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Introduzione
Lo scopo ultimo dei servizi sanitari nazionali è riconducibile al miglioramento delle condizioni
di salute – quindi al prolungamento della vita - attraverso la prevenzione, la cura e la riabilitazione,
ponendo la necessaria attenzione al mutevole e variegato rapporto tra progresso scientifico
(clinico, farmacologico, organizzativo e tecnologico) e qualità della vita. Si tratta di un valore che
ha trovato tutela esplicita a livello di ordinamenti positivi: si pensi, ad esempio, all’art. 32 della
nostra Costituzione, in base al quale la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti
1
.
La preoccupazione dominante degli organi di governo del Sistema sanitario nazionale,
tuttavia, era in principio costituita dal lungo, difficoltoso, ed ancora incompiuto processo con il
quale anche nel nostro Paese si continua a riformare l’assistenza sanitaria, nella prospettiva di
coniugare la tutela dell’utente con il massimo dell’efficienza e dell’economicità, in un dinamico
equilibrio, socialmente accettabile, tra equità, qualità e risorse disponibili.
La riconsiderazione del welfare-state, progressivamente dilatatosi negli ultimi anni, è
tutt’ora oggi uno dei focus su cui si incentra il dibattito politico, a causa dell’incontenibile crescita
dei costi della previdenza e dell’assistenza, non più compatibili con gli attuali modelli di sviluppo
economico.
La politica sanitaria, già alla fine degli anni Ottanta, si trovava sempre più determinata da
vincoli di bilancio. In Italia, in particolare, il problema si è presentato con alcune peculiarità,
riconducibili alla situazione della finanza pubblica ed alle condizioni sociodemografiche, come
1
Cfr. Costituzione della Repubblica Italiana, art. 32.
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l’invecchiamento della popolazione, che già nelle previsioni fatte dall’Ocse in quegli anni, e che
oggi ci rendiamo conto essere state veritiere e corrette, che ha portati nei decenni la spesa sanitaria
e quella per l’assistenza ospedaliera ad aumentare vertiginosamente rispetto al PIL. Gli scenari che
si stanno delineati hanno imposto, perciò, un’ampia riconsiderazione delle politiche sino ad allora
attuata, con una prospettiva di lungo periodo che mantenesse la compatibilità della spesa con le
dinamiche dello sviluppo economico-sociale, non trascurando le valutazioni circa le ricadute
positive degli investimenti nella sanità in altre aree del Sistema del welfare.
Le ragioni che hanno portato ad un intervento di cambiamento radicale nel settore sanitario
appaiono, quindi, molteplici. Esse sono riconducibili al clima di crescente incertezza circa
l’indisponibilità delle risorse, alla complessità ed alla variabilità caratterizzanti il contesto di
produzione, di erogazione e di consumo dei servizi sanitari, all’evoluzione ed alla trasformazione
dello scenario epidemiologico e sociale di riferimento, con la conseguente variazione della
struttura della domanda.
Di qui la necessità di riprogettare e riorientare il sistema nel suo complesso, con meccanismi di
razionale allocazione delle risorse, delineando un rapporto nuovo con l’utenza fondato su di una
maggiore consapevolezza dei diritti ed esigenze dei cittadini e al tempo stesso dei limiti delle
risorse.
Il cambiamento è andato ad incidere necessariamente sull’architettura strategica,
organizzativa, delle competenze e responsabilità dei diversi soggetti che operano nel sistema
sanitario, oltre che sui processi erogativi, nelle dimensioni dell’economicità e della qualità dei
servizi, anche attraverso la definizione di nuove regole per le transizioni fondate principalmente
sull’accreditamento e sul sistema del finanziamento a prestazioni, al fine di delineare un sistema
idoneo a soddisfare, in condizioni di efficienza, le differenziate esigenze degli utenti.
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La trasformazione epocale del nostro Sistema sanitario nazionale (SSN) ha trovato le radici
nel d.lgs. 502/92 e nel d.lgs. 517/93, modificati ed integrati da tutta una serie di interventi
successivi, tra cui la cosiddetta riforma “Bindi” del 1999 e il d.lgs. 69/2009 (“Legge Brunetta”).
I citati decreti dei primi anni Novanta, hanno definito un nuovo modello istituzionale,
inteso come quadro di riferimento della ripartizione dei poteri e delle responsabilità, della
disciplina dei livelli di assistenza cui il cittadino ha diritto e delle relative modalità di accesso.
Con esso vengono immessi nel settore sanitario una serie di elementi innovativi orientati a renderlo
permeabile alla diffusione di una cultura economico-aziendale e ad approcci manageriali alla
gestione, che consentono di mantenere in dinamico equilibrio le tre dimensioni della performance
del sistema: la qualità, la competitività e l’equità.
La prospettiva economico-aziendale e l’approccio manageriale alla gestione delle strutture
pubbliche erogatrici di servizi sanitari sono stati completamente rivoluzionati dalle innovazioni
contenute nel modello istituzionale disegnato nella riforma del 1992.
L’aziendalizzazione delle USL, la costituzione delle Aziende Ospedaliere, l’istituzione della figura
del direttore generale con contratto di diritto privato e non più nominato dalla politica,
l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale, secondo la normativa del Codice Civile,
l’attivazione dei mercati di servizi fondati sul sistema dei prezzi tariffati, sulla libera scelta da parte
dell’utente della struttura di cura e sulla competizione tra pubblico e privato, rappresentano gli
elementi costitutivi della trama di un tessuto istituzionale ed organizzativo che dovrebbe coniugare
l’economicità. La qualità e l’equità dell’erogazione delle prestazioni di assistenza sanitaria.
