Introduzione
II
veramente flessibile (ostacoli che sono principalmente di natura giuridico-
legislativa).
Nella seconda parte ho voluto invece sviluppare un’analisi più approfondita
dell’argomento in questione basata sull’osservazione e sullo studio di una
delle realtà imprenditoriali più innovative e rappresentative del dinamico
distretto industriale della sedia di Manzano, ossia il “gruppo Lovato”.
L’innovatività delle soluzioni organizzative adottate dai vertici di tale gruppo
consiste nell’aver saputo sfruttare in maniera originale le più moderne tecniche
dell’esternalizzazione, riuscendo ad andare oltre la semplice sub-fornitura a
favore di metodologie più complete ed efficienti, quali la delocalizzazione
produttiva e soprattutto l’outsourcing.
Quest’ultimo concetto assumerà nell’ultima parte della tesi un rilievo del tutto
centrale in quanto è proprio grazie a questa tecnica, unita ad una chiara e
vincente strategia competitiva, che ha permesso al gruppo Lovato di diventare
una delle realtà leader del settore medio e medio-basso del mercato mondiale
della sedia.
Le due tipologie di outsourcing implementate, ossia gli appalti per lavori di
facchinaggio e quelli per l’esecuzione di fasi del ciclo produttivo (che
raffigurano solo due delle multiformi possibilità secondo le quali l’outsourcing
può essere realizzato), rientrano a pieno titolo nella categoria degli appalti
intra-aziendali, ossia quelli che implicano la presenza diretta dell’appaltante
all’interno degli stabilimenti produttivi del committente.
La tesi che ho voluto sviluppare è stata quella di verificare come le due
tecniche sopra citate non rappresentino solo ed esclusivamente delle forme di
gestione flessibile della produzione, ma anche, e forse soprattutto, delle forme
di gestione flessibile della manodopera. Visto sotto questa innovativa
angolatura, l’outsourcing rappresenta indubbiamente un potente strumento
nelle mani del management in grado di fornire una valida alternativa alle
consuete politiche di ristrutturazione aziendale, nonché per rispondere a
Introduzione
III
particolari esigenze di flessibilità nell’impiego delle risorse maggiormente
critiche dell’organizzazione, fra le quali naturalmente quelle umane.
Il principale risultato scaturito dall’analisi empirica effettuata è stato la
considerazione della ormai quasi assoluta necessità da parte delle imprese del
distretto (ed in particolare del gruppo Lovato) di ricorrere a queste forme
innovative di organizzazione del business, le quali rappresentano un
superamento delle tradizionali politiche di integrazione verticale che le hanno
contraddistinte durante gli anni settanta ed ottanta.
La strada che è stata intrapresa dai due fratelli Lovato, e come essi da molti
altri imprenditori del Triangolo della sedia, risulta quindi molto chiaramente
definita. Essa costituisce, infatti, una nuova frontiera delle tecniche di
organizzazione della produzione e di gestione delle risorse produttive interne,
tecnica che all’esame dei fatti si è rivelata subito vincente.
Per il prossimo futuro, si assisterà ad una continua ridefinizione dei confini
aziendali delle imprese distrettuali, le quali tenderanno a mantenere al loro
interno solamente le fasi di attività più strettamente core, ossia quelle che
costituiscono il cuore del business. Anche dal punto di vista sociale, infine, le
conseguenze non saranno irrilevanti, ed investiranno soprattutto il mondo del
lavoro dell’area in questione. Molti lavoratori dipendenti dovranno infatti
abituarsi a convivere con tali nuove forme di impiego, queste ultime sempre
più distanti dalla tradizionale figura della subordinazione e sempre più vicine a
quella del lavoro autonomo.
Si andrà quindi sempre più verso forme di impiego di tipo “employer-
employer” (Giovanni Costa, 1997), nelle quali le peculiarità delle risorse
umane, la loro specifica identità e i loro comportamenti non sono controllabili
con il solo rapporto contrattuale. In ogni caso tali risorse dovranno comunque
essere integrate nei valori dell’impresa “ordinatrice”, nelle sue politiche, nelle
sue qualità distintive e rese coerenti con la sua strategia.
Introduzione
IV
La tesi si articola in sei capitoli dei quali qui di seguito voglio indicarne
brevemente il contenuto.
