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cementificazione indiscriminata di tratti costieri edificando,
nei pressi delle coste, ferrovie, strade nonché permettendo la
costruzione di edifici ad uso abitativo di privati cittadini,
concessioni a volte effettuate per un presunto e non
specificato interesse economico turistico, comunque mai in
concreto realizzatosi.
In origine il territorio era vissuto come rappresentazione e
espressione massima del divino e le forti e preminenti
ragioni religiose portavano i popoli primitivi a considerarlo
sotto un punto di vista mistico, come una sorta di tempio
all’aria aperta: essi erano soliti individuare, per i riti
propiziatori della caccia, una serie di luoghi sacri che ancora
oggi risultano essere venerati dai popoli indigeni: ricordiamo
il Monte Atoya dagli Aymara, le Black Hills dai Dakota, la
riserva di Icyia in Rwanda e lo Yankutjatara Luritjia, luogo
sacro agli aborigeni australiani dove si conserva il più grande
monolito del mondo, oggi parco nazionale Uluru (Kata Tjuta
National Park). In questi luoghi la natura si manifesta in tutta
la sua sfolgorante bellezza e esercita anche sull'uomo
moderno lo stesso misterioso fascino che esercitava su quello
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primitivo, inducendolo a riconoscere a quei luoghi una sorta
di moderna sacralità che gli impone di riservarli al
godimento estetico, alla contemplazione, alla conoscenza e al
piacere fisico.
L’archetipo dei parchi moderni si ha nel periodo medievale
con la foresta medievale destinata a riserva di caccia, lo sport
preferito dei nobili, istituita e prevista per usi ricreativi
elitari(sia per le attività consentite che per il livello sociale
dei visitatori): riserve di caccia erano le foreste di Sherwood
a Nottingham, di Bialowièzki in Polonia e di Fontainebleau
presso Parigi, i boschi della Fontana di Mantova e della
Carrega vicino a Parma. Alcune di queste aree - le foreste di
Bialowièzki e di Fontainebleau e i boschi della Carrega -
sono oggi parchi nazionali o regionali.
Nella foresta medievale la finalità esclusiva era di natura
ludica mentre risultava del tutto assente la volontà di
tutelare la natura.
Il concetto di parco naturale come “istituzione” si delinea
nel secolo XIX e in questo periodo si hanno l’istituzione
delle prime riserve: nel 1836 si ha la riserva delle Hot
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Springs in Arkansas e nel 1853 quella della foresta di
Fontainebleau in Francia.
Il primo parco “moderno” nazionale del mondo si ha in
America nel 1872, con il parco di Yellowstone, che viene
inteso come "riserva della natura", da sottrarre alle
trasformazioni agricole o urbane-industriali troppo drastiche
e/o da dedicare agli studi naturalistici e ecologici, nonché
alle visite del pubblico amante della natura.
Nell’evoluzione storica il parco di Yellowstone costituisce
una tappa importante nonché un punto riferimento per le
altre nazioni.
In seguito all’istituzione del Parco americano, nel 1879 viene
istituito il Royal National Park, il primo parco nazionale
australiano e il secondo del mondo; nel 1885 è la volta del
Parco Nazionale di Banff in Canada, nel 1894 tocca ai
neozelandesi con il Parco Nazionale di Tongariro e ancora,
nel 1898 in Sudafrica nasce la riserva Sabie, poi Parco
Nazionale Kruger.
L’esempio americano viene adottato anche in Europa: nei
primi decenni del XX secolo si ha l’istituzione, precisamente
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nel 1909 in Svezia, di sei parchi nazionali, seguita nel 1914
dalla Svizzera con l’istituzione del primo parco nazionale
l’Engadina e dalla Polonia nel 1919 con la foresta
Bialowieza.
In Italia si deve aspettare fino il 1922 per avere l’istituzione
del primo parco nazionale, quello del Gran Paradiso, alla cui
nascita seguono quelle del Parco Nazionale d’Abruzzo
(1923), del Parco Nazionale del Circeo (1934) e di quello
dello Stelvio(1935). Nel 1968, dopo più di 30 anni e un
periodo difficile per le aree protette italiane, si aggiunge ai
primi quattro parchi nazionali il quinto dei parchi definiti
"storici": il Parco Nazionale della Calabria.
