Prefazione
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Verranno considerati i costi ed i ricavi di gestione degli operatori economici,
nonché le opportunità offerte dalla presenza di un’area protetta e di un efficiente
Ente di gestione; in particolare, saranno evidenziate le opportunità offerte dal
turismo e dalla capacità di spesa dell’Ente, garantita dal finanziamento pubblico.
A conclusione del quadro economico, si introdurranno, infine, conside-
razioni relative alla sostenibilità delle attività d’uso delle risorse in esame,
attraverso l’utilizzo di opportuni modelli.
Per la valutazione economica della sostenibilità del bosco sarà possibile
utilizzare il modello del raccolto ottimale, mutuato dalla più moderna letteratura
americana in tema di gestione delle risorse; con esso è possibile definire, sotto la
garanzia di sostenibilità, il livello ottimale della raccolta di legna, quello cioè
che garantisce il reddito più elevato. Si tenterà di inserire nel modello i dati
economici ottenuti dalla gestione della foresta e si procederà, quindi, alla
valutazione dell’efficacia o meno della stessa.
Per il pascolo occorre comportarsi, invece, in maniera diversa; mentre è
possibile, infatti, guadagnare direttamente dalla vendita di legna, non altrettanto
può dirsi per il foraggio, che non viene venduto ma che costituisce materia
prima per la zootecnia del Parco. L’importanza indiretta dei prati per l’economia
della zona rende inefficace l’utilizzo del modello precedente e spinge verso la
stima di modelli di altro tipo; verranno analizzati, di conseguenza,
esclusivamente modelli ecologici, avulsi da ogni considerazione economica,
tendenti a definire i livelli di massimo utilizzo sostenibile della risorsa. Grazie a
studi effettuati nel PNA si potranno evidenziare i citati limiti per ogni zona e
confrontare i risultati con la situazione reale.
L’esempio offerto dalla gestione delle risorse naturali nel PNA, se
apprezzato positivamente, potrà allora essere seguito, in primis, dalle altre aree
protette ed in seconda analisi dagli organi decisionali nazionali al fine di
conformare ad esso porzioni sempre maggiori di territorio.
CAPITOLO PRIMO
LE POLITICHE DI GESTIONE DEL TERRITORIO
E LE AREE PROTETTE
CONTRASTI TRA ECONOMIA ED ECOLOGIA
Per molti secoli, il problema del corretto utilizzo delle risorse ambientali è
stato ampiamente disconosciuto, non trovando spazio all’interno di nessuna
disciplina e, specialmente, in quella economica.
Negli scritti dei grandi economisti classici, infatti, non c’è nessun accenno
all’ambiente ed agli effetti che la produzione può avere su di esso. Le risorse
naturali vengono considerate esclusivamente come risorse produttive (materie
prime e terra), come componenti delle future merci. Tutti gli studi economici si
concentrano sul prodotto finale dei cicli produttivi, auspicandone un continuo
aumento ed ignorano, da una parte, le problematiche dei fattori naturali ed in
particolar modo la loro esauribilità
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, e dall’altra, quelle relative alla capacità di
assimilazione dei rifiuti da parte dell’ambiente.
La nostra società si è esclusivamente preoccupata, da allora, di produrre
quanto più possibile essendo, secondo l’economia tradizionale, valida
l’equazione:
+MERCI = +SVILUPPO = +BENESSERE
1
L’unico economista classico che considerò l’importanza della natura nei processi produttivi fu
F. Quesnay:”L’origine, il principio di ogni spesa e di ogni ricchezza è la fertilità della terra, in
cui si possono aumentare i prodotti, solo impiegando gli stessi prodotti. È la terra che fornisce
all’agricoltore le anticipazioni necessarie con le quali la rende più fertile e più produttiva…”. Gli
altri classici dopo di lui attribuirono il potere creativo originario di ricchezza non alla natura ma
al lavoro dell’uomo.
