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TEORIA DI MARKOWITZ
2.1. Gli elementi di un’attività finanziaria
Nel momento in cui un investitore decide di investire in una o più attività finanziarie, titoli
rischiosi come le azioni acquistate e vendute ogni giorno nei mercati borsistici, si pone il
problema di determinare dei parametri utili ad una corretta valutazione dell’investimento
intrapreso ed in linea con il proprio profilo personale di propensione al pericolo di incorrere in
perdite, talvolta ingenti.
Due sono gli aspetti che permettono all’investitore di inquadrare un titolo in una certa
posizione: il rischio e il rendimento.
2.1.1. Rischio e rendimento di un’attività finanziaria
Il rendimento misura le aspettative di crescita del prezzo dell’azione da parte dell’acquirente,
cioè il rapporto tra il capitale iniziale e gli utili prodotti da operazioni di investimento di
compravendita in un periodo di tempo specificato (Brealey, 2003).
Esso si compone di due elementi:
rendimento corrente o dividend yield, legato alla remunerazione periodica del capitale;
guadagno in conto capitale o capital gain derivante dall’eventuale differenziale
positivo tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto.
Nel caso di un’azione, il rendimento totale ottenibile viene definito come:
dove:
- è il rendimento totale
-
è il dividend yield, o tasso di dividendo
-
è il dividendo pagato dopo un periodo
-
prezzo dell’azione al tempo t
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-
è il capital gain
-
è la variazione del prezzo del titolo azionario
Nel caso in cui invece il rendimento misuri un investimento generale, questo è rappresentato
dal rapporto tra gli utili derivanti dall’investimento e il capitale iniziale utilizzato:
dove:
-
è il rendimento dell’i-esima attività finanziaria acquistata al tempo t
-
è il profitto derivante dall’investimento nel titolo i-esimo nel periodo (t, t+1)
e riportato alla fine del periodo t+1
-
è il capitale investito in t, inizio del periodo, nell’i-esimo titolo
Il rischio è un concetto connesso con le aspettative umane. Indica un potenziale effetto
negativo su un bene che può derivare da determinati processi in corso o da determinati eventi
futuri. Nel linguaggio comune, rischio è spesso usato come sinonimo di probabilità di una
perdita o di un pericolo. I rischi possono essere:
rischi speculativi quando un evento imprevedibile si può manifestare sia in senso
positivo che negativo;
rischi puri quando le conseguenze possono essere solamente negative.
Nella valutazione del rischio professionale, Fama (1968) asserisce che il concetto di rischio
combina la probabilità del verificarsi di un evento con l'impatto che questo evento potrebbe
avere e con le sue differenti circostanze di accadimento. Secondo la teoria dei prezzi Black-
Scholes, quando si tratta di beni quotati sul mercato, tutte le probabilità e gli impatti sono
incorporati nel prezzo.
Il rischio assunto dall'investitore dell'investimento in attività finanziarie è misurato dalla
volatilità, cioè il grado di variazione dei prezzi di un'attività finanziaria in un determinato
periodo di tempo. In un contesto di informazione asimmetrica e di imperfezione dei mercati le
cause della volatilità possono ricercarsi nei seguenti tre fattori: il rilascio di informazione
pubblica, il diffondersi di informazione privata e il “noise” connesso all'attività di
negoziazione. La volatilità viene solitamente misurata da indicatori statistici quali la
deviazione standard o la varianza, di solito espresse come percentuale annualizzata. Per il
calcolo della volatilità "storica" si procede alla determinazione della serie dei rendimenti
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periodali in un dato lasso temporale ed al calcolo della relativa media. Vengono poi calcolati
gli scostamenti elevati al quadrato di ogni singolo rendimento rispetto alla media. La media di
tali scostamenti è la varianza, la cui radice quadrata determina la deviazione standard dei
rendimenti periodali del titolo. Valori elevati della deviazione standard indicano un maggior
grado di variabilità del rendimento medio dell'investimento e quindi, in ottica previsionale,
una maggiore incertezza circa il suo esito. Risulta evidente come sia decisivo ai fini delle
scelte d'investimento la stima della volatilità futura delle variazioni dei prezzi, di cui la
volatilità storica non è che una prima approssimazione.