Tra gli anni sessanta e novanta del XX secolo, si assiste ad
una riscoperta dell’ambiente, in Italia, in Europa e nel
mondo, derivante dalla scoperta di un'altra idea di parco: a
quello inteso come area puramente difensiva delle risorse
naturali, biologiche e paesaggistiche, si sostituisce il parco
come “area biosferica la cui difesa può essere resa
compatibile con le attività economiche e sociali di comunità
che responsabilmente progettano e realizzano usi sostenibili
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e durevoli del territorio”. Si abbandona, quindi, l'idea
dualistica della gestione conservativa dei parchi,
contrapposta al libero sfruttamento delle restanti aree, e si fa
avanti l'idea della “compatibilità convergente”, sia pure a
gradi diversi di protezione: mentre ai parchi sono affidate
funzioni educative per mostrare ai visitatori la possibilità di
far convivere la protezione della natura con alcune attività
socioeconomiche, la sfida si sposta sulla sostenibilità nelle
aree prossime ai parchi, densamente abitate e
economicamente sviluppate dove l'uomo convive con la
natura.
In conclusione , dal quadro storico, possiamo evidenziare
l’evoluzione del concetto di parco naturale e di aree naturale
protetta, che partita con finalità solo conservative in
continenti di nuova colonizzazione, scarsamente popolati
(Nord, Centro e Sud America, Australia che da vita ad una
concezione “americana” dell’area naturale protetta), passa
nei continenti di antica colonizzazione più densamente
abitati (Europa e Asia), cambiando l'impostazione da
conservativa ad un mix di usi protettivi ed economici,
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ammettendo le tradizionali attività agricole, forestali e
estrattive e le nuove destinazioni turistiche e ricreative
(modello tedesco).
Nei continenti intensamente sfruttati da molte generazioni,
lo spazio per la conservazione della natura deve essere
ritagliato con operazioni di "alta
chirurgia naturalistica"
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e in contraddittorio con gli altri
numerosi interessi sociali ed economici delle comunità
locali.
Le aree protette, sia per carenze dimensionali sia per difetto
di autogestione delle comunità locali, non possono quindi
realizzare da sole la sostenibilità dello sviluppo globale,
prima di tutto perché sono troppo poche e poi perché la loro
crescita è ostacolata da molti problemi. Scrive Bridgewater:
«Sebbene molti governi e organizzazioni non governative
desiderino espandere le aree protette e rafforzare il loro ruolo
di conservazione della biodiversità, si devono superare seri
ostacoli.
2
Ambiente, Società e Sviluppo – L’impronta ecologica localizzata delle bioregioni
Toscana costa e aree vasta di Livorno , Pisa ,Lucca - Luciano Iacoponi
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Primo, la creazione o l'esistenza delle aree protette crea
conflitti con le comunità locali. Quando un'area viene
protetta la gente che vive al suo interno o nei pressi deve
generalmente ridurre l'uso delle risorse. Inoltre, mentre la
società allargata raccoglie i benefici delle aree protette, le
comunità locali ne sopportano i costi. Nei casi estremi
nascono conflitti tra cacciatori, raccoglitori, boscaioli,
minatori, pescatori o operatori turistici, staff tecnico
amministrativi delle aree protette e sostenitori dell'ambiente.
Secondo, le aree protette sono istituzioni spesso instabili
perché le agenzie che le amministrano sono vulnerabili al
cambiamento delle politiche e al taglio dei finanziamenti. La
battaglia per la conservazione è perpetua, mentre la lotta per
la gestione si deve vincere ogni volta. Gli interessi minerari,
forestali o della pesca fanno lobby per "aprire" le aree
protette; i dipartimenti dei trasporti vogliono fare strade che
attraversano la terra "libera" delle aree protette; i
dipartimenti del turismo battono la grancassa per avere più
visitatori di quanti l'area protetta ne possa sopportare; le
politiche di sviluppo industriale stimolano occupazioni
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abusive, inquinamenti transfrontalieri e cambiamenti
climatici.
Terzo, molte aree protette sono gestite in modo inadeguato
ed inefficiente…La maggior parte delle aree protette richiede
una gestione impegnativa per far fronte ai fruitori o per
mitigare gli impatti dello sviluppo in aree contermini,
l'inquinamento dell'aria e dell'acqua e i cambiamenti delle
condizioni climatiche. Sfortunatamente le esperienze del
personale addetto e le conoscenze ecologiche necessarie per
così impegnative gestioni non sono facilmente reperibili.
