svolgere un ruolo determinante è
un fatto nuovo nell’Europa occidentale, risalente alla sua nascita tra il XVIII e il XIX
secolo ma con radici che già si stavano diramando alla fine del ‘500; questa nuova
forma di organizzazione sociale si era distinta da quelle precedenti poiché
rivendicava corrispondenza tra sovranità territorio e legittimità; il potere normativo si
14
Ibid.
15
Ibid.
16
Ibid.
12
è cosi notevolmente espanso creando sistemi simili alla cui base c’è l’ordinamento
giuridico di un territorio definito; il consolidamento di tale potere ha dato vita ad un
sistema internazionale di stati che ha avuto la sua deriva nella colonizzazione con
l’esportazione delle specificità dei vai stati
17
.
L’origine di tale società di stati è fatta risalire alla pace di Westfalia
18
del 1648;
paradossalmente si è dovuto attendere il progressivo declino dei suoi protagonisti per
l’affermarsi di questo nuovo ordine, arretramento che considera anche il processo di
decolonizzazione post seconda guerra mondiale; il ruolo di questi attori è andato via
via cristallizzandosi assumendo le varie forme di democrazia, con patti specifici che i
governi hanno stipulato e stipulano con i propri cittadini e cui soli pochi sono
disposti a sacrificarli
19
.
L’importanza rivestita dagli stati supera quella di qualsiasi altra entità e
l’ordine mondiale è appunto trasformato continuamente da questi; ma non è da
sottovalutare il rapido emergere di organizzazioni e regimi politici internazionali
siccome la politica globale sta transitando verso una governance pluristratificata in
cui sono riconosciuti i ruoli delle Organizzazioni Governative e Non con una fitta
rete di fori decisionali quali per esempio
20
:
1. L’Unione Europea (UE);
2. L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU);
3. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI);
4. La Banca Mondiale;
5. L’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC);
17
Ibid.
18
Con il nome Pace di Westfalia si indicano i due trattati che nel 1648 posero fine alla guerra dei
Trent'anni, negoziati rispettivamente tra Impero, Svezia e nazioni protestanti a Osnabrück sede delle
delegazioni protestanti e tra Francia e Impero a Münster sede delle delegazioni cattoliche a partire
dal 1644; http://www.treccani.it/enciclopedia/pace-di-vestfalia/
19
D. Held, A. McGrew, Globalismo e antiglobalismo, il Mulino 2010
20
Ibid.
13
Tende quindi a ridursi il ventaglio di scelte politico-strategiche dei singoli governi
che vedono la diminuzione del potere sul proprio territorio a causa dell’espansione di
nuove ed emergenti forze transnazionali che compromettono l’autonomia di ciascuno
stato (è chiarificatore l’esempio del rapporto tra stati e mercati finanziari, dove ci
sono forti pressioni per lo sviluppo di politiche market-friendly); queste nuove spinte
globali fanno si che le questioni internazionali non possano più essere affrontate
singolarmente ma in concertazione
21
.
E’ ormai all’ordine del giorno per esempio il cambiamento climatico, tema
secondo cui i globalisti affibbiano alle attività umane la causa della trasformazione
ambientale con effetti sui biosistemi, estinzione di specie animali e vegetali che si
rifletteranno sul tessuto socio-economico del pianeta; si è cosi tentato in
concertazione di fare un passo avanti nel tentativo di ridurre i gas serra con il
Protocollo di Kyoto firmato nel 1997 (non ratificato dagli Stati Uniti, il maggior
contribuente di gas serra); anche se non negano l’aumento delle temperature globali,
gli scettici sostengono che in realtà non c’è ragione di preoccuparsi del riscaldamento
globale poiché gli effetti possono rivelarsi benefici e l’aumento delle temperature
della superficie terrestre e della troposfera sono incongruenti tra loro; non solo, molti
indicatori del riscaldamento globale sono fuorvianti, come il ritiro dei ghiacciai e
l’aumento delle temperature che si è verificato anche in passato
22
.
Minimo comun denominatore della molteplicità di aspetti che riguardano la
globalizzazione, se non di tutti, è la questione economica che ha due filoni di
pensiero opposti, chi sostiene le tendenze globaliste e chi a favore delle tendenze
regionali. Già Robert Gilpin
23
nel 2001 pubblicò il libro “Economia politica
globale” in cui sottolineò che il mutamento più rilevante riguarda la globalizzazione
21
Ibid.
22
Ibid.
23
Robert Gilpin è un politologo statunitense, professore dell’ Università di Princeton scrisse molti
saggi sul mutamento della politica internazionali afferma che gli attori della politica internazionali
creano tra loro relazioni reciproche che riflettono interessi politici ed economici sulla base del potere
relativo; https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Gilpin
14
dell’economia mondiale; quest’argomento è molto dibattuto ed è da qua che si sono
sviluppate ideologie contrapposte; l’analisi critica, infatti, pone l’accento sulla
crescente segmentazione anziché l’integrazione dell’economia mondiale; nonostante
le attività economiche si siano allargante superando le frontiere, la geografia
conferma che ci troviamo ancora in una fase di predominio della regionalizzazione
rispetto alla globalizzazione; in ogni regione gli scambi interni superano quelli
extraregionali e questa tendenza è confermata dalla crescente proliferazione degli
accordi tra gruppi di stati per un accesso reciproco e preferenziale dei rispettivi
mercati; l’attività economia è oggi capeggiata dalle economie dei paesi OCSE
24
e dai
crescenti legami che questi stabiliscono tra loro; il resto del mondo ne è escluso e ciò
implica un aumento della distanza tra nord e sud poiché basandosi su dati storici,
oggi c’è molta meno integrazione tra i due emisferi di quanto non lo fosse prima
della rivoluzione industriale; ma non tutti convergono su questa idea poiché è diffuso
il pensiero che oggi si stiano instaurando nuovi legami tra il nord e il sud del mondo,
legami prodotti dalla deindustrializzazione delle maggiori economie che esportano le
industrie verso paesi meno sviluppati, con salari più bassi e norme più permissive;
questa tesi però generalizza un fenomeno che possiamo circoscrivere nell’Asia
orientale siccome la maggior parte degli stati più poveri rimane dipendente
dall’esportazione delle materie prime
25
.
Bisogna annoverare tra le motivazioni dell’industrializzazione anche i mutamenti
tecnologici e le condizioni del mercato del lavoro
26
.
Certo è che il commercio può contribuire alla riduzione della povertà (che
possiamo definirla secondo l’apparato concettuale di Amartya Sen
27
come la
24
Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico è stata istituita nel 1961 per
perseguire crescita economica, coesione sociale e stabilità politica, ha sede a Parigi e conta 30
membri a pieno titolo e più di 60 come osservatori; F. Bonaglia, A. Goldstein, Globalizzazione e
sviluppo, il Mulino 2008
25
D. Held, A. McGrew, Globalismo e antiglobalismo, il Mulino 2010
26
Ibid.