6
Introduzione
Nell’Unione Europea ci sono circa 23 milioni di piccole e medie imprese, pari al 99,8%
di tutte le imprese. Le PMI offrono oltre 100 milioni di posti di lavoro in Europa,
arrivando a coprire oltre il 67% del totale dei posti di lavoro.
In Italia, le PMI sono oltre 4 milioni pari al 98% di tutte le imprese. Il 66% degli addetti
è occupato nelle PMI. Le micro-imprese da sole sono il 94,9% di tutte le imprese e
occupano il 48% del totale degli addetti.
Con l’attuale crisi economica si è avuto un forte calo della produzione e del fatturato
con un conseguente aumento del fabbisogno finanziario. Parallelamente si è assistito ad
un peggioramento delle condizioni di accesso al credito, dovuto all’aumento della
rischiosità delle imprese e ai piø stretti vincoli imposti dal trattato di Basilea 2.
Il fenomeno del razionamento del credito è in costante aumento: esso riduce la
propensione all’investimento e di conseguenza limita la stessa produzione e innesca
quindi, un circolo vizioso che, partendo dalla necessità di piccoli finanziamenti, porta le
PMI alla crisi e, in molti casi, al fallimento.
Inoltre, la realtà ha messo in evidenza l’esistenza nelle PMI di una funzione finanziaria
scarsamente sviluppata, esercitata in modo molto approssimato dallo stesso
imprenditore, che spesso confonde la gestione finanziaria con la mera gestione dei
finanziamenti bancari. L’imprenditore si focalizza sull’aspetto strategico - operativo
dell’attività d’impresa, rendendo il finanziamento funzionale a questo scopo, senza le
adeguate valutazioni di convenienza di un progetto.
La mancanza di specifiche doti manageriali da parte dell’imprenditore e la scelta dei
dirigenti e dei “successori” in base a criteri poco oggettivi e razionali, peggiorano le già
precarie condizioni in cui versano le PMI, che difficilmente riescono a guadagnare la
fiducia del settore finanziario.
7
Il presente lavoro si propone di affrontare questi aspetti, seppur in maniera non
esaustiva, spiegando le ragioni alla base delle scelte di imprenditori e finanziatori e
tenendo conto delle diverse strade percorribili da ciascuno.
Il primo capitolo affronta il problema della funzione finanziaria nelle PMI, dando un
ampio sguardo alla tematica dei problemi che le PMI si trovano ad affrontare nella loro
attività e alle cause che conducono a questi problemi, analizzando attentamente il
rapporto con i finanziatori.
Il secondo capitolo studia le PMI focalizzandosi sull’aspetto familiare della gestione: la
governance, i punti di forza e di debolezza della piccola impresa familiare; i problemi
legati al ricambio generazionale e le strategie per affrontarlo al meglio, sempre con un
occhio di riguardo all’impatto che tali fattori hanno sulla gestione finanziaria.
Il terzo capitolo mostra l’analisi empirica condotta sul campione di imprese di fiori
secchi di Sannicandro Garganico. Qui si ha una conferma pratica dei dati teorici
mostrati nei precedenti capitoli, attraverso l’analisi delle imprese analizzate, lo studio
dei bilanci e, in misura meno rilevante, del settore di appartenenza. L’analisi è condotta
attraverso sondaggi individuali alle imprese e alle banche presenti sul territorio; i bilanci
raccolgono i dati dal 2007 al 2010, mostrando quindi l’evoluzione della gestione
nell’arco di un quadriennio e prestando attenzione ai vari esercizi: il 2007 pre - crisi
finanziaria, il biennio 2008/09 di piena crisi e il 2010, anno in cui la crisi, secondo
quanto annunciato da fonti ufficiali, si riteneva ormai superata. Verranno anche
presentati gli strumenti previsti dal legislatore per riequilibrare e risanare la struttura
delle imprese.
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato ad alcuni metodi per affrontare la crisi e alle
opportunità di sviluppo e crescita e, in particolare, al distretto industriale per uno
sviluppo di settore e all’innovazione come strumento per favorire la competitività.
Il presente lavoro fa riferimento a una vasta letteratura internazionale a carattere
scientifico per quanto riguarda gli aspetti generali delle PMI, la funzione finanziaria, la
governance, gli strumenti per lo sviluppo e la crescita delle imprese e a una piø ridotta
letteratura italiana per quanto attiene agli aspetti caratteristici del nostro sistema
industriale e normativo.