Di seguito viene proposta la rappresentazione matematica della volatilità
5
:
dove
sono i rendimenti nel periodo di tempo considerato, e
la media dei rendimenti nel
suddetto periodo. La radice quadrata della varianza viene definita deviazione standard, o
scarto quadratico medio e viene utilizzata in quanto più maneggevole.
2.1.2. Rischio e rendimento di un portafoglio
Un portafoglio è un insieme composto di attività finanziarie presenti nei mercati borsistici.
Posto
la ricchezza iniziale a disposizione di un agente investitore, questi sceglierà nel
mercato un certo numero di titoli, su ciascuno dei quali investirà una data percentuale
della sua ricchezza iniziale tale che con
:
Ciascuna delle attività componenti il portafoglio P, ha un peso
nel portafoglio tale che:
Il rendimento atteso
del portafoglio è calcolato come la media dei rendimenti
dei
titoli, ponderata per il peso relativo
. Si noti che il rendimento del portafoglio, come quello
delle singole attività, è un variabile casuale
6
, essendo le attività aleatorie.
5
Quando la varianza è stimata da un campione di rendimenti osservati, si sommano gli scarti al
quadrato e si divide per (N – 1), dove N è il numero delle osservazioni. Tale differenza nella
composizione della formula è tesa a correggere ciò che si definisce perdita di un grado di libertà.
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Il rendimento del portafoglio risulta così composto:
La varianza del portafoglio P, risulta essere la somma delle varianze degli titoli. Di seguito
è presentata la formula con il numero di attività pari a due Se è la percentuale di
ricchezza investita nel primo titolo, il rendimento del portafoglio secondo quanto sopra
enunciato risulta essere
da cui si ottiene il valore atteso
La varianza risulta
La covarianza
risulta così definita
Il coefficiente di correlazione (lineare) di Pearson (detto anche di Bravais-Pearson) tra le
variabili aleatorie o statistiche
e
è definito come la loro covarianza divisa per il prodotto
delle deviazioni standard delle due variabili:
Il coefficiente assume valori compresi tra -1 e +1:
, le variabili x e y si dicono direttamente correlate, oppure correlate
positivamente;
6
Una variabile casuale (o variabile aleatoria o variabile stocastica o random variable) può essere
pensata come il risultato numerico di un esperimento quando questo non è prevedibile con certezza
(non è deterministico). Ad esempio, il risultato del lancio di un dado a sei facce può essere
matematicamente modellato come una variabile casuale che assume uno dei sei possibili valori.
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, le variabili x e y si dicono indipendenti;
, le variabili x e y si dicono inversamente correlate, oppure correlate
negativamente.
La varianza può essere scritta come
Per un portafoglio formato da titoli, la varianza totale si presenta come segue
Anche nel caso con titoli, risulta che
.
Si noti come la variazione del coefficiente
, modifica la varianza totale del portafoglio
come nessun altro parametro dell’espressione: tanto più i titoli sono incorrelati tra loro (
vicino allo zero), minore sarà la varianza del portafoglio, viceversa maggiore è la correlazione
tra i titoli, maggiore sarà la variabilità globale. Riassumendo, il contributo di un titolo alla
varianza del portafoglio è dato soprattutto dalla somma ponderata delle covarianze del titolo
con gli altri del mercato, e la varianza del titolo è una componente minima (Francis, 1971).
2.2. I fondamenti della teoria di Markowitz
Markowitz (1952) propone l’approccio media-varianza per cui un portafoglio ottimale (a dato
rischio si ottiene il massimo rendimento atteso oppure la minimizzazione del rischio per
livello di rendimento atteso) dipende dal valore atteso e dalla matrice di varianza-covarianza
del vettore dei rendimenti attesi, quantità ignote approssimate con i relativi stimatori
campionari.