Quarto, i fondi per la maggior parte delle aree protette sono
scarsi e insicuri. La maggiore parte dei finanziamenti
proviene dai bilanci statali, le cui disponibilità sono in calo
in termini reali ... Inoltre i benefici economici provenienti
dalle aree protette raramente sono canalizzati verso la
manutenzione delle aree e lo sviluppo delle comunità locali
in aree contigue …Infine la maggior parte della gente ha una
visione ristretta delle aree protette, cosicché il sostegno
pubblico è relativamente debole.
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Le aree protette sono spesso viste soltanto come esotici
luoghi di vacanza, ma non come elementi essenziali dello
sviluppo sostenibile.»
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La transizione verso il parco a funzioni multiple determina il
sorgere di una grande varietà di aree protette, cresciute in
numero e superficie di ben otto volte dal 1950 al 2000 (da
1000 aree con 100 milioni di ettari di superficie nel 1950 a
più di 8.000 aree con 750 milioni di ettari nel 1990).
3
(Bridgewater, 1992).
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2. Analisi ed evoluzione economica del concetto di
territorio.
La scoperta dell’importanza del territorio, da un punto di
vista economico, nasce in una fase di transizione, dove la
società si avvia al decollo industriale e nel quale l'antico
regime aristocratico scende a patti con il nuovo regime
borghese : in esso il territorio viene considerato fonte
primaria di ricchezza (si veda la prima scuola economica dei
fisiocratici) con particolare attenzione per l’agricoltura,
motivo per il quale si assiste a numerose bonifiche
idrauliche che riscattano in Italia molti terreni paludosi,
creando della buona terra da coltivare là dove prima c'erano
soltanto acqua e malaria.
Con il definitivo decollo industriale, preconizzato dagli
economisti classici (che sono la seconda scuola economica),
i quali vedono nel lavoro e nella "mano invisibile" del
mercato le nuove "vere" fonti della ricchezza delle nazioni, il
territorio viene ad essere diviso tra la città, verso le cui
manifatture accorrono folle di lavoratori, e la campagna, che
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è ancora importante perché deve rifornire la città di prodotti
alimentari e l'industria di materie prime.
Se, da un lato, la seconda rivoluzione industriale spinge il
mondo sviluppato a esplorare, conoscere, usare e alterare le
risorse naturali, per ricavarne le materie prime e l'energia
necessaria al decollo economico (miniere, campi petroliferi,
bacini idroelettrici, nuove aree agricole, vie di
comunicazione, aree industriali, quartieri residenziali),
dall'altro lo induce a dare a luoghi specifici lo status di
"monumenti della natura", come fossero delle opere d'arte:
tendenza particolarmente viva in Nord America, dove
l'industrializzazione e l'urbanizzazione si sono confrontate
con ambienti naturali incontaminati, cioè non modificati dai
millenari processi di trasformazione antropica delle aree
rurali europee e asiatiche.
La cosa che stupisce è che proprio in una terra dove le
risorse sembravano inesauribili emerge quella idea di
conservazione e tutela della natura che non verrà più
abbandonata, anche se spesso dimenticata e fraintesa da
molti.
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3. Evoluzione giuridica .
L’attenzione, sempre crescente, nei confronti dell’ ambiente
e il processo storico di modifica del concetto di parco trova
traduzione nel campo del diritto. In Italia, già nel 1920, un
primo appello per l'approvazione di una legge sui parchi
nazionali proviene dall'Ufficio Centrale del Senato del
Regno che svolge la propria relazione sul disegno di legge
"Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di
particolare interesse storico", relazione presentata dall'allora
Ministro dell'Istruzione Pubblica Benedetto Croce nella
tornata del 25 settembre della XXV legislatura del regno. Il
29 giugno del 1939 viene promulgata la Legge n. 1497 sulla
"Protezione delle bellezze naturali”.
La Costituzione della Repubblica Italiana afferma, all' art. 9,
che la Repubblica "Tutela il paesaggio e il patrimonio storico
e artistico della Nazione" e, all'art. 117 comma 2 sub s), che
lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di "tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali".