La Gestione Risorse Umane e lo Stress Organizzativo 8
1.3 Che cosa non è lo stress
Nel paragrafo precedente, presentando alcune caratteristiche dello stress, sono stati citati: ansia,
pressioni e tensioni; ritengo possa essere utile ai fini della ricerca chiarire eventuali differenze e
analogie di tali elementi con l‟argomento principale.
1.3.1 L’ansia
L‟ansia è una condizione di paura generica dell‟individuo che non deriva da uno stimolo specifico
(a differenza dello stress) ed è caratterizzata da un‟iperattività del sistema nervoso.
L‟ansia sembra avere una componente cognitiva, una somatica, una emozionale e una
comportamentale (Seligman, Walker & Rosenhan, 2001).
La componente cognitiva comporta aspettative di un pericolo diffuso e incerto; dal punto di vista
somatico, il corpo prepara l‟organismo ad affrontare la minaccia: la pressione del sangue e la
frequenza cardiaca aumentano, la sudorazione aumenta, le funzioni del sistema immunitario e
quello digestivo diminuiscono; esternamente si può verificare pallore della pelle, sudore, tremore e
dilatazione pupillare.
Dal punto di vista emozionale, l‟ansia causa un senso di terrore o panico, nausea e brividi. Dal
punto di vista comportamentale, si possono presentare sia comportamenti volontari che involontari,
diretti dalla fuga o ad evitare la fonte dell‟ansia. Questi comportamenti sono frequenti e spesso non
adattivi, dal momento che sono più estremi nei disturbi d‟ansia. Comunque l‟ansia non sempre è
patologica o non adattiva: è un‟emozione comune come la paura, la tristezza e la felicità, ed è una
funzione importante in relazione alla sopravvivenza.
Un esempio di condizione di ansia può essere rappresentata dagli studenti in merito all‟ansia da
esame, emozione procurata dall‟associazione tra i voti ed il valore personale, o il frequentare una
classe che supera le proprie capacità, o ancora la pressione del tempo e la perdita del controllo
(analogamente allo stress).
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Secondo la PSOA
2
(Psicosocioanalisi) le risorse interne all‟organizzazione si trovano ad affrontare
sfide insostenibili le quali portano ad esperienze ansiogene e ad un uso difensivo
dell‟organizzazione attraverso l‟istituzionalizzazione. Tale processo comporta un dirottamento delle
risorse dal raggiungimento del compito primario nella sua doppia presenza (problematiche legate al
costante confronto dell‟organizzazione con gli stakeholders e problematiche relative agli uomini e
donne che vivono al suo interno e che costituiscono la risorsa principale) verso un loro uso
difensivo al riparo dalla condizione ansiogena primaria.
Le ansie primarie possono essere di tipo:
confusionale
“originata da una sensazione di indistintività tra le facoltà percettive e gli oggetti con una
dilatazione dei confini dell‟esperienza fino a sensazioni allucinate con forti vissuti di
fusionalità simbiotica dell‟Io con le situazioni prospettate” (L‟approccio psicosocioanalitico
allo sviluppo delle organizzazioni, D. Forti, G. Varchetta);
persecutoria
originata dalla superiorità delle capacità dell‟individuo rispetto alle richieste del ruolo,
diviene una situazione opprimente, un senso di inutilità e di soffocamento per la risorsa
dovuto alla routinarietà delle mansioni e all‟assenza di creatività (es° catena di montaggio);
depressiva
il grado di autonomia richiesto dal ruolo è superiore alla capacità di autonomia individuale;
l‟individuo si sente disorientato, inadeguato al ruolo, abbandonato e non all‟altezza della
mansione.