Gli assunti fondamentali della teoria di portafoglio secondo Markowitz sono i seguenti:
Gli investitori intendono massimizzare la ricchezza finale e sono avversi al rischio,
Il periodo di investimento è unico,
I costi di transazione e le imposte sono nulli, le attività sono perfettamente divisibili,
Il valore atteso e la deviazione standard sono gli unici parametri che guidano la scelta,
Il mercato è perfettamente concorrenziale.
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2.2.1. La distribuzione dei rendimenti
Un’assunzione fondamentale del modello di Markowitz, riguarda la distribuzione delle
probabilità, sulla quale si regge il meccanismo di formazione dei rendimenti, la quale si
ipotizza essere di tipo Gaussiano: i prezzi sono generati da un processo casuale che esprime
un valore medio atteso uguale alla media e una varianza pari a
, assunzione assai utile
dato che le variabili casuali distribuite normalmente sono descritte in modo completo dalle
sole funzioni media e varianza.
Il primo a teorizzare un modello matematico che descrivesse l’imprevedibilità delle variazioni
dei prezzi fu Louis Bachelier (1900). Egli ipotizzò che i prezzi salgono e scendono con la
stessa probabilità, così come una moneta che viene lanciata ha la stessa probabilità di
mostrare testa o croce. Il modello di Bachelier è ben noto in fisica con il nome di cammino
casuale (o moto browniano) e implica alcune importanti conseguenze.
La prima consiste nel fatto che per la legge dei grandi numeri, dopo un numero
sufficientemente grande di lanci, la moneta mediamente mostri “testa” tante volte quante
mostra “croce”. Estendendo tale concetto ai mercati finanziari si avrà come risultato che, dopo
un tempo molto lungo, il guadagno medio sia nullo perché il prezzo in media salirà e scenderà
con la stessa frequenza di accadimento. Quindi, in mancanza di nuove informazioni che
possano alterare l’equilibrio tra domanda e offerta, la miglior previsione del prezzo di domani
sarebbe il prezzo odierno perché le oscillazioni mediamente si assesterebbero attorno al valore
di partenza.
In secondo luogo il modello di Bachelier sostiene che le variazioni di prezzo di un titolo si
dispongono secondo una distribuzione di probabilità “a campana” (la famosa distribuzione di
Gauss) dove le piccole numerose oscillazioni si assestano al centro, mentre le rare variazioni
più grandi rimangono agli estremi.
La curva di Gauss è una distribuzione centrata nel valore medio e in corrispondenza di esso ha
il suo massimo. Il secondo parametro caratteristico è la deviazione standard ed è correlato alla
larghezza della “campana” e, in particolare rappresenta la distanza tra l'asse di simmetria e i
punti di flesso della distribuzione. Se la deviazione standard è piccola, la curva è stretta,
viceversa, la curva è larga e più "dispersa" rispetto al valor medio. Tale distribuzione rende
possibile la determinazione del rischio calcolando semplicemente la deviazione standard.
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Osborne (1964), riprendendo il moto Browniano, formalizza che i prezzi delle azioni seguono
un processo random walk
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. Dato che le variazioni dei prezzi risultano indipendenti (ovvero
costituiscono un processo random walk), ci si può aspettare che la distribuzione delle
variazioni sia normale, con media stabile e varianza finita. Questo è il risultato del Teorema
del Limite Centrale, o della Legge dei Grandi Numeri, in base al quale un campione di
variabili random indipendenti e identicamente distribuite (i.i.d.) risulta normalmente
distribuito con il crescere della numerosità del campione.
Prescindendo da qualsiasi valutazione sulla logica di Osborne, questo lavoro ha avuto il
merito di aver raccolto diversi concetti sottostanti