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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Non a caso l’indicatore di sviluppo adoperato in tutto il mondo, il PIL,
considera al suo interno soltanto grandezze quantitative, vale a dire i prezzi delle
merci e dei servizi prodotti nel paese. Il deperimento delle risorse invece, non
avendo un prezzo, non è considerato; in tal modo, in ipotesi, una nazione che
esaurisca nell’anno in corso tutte le sue risorse ma che nello stesso anno produca
gran quantità di merci e servizi sarà considerata una nazione ricca, una nazione
benestante!
È quanto mai necessario modificare gli odierni indicatori di sviluppo per
considerare, a fianco alle analisi relative alle merci, altre variabili significative,
che siano in grado di misurare la qualità sociale ed ambientale riscontrabile nella
nostra società. In merito a quest’ultima, deve essere discussa e risolta al più
presto la questione della valutazione economica delle risorse naturali.
Deve essere, cioè, definito un prezzo per le risorse naturali che sia
comprensivo della loro importanza ecologica e che sia crescente quanto più tali
risorse siano scarse; il prezzo in tal modo ottenuto, deve essere dedotto dalle
risultanze del PIL, o altro indicatore di sviluppo, e deve essere inserito come
costo in ogni valutazione economica di progetti che utilizzino o comunque
danneggino le risorse naturali. E’ quindi necessario, nella nostra contabilità
nazionale ed in ogni singolo progetto, apportare modifiche alle usuali risultanze
quantitative, introducendo valutazioni di ordine qualitativo. Tali valutazioni, per
essere confrontabili con le risultanze quantitative, dovranno anch’esse essere
espresse quantitativamente ed avranno così lo scopo di indirizzare le scelte
produttive.
Dalla vittoria, nella nostra cultura, dei principi individualistici si è, invece,
sempre pensato più alla quantità che alla qualità, con la conseguenza di
provocare un allargamento della frattura tra uomo e natura, ed, in special modo,
tra economia ed ecologia.
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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La differenza principale nelle due scienze risiede fondamentalmente negli
obiettivi che esse perseguono: da una parte, l’economia tende perennemente allo
sviluppo e, dall’altra, invece, l’ecologia privilegia la stabilità, l’equilibrio
dell’ecosistema minacciato dallo sviluppo. All’interno di questa frattura si pone
l’economia dell’ambiente, al fine di conciliare i valori di entrambi.
Occorrerà considerare, oltre ai termini ed ai concetti vitali dell’economia,
anche quelli ecologici, così, per esempio, a fianco del concetto di “produttività”,
che in economia indica il prodotto ottenuto nell’unità di tempo con l’uso di uno
o più fattori produttivi, occorrerà considerare la “produttività biologica”, intesa
come la quantità di materiale vivente prodotta dall’ecosistema nell’unità di
tempo, e, a fianco di quello di “risorsa”, inteso in economia come bene
economico avente un prezzo e necessario per la creazione del prodotto, dovrà
essere accostato quello di “risorsa biologica”, costituita da esseri viventi o
derivante direttamente da essi o da loro attività e considerata rinnovabile. Grazie
a questo aggancio sarà, allora, possibile considerare economicamente valida
soltanto la produzione umana che rispetti le capacità di produzione ambientali
ed, in particolare, l’utilizzo di tali risorse a fine produttivo sarà valido finchè
sarà loro garantita la rinnovabilità, vale a dire la capacità di ricostituzione dello
stock iniziale.
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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PROBLEMI POLITICI E SOCIALI ALLA CORRETTA GESTIONE
DELLE RISORSE NATURALI
Per una corretta gestione delle risorse naturali sull'intero territorio nazionale,
è necessario affrontare, innanzitutto, i vasti problemi che vi si frappongono. Tali
problemi sono di vario tipo e possono essere classificati come economici,
politici e sociali. Dei principali problemi economici da superare si è già
sinteticamente accennato in precedenza, ed occorre ora, quindi, considerare i
restanti.
