INTRODUZIONE
Il tema centrale, svolto per la presente tesi, è rappresentato dalla descrizione della gestione
infermieristica del paziente pediatrico sottoposto a trapianto di cellule staminali
ematopoietiche (TCSE).
Il tumore maligno dell’età pediatrica è una patologia rara, con un’incidenza complessiva
che nei diversi paesi del mondo varia da 80 a 220 nuovi casi per milione di soggetti d’età
inferiore a 15 anni. In Italia, il rapporto 2008 dell’ Associazione Italiana Registri Tumori
(AIRTUM) sui Tumori Infantili, ha confermato un “trend” di aumento dei tassi di
incidenza di tutti i tumori pediatrici pari al 2% . Questa incidenza è calcolata intorno a 175
nuovi casi per milione di persone ed il rischio approssimativo di sviluppare un tumore nei
primi 15 anni di vita è di un soggetto ogni 564. Le neoplasie maligne più frequenti sono le
leucemie, che rappresentano 1/3 dei tumori pediatrici, i tumori del sistema nervoso
centrale, pari a circa il 20% del totale, ed i linfomi, che costituiscono il 15% dei casi.
Nonostante la sporadicità di tali patologie, negli ultimi trent’anni l’oncologia pediatrica ha
compiuto enormi progressi, raggiungendo importanti percentuali di successo che hanno
trasformato la storia naturale di malattie in precedenza ritenute incurabili. Ciò è stato
possibile grazie a protocolli di terapia più intensi, maggiori conoscenze sulla biologia dei
tumori e terapie innovative, come il TCSE. Inoltre il crescente reclutamento in studi clinici
controllati per la diagnosi e la terapia delle diverse neoplasie e l’erogazione di una terapia
multidisciplinare ed integrata in centri altamente specializzati, hanno contribuito in
maniera determinante a migliorare la prognosi dei piccoli pazienti affetti da tumore.
Ogni anno in Italia vengono effettuati circa 300 TCSE in pazienti pediatrici affetti da
leucemie acute e croniche, aplasie midollari, linfomi etc. In questo quadro la figura dell’
infermiere prende sempre più importanza e la sua preparazione e specializzazione nel
campo rappresenta uno dei requisiti indispensabili per garantire un’ assistenza olistica al
paziente.
Le principali motivazioni che hanno portato alla scelta dell’ argomento sono state
principalmente dovute ad un interesse nato fin dai primi giorni del percorso infermieristico,
verso l’ area onco-ematologica pediatrica. Tale interesse è stato poi reso pratico grazie alla
struttura ospedaliera Bambino Gesù di Roma, che mi ha dato la possibilità di effettuare
tirocinio nel mese di Novembre 2013, all’interno dell’ U.O. MITA (Moduli
Interdisciplinari Terapie Avanzate) dove vengono effettuati i trapianti di cellule staminali
ematopoietiche. Un esperienza unica, sia dal punto di vista infermieristico (grazie alla
6
disponibilità degli infermieri che quotidianamente seguivano il mio percorso) ma ancor di
più dal punto di vista umano, avendo conosciuto bambini e genitori forti e pieni di
coraggio che nelle situazioni più avverse non hanno mai mollato. Tutto questo ha
contribuito alla stesura della tesi grazie al materiale cartaceo e non, fornito dallo staff
infermieristico e medico e dalla esperienza vissuta nell’ ospedale.
L’ elaborato seguente è diviso in 11 capitoli: dal capitolo 1 al capitolo 4 verrà presa in
esame la parte medica, relativa alla storia del trapianto di midollo osseo, la descrizione di
tale procedura, le diverse tipologie di trapianto, le fasi della cura a cui la persona verrà
sottoposta, le patologie indicate a tale trattamento e le varie complicanze in cui potrà
incorrere nel periodo post-trapianto; dal capitolo 5 al capitolo 11 verranno esaminati i
punti principali della gestione infermieristica come la definizione del ruolo dell’
infermiere, la gestione del Catetere Venoso Centrale (CVC) e la prevenzione di possibili
complicanze, la gestione del dolore, la prevenzione delle infezioni, la gestione della terapia
farmacologica, il Counseling infermieristico terminando con la carta dei diritti dei bambini
in ospedale. Le fonti prese in esame per la stesura della tesi fanno riferimento alla
letteratura scientifica, a linee guida e protocolli nazionali e internazionali e dalla diretta
esperienza personale effettuata all’ U.O. MITA dell’ Ospedale Bambino Gesù di Roma.
7
CAPITOLO 1
IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO (TMO)
1.1-STORIA E DESCRIZIONE DEL TMO
Il primo tentativo di impiego di midollo osseo nel trattamento di una patologia
ematologica, risale al 1891 quando Brown-Sequard somministrò per la prima volta un
dracma di un gliceride aromatico di midollo animale per via orale dopo i pasti in pazienti
affetti da leucemia
1
. Negli anni successivi vennero effettuate delle iniezioni intramidollari
per il trattamento di anemia plastica ottenendo risultati positivi.