8
Capitolo Primo
I problemi strutturali della finanza nelle PMI e i
rapporti con i finanziatori
1.1 I problemi finanziari delle PMI – 1.2 Le teorie sulla scelta delle fonti di
finanziamento – 1.3 Il rapporto con i finanziatori in relazione alle problematiche delle
PMI – 1.4 Gli strumenti della finanza innovativa – 1.5 Conclusioni
In tutte le economie mondiali, le piccole e medie imprese sono una risorsa chiave della
crescita economica, del dinamismo, della flessibilità, della spinta all’innovazione di
prodotto o di tecniche di mercato e rappresentano la spina dorsale dell’economia. Esse
rappresentano la forma di attività dominante in tutti settori e sono responsabili della
creazione del 60-70% di posti di lavoro nei Paesi OCSE.
Il loro contributo non si limita solo ai termini occupazionali: esse infatti producono piø
del 70% del valore aggiunto del nostro Paese.
La Commissione Europea nella raccomandazione 361/2003
1
ha stabilito i criteri per la
definizione delle PMI:
Media impresa: il numero di dipendenti è inferiore a 250, il fatturato annuo non
supera 50 milioni di euro o il totale attivo non supera 43 milioni di euro;
Piccola impresa: il numero dei dipendenti è inferiore a 50, il fatturato annuo o il
totale attivo non superano 10 milioni di euro;
Microimpresa: il numero dei dipendenti è inferiore a 10, il fatturato annuo o il
totale attivo non devono superare i 2 milioni di euro.
1
Raccomandazione 361 del 6 maggio 2003, Gazzetta ufficiale 124 del 20 maggio 2003, www.europa.eu
9
Tavola 1.1: valore aggiunto per classe dimensionale
Europa dei 27 Italia
Dimensione
Valore aggiunto
(in mln di euro)
Percentuale
(esclusa Italia)
Valore
aggiunto
Percentuale
sul totale
Micro 1.120.000 19,4 220.089 32,5
Piccole 1.011.000 18,4 155.511 23
Medie 954.000 18,0 114.430 16,9
PMI 3.850.000 55,8 490.030 72,4
Grandi 2.270.000 44,2 187.202 27,6
Totale 5.360.000 100 677.232 100
Fonte: nostra elaborazione su dati Confcommercio Venezia, www.confcommerciovenezia.it, 2006
Microsoft oggi è una enorme multinazionale, ma ha iniziato come una tipica piccola
impresa, con un sogno sviluppato da giovani studenti, con l’aiuto delle loro famiglie e
dei loro amici. Solo quando Bill Gates e i suoi colleghi avevano un buon prodotto,
furono in grado di metterlo sul mercato e di cercare investimenti dalle fonti piø
tradizionali
2
.
Ma mentre non tutte le imprese diventano multinazionali, tutte si trovano ad affrontare
lo stesso problema che affrontò Bill Gates: trovare i fondi necessari per permettere loro
di iniziare l’attività e testare i proprio prodotti/servizi sul mercato e per espandersi e
continuare a crescere, una volta conclusa la fase di start up.
Il finanziamento è necessario per aiutare le imprese ad espandere la loro attività,
sviluppare nuovi prodotti, investire in nuovo personale o in innovazione, per migliorare
i processi produttivi. Molte PMI nascono dall’idea di una o piø persone, che investono i
propri capitali e probabilmente anche quelli della famiglia o degli amici, in cambio di
una partecipazione nella gestione dell’attività. Ma se questa idea imprenditoriale ha
successo, arriva il momento in cui queste imprese avranno bisogno di ulteriori capitali
per espandersi ed innovare e i fondi dell’imprenditore potrebbero quindi non bastare
2
Cfr. OECD Observer, Financing SMEs and entrepreuners, Policy Brief, 2006
10
piø. ¨ per questo che spesso le PMI si trovano a dover affrontare problemi legati al
finanziamento, perchØ per loro è molto piø difficile rispetto alle imprese di maggiori
dimensioni reperire i fondi necessari dalle banche, dal mercato finanziario o da altri
finanziatori. Ma se le PMI non riescono a trovare i finanziamenti necessari alla loro
crescita, molte idee brillanti e potenzialmente profittevoli possono cadere nel
dimenticatoio e questa possibilità rappresenta una grave perdita nel potenziale di
crescita dell’economia di un Paese
3
.
Ma perchØ è così difficile per le PMI ottenere finanziamenti dalle banche o trovare
investitori privati, rispetto a quanto accade per le grandi imprese? E perchØ è piø facile
reperire i fondi necessari in alcuni Paesi anzichØ in altri?
4
Queste sono questioni di
primaria importanza, date dal fatto che le PMI, e in particolare le PMI innovative,
diventano la principale fonte dello sviluppo economico e della creazione di valore in un
Paese.
1.1 I problemi finanziari delle PMI
Come si nota dai numerosi studi condotti sul territorio italiano, spesso nelle imprese di
minori dimensioni manca del tutto una struttura decentrata del governo societario e
quindi uno sviluppo delle diverse funzioni aziendali.