In primo luogo occorre esaminare, sicuramente, i vasti problemi politici che
la gestione delle risorse ambientali solleva. Se si vuole dar vita ad una gestione
realmente sostenibile, sarà allora necessario che essa sia sviluppata su tutto il
territorio nazionale; obiettivo primario dello Stato e della sua politica deve
quindi essere, prima di tutto, quello di definire i metodi di controllo e di
pianificazione dell’uso del territorio e delle sue risorse, e quello di tradurre
l’impiego delle risorse ambientali nel programma economico nazionale: ”Le
risorse devono essere censite con regolarità ed esattezza e poi destinate all’uso
che ne risulta più consono, sulla base di un conteggio economico nazionale”
(Colantonio, 1989, pag. 39).
La situazione odierna in ordine a tali questioni è pessima, poiché non
esistono, in Italia, soggetti abilitati a redigere piani riguardanti l’assetto
complessivo del territorio, e mancano piani che determinino la consistenza e la
salute delle risorse naturali in Italia, necessari per definirne un bilancio
economico. In mancanza di ciò, lo Stato non può far altro che approvare di volta
in volta specifici progetti, portando avanti una politica del caso singolo, non
sorretta dagli strumenti conoscitivi necessari per affrontare correttamente il
problema.
È necessario ricordare che la politica ambientale presenta caratteristiche tali
da renderla particolarmente difficile; tra queste si ricordano:
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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• L’elevata interdipendenza con le altre politiche: le politiche ambientali
considerano, infatti, i problemi dell’ecosistema, ed è proprio in esso che si
sviluppano tutte le attività umane, da quelle sociali a quelle economiche; è
inevitabile, quindi, che esse siano influenzate dalla politica di gestione
dell’ecosistema.
• L’insufficiente percezione dei problemi ambientali: i fenomeni dannosi
all’ambiente si sviluppano assai lentamente, per emergere poi nel lungo periodo;
è necessario, innanzitutto, garantire un forte incentivo alla ricerca scientifica, al
fine di studiare e capire tali fenomeni e, in secondo luogo, è auspicabile che i
protagonisti politici inizino a dare un forte peso alle politiche di lungo periodo,
finora poco sviluppate.
• L’incertezza: per capire a fondo le varie interdipendenze che si sviluppano
nell’ecosistema, è necessario avere informazioni circa le relazioni causa-effetto,
che, ad oggi, sono largamente insufficienti; senza una loro approfondita
conoscenza c’è il rischio di condurre azioni politiche sbagliate.
Ulteriore questione politica interessante è quella del coordinamento delle
decisioni, in un campo nel quale le competenze fanno capo a diversi soggetti
politici, appartenenti a diversi livelli ed aventi diversi interessi e responsabilità.
In ordine a tale problema, occorre scegliere tra due opposte filosofie di gestione:
quella che demanda tutte le decisioni allo Stato centrale, affidando ai soggetti
dei livelli più bassi compiti informativi ed esecutivi, e quella del dialogo e
confronto aperto tra tutti i soggetti interessati, con la quale si riserva allo Stato la
definizione delle linee generali da seguire e si affidano le decisioni alla
concertazione tra Stato, Regioni, Province, Comuni, enti aventi competenze nel
campo oggetto di intervento e società civile. Largamente prevalente in Europa e
in Italia è la prima filosofia, sorretta dalla considerazione che il problema
ambientale è talmente vasto da non poter essere efficacemente gestito
localmente. Ciò è senz’ altro vero, ma non devono essere dimenticati gli ampi
problemi che la gestione delle risorse naturali implica; è fuori dubbio, infatti,
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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che la questione ambientale provochi conflitti sociali anche molto accesi:
interessi individuali si scontrano con quelli collettivi, interessi locali con quelli
globali ed interessi di breve termine con quelli di lungo. Ad esempio, l’ interesse
alla conservazione del territorio e delle sue risorse si scontra ferocemente con
l’interesse delle popolazioni residenti, che usano il territorio per la loro
sopravvivenza e che preferiscono utilizzarlo per investimenti a rapido ritorno
finanziario. Emblematico è il caso della aggressione edilizia nel Parco Nazionale
d’ Abruzzo degli anni ’60; in quel periodo la forza ma soprattutto la competenza
dell’ente gestore del Parco era particolarmente scarsa e, di conseguenza, la sua
azione fu insufficiente a bloccare i propositi degli amministratori locali che,
sostenuti da buona parte della popolazione e in nome di una pretesa
valorizzazione turistica dell’area, accordarono concessioni edilizie a chiunque
avesse un progetto, producendo ferite evidenti e difficilmente rimarginabili.