Tale processo di cambiamento nella gestione sanitaria risulta confermato da ulteriori, più
recenti, interventi normativi in materia (tra i quali le leggi finanziarie del 2016, 2018 e 2019 e il
Piano sanitario nazionale triennale 2006 – 2008), che riaffermano, pur con correttivi rispetto agli
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assetti esistenti, la diffusione di logiche e strumenti miranti al recupero delle dimensioni
dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi sanitari.
L’autonomia gestionale ed organizzativa delle aziende, il dissolvimento dei controlli
preventivi sugli atti amministrativi, la discrezionalità lasciata al direttore generale (DG) – unico
organo, monocratico, preposto alla gestione – hanno aperto spazi di manovrabilità strategica,
facendo emergere il ruolo di soggetto strategico del DG stesso.
In tale prospettiva si è affermata la pianificazione strategica come premessa alla
formulazione del bilancio pluriennale di previsione, ma anche come strumento di realizzazione del
Piano sanitario nazionale (il già menzionato Psn) e di quello regionale (Psr), e di altri progetti
strategici contenuti in provvedimenti legislativi ad hoc, come confermato dalle leggi regionali di
disciplina della pianificazione. Tale prospettiva consente una lettura strategica del sistema
organizzativo delle aziende sanitarie e dei processi di produzione ed erogazione dei servizi,
cogliendo i fattori critici di successo, le possibili aree di miglioramento attraverso l’analisi delle
attività generatrici di valore, nonché le interrelazioni tra le attività e le opportunità di
esternalizzazione dei servizi non sanitari. A tale approccio si lega anche l’esigenza di diffondere
nel sistema la prospettiva del management strategico, nei diversi livelli della complessa struttura
organizzativa, fondata su una forte motivazione strategica e sull’impiego degli strumenti propri
della pianificazione e del controllo, in modo da presidiare e governare l’intero processo di
formazione delle scelte decisionali, promuovendo e valorizzando l’apprendimento organizzativo
e la formazione delle competenze distintive.
L’intento del presente lavoro è quello di analizzare i meccanismi decisionali delle aziende
sanitarie, esaminate nel ben più ampio sistema dei controlli (strategico, organizzativo e di
gestione), nella prospettiva progettuale di implementazione e di funzionamento, al fine di meglio
comprendere l’importanza del management in un tutta la sua complessità: le aziende sanitarie
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pubbliche, infatti, hanno dovuto adottare logiche strategiche ancora più consistenti per definire il
proprio posizionamento nei confronti di altri soggetti pubblici e privati, per ridisegnare i rapporti
tra organismi ed interlocutori istituzionali ed, infine, per determinare le proprie scelte. Il tutto,
prendendo le mosse dalla “rivoluzione copernicana” in senso aziendalistico che ha visto la luce a
partire dai primi anni Novanta.
In questo contesto, il management strategico non potrà che risultare il framework logico in
cui si definiscono tali scelte in modo sistematico. Anzi, più precisamente, risulterà essere l’insieme
dei processi logici (sostenuti da metodi e strumenti), sistematici (ripetuti nel tempo), ampi ed
organici (considerando l’azienda e il suo ambiente), che viene utilizzato per interpretare e
comprendere il contesto di riferimento e sviluppare solide e coerenti linee di indirizzo per
l’azienda
2
.
Proprio la capacità di interpretare il contesto esterno e di fornire indicazioni ottimali, come
vedremo, permetteranno di intendere quanto il management sia il vero protagonista dello sviluppo
della sanità italiana.
2
Éupolis Lombardia, Essere manager nella Pubblica Amministrazione, Gruppo 24 Ore, 2013.
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1. DALL’ISTITUZIONE ALL’AZIENDALIZZAZIONE DEL SISTEMA
SANITARIO NAZIONALE
Prima di affrontare l’analisi dei fenomeni gestionali delle aziende sanitarie è opportuno
soffermarsi sul loro modello istituzionale, per la rilevanza che esso assume in un settore altamente
regolamentato e per le sue implicazioni economiche, sociali e politiche.
Per modello istituzionale si intende la tipologia dei soggetti giuridici e la distribuzione tra
loro delle funzioni, con le relative modalità di esercizio, la disciplina dei livelli di assistenza cui il
cittadino ha diritto e le relative modalità di accesso
3
. Tale archetipo contiene in sé l’orientamento
strategico ed il quadro di riferimento per la scelta e la specificazione del modello organizzativo e
gestionale.
È evidente che la scelta di un determinato modello istituzionale è funzionale agli obiettivi
strategici sottostanti. In particolare, l’attuale scelta dello schema-tipo aziendale per il Servizio
sanitario nazionale appare funzionale all’esigenza di contenere l’esplosione della spesa sanitaria e
di migliorare la qualità dei servizi. Il modello istituzionale, perciò, traccia le linee di contorno e
gli itinerari affinché le operazioni di gestione e la loro organizzazione possano soddisfare con
efficacia tali esigenze.
Il modello di un’organizzazione di pubblici servizi alla persona – come il SSN- si presta ad
essere valutato sotto tre diversi profili:
- della qualità dei servizi;
- dell’equità;
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E. Borgonovi, Il controllo economico nelle aziende sanitarie, Egea, Milano, 1990.