Particolare, in tal senso, è il caso della funzione finanza che, all’interno della piccola
impresa, è pressochØ assente, essendo identificata con la sola gestione dei rapporti con i
finanziatori, principalmente le banche, e quindi svolta nell’ambito della piø ampia
attività di amministrazione dell’impresa. Il piccolo imprenditore, infatti, preferisce
focalizzarsi sugli aspetti tecnico-produttivi e commerciali, considerando la finanza
d’azienda una funzione di tipo residuale.
3
Cfr. Huges A., Finance for SMEs: a U.K. perspective, Small Business Economics, 1997
4
Cfr. OECD Observer, Financing SMEs and entrepreuners, Policy Brief, 2006
11
Le cause di questo disinteresse verso una funzione che si rivela essere cruciale nello
sviluppo dell’impresa sono da ricercare fondamentalmente
5
:
Nella scarsa cultura finanziaria del piccolo imprenditore, che si occupa di
amministrare l’impresa e di presiedere alla funzione finanziaria pur avendo
maggiori competenze in altre funzioni, perlopiø tecnico-produttive;
Nell’assenza di personale qualificato specializzato nella funzione, che viene fatta
coincidere con la quella amministrativa, svolta anch’essa in maniera molto
approssimata;
Nella focalizzazione nei rapporti con gli istituti di credito, per il reperimento di
risorse finanziarie perlopiø a breve termine;
Nell’attenzione posta alla programmazione e al controllo dei flussi di cassa, per
non incorrere in crisi di liquidità molto frequenti all’interno del settore.
Una funzione finanziaria fisiologicamente sviluppata e funzionante dovrebbe invece
avere maggiori competenze e svolgere compiti che attengono la gestione diretta delle
decisioni in ambito finanziario e compiti di controllo finanziario sulle altre aree
gestionali. Le sue competenze riguardano
6
:
L’area degli investimenti/disinvestimenti in capitale fisso;
L’area dei finanziamenti a titolo di capitale proprio e di debito;
L’area della gestione corrente;
La gestione integrata dei movimenti finanziari dell’impresa (programmazione di
breve termine, cash e risk management, pianificazione finanziaria).
La mancata consapevolezza circa l’importanza della funzione finanziaria spinge il
piccolo imprenditore ad aumentare esclusivamente i debiti a breve per far fronte
all’incremento del volume d’affari e a utilizzare tale risorsa finanziaria anche per
finanziare gli investimenti in impianti e macchinari, trascurando quindi, i piø stabili e
duraturi fondi derivanti dall’autofinanziamento.
5
Iannuzzi E., Lezioni frontali di gestione finanziaria delle PMI, Università degli Studi di Foggia, 2010
6
Ibidem
12
Per questo motivo le PMI italiane, anche nel confronto internazionale, risultano
cronicamente affette da una elevata fragilità nella struttura finanziaria, che rischia di
spezzarsi per cause anche congiunturali, minando la sopravvivenza stessa dell’azienda.
La forte sottocapitalizzazione delle imprese italiane ha determinato una forte
dipendenza dal settore creditizio e finanziario in generale. La debolezza tipica delle PMI
italiane rendi quindi difficile per loro la competizione in un mercato sempre piø
concorrenziale e a forte carattere internazionale.
Infatti la sottocapitalizzazione e la conseguente dipendenza dal sistema bancario
tendono ad “ingessare” l’impresa, ad ostacolare iniziative imprenditoriali di sviluppo
piø rischiose e a rendere difficili gli investimenti in innovazione e tecnologia
7
. Questo
determina una sostanziale vulnerabilità delle imprese italiane in un contesto economico
non favorevole: infatti, quanto piø è alto l’indebitamento, tanto piø rigida sarà la
struttura dei costi e l’impresa, in un mercato così competitivo, difficilmente riuscirà a
trasferire sul prezzo finale dei prodotti l’aumento degli oneri. Inoltre, un elevato
indebitamento aumenta il rischio finanziario dell’impresa, cioè il rischio che l’impresa
si renda insolvente o si trovi in difficoltà.
Grafico 1.1: composizione delle passività delle PMI (dati in percentuale)
15,6
50,1
33,9
0,4
14,7
50,9
31,5
2,9
10,6
62,7
21,5
5,2
17,7
56,9
16,1
9,3
20,8
46,9
30,2
2,1
0,0
10,0
20,0
30,0
40,0
50,0
60,0
70,0
Italia USA Francia Germania Spagna
Titoli Prestiti Capitale e riserve Debiti commerciali e altra passività
Fonte: nostra elaborazione su dati Banca d’Italia, Relazione annuale 2008, www.bancaditalia.it
7
Cfr. Tronconi O., Imprese e finanza, L’Installatore Italiano, 2008
13
Secondo altri dati diffusi da Banca d’Italia nel 2006 i debiti bancari rappresentano il
79% dei debiti finanziari nelle PMI e lo stesso risultato si ha misurando l’incidenza dei
debiti bancari a breve termine sul totale dei debiti bancari. Questa situazione comporta
un maggior rischio per l’impresa, in termini di costo del denaro e di revoca del
finanziamento stesso.