Le tante implicazioni sociali del problema ambiente dovrebbero far tendere,
almeno in Italia, la preferenza verso la filosofia del confronto aperto. Nel nostro
paese, infatti, si è spesso notata, da parte dello Stato centrale, una scarsa
conoscenza e considerazione dei problemi locali, che impedisce di proporre
adeguate sintesi politiche dei vari interessi in gioco. Il dialogo ed il confronto tra
i vari soggetti interessati alla soluzione del problema è, quindi, non solo
auspicabile ma necessario.
Da quanto detto, si evince che i problemi da valutare sono molteplici e non
completamente risolvibili nel breve periodo. È per questa ragione che, in Italia,
non esiste ancora una politica di tutela ambientale estesa a tutto il territorio
nazionale. Negli ultimi anni ha, invece, subito un’accelerazione l’azione di
governo volta alla creazione di un vasto sistema di parchi nazionali e regionali,
che potrebbe essere in grado, se correttamente gestita, di dare una risposta,
almeno localmente, alle questioni evidenziate.
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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LE ORIGINI DEI PARCHI
La tutela della natura e, in special modo, delle aree particolarmente ricche di
bellezze naturali, riveste un ruolo di grande attualità, che ha spinto, negli ultimi
anni, molti Paesi a dirigere le proprie attenzioni verso la sua più attiva
considerazione; in particolare si è assistito ad un grande sviluppo dei parchi e
delle riserve naturali.
Le azioni volte a conservare risorse, territori o paesaggi di particolare
bellezza e/o ricchezza non hanno, comunque, avuto inizio recentemente.
Esistono, infatti, molteplici testimonianze che documentano come azioni di tal
fatta siano state compiute anche in passato ed, in alcuni casi, in tempi
remotissimi. Antiche leggende greche narrano, ad esempio, di leggi volte ad
impedire qualsiasi attività umana sui monti; questi dovevano, infatti, essere
riservati esclusivamente alla libera crescita degli animali, al fine di favorire la
caccia della corte reale. Anche i Romani preservarono alcune aree da ogni
sfruttamento, in special modo le foreste più impenetrabili, dove si credeva
risiedessero gli dei. Tali ragioni di tutela, caccia e presenza degli dei, rimasero
valide anche durante il Medioevo. In tutti i casi, la giustificazione della
protezione dell’ambiente non scaturiva da considerazioni ecologiche, che,
d’altro canto, per la quasi totale inesistenza di danni provocati all’ambiente
naturale, erano impensabili.
La tutela intesa, invece, come preservazione dall’estinzione di una natura
particolare o rara, venne definita solo in età moderna, quando si diede avvio ai
primi preparativi per l’istituzione dei parchi naturali. Il primo atto ufficiale si ha
nel 1832, quando il Congresso degli Stati Uniti pose sotto riserva le sorgenti di
Hot Spring; nel 1837 fu la volta della Francia che sottopose a tutela
Fontainebleau mentre, nel 1864, il Congresso U.S.A. donò allo Stato della
California la Yosemite Valley per essere “destinata allo svago della popolazione
e sottratta ad usi legati al guadagno personale”. Sempre negli Stati Uniti, il 1°
Marzo del 1872, fu finalmente istituito il primo Parco Nazionale della storia, lo
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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Yellowstone Park. La cultura e la sensibilità di allora, tuttavia, portò più a capire
che fosse necessario conservare delle bellezze paesaggistiche, e quindi
soprattutto formazioni geologiche o fenomeni naturali spettacolari come canyon,
cascate ecc., piuttosto che ambienti naturali, visti come sistemi complessi e
integrati, con tutto ciò che vive al suo interno, compreso l’uomo che in esso
svolge le sue attività. L’esempio di Yellowstone fu seguito in breve tempo da
altre nazioni: in Australia, nel 1879, fu istituito il National Park, seguito, nel
1891, dal Belair National Park; seguirono la Nuova Zelanda (1894), il Canada
(1895) ed il Sud Africa (1898).
Nel vecchio continente dovettero passare altri 11 anni prima di vedere
qualche iniziativa al riguardo; le prime Nazioni ad attivarsi furono, nel 1909, la
Germania e la Svezia che protessero, rispettivamente, il Luneburger Heide e i
parchi di Abisko, Peljekajse, Sarek e Stora Sjofallet. Fu poi la volta della
Francia che istituì, nel 1913, il parco della Berarde, ora parte del parco degli
Ecrins; seguirono la Svizzera (1914) e la Polonia (1919).
Per vedere la nascita del primo parco in Italia bisogna aspettare, invece, il
1922, quando fu istituito per legge il Parco Nazionale del Gran Paradiso, già
Riserva reale di caccia dal 1856 per volontà di Vittorio Emanuele II. L’anno
seguente viene istituito il Parco Nazionale d’Abruzzo, progettato agli inizi del
secolo e realizzato attraverso un ente autonomo privato, istituito nel 1921 e che
non attese il riconoscimento legislativo del Parco per operare. Le speranze per
un futuro roseo della politica di conservazione della natura in Italia, furono però
presto disattese; gli enti privati gestori dei parchi furono, infatti, presto soppressi
e le loro competenze affidate, dallo Stato fascista, alla Milizia Forestale,
aprendo una delle pagine più tristi della loro esistenza. Nel 1934 nacque il Parco
Nazionale del Circeo; anch’esso fu posto sotto l’amministrazione della Azienda
di Stato per le foreste benché di tutt’altro si trattasse. L’anno seguente fu
istituito lo Stelvio, mentre occorse aspettare fino al 1968 per vedere la nascita
del Parco Nazionale della Calabria ed altri venti anni per gli altri.
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PARCO
Il concetto di parco ha subìto, dalla sua nascita ad oggi, notevoli modifiche
dovute ai cambiamenti politici, sociali, economici e culturali che in questo
secolo sono emersi in tutto il mondo. I primi parchi americani vennero creati al
fine della conservazione e della ricreazione a vantaggio dell’ intera nazione; la
conservazione era intesa in senso fortemente statico, facendo parlare al
riguardo di “mummificazione” dell’ambiente; all’interno di essi era, infatti,
vietata qualsiasi attività produttiva e l’ingresso degli uomini era consentito solo
per scopi ricreativi. Cause principali di questa concezione di Parco Nazionale
furono l’enorme presenza di spazi naturali e la bassa densità di popolazione
degli Stati Uniti.
Il “modello americano” fu, con qualche variante, seguito in tutto il mondo
ed anche in Italia: i primi parchi nazionali italiani erano, infatti, concepiti
esclusivamente come strumento di tutela della flora, della fauna, delle
formazioni geologiche e del paesaggio, senza alcuna considerazione dell’uomo
che in tali terre viveva.
Il concetto di conservazione statica degli ambienti naturali fu ribadito in
molti incontri internazionali, aventi l’obiettivo di unificare i termini adottati
nella classificazione delle aree protette (Convenzione di Londra del 1933,
Conferenza di Washington del 1940); anche l’IUCN (International Union for
Nature Conservation), organismo internazionale fondato nel 1949 allo scopo di
coordinare gli sforzi per la tutela delle risorse naturali, rimase legato a questa
concezione fino al 1969, quando, a Nuova Delhi, diede una definizione di Parco
Nazionale che escludeva ogni sfruttamento ed occupazione.
Intorno alla metà degli anni ’60, intanto, iniziarono le prime grandi
catastrofi ecologiche, cui seguirono le prime contestazioni contro il degrado
ambientale. L’idea di uno sviluppo basato sullo sfruttamento eccessivo delle
risorse naturali cominciò a vacillare. La crisi di risorse e, possiamo ben dire di
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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mentalità, si riflesse anche nel campo della conservazione della natura e fu il
presupposto per lo sviluppo di una nuova concezione di parco e del rapporto
uomo-natura. I parchi iniziarono ad essere considerati come campo di studio per
una adeguata gestione delle risorse naturali a livello mondiale, ma per esserlo,
era necessario riconsiderare la posizione dell’uomo all’interno dei loro confini.
Nei paesi più densamente popolati, intanto, i Parchi Nazionali già da tempo
includevano al loro interno centri abitati e territori privati, nei quali si
svolgevano attività agricole ed industriali. Tali attività iniziarono ad essere
accettate, purché compatibili con i principi della conservazione, al fine di porsi
da esempio per la corretta gestione delle risorse ambientali.
Il cambiamento di mentalità avvenuto, fu accettato ed ufficializzato
dall’IUCN nel 1981 nella sua “Strategia mondiale per la conservazione”. In
quegli anni, inoltre, viene riconosciuta l’importanza delle risorse umane e
culturali delle aree protette, la cui perdita viene considerata irreparabile almeno
quanto quella delle risorse naturali. Significativa di questo nuovo approccio alla
tutela della natura appare la definizione di “parco” data da Giacomini e Romani
(1982): “il parco è l’assetto giuridico amministrativo di un insieme territoriale,
in virtù delle cui finalità globali e specifiche la salvaguardia e lo sviluppo degli
elementi naturali ed umani che lo costituiscono sono promossi e disciplinati in
un regime di reciproca competitività”.
Grazie ai mutamenti nella concezione delle aree protette, si è notata una
notevole espansione della gamma di obiettivi che esse sono tenute a perseguire:
un’esemplificazione del fenomeno è data dalla classificazione predisposta
dall’IUCN, che divide le varie tipologie di aree protette in base agli obiettivi che
possono essere loro affidati; le aree protette considerate sono:
I Riserve naturali integrali:
Ia gestite principalmente per scopi scientifici
Ib gestite principalmente per la protezione di risorse selvagge
II Parchi nazionali
Capitolo 1 – Le politiche di gestione del territorio e le aree protette
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III Monumenti nazionali
IV Aree di gestione attiva di habitat o specie
V Paesaggi marini o terrestri protetti
VI Aree protette di risorse gestite
Tali categorie si differenziano tra loro per la diversa importanza attribuita ai
vari obiettivi, come risulta dalla seguente matrice (in cui per ogni obiettivo è
indicato l’ordine di priorità, da 1 a 3):
OBIETTIVI/CATEGORIE
IA IB II III IV V VI
ricerca scientifica 1 3 2 2 2 2 3
protezione aree selvagge 2 1 2 3 3 / 2
conservazione specie e diversità genetica 1 2 1 1 1 2 1
mantenimento delle funzioni di servizio ambientale 2 1 1 / 1 2 1
protezione di specificità naturali/culturali / / 2 1 3 1 3
turismo e ricreazione / 2 1 1 3 1 3
educazione / / 2 2 2 2 3
uso sostenibile di risorse naturali / 3 3 / 2 2 1
mantenimento attributi culturali-tradizionali / / / / / 1 2
TAB 1.1 – OBIETTIVI DELLE AREE PROTETTE (Fonte: IUCN)
E’ interessante notare come l’utilizzazione delle risorse sia indicato come
obiettivo gestionale anche dei Parchi Nazionali, sebbene subordinatamente agli
obiettivi conservativi, ricreativi ed educativi. E’ evidente, da questa classi-
ficazione, l’importante evoluzione che ha avuto il concetto di parco, ora più
rispondente al contesto europeo caratterizzato dall’esistenza di pochi spazi
naturali per nulla o poco antropizzati.