Oltre ad analizzare capacità individuali e autonomia richiesta dal ruolo, se aggiungessimo la
retribuzione come terzo elemento di misurazione (così come propone la PSOA) le ansie sopra
descritte si acutizzerebbero: l‟individuo si sentirebbe sottopagato se perfettamente in grado di
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PSOA Psico Socio Analisi è la teoria, il metodo e la tecnica fondati sulla costante attenzione a ciò che connette
individuo – coppia – gruppo – istituzione - polis
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rispondere alle esigenze del ruolo con le capacità proprie, e quindi si sentirebbe vittima di
un‟ingiustizia; condizione accentuata se all‟interno dell‟organizzazione fossero presenti risorse che
vengono pagate in funzione del ruolo pur non avendo le sufficienti capacità per ricoprirlo. Fonte di
ansie persecutorie e depressive simultaneamente potrebbe rappresentare la situazione in cui il
riconoscimento economico è superiore al grado di autonomia richiesto dal ruolo e ancora superiore
rispetto alle capacità individuali, in cui il soggetto è costretto a vivere in un eccesso di
responsabilità a cui non è in grado di fare fronte.
L‟ansia è perciò una emozione suscitata da stimoli generici spesso non identificabili ma che come
lo stress presenta ripercussioni cognitive oltre che fisiche (seppur non direttamente).
Seppur identificabile come una reazione da stress.
Stress ansia
1.3.2 Le tensioni
“Le tensioni sono una della cause dello stress in assenza di strategie lavorative”.
Tale ipotesi è esplicitata da Karasek 1989 ingegnere e psicologo americano il quale sostiene che le
caratteristiche del lavoro non sono associabili direttamente allo stato di salute del lavoratore ma
possono combinarsi in modo interattivo con essa.
Karasek analizza due fattori:
Domanda, impegno fisico e psicologico del lavoratore per svolgere una determinata
mansione;
Controllo, capacità e discrezionalità del lavoratore nello svolgere una determinata mansione;
La combinazione di tali fattori porta a differenti esperienze lavorative (stessa logica espressa dalla
PSOA in relazione alle capacità individuali e richieste del ruolo).
La Gestione Risorse Umane e lo Stress Organizzativo 11
Karasek
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individua quattro tipologie lavorative derivate da alta/bassa domanda, e alto/basso
controllo:
Lavori ad alta domanda, creano un‟alta tensione psicologica negli individui dovuta
all‟elevato carico del lavoro, si manifestano con ansia, depressione, esaurimento e vari
disturbi psicosomatici (alta domanda e basso grado di controllo);
Lavori attivi, il soggetto esprime pienamente le proprie potenzialità, c‟è un alto grado di
controllo e discrezionalità da parte del soggetto a cui corrisponde un elevato livello della
domanda;
Lavori a bassa domanda e alto controllo, non creano tensioni negli individui ma si possono
definire rilassanti (naturalisti, biologi, botanici), persone generalmente soddisfatte del
proprio lavoro;
Lavori passivi, combinano una bassa domanda e impegno con una bassa possibilità di usare
le proprie abilità, creano stress o tensione psicologica e contribuiscono a impoverire le
abilità lavorative del soggetto, diminuendo le capacità di apprendimento. Aumentano un tipo
di stress da deprivazione (hipostress) e quindi abbassano il livello di qualità della vita.
Karasek definisce lo stress come il risultato di un livello di disequilibrio tra le richieste mentali e la
libertà decisionale: le richieste o tensioni lavorative sono considerate causa di stress solo in assenza
di strategie lavorative di copyng riguardo a tali domande.
Si può dedurre che il modello domanda/controllo induce ad aspettarsi che il tipo di incontro tra le
capacità del lavoratore e le richieste del lavoro è predittivo dello stress connesso con quel lavoro.
Karasek e Theorell (1990) conclusero che i lavori con alta specializzazione e parcellizzazione
producono in molti casi lavori con un basso controllo, un‟alta domanda psicologica e un basso
supporto sociale che si traduce in alta produttività, ma anche in alto rischio di stress. Tale modello
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Karasek è un giornalista, critico letterario e autore di numerosi libri e film. Autore di una ricca letteratura relativa al
tema dello stress e della sua valutazione.