Il primo capitolo riporta una analisi puramente teorica relativa alle risorse
umane, focalizzandosi sui sistemi di governo delle stesse (in particolare sulla
loro catena del valore) e sul ruolo da esse rivestito ai fini della generazione del
vantaggio competitivo. Dopo un breve cenno alle diverse configurazioni
assumibili dalla funzione di direzione del personale e ai sistemi di
programmazione del personale stesso, un grosso rilievo viene dato alle varie
modalità di organizzazione del lavoro, le quali rappresentano un potente
strumento nelle mani del management per modellare la struttura interna delle
imprese. Fra tali modalità un ruolo del tutto particolare è rivestito dal
decentramento produttivo, il quale non deve essere inteso solo come una
tecnica di organizzazione della produzione, bensì anche come una forma
alternativa di impiego delle risorse aziendali, ed in particolare di quelle
umane.
Nel secondo capitolo viene svolto un approfondimento, sempre di tipo teorico,
sulla tematica specifica della flessibilità nell’impiego delle risorse umane, con
particolare riguardo ai vincoli di tipo giuridico e legislativo che impediscono il
raggiungimento di tale importante obiettivo. A completamento di questa
trattazione è riportato anche un accenno alle varie tipologie di contratti di
lavoro che consentono un impiego meno rigido di manodopera.
Nella seconda parte del capitolo si cerca invece di concentrare l’analisi su
quegli aspetti che serviranno in seguito per la comprensione del caso empirico,
ossia: la flessibilità del fattore umano nei gruppi aziendali, l’outsourcing e gli
appalti alle cooperative di produzione e lavoro. Molta importanza assumerà
durante la trattazione lo studio di una specifica legge, ossia la legge 23 ottobre
1960 n. 1369, che rimane ancora adesso un grosso ostacolo verso il
raggiungimento delle migliori condizioni di flessibilità nell’impiego del fattore
lavoro.
Introduzione
V
Il terzo capitolo si suddivide idealmente in due parti: nella prima ho voluto
svolgere brevemente uno studio allargato sui distretti industriali, con
particolare riguardo alle relative tematiche della flessibilità produttiva e della
globalizzazione dei mercati, mentre nella seconda ho focalizzato l’analisi
solamente sul distretto della sedia di Manzano. Dopo una disamina
prettamente storica della realtà manzanese, vengono delineati nei dettagli i
tratti distintivi del modello organizzativo e della filiera produttiva relativa alla
fabbricazione della tradizionale sedia in legno, filiera che, ai fini di una
migliore comprensione dei successivi capitoli, è stata scomposta nelle sue fasi
elementari.
Il quarto capitolo, il quale passa definitivamente alla trattazione del caso
empirico, si occupa di fornire i lineamenti generali della realtà imprenditoriale
osservata, ossia il “gruppo Lovato”, uno dei maggiori produttori di sedie,
tavoli e complementi d’arredo del Triangolo della sedia. Le principali
tematiche affrontate saranno quelle relative all’origine e alla struttura del
gruppo, alla divisione del lavoro fra le varie controllate, ai sistemi di
coordinamento ed integrazione che legano queste ultime ed infine alla
strategia competitiva perseguita.
Il quinto capitolo sviluppa in maniera analitica il tema centrale della tesi, ossia
quello della gestione flessibile delle risorse umane all’interno dell’innovativo
gruppo Lovato. L’analisi inizia dalla descrizione delle modalità di
organizzazione della produzione e del lavoro all’interno dei singoli
stabilimenti del gruppo, con particolare riguardo alla definizione del lay-out
degli impianti. Questo ultimo elemento è molto importante ai fini dello studio
delle due importanti tecniche implementate dai vertici del gruppo Lovato per
raggiungere l’obiettivo della flessibilizzazione della propria struttura
produttiva, modalità che possono essere fatte rientrare nella ampia categoria
dell’outsourcing. Delle due tecniche, entrambe giuridicamente definibili come
appalti intra-aziendali, saranno infine messi in luce nell’ultimo paragrafo i
Introduzione
VI
vantaggi di tipo strategico-organizzativo generati nonché le principali
problematiche e difficoltà apportate ai sistemi di gestione aziendale.
Nel sesto ed ultimo capitolo, viene svolto un approfondimento sulla recente ed
interessante tematica delle cooperative di produzione e lavoro inserite
all’interno del Triangolo della sedia. Dopo l’inquadramento storico del
fenomeno e l’analisi delle cause che hanno portato alla sua nascita, vengono
presentate le sette cooperative che sono state oggetto dello studio empirico.