Questo purtroppo inibisce i punti di forza delle PMI. La proliferazione delle PMI
italiane è da ricercare nell’eccellenza delle produzioni, con cui competono con successo
anche all’estero e contribuiscono quindi, in maniera positiva, alla bilancia dei
pagamenti. Inoltre, proprio la loro dimensione e i limitati investimenti in capitale fisso
permettono loro di evolversi e adattarsi ai mutamenti dell’ambiente esterno con facilità,
riuscendo a competere sempre in maniera piø o meno ottimale. Ma la struttura rigida
delle fonti di finanziamento tipiche delle PMI italiane, rende inutili queste
caratteristiche, vincolando l’impresa al rispetto di determinati standard di rischiosità e di
garanzia, imposti dalle banche.
Anche per queste ragioni, le PMI italiane sembra che non riescano a trarre vantaggio
dalle opportunità di crescita che dovrebbero accompagnare le loro performance
economiche.
Alcuni autori hanno suggerito che il mercato finanziario sottosviluppato è un
impedimento alla crescita delle PMI
8
. Esse non crescono perchØ non riescono a ottenere
le risorse necessarie all’espansione. Il sistema finanziario italiano è infatti banco-
centrico, caratterizzato dal fatto che il debito bancario è la piø importante fonte di
risorsa esterna per tutte le imprese. Il debito non bancario, diverso da quello
commerciale, è scarso; molte poche imprese hanno titoli pubblicamente scambiabili sul
mercato; e il mercato del debito commerciale non è ancora stato sviluppato. Inoltre, lo
sviluppo di investitori istituzionali, come fondi di investimento, merchant banks e fondi
pensione è ai primi stadi.
Questa situazione è ben illustrata dal limitato numero di imprese quotate in borsa e, piø
in generale, dallo scarso peso che assume il finanziamento attraverso capitale di rischio,
rispetto ad altre fonti. L’insufficienza dei fondi finanziari in forma azionaria determina
8
Cfr. Carpenter R., Rondi L., Italian corporate governance, investment and finance, Empirica, 2000
14
la conseguenza che il debito bancario, spesso a breve termine, assume in realtà la
valenza di sostituto del capitale di rischio, cronicamente assente nel nostro Paese.
L’insufficiente dotazione di mezzi propri da parte delle imprese produce effetti di non
trascurabile importanza
9
:
Un aumento del costo dei finanziamenti, collegato al piø elevato rischio
finanziario;
La creazione di ostacoli allo sviluppo produttivo, di mercato e in generale
all’innovazione delle imprese;
Il pericolo di perdita di indipendenza delle PMI italiane, che possono diventare
l’oggetto di acquisizioni da parte di gruppi italiani o stranieri;
La scarsa propensione ad investimenti finalizzati all’innovazione non solo di
prodotto/processo, ma anche gestionale/manageriale.
Una seconda importante concausa, oltre alla scarsa cultura imprenditoriale, dei problemi
finanziari delle PMI è da ricercarsi nel problema dell’asimmetria informativa.
In primo luogo, il settore delle PMI è caratterizzato da una grande variabilità di profitti
e crescita rispetto alle grandi imprese. Le PMI mostrano da un anno all’altro molta
volatilità nei guadagni. Il loro tasso di sopravvivenza è considerevolmente basso
rispetto alle grandi imprese. Inoltre per quanto riguarda le PMI italiane è difficile per
una banca distinguere la situazione finanziaria dell’impresa da quella della famiglia
proprietaria.
L’asimmetria informativa è un grave problema per le PMI piø che per le grandi
imprese
10
. Gli imprenditori hanno accesso a piø informazioni riguardanti le operazione
dell’impresa e hanno una grande discrezionalità nel rendere pubbliche queste
informazioni. Inoltre, l’imprenditore spesso ha scarsa esperienza e preparazione nella
gestione di un’impresa rispetto al management di una grande impresa e per un
prestatore di fondi può essere difficile sapere se egli stia prendendo le decisioni giuste
per la propria impresa, piuttosto che per la propria situazione familiare.
9
Cfr. Tronconi O., Imprese e finanza, L’Installatore Italiano, 2008
10
Cfr. OECD Observer, The SME financing gap, vol 1: theory and evidence, OECD Publishing, 2006