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fu oggetto di numerose critiche perché non tiene conto dell‟effetto di supporto prodotto dalla
dimensione sociale; Johansson, Johnson e Hall (1991) hanno inserito una terza dimensione
ottenendo il modello domanda – controllo – supporto. Il supporto funge da elemento fondamentale
per lo stress correlato al lavoro poiché ingloba ogni relazione tra colleghi, capo, collaboratori. Le
situazioni lavorative caratterizzate da richieste elevate, autonomia decisionale e supporto sociale
scarso, determinano nei lavoratori una predisposizione a problemi di salute (Psicologia del lavoro
nelle organizzazioni, P. G. Gabassi). Tali teorie non tengono però conto della soggettività
dell‟individuo e della personale percezione e risposta agli stressors; ci sono comunque utili per
localizzare il ruolo delle pressioni rispetto allo stress.
tensioni stress ansia
1.3.3 Le pressioni
Ai fini della ricerca, vorrei focalizzarmi sulle pressioni di ruolo concernenti situazioni in cui un
individuo, per diverse ragioni, non può corrispondere alle aspettative del ruolo assegnato. Può
essere utile analizzare le pressioni di ruolo in quanto fonte di stress per un individuo che deve
assumere più ruoli differenti tra loro, tralasciando la propria singolarità a favore di uno
sradicamento dell‟identità e del capitalismo post-moderno.
Diviene necessario distinguere pressioni intra ruolo e tensioni inter ruolo. Le prime si riferiscono a
conflitti che si generano all‟interno dello stesso ruolo (es° docente che deve sapere comunicare e
mantenere il giusto distacco affettivo). Le pressioni inter ruolo si scatenano quando i vari ruoli che
un individuo interpreta sono in contrasto tra loro; l‟insieme dei modelli di comportamenti attesi e
delle aspettative che convergono su un individuo che ricopre una determinata posizione sociale,
spesso è associato al concetto di status.
Ogni ruolo riveste delle aspettati, delle norme generalmente accettate dall‟individuo, che tendono ad
uniformare, è il soggetto a decidere se adattarsi in tutto o in parte, pur rischiando di andare contro il
controllo sociale.
Con l‟introduzione del D.Lgs. 81/2008 è stato introdotto lo studio obbligatorio della cosiddetta
sindrome da corridoio all‟interno dei contesti lavorativi. "Nel contesto di vita contemporanea si
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sono annullati i filtri che gestivano le singolarità del quotidiano lavorativo e di quello privato. Si è
creato un corridoio senza soluzione di continuità tra gli stimoli propri dell'ambiente di lavoro e
quelli della vita privata. Sempre più spesso quindi la famiglia genera o amplifica le tensioni fisiche,
emotive e comportamentali restituendole al contesto lavorativo in un ciclo autogenerante".
La conseguenza è che di fronte a normali stimoli lavorativi la soggettività individuale risulta a
rischio di scompensi biologici e comportamentali; in sostanza questo corridoio rappresenta quello
spazio metafisico che unisce indissolubilmente gli ambienti casa – lavoro in un‟unica soluzione e
dunque consente di “fare passare da una stanza all‟altra” emozioni e pensieri, positivi e negativi.
Sintomi fisici, psico – emozionali e comportamentali del lavoratore stressato sono la base per lo
sviluppo di situazioni morbose ed infortuni che ricadono inevitabilmente sulla produttività,
sull‟equilibrio organizzativo dell‟azienda, sulla sicurezza del personale, sull‟immagine interna ed
esterna, oltre che sulla spesa sociale e sanitaria. E‟ per tali ragioni che il nuovo testo unico sulla
sicurezza identifica questa sindrome come meritevole di valutazione e impone al datore di lavoro
l‟obbligo di monitoraggio.
Un‟ adeguata prevenzione, favorirà oltre che l'individuo anche l'organizzazione in quanto a minor
assenteismo, minor numero di infortuni e di errori, migliorando la qualità dei beni o servizi erogati e
l'immagine dell'azienda stessa.
Pressioni/tensioni stress ansia/sindrome da corridoio
1.3.4 Il Mobbing
Tra il fenomeno del Mobbing e lo Stress intercorre un rapporto di causa-effetto: il Mobbing provoca
lo Stress, che una volta sviluppatosi amplifica ed incide sul Mobbing, orientando il fenomeno verso
una condizione sempre più negativa. In questa affermazione si ritiene che una persona possa vivere
esperienze di Stress sul lavoro, causate dagli impegni quotidiani che portano i lavoratori a rispettare
le scadenze, a soddisfare i superiori che spesso sovraccaricano i subordinati, ad affrontare conflitti
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quotidiani che possono bloccare momentaneamente il proprio lavoro, a vivere delle soddisfazioni
personali che rendono più piacevole lo svolgimento della propria attività.