Queste sette cooperative, che costituiscono un’insieme sufficientemente
rappresentativo dell’intero universo, possono essere suddivise in due grandi
categorie, la prima formata da quelle che si occupano solo dei lavori di
facchinaggio, mentre la seconda da quelle che eseguono in appalto anche fasi
del ciclo produttivo. L’obiettivo del capitolo è dunque quello di mettere in
luce gli aspetti più particolari e rilevanti delle due diverse realtà evidenziate,
partendo dalla descrizione della loro struttura organizzativa per giungere poi al
più delicato argomento relativo ai sistemi di gestione dei vari appalti intra-
aziendali. L’ultima parte tratterà infine delle prospettive e delle tendenze
future del fenomeno osservato, con particolare riguardo agli aspetti di natura
legislativa, i quali, essendo orientati ad un superamento dei principi contenuti
nella legge n. 1369 del 1960, sono destinati ad investire profondamente il
complessivo mondo cooperativo.
1
CAPITOLO 1
La gestione strategica delle risorse umane.
1.1 La strategia, la struttura organizzativa e la gestione delle
risorse umane: il problema della coerenza fra le parti.
Il successo competitivo di una moderna impresa industriale poggia le sue
solide basi nella capacità ed abilità da parte del management di gestire in
maniera efficace ed efficiente l’interazione fra le tre principali variabili
organizzative, ossia la strategia, la struttura organizzativa e la gestione delle
risorse umane.
Nel corso del tempo questo multiforme problema è stato affrontato e risolto da
parte degli esperti, dagli studiosi nonché soprattutto dai managers/proprietari
con modalità e soluzioni differenti. Una linea di fondo comune a cui tali
soluzioni sono però pervenute può essere individuata nel fatto che fra le tre
variabili citate non sia possibile mantenere uno stabile e duraturo equilibrio sul
quale fondare la sopravvivenza e la competitività dell’impresa nel lungo
periodo.
La turbolenza ambientale e la dinamica competitiva non consentono più infatti
una programmazione puntuale delle attività grazie alla quale prevedere tutti i
possibili scenari futuri, mettendo pertanto in crisi molti dei tradizionali
modelli interpretativi a disposizione degli operatori.
Un contesto nel quale era sufficiente aver formulato una accurata strategia per
pervenire meccanicamente prima alla definizione della struttura e poi delle
politiche di gestione più adeguate viene progressivamente spazzato via quando
si entra nell’era della complessità informativa, intesa nel doppio significato di
La gestione strategica delle risorse umane
2
incertezza ed incompletezza del set di informazioni necessarie per prendere le
decisioni più rilevanti. Le infrastrutture che si erano consolidate e che
avevano trovato una certa coerenza con una strategia entrano in crisi proprio
quando questa sente il bisogno di essere riformulata per seguire la scia della
dinamica competitiva.
Gli approcci di tipo “contingency” hanno già da tempo chiarito come sia
improponibile la ricerca di principi di tipo universale ed astrattamente
razionale nella gestione d’impresa e in quella delle risorse umane in
particolare. Altri studi sulla gestione d’impresa hanno invece enfatizzato la
dimensione variabile e creativa della strategia mettendo in luce da un lato le
incoerenze delle teorie deterministiche e riconsiderando dall’altro il ruolo di
altri fattori determinanti la struttura aziendale quali la cultura ed i sistemi
operativi.1
Dall’approfondimento dei vari spunti teorici sviluppatesi a riguardo diventa
così possibile la valutazione dei possibili approcci che una impresa può porre
in essere per modellare la sua struttura operativa in relazione alla strategia
intrapresa, approcci che possono essere letti anche come un continuum logico
di soluzioni adottate nel corso dello sviluppo dell’economia verso forme
sempre più complesse.
I primi tentativi di razionalizzazione possono essere racchiusi nel cosiddetto
“approccio lineare” il quale trova le sue origini dallo sviluppo del “long-range
planning”. Gli assunti di fondo di tale teoria vedono gli operatori economici
come soggetti altamente razionali che operano in ambienti relativamente
prevedibili o poco instabili e che si prefiggono obiettivi di lungo termine per la
cui realizzazione si impone l’adozione di determinate configurazioni
organizzative stabilite ex-ante. La relazione che si crea fra la strategia, la
struttura ed i sistemi di gestione delle risorse umane è di tipo lineare semplice,
come si può vedere dalla figura 1.1.
1
COSTA G. Economia e direzione delle risorse umane. 1997.
Capitolo secondo
3
Figura 1.1: approccio lineare.
