6
qualche breve passaggio scritto, il riferimento ai diritti riconosciuti, che fondano
lo strumento tecnico
2
.
Di fronte a questa visione finanziaria del problema, si è sentita l'esigenza
di precisare, a monte, i termini della questione. Ritenendo che attraverso il
welfare si sia realizzata una forma di giustizia distributiva per il conseguimento
del benessere degli individui, si è cercato di evidenziare, attraverso il contributo di
alcuni studiosi, il significato e i problemi connessi con quegli aspetti.
Ciò che ne è scaturito non costituisce un abbandono dell'intenzione
originaria, semmai un supplemento di indagine dal quale si può ripartire per
affrontare la riforma della Stato sociale nella concretezza degli strumenti.
I.2 LA GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA
L'espressione composita "giustizia distributiva" rimanda a due concetti:
"distribuzione" e "giustizia".
Il primo fa riferimento al disporre, al ripartire. Allora viene immediato
porsi la domanda: distribuzione, di che cosa? Gli autori che verranno presi in
considerazione danno una risposta non univoca all'oggetto della distribuzione.
Rawls parla di beni primari, Sen di beni fisici ma anche di libertà, Darhendorf di
strumenti che rendono le posizioni iniziali dei soggetti uguali. Mentre Polanyi e
Walzer si soffermano più sull'analisi e sulla ricerca di categorie, per la
comprensione del modo in cui si può realizzare la giustizia distributiva.
2
nella parte relativa a un istituto importante e innovativo al tempo stesso, quale è quello del
Minimo Vitale, il documento dedica 6 righe all'interno di 5 cartelle per esplicitare il motivo
fondante e non finanziario dello strumento.
7
Una volta individuato l'oggetto, la domanda immediatamente successiva è:
distribuire, a chi?. Apparentemente la risposta potrebbe essere superflua: a chi
altro se non alle persone occorre riferirsi. Ma dietro il termine "persona", si
aprono altre questioni: tutte le persone indistintamente o alcune categorie di esse,
individuate secondo un qualche criterio discretivo (reddito, condizione
occupazionale,...). Infine e, inscindibilmente, dalla domanda di "oggetto" (che
cosa) e dalla domanda del "soggetto" (chi), va trovata la modalità attraverso la
quale, il primo si ripartisce tra i secondi.
Una volta individuate le coordinate del tema distributivo, va ricercata una
concezione di giustizia che permette di scegliere tra più possibilità di sistemi
distributivi.
L'idea di giustizia fornisce, allora, l'elemento etico, il presupposto
valoriale a partire dal quale vengono scelti e definiti il soggetto, l'oggetto e il
modo della distribuzione.
Dunque, quando ci riferiamo alla giustizia distributiva, consideriamo i
principi attraverso i quali viene scelto il modo con il quale determinati beni (sia
fisici che non) vengono assegnati, per permettere ai soggetti di realizzare il
proprio benessere.
Questa definizione è necessariamente generica. Gli autori considerati non
esprimono rispetto ai tre sostantivi chiave (beni, soggetto, benessere) un'unica
posizione.
Includere nel problema della giustizia distributiva solo i beni materiali,
vorrebbe dire prendere una posizione all'interno di un dibattito, dove non pochi
8
sono quelli che, invece, individuano tra gli oggetti da distribuire anche quelli non
fisici (es. la libertà).
Per la stessa ragione qualificare il termine soggetto o il termine benessere,
parlando magari di soggetti poveri (rispetto a chi e a che cosa?) o di ogni
soggetto, avrebbe finito per non comprendere tutte le posizioni che verranno
espresse.
La ricca produzione letteraria attorno a questo tema dimostra come la
giustizia distributiva e le concrete implicazioni per le vite dei soggetti siano
aspetti fortemente sentiti da tutte le società organizzate. Ognuna di esse ha trovato
propri modi (principi), che regolano la possibilità dei suoi componenti di ricevere
i mezzi necessari per condurre una vita, secondo standard valutati come giusti.
In tempi recenti e contestualmente alla nascita e allo svilupparsi della
scienza economica, il dibattito attorno al problema distributivo ha oscillato tra
quanti ritengono che l'economia di mercato basti ad assicurare un'adeguata
distribuzione delle risorse tra i soggetti e, dall'altro lato, quanti contestano questa
"pretesa sufficienza".
Tra gli autori considerati, Polanyi ha messo bene in evidenza questo
contrasto, mostrando come allo svilupparsi dell'economia di mercato sia coinciso
un progressivo tentativo, da parte della società, di proteggersi dagli effetti non
desiderati di quel sistema economico.