Quando però si verifica un caso di Mobbing, il lavoro diventa il luogo e lo strumento per colpire le
vittime. Sul lavoro avvengono la maggior parte delle persecuzioni, che si realizzano attraverso
sabotaggi e boicottaggi sulle prestazioni del mobbizzato.
Una delle principali caratteristiche del Mobbing è quella di avere una lunga durata nel tempo, se
consideriamo che la vittima non è consapevole di essere tale, allora possiamo ritenere che questa
vivrà uno Stress molto forte per le continue persecuzioni che dovrà subire. Il Mobbing è quindi la
causa prima dello Stress, il quale, provocando gravi somatizzazioni visibili sempre dalla vittima,
produce di conseguenza un secondo stadio dove la condizione di Stress orienta lo sviluppo del
Mobbing. Quando la vittima prende coscienza del peggioramento del proprio stato di salute,
comincia a considerare se stessa in modo molto diverso rispetto all‟ambiente in cui opera.
Questa condizione di malessere modificherà anche molte relazioni esterne al lavoro, provocando un
ulteriore aggravamento della condizione della vittima. Lo Stress ha quindi la proprietà di peggiorare
le condizioni della vittima, ma quest‟ultima non è consapevole che i propri problemi stanno
nascendo dal Mobbing.
Le persone stressate diventano mobber molto più facilmente che in altri casi. Quando si trovano in
situazioni considerate estreme per la loro sopravvivenza esistenziale possono facilmente accedere a
comportamenti radicalmente persecutori. Lo Stress di questi soggetti nasce dalla percezione a lungo
termine di essere incapaci di affrontare la difficoltà che incombe innanzi a loro. L‟amara prospettiva
di subire un taglio ai finanziamenti di una ricerca che si sta conducendo, l‟eventualità di essere
licenziati o di essere trasferiti, pone il soggetto in una condizione di Stress che potrebbe
disorientarlo. Si verificano di frequente dei comportamenti persecutori, dove anche il mobber
subisce i danni della persecuzione. Oppure si cerca di svilire l‟immagine dell‟altro per influenzare
negativamente il giudizio della Direzione aziendale verso la vittima.
Mobbing stress
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1.3.5 Il burnout
L‟accento è posto sulle capacità dell‟individuo di fronteggiare e gestire le situazioni stressanti,
piuttosto che sulla tipologia di ambienti lavorativi che possono causare o alleviare lo stress.
Alcuni autori lo identificano con lo stress lavorativo specifico delle helping professions, altri
affermano che il burn-out si discosta dallo stress per la depersonalizzazione, cui esso dà luogo, che
è caratterizzata da un atteggiamento di indifferenza, malevolenza e di cinismo verso i destinatari
della propria attività lavorativa.
Il burn-out può anche essere inteso come una strategia particolare adottata dagli operatori per
contrastare la condizione di stress lavorativo determinata da uno squilibrio tra richieste/esigenze
lavorative e risorse disponibili. Comunque esso va inteso come un processo multifattoriale che
riguarda sia i soggetti che la sfera organizzativa e sociale nella quale operano.
Il concetto di burn-out (alla lettera essere bruciati, esauriti, scoppiati) è stato introdotto per indicare
una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa registrati nei
lavoratori inseriti in attività professionali a carattere sociale. Questa sindrome è stata osservata per
la prima volta negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni d‟aiuto: infermieri,
medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici, operatori per
l‟infanzia.
Attualmente non esiste una definizione universalmente condivisa del termine burn-out.
Freudenberger è stato il primo studioso a usare il termine “burn-out” per indicare un complesso di
sintomi, quali logoramento, esaurimento e depressione riscontrati in operatori sociali americani.
Successivamente Cherniss con “burn-out syndrome” definiva la risposta individuale ad una
situazione lavorativa percepita come stressante e nella quale l‟individuo non dispone di risorse e di
strategie comportamentali o cognitive adeguate a fronteggiarla.
Secondo Maslach, il burn-out è un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che
può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente e che possono essere raggruppate in
tre componenti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.
L‟esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal
proprio lavoro, per effetto di un inaridimento emotivo del rapporto con gli altri. La
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personalizzazione si presenta come un atteggiamento di allontanamento e di rifiuto (risposte
comportamentali negative e sgarbate) nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la
prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale riguarda la
percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell'‟autostima ed il sentimento di
insuccesso nel proprio lavoro.
Il soggetto colpito da burn-out manifesta sintomi aspecifici (irrequietezza, senso di stanchezza ed
esaurimento, apatia, nervosismo, insonnia), sintomi somatici (tachicardia, cefalee, nausea, ecc.),
sintomi psicologici (depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia
e risentimento, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo,
isolamento, sensazione di immobilismo, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al
cambiamento, difficoltà nelle relazioni con gli utenti, cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei
confronti degli utenti). Tale situazione di disagio molto spesso induce il soggetto ad abuso di alcool
o di farmaci.
Gli effetti negativi del burnout non coinvolgono solo il singolo lavoratore ma anche l‟utenza, a cui
viene offerto un servizio inadeguato ed un trattamento meno umano.
Per l‟insorgenza del burnout possono avere importanza fattori socio-organizzativi quali le
aspettative connesse al ruolo, le relazioni interpersonali, le caratteristiche dell‟ambiente di lavoro,
l‟organizzazione stessa del lavoro.
Il graduale disimpegno emozionale conseguente alla frustrazione, con passaggio dalla empatia alla
apatia, costituisce la quarta fase, durante la quale spesso si assiste a una vera e propria morte
professionale.
stress burnout
1.4 Le ipotesi di insorgenza dello stress
Una ricerca condotta agli inizi del Novecento dalla psicosomatica ha dimostrato che esistono legami
molto forti tra la personalità e la tolleranza allo stress; in particolare la ricerca ha diviso i
comportamenti umani in due macro gruppi (Friedman, M., Rosenman, R.H. Association of a
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specific overt behavior pattern with increases in blood cholesterol, blood clotting time, incidence of
arcus senilis and clinical coronary artery diseases. Journal of American Medical Association, 1959;
2196, 1286-1296):
il primo delinea un soggetto orientato alla competitività spinta e diffusa a tutti gli aspetti della vita;
aggressività presente in tutte le interazioni personali e sociali; insofferenza per i differenti ritmi
altrui; tensione muscolare e difficoltà al rilassamento; tendenza a volere completare un illimitato
numero di attività in un ridotto lasso temporale; necessità ad avere un costante controllo sulle
situazioni; pochi interessi alternativi al lavoro;
il secondo delinea un soggetto caratterizzato da una competitività selettiva proporzionata agli
obiettivi da raggiungere; aggressività di base ridotta; capacità di adeguarsi e tollerare le diversità
altrui; facilità di rilassamento; tendenza a proporzionare il numero di attività da svolgere in funzione
del tempo a disposizione; ridotta importanza attribuita al costante controllo di tutte le situazioni;
interessi alternativi al lavoro.
La ricerca ha dimostrato che le persone corrispondenti al gruppo 1 sono coloro che risentono in
misura maggiore dello stress lavorativo, infatti le pressioni lavorative, il sovraccarico, le scadenze e
le difficoltà con i colleghi possono influire fortemente sulle modalità con cui l‟individuo percepisce
e considera il proprio lavoro.
Tale ricerca conferma quanto già ipotizzato, secondo cui l‟impatto degli stressors lavorativi e la
risposta personale, risultano modulati in funzione di come la persona stessa percepisce i fattori di
stress.