Se nello schema sopra proposto introduciamo elementi di incertezza che
rendano il processo di pianificazione più oscuro e soggetto a continue
riformulazioni rientriamo nel secondo approccio, ossia quello di tipo
interdipendente. In tale contesto le organizzazioni diventano più malleabili
per reagire prontamente ad ogni cambiamento causato dai mutamenti
dell’ambiente transazionale di riferimento e alle risorse umane si richiede
soprattutto una migliore capacità di reazione ed adattamento agli stimoli
esterni sopra accennati.
Come si può infatti osservare dalla figura 1.2, le relazioni fra le tre variabili
organizzative non sono più di tipo lineare semplice, bensì si incominciano a
prendere in considerazione anche gli effetti di retroazione e di interazione
reciproca che fra di esse si generino, il tutto sotto l’insegna dell’influenza
dominante data dal fattore ambientale.
L’ultimo approccio preso in considerazione è quello di tipo evolutivo. Tale
visione rispecchia maggiormente la multiforme realtà nella quale le imprese
sono oggi inserite in quanto vede l’organizzazione come un sistema che
apprende e che si trasforma attraverso l’azione di una pluralità di soggetti
interni ed esterni.
La gestione strategica delle risorse umane
4
Figura 1.2: approccio interdipendente.
Il rapporto che questi creano con il proprio ambiente di riferimento non è più
di tipo passivo e adattivo, bensì diventa un rapporto di interazione reciproca
con il quale essi sviluppano persino la capacità di influenzare e modificare il
contesto che li circonda.
La struttura organizzativa diviene così altamente malleabile, caratteristica
questa che gli consente di essere non solo reattiva ai mutamenti, bensì
anticipatrice ed innovativa, riuscendo persino a sfruttare a proprio vantaggio,
piuttosto che subirla, la complessità ambientale.
In una simile situazione risulta chiaro come la risorsa umana venga elevata al
ruolo di variabile chiave del processo di formulazione ed implementazione dei
piani di business e rappresenti pertanto il motore di ogni spinta innovativa e la
fonte del successo dell’impresa.
Capitolo secondo
5
Figura 1.3: approccio evolutivo.
1.2 La strategia competitiva e il ruolo delle risorse aziendali.
I vari approcci analizzati nel paragrafo precedente rappresentano un tentativo
teorico di formalizzare una relazione che proprio in virtù delle caratteristiche
di dinamicità e variabilità che presenta non può essere determinata
aprioristicamente e racchiusa entro dei rigidi, seppur corretti, schemi logici.
La formulazione della strategia è un processo complesso che conduce i
soggetti decisori a capire “quello che devono fare e come lo devono fare”, e
La gestione strategica delle risorse umane
6
ciò consiste in primis nella scelta delle linee generali della missione aziendale
e successivamente nella selezione della combinazione tecnologia-prodotto-
mercato più adeguata.
Da questa decisione iniziale discende poi tutto il processo di progettazione
organizzativa che andrà a modellare la struttura ed i sistemi operativi di
gestione, i quali a loro volta imporranno la riconsiderazione sia della struttura
stessa che delle scelte strategiche di partenza e via di seguito, mettendo in
moto un processo circolare che non ha mai una fine, ma che anzi si arricchisce
e si perfeziona ad ogni passaggio (si veda appunto la figura 1.3).
Questo rapporto circolare è il principale problema che i soggetti economici
devono saper gestire per poter superare le sfide imposte da un mercato sempre
più turbolento. Fatta questa premessa di base, il nostro obiettivo è quello di
andare a riformulare e ripensare il concetto stesso di strategia, vista questa non
più come un momento isolato di definizione di obiettivi generali di business,
bensì come una funzione di ponte fra le caratteristiche dell’impresa e il proprio
ambiente di riferimento (si veda in proposito la figura 1.4). Le analisi
strategiche tradizionali fondate sull’analisi dei rapporti fra l’impresa e
l’ambiente esterno sono state in passato oggetto di una rilevante mole di studi
fra i quali il più significativo è stato sicuramente il modello porteriano del
sistema del valore.2
L’obiettivo degli studiosi negli ultimi anni è stato quello di affiancare a tali
valide ed efficaci teorie una visione basata sulla analisi strategica delle
proprietà interne di una azienda, partendo dallo studio delle risorse e delle
competenze distintive in essa presenti per arrivare infine alla definizione del
suo posizionamento strategico.3
Le implicazioni di questa teoria, detta “resource-based view”, indicano che le
fonti del vantaggio competitivo non risiedono tanto nelle determinanti
2
PORTER M.E. Il vantaggio Competitivo. 1987.
3
GRANT R. L’analisi strategica nella gestione aziendale. 1994.
Capitolo secondo
7
strutturali della competizione a livello di settore, ma che invece debbano
essere più propriamente ricercate all’interno dell’impresa, ed in particolare
nel patrimonio di risorse, capacità, competenze e relazioni che questa ha
saputo sviluppare nel corso del tempo.
Figura 1.4: relazione impresa/strategia/ambiente. Tratto da Grant R.M.,
L’analisi strategica nella gestione aziendale. 1994.
Se noi osservassimo l’impresa secondo questo nuovo approccio e valutassimo
quindi attentamente quelle che sono le risorse interne a nostra disposizione,
riusciremmo non solo a scoprire quello che l’impresa è attualmente in grado di
fare, ma soprattutto evidenzieremmo il gap di risorse che ci impedisce di
raggiungere gli obiettivi prefissati per sostenere la redditività nel lungo
periodo.
Il punto di partenza del complesso ragionamento è costituito quindi dalla
valutazione e quantificazione di quelle che sono le risorse di base di una
impresa, risorse che devono presentare varie caratteristiche quali la rarità, la
non imitabilità, la difficile sostituibilità ed uno spiccato orientamento
all’utilizzo. A tal proposito si possono distinguere due tipi di risorse, quelle
Obiettivi e
Valori
Risorse
Organizzazione
E Sistemi
Operativi
La gestione strategica delle risorse umane
8
tangibili e quelle intangibili.
Le risorse tangibili sono quelle relativamente più facili da identificare perché
possono essere estrapolate da una analitica situazione patrimoniale, anche se
sussiste sempre il rischio che da tale documento escano informazioni distorte
che nascondano il reale valore delle stesse. Esempi di queste sono le risorse
finanziarie, quelle fisiche e quelle tecnologiche.
Le risorse intangibili, come ad esempio il know-how, le capacità specifiche, la
reputazione, i marchi e così via, sono invece più difficili da individuare e
valutare ma costituiscono il vero motore dell’impresa.
Un ragionamento a parte merita la considerazione della risorsa umana. Le
singole persone rappresentano indubbiamente delle risorse tangibili, ma è
quello che esse sono unito al loro bagaglio di conoscenze ed esperienze messe
a disposizione che genera valore per l’impresa, ossia proprio quell’insieme di
qualità intangibili intrinsecamente legate al soggetto stesso. Non comprendere
questo concetto significa perdere di vista una delle fonti principali per il
raggiungimento del valore aggiunto delle imprese, ossia l’uomo inteso come
capitale umano da qualificare e valorizzare.
Il punto chiave che bisogna adesso capire è dato dal fatto che la semplice
presenza di un set ottimale di risorse di base all’interno di una impresa sia una
condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere gli obiettivi
strategici prefissati e di conseguenza elevati livelli di redditività.
La disponibilità materiale di certe risorse non può infatti da sola garantire la
automatica generazione di adeguate competenze distintive necessarie per
differenziarsi dai concorrenti e quindi per eccellere nel proprio ambito di
operatività, occorrerà invece che le risorse a disposizione vengano combinate
fra di loro in modo tale che il risultato finale non sia la semplice somma delle
stesse, bensì qualcosa di molto più complesso ed unico.
Il problema che deve a questo punto essere affrontato e risolto consiste nel
fare in modo di moltiplicare il valore delle risorse a disposizione cercando di
Capitolo secondo
9
sfruttare abilmente tutte le possibilità di riproduzione che si creino. La chiave
per risolvere questo arduo compito è fornita dal ruolo cardine giocato
dall’organizzazione, la quale, tramite la creazione di particolari routine, riesce
a mettere in moto quel processo di “interazione sistemica” fra le risorse stesse
che genererà in ultima analisi le “competenze distintive” desiderate.
Per routine organizzative non bisogna però erroneamente intendere solo quei
processi formali e standardizzati idonei a vincolare l’operato dei soggetti,
bensì tutti quei meccanismi di funzionamento tipici della struttura di una
impresa.
Figura 1.5: l’analisi strategica delle risorse interne ad una impresa. Tratto
da Grant R.M., L’analisi strategica nella gestione aziendale. 1994.
Risorse
Tangibili
ed
Intangibili
Competenze
di base
Potenzialità
in termini di
Vantaggi
Competitivi
sostenibili
Individuazione delle
carenze di risorse
che devono essere
colmate