9
I.3 LA GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA: UN ESEMPIO
"Quando mieterete le messe della vostra terra, non mieterete fino ai
margini del campo, né raccoglierete ciò che resta da spigolare della messe;
quanto alla tua vigna, non coglierai i racimoli e non raccoglierai gli acini caduti;
li lascerai per il povero e per il forestiero"
3
. "Alla fine di ogni triennio metterai
da parte tutte le decime del tuo provento del terzo anno e le deporrai entro le tue
città; il levita,...l'orfano e la vedova che saranno entro le tue città, verranno,
mangeranno e si sazieranno"
4
. "Se entri nella vigna del tuo prossimo, potrai
mangiare uva, secondo il tuo appetito, a sazietà, ma non potrai metterne in alcun
tuo recipiente. Se passi tra la messe del tuo prossimo, potrai coglierne le spighe
con la mano, ma non mettere la falce nella messe del tuo prossimo"
5
. "Non
defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei
forestieri che stanno nel tuo paese, nelle tue città; gli darai il suo salario il giorno
stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e vi volge il desiderio"
6
.
"Quando riceverete dagli Israeliti le decime...quel che rimane sarà calcolato ai
leviti...Lo potrete mangiare in qualunque luogo, voi e le vostre famiglie, perché è
il vostro salario in cambio del vostro servizio nella tenda del convegno"
7
.
Sono alcuni esempi, del modo con cui un popolo antico, come gli Israeliti,
dedito prevalentemente ad un'economia agricola e poi commerciale, aveva
3
cfr. Libro del Levitico 19,9-10
4
cfr. Libro del Deuteronomio 14,28-29
5
cfr. Libro del Deuteronomio 23,25-26
6
cfr. Libro del Deuteronomio 24,14-15
7
cfr. Libro dei Numeri 18, 25-31
10
organizzato il sistema di distribuzione delle risorse, stabilendo alcune prescrizioni
morali e religiose a tutela delle categorie meno protette (orfani, vedove e
forestieri) e più soggette al rischio di esclusione dalla società. Forme di
erogazione per coloro che erano dediti ai servizi cultuali (i leviti) e che non
potevano, di conseguenza, provvedere autonomamente al proprio sostentamento.
Vi erano poi altre norme, che riguardavano la circolazione della proprietà,
di ciò che oggi chiameremmo beni immobili (case e terreni). Era stabilito che al
coincidere del giubileo (ogni 50 anni), le proprietà dovessero ritornare, fatte salve
alcune eccezioni, al venditore originario. Prima dello scadere di tale termine, gli
scambi di tali beni avvenivano al valore corrispondente a una sorta di rendita
annuale (per i terreni) moltiplicata per il numero di anni che separavano dal
giubileo. In questo modo erano fissati anche i valori di riscatto, per quei beni
(compresi la libertà personale) di cui non si aveva più la disponibilità
8
.
L'esempio mostra come una serie numerosa di atti, aventi ad oggetto la
distribuzione di beni, avvenisse attraverso strumenti diversi dal mercato: diversi
dalla logica del prezzo determinato sulla base della domanda e dell'offerta.
Con Rawls potremmo dire che la distribuzione è organizzata facendo
ricorso a un "principio originario" (la legge divina). Attraverso l'approccio
sociologico di Darhendorf si potrebbe dire che le prescrizioni sociali, a favore
delle categorie deboli, sono il tentativo di evitare elementi di conflitto all'interno
della società. Che vi siano alcune proprietà (case e terreni) distribuite secondo
regole distinte da quelle degli altri beni, ci può richiamare l'approccio delle "sfere
8
cfr. Libro del Levitico cap. 24-26
11
di giustizia" di Walzer. Da Sen potremmo cogliere l'analogia tra la "incapacità di
funzionare" di determinate categorie di soggetti (forestieri, orfani e vedove) e la
corrispondente realizzazione di strumenti per colmare le loro difficoltà. Infine,
Polanyi potrebbe fornirci gli strumenti per capire la complessità della
distribuzione e la molteplicità dei mezzi utilizzati per realizzarla.
12
I.4 LA GIUSTIZIA DISTRIBUTIVA NELL'ULTIMO SECOLO
La crisi della fine degli anni '20 evidenziò la difficoltà di funzionamento
dell'economia di mercato, pensata dai classici e poi formalizzata dai neoclassici.
Eccesso di offerta, fallimenti delle attività industriali e conseguente incremento
della disoccupazione, rendevano necessario e urgente sviluppare un nuovo
sistema che assicurasse un'adeguata distribuzione delle risorse.
Le risposte non progredirono tutte verso la stessa soluzione. Nell'Europa
continentale alcuni Stati (Germania, Italia, Spagna) cercarono di assorbire la crisi
economica di quegli anni, instaurando dei regimi totalitari. Autarchia, incremento
della produzione bellica e inquadramento corporativo furono alcuni degli
strumenti che questi Paesi utilizzarono per ridurre la disoccupazione. Come dirà
l'arcivescovo di Canterbury, la Germania stava diventando uno Stato di Warfare,
in evidente contrapposizione alle politiche di Welfare che invece
contraddistinguevano la Gran Bretagna e gli Stati Uniti
9
.
La crisi del '29, evidenziando i limiti del mercato nella distribuzione delle
risorse, aveva fatto sviluppare l'idea che lo Stato non potesse essere indifferente
rispetto alla distribuzione del benessere dei suoi cittadini e che anzi doveva
approntare quegli strumenti necessari per permetterlo.
Uomini politici come Roosvelt negli Stati Uniti e Beveridge in Gran
Bretagna, cercarono di dare concretezza a questo sistema. Povertà,
disoccupazione, malattia e vecchiaia misera erano i quattro "nemici" che a
9
cfr. "Il futuro dello Stato sociale in Italia" relazione del prof. Ugo Ascoli - Atti dei corsi di
formazione del Centro Studi Lorenzo Milani di Filottrano
13
giudizio di Beveridge vanno combattuti attraverso la responsabilità di tutta la
comunità
10
.
Due sono i caratteri che contraddistinguono questo sistema: l'assoluta
novità e l'idea di eguaglianza che sottende alla logica redistributiva.
Anche nel passato vi erano stati interventi di politiche sociali, ma queste
non si configurano come Welfare State. Dapprima e per molti secoli si sviluppano
gli interventi contro la povertà. Interventi mirati verso categorie precise, il cui
scopo è principalmente quello di evitare problemi per l'ordine sociale.
Una seconda fase è contraddistinta dall'emergere nell'800 di una classe
operaia, che si andava organizzando (Trade Unions, Società di Mutuo Soccorso, i
Partiti Operai) per chiedere migliori condizioni di lavoro e per far fronte al rischio
della perdita di salario, in conseguenza di incidenti o malattie.
Le istanze di questi lavoratori organizzati in classe e che non disponevano
di rappresentanza politica, indussero alcuni politici ad operare interventi in loro
favore per mantenere il consenso sociale sulla propria azione politica. Fu così che
proprio il conservatore Bismarck creò nel 1882 le prime forme di assicurazione
sociale obbligatoria.
Si tratta, tuttavia, di leggi settoriali e limitate ad alcune categorie di
persone: gli operai. Solo più tardi ci si adopererà per gli agricoltori e poi per gli
altri lavoratori.
Il terzo stadio, all'interno del quale tuttora ci troviamo, è rappresentato
dalla creazione del Welfare State, in cui l'idea di fondo è che per il fatto di essere
10
cfr. ibidem
14
cittadini, non operai o agricoltori ricchi o poveri, si ha diritto a un sistema di
erogazioni.
Un sistema che soprattutto nell'Europa continentale, istituzionalizza
vincoli di solidarietà tra le persone. Erogazione e copertura finanziaria sono
spesso scollegati. La seconda ricade sulla fiscalità generale o come avviene nei
sistemi pensionistici a ripartizione implica legami di solidarietà tra generazioni,
dovendo gli occupati sostenere il costo dei non occupati.
La formazione dei partiti il cui consenso si sviluppava su larghe basi
popolari, aveva spostato la lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dal
piano esclusivamente sindacale a quello politico.
Emerge, inoltre, una più forte percezione dell'importanza dei diritti sociali
per rendere effettiva la cittadinanza. Le Costituzioni scritte negli anni '40 sono il
significativo esempio di una più ampia concezione dell'idea di cittadinanza, non
più limitata alle sole idee liberali dei diritti politici.
In Inghilterra, uno dei più importanti piani di organizzazione del Welfare
fu avviato negli anni 1942-1944 "per promettere ai cittadini inglesi - che stavano
sostenendo lo sforzo contro Hitler - che, finita la guerra, sarebbe stato dato loro
un sistema avanzato che "dalla culla alla tomba" li avrebbe protetti"
11
.
Accanto alle ragioni di opportunità politica, vanno rappresentate anche le
condizioni economiche e sociali su cui il Welfare, nello specifico caso italiano, si
sviluppava.
11
cfr. Massimo Paci, Welfare State pag. 81
15
Alti tassi di occupazione all'interno di un sistema di produzione di tipo
fordista consentiva di disporre di una base certa di prelievo per il finanziamento
del Welfare, oltre a produrre una tendenziale polarizzazione delle categorie di
interessi da comporre (lavoratori e imprenditori).
Allo stesso modo i tassi di crescita elevati di quegli anni, assicurati grazie
anche alle politiche protettive dello Stato sul sistema industriale nazionale,
permettevano di redistribuire parte della ricchezza prodotta attraverso il
finanziamento dello stato sociale.
Non da ultimo va considerata una politica concertata tra governo e
associazioni rappresentative delle categorie sociali, volta a comporre potenziali
conflitti di natura corporativa e che rende possibile il perseguimento dello
sviluppo economico e del progresso sociale
12
.
I.5 LA TEORIA DELLA GIUSTIZIA DITRIBUTIVA: UN CANTIERE
ANCORA APERTO
Con gli anni Settanta queste condizioni, che avevano permesso un
generalizzato consenso attorno al Welfare quale principale strumento per
assicurare principi di eguaglianza nella distribuzione delle risorse e al più ampio
tema dell'intervento dello Stato in economia , vengono meno.
Il progressivo invecchiamento della popolazione e alti tassi di
disoccupazione determinano un aumento della spesa sociale per pensioni e sussidi
e dall'altro riducono il prelievo fiscale per finanziare il Welfare.
12
cfr. AA.VV., Lo Stato sociale in Italia 1997 pagg. 258-259
16
La perdita di centralità del sistema industriale e l'incremento di altri settori
molto diversi tra di loro, incidono sulla omogeneità e sulla compattezza dei gruppi
sociali. Aumentano, così, le istanze corporative e il conflitto per lo Stato Sociale
si trasforma sempre più in conflitto per la protezione di nicchie di privilegio, la
cui conseguenza è spesso quella di aumentare le differenze sociali, anziché
attenuarle.
Emergono, infine, problemi di sostenibilità come conseguenza della
riduzione dei tassi di crescita dell'economia e il pericolo di crisi fiscale dello Stato
rende necessario l'attuazione di politiche di contenimento e di razionalizzazione
della spesa
13
.
Il dibattito politico non poteva non essere influenzato da simili condizioni
e il tema della riforma del Welfare è stato posto al centro di tutte le agende
politiche. Da un lato vi sono quanti intendono riformulare il sistema di protezione
sociale all'interno di uno schema essenzialmente pubblicistico, in cui lo Stato
svolge ancora un ruolo preminente nella organizzazione della redistribuzione in
senso egualitario delle risorse e delle opportunità.
Dall'altro lato e sulla spinta del pensiero liberale, riemerso fortemente
negli ultimi decenni, quanti ritengono che un sistema privato possa adeguatamente
provvedere a fornire quanto sino ad ora era assicurato dallo Stato, al quale
verrebbe delegata una funzione residuale di protezione nei confronti di alcune
categorie di soggetti e la garanzia di realizzare pari condizioni di partenza per
tutti.
13
cfr. AA.VV., Lo Stato sociale in Italia 1997 pagg.262/264
17
Ad oggi i provvedimenti presi sono stati spesso viziati dal bisogno della
quadratura di bilanci deficitari o dal timore politico di perdere consensi. Ciò che è
mancato e che tuttora sembra latitare nelle discussioni attorno a questi temi è il
fondamento teorico-ideale su cui rifondare (o meno) il Welfare.
Nella sua prima formulazione, accanto agli elementi di carattere
contingente e storico, la giustizia distributiva ha trovato fondamento nell'idea di
eguaglianza sostanziale dei cittadini, nell'idea di solidarietà tra generazione e
all'interno delle generazioni, nell'affermazione dei diritti sociali e di un preciso
ruolo redistributivo da parte dello Stato. Era un sistema che aveva dato senso alle
domande di fondo della giustizia distributiva: il chi, il che cosa e il come.
Come dare risposta a questi elementi costituisce il problema attuale e il
nocciolo attorno ai quali le discussioni politiche vengono svolte, in modo più o
meno esplicito.
Ricorre ad autori come Rawls, Sen, Walzer, Darhendorf e Polanyi, oltre a
costituire un utile contributo per capire i termini della questione distributiva,
permette di valutarla in una prospettiva più ampia e integrata, consentendo di
coglierne aspetti che sfuggirebbero ad un ottica esclusivamente finanziaria del
problema.