Diviene difficile misurare l‟impatto concreto dello stress sulle attività lavorative, ma è possibile
indicare alcune situazioni lavorative facilmente associabili allo stato di stress:
il rumore eccessivo rende difficile la comunicazione e la concentrazione;
un carico di lavoro eccessivo superiore alle 40 ore settimanali;
la mancanza di tempo necessario per svolgere un‟attività costringendo a lavorare in fretta ed
in modo poco preciso;
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la routinarietà delle attività;
la mancanza di un riconoscimento o ricompensa a fronte di un‟elevata prestazione;
la presenza di eccessive responsabilità;
l‟ambiguità di ruolo, l‟assenza di indicazioni precise che portano a non sapere come
fronteggiare l‟emergenza;
il conflitto con i colleghi o con i superiori;
l‟insoddisfazione, la mancanza di realizzazione personale (mancanza di un lavoro stabile,
mancanza di possibilità di avanzamento, impossibilità di esprimere il proprio potenziale);
l‟essere oggetto di pregiudizi, minacce, vessazioni (che possono portare al mobbing).
Tali risultati delle ricerche condotte negli ultimi decenni sono a mio parere coerenti con le 7
politiche chiave enunciate da Pfeffer
4
il quale sostiene che le risposte dei dipendenti dipendono
anche dal modello di GRU:
1. la sicurezza dell‟impiego,
2. la selettività nelle assunzioni,
3. team semiautonomi e decentramento decisionale,
4. la retribuzione sopra la media ma contingente ai risultati,
5. forte investimento in formazione,
6. egualitarismo simbolico,
7. ampia circolazione di informazioni.
4
Pfeffer, idea un modello universalistico secondo cui le organizzazioni dipendono dalle risorse acquisite dall‟ambiente
esterno sottolineando che non si tratta solo di un‟interazione tra le parti.
La Gestione Risorse Umane e lo Stress Organizzativo 19
Ma se la risposta al disagio lavorativo risiedesse in queste sette politiche, potrebbe venire da
chiedersi per quale motivo non tutte le organizzazioni si adoperano per metterle in atto. Uno dei
motivi risiede nelle barriere manageriali poiché implementare politiche di questo tipo richiede un
investimento di medio/lungo termine e molto spesso le contingenti necessità lavorative non esigono
altro che tempi di risposta brevi; altro motivo consiste nella difficoltà della gestione del personale
poiché in numerosi casi diviene complicato riuscire a combinare la “people idea” con la necessaria
“business idea”.
A tali barriere si aggiungono le difficoltà di implementazione, per esempio implementare una
strategia orientata al contenimento dei costi (salari al di sotto della media di mercato, politiche di
downsizing) contribuisce a creare un clima organizzativo sfavorevole e quindi una errata strategia
di competizione; un‟alternativa potrebbe risiedere nella creazione di effetti “bundling” secondo cui
è opportuno intrecciare tra loro più prassi di GRU creando in questo modo il vero valore aziendale,
per esempio:
PATH DEPENDENCY
GRU CULTURA
Una politica gestionale orientata alla soddisfazione del proprio dipendente ed all‟incremento e
mantenimento della sua motivazione, permette all‟organizzazione di divenire innovativa perché sarà
l‟individuo a ricercare autonomamente le informazioni che gli necessitano per meglio occupare il
ruolo ricoperto; flessibile poiché i dipendenti saranno disposti a cedere parte del tempo della loro
vita privata per contribuire al benessere aziendale (es. in BMW viene sfruttato il 97% della capacità
produttiva degli impianti grazie alla disponibilità flessibile dei dipendenti); tali elementi dimostrano
l‟importanza della gestione delle risorse come elemento costitutivo della strategia e la forte
relazione con il benessere aziendale e delle sue risorse interne.
I principali fattori di stress possono essere classificati in tre categorie principali:
La Gestione Risorse Umane e lo Stress Organizzativo 20
i fattori fisici
i fattori psicologici e sociali
i fattori gestionali
I fattori fisici, quali l'eccessivo rumore, calore, umidità, vibrazioni o esposizione a sostanze tossiche
o pericolose possono generare stress o rendere le persone maggiormente sensibili ad altri agenti
stressanti presenti nel luogo di lavoro (cfr. p. 55). I fattori di questo tipo meritano la massima
attenzione in quanto sono estremamente comuni nelle realtà lavorative. Complessivamente 25
milioni di lavoratori europei lavorano in ambienti rumorosi; l'8 per cento deve manipolare o toccare
prodotti o sostanze pericolose; il 17 per cento riferisce di respirare vapori, fumi o polveri per
almeno la metà dell'orario di lavoro; il 17 per cento afferma di essere esposto a vibrazioni, il 12 per
cento a temperature elevate e il 13 per cento a basse temperature; il 20 per cento è addetto al
trasporto o alla movimentazione di carichi pesanti e il 32 per cento lavora in posizioni scomode o
dolorose (Eurostat, 1998).