Nel 1961 dopo circa un ventennio di studi effettuati sui danni midollari provocati da
radiazioni, dell' utilizzo di alte dosi di chemioterapia e radioterapia e la reazione di rigetto
sui malati affetti da leucemia in fase avanzata, si arrivò alla scoperta del sistema dell'
antigene leucocitario umano (Sistema HLA) ovvero il gruppo di geni che controlla il
“riconoscimento” dei vari tessuti dell' organismo. Grazie a questa scoperta fu possibile
eseguire il primo trapianto di midollo osseo su cinque lavoratori jugoslavi il cui midollo
era stato danneggiato da un incidente verificatosi nella centrale nucleare dove lavoravano.
Il pioniere del primo TMO fu G. Mathè che fin dai primi momenti sosteneva la necessità di
somministrare alte dosi di radiazioni ionizzanti al fine di eliminare il tumore maligno e di
usare quantità elevate di midollo del donatore per garantire l'attecchimento con
l'applicazione di tecniche infermieristiche sterili. Subito dopo la seconda guerra mondiale,
gli effetti ematologici osservati in seguito a Hiroshima e Nagasaki stimolarono la ricerca
sulla potenziale capacità del midollo osseo di conferire una radioprotezione. I più gravi
problemi che i clinici si trovarono ad affrontare, furono quelli immunologici del rigetto e
della reazione del trapianto contro l'ospite Graft vs Host Desease (GvHD) e la Graft vs
Leukemia (GvL), descritte per la prima volta dallo stesso Mathè
2
.
Una parte consistente dello studio sullo sviluppo del TMO fu poi condotto da E. Donall
Thomas, Premio Nobel per la Medicina nel 1990, il quale sperimentò e sviluppò schermi
1
Quine WE et al., J Am Med Assoc 26: 1012; 1896.
2
Mathè G et al., Br Med J 2: 1633-1635; 1963.
8
efficaci di irradiazione “Total Body”e introdusse un chemioterapico immunosoppressore
(methotrexate) come mezzo di prevenzione per la GvHD.
Questi progressi tecnici e la caratterizzazione del sistema di istocompatibilità (HLA) hanno
definitivamente aperto una nuova era trapiantologica, portando alla realizzazione del primo
trapianto sulla base delle nuove conoscenze in un paziente affetto da sindrome di Wiskott-
Aldrich, esperienza pubblicata nel 1968 da Bach.
Il Trapianto di midollo osseo o meglio trapianto di cellule staminali ematopoietiche, in
quanto il midollo osseo è composto da esse, ad oggi rappresenta una delle soluzioni più
efficaci per il trattamento di emopatie maligne (es:leucemie acute o croniche, mieloidi o
linfoidi) o ereditarie (Thalassemia Major) per le quali le terapie convenzionali non offrono
che scarse o nulle possibilità di guarigione.
Il midollo osseo è un tessuto spugnoso contenuto all'interno delle ossa, in prevalenza di
quelle piatte e corte, che ha la funzione di produrre tutte le cellule del sangue e
precisamente i globuli rossi senza i quali l'ossigeno non arriva dai polmoni ai vari organi,
le piastrine necessarie alla coagulazione dei sangue e i globuli bianchi detentori della
immunità che ci difende da quanto è estraneo al nostro organismo e in particolare dalle
infezioni e dai tumori. Tutte queste cellule derivano da una sola cellula, chiamata cellula
staminale emopoietica che, attraverso successive e ripetute divisioni, dà luogo alle cellule
mature prima ricordate e cioè ai globuli rossi, ai globuli bianchi e alle piastrine. Queste
cellule staminali sono contenute in prevalenza nell'interno dei midollo osseo, ma sono
presenti anche nel sangue periferico e nel sangue dei cordone ombelicale al momento della
nascita.
La tecnica del trapianto consiste nell'asportare e conservare in modo adeguato tali cellule,
quindi rifonderle al malato al momento opportuno; in altre parole il cosiddetto trapianto di
midollo osseo è in realtà un trapianto di cellule staminali emopoietiche totipotenti che
abitualmente sono estratte dal midollo osseo ma che possono essere recuperate anche dal
sangue periferico e dal cordone ombelicale. Le cellule staminali una volta raccolte, si
reinfondono al paziente allo stesso modo di una trasfusione di sangue e hanno la
meravigliosa capacità di raggiungere attraverso la circolazione del sangue gli spazi
midollari dove sistemarsi, accasarsi (homing) e ricostruire il midollo osseo. Appare chiaro
a questo punto che gli spazi dove queste cellule nuove si devono "accasare" devono essere
vuoti e quindi è necessario che prima di reinfonderle, il midollo del malato sia stato
9
svuotato del suo contenuto cellulare, sia stato cioè distrutto da un trattamento
chemioterapico e/o radioterapico che va sotto il nome di "condizionamento". Si tratta di
una terapia molto aggressiva, che rappresenta il primo dei rischi e delle difficoltà che il
malato che viene trapiantato deve affrontare ma che abitualmente supera facilmente.
(Figura 1).
Fig.1- Descrizione TMO
10