I fattori psicologici e sociali: i lavori che comportano la necessità di venire a contatto con la
sofferenza umana, con malattie o infortuni (come per esempio i servizi di polizia, di assistenza
medica e d'emergenza) o nei quali il personale stesso è esposto a pericoli fisici (sommozzatori;
operatori del settore della pesca) oppure a minacce di aggressioni (personale di sorveglianza)
possono risultare molto gravosi sul piano emotivo ed essere fonte di stress.
I fattori gestionali: i datori di lavoro sottolineano spesso l'importanza per la produttività di alcuni
aspetti dell'organizzazione e del contenuto del lavoro, quali la chiarezza nella definizione degli
obiettivi e dei valori aziendali, la buona comunicazione, la chiarezza nella definizione dei ruoli
all'interno dell'organizzazione, la chiarezza delle priorità, l'equilibrio nel grado di responsabilità e
autorità, la definizione dei rapporti con i superiori, la precisa delimitazione dei compiti, la sicurezza
dell'ambiente di lavoro. Ugualmente importante, tuttavia, è anche evitare atteggiamenti di
inflessibile rigidità nei confronti di problematiche come gli accordi di consultazione e
partecipazione dei dipendenti, le politiche di prevenzione dei conflitti o delle molestie, la
progettazione dei lavori, il controllo del sovraccarico lavorativo, dei ritmi di lavoro e degli orari di
lavoro. Su questo tipo di fattori in particolare richiama l'attenzione la Dichiarazione di
Lussemburgo (Luxembourg Declaration, 1997) sulla promozione della salute sul luogo di lavoro,
La Gestione Risorse Umane e lo Stress Organizzativo 21
successivamente rivista e modificata nella Dichiarazione di Tokyo (Tokyo Declaration,1998); le
due dichiarazioni vengono esaminate, rispettivamente, alle pagine 43 e 10.
Dati e tendenze relativi a numerosi fattori di stress di questo tipo sono stati pubblicati dalla
Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Paoli, 1992, 1997). Da
questi studi risulta inoltre che la percentuale di lavoratori intervistati ai quali è richiesto (per la metà
o più dell'orario di lavoro) di lavorare a ritmi accelerati è aumentata, passando dal 48 per cento (nel
1992) al 54 per cento (nel 1996). Analogamente, la percentuale dei lavoratori costretti a rispettare
scadenze pressanti è salita dal 50 per cento (1992) al 56 per cento (1996).
Data la complessità del fenomeno stress, non ho la pretesa di fornire una lista esaustiva di potenziali
indicatori di stress, tuttavia è possibile provare a ipotizzare quali fattori possono contribuire alla sua
insorgenza:
l‟organizzazione del lavoro ed i processi (pianificazione dell‟orario di lavoro, il grado di autonomia,
il grado di coincidenza tra capacità e competenze necessarie al ruolo e possedute dal lavoratore,
carico di lavoro),
le condizioni e l‟ambiente di lavoro (l‟esposizione ad un comportamento illecito, al rumore, a
sostanze pericolose, a pericoli come per esempio le forze dell‟ordine le quali sono tra i maggiori
conduttori di indagini in merito all‟argomento proprio perché ilo ruolo ne è altamente esposto),
la comunicazione (incertezza circa le aspettative lavorative, prospettive di occupazione, un
eventuale futuro cambiamento, feedback non costanti e imprecisi),
i fattori soggettivi (pressioni emotive e sociali, sensazione di non potere fare fronte alla situazione,
percezione di una mancanza di aiuto).
Se il problema dello stress da lavoro è identificato, bisogna agire per prevenirlo, eliminarlo o
ridurlo; la responsabilità di stabilire le misure adeguate da adottare spetta al datore di lavoro. Queste
misure saranno attuate con la partecipazione e la collaborazione dei lavoratori e/o dei loro
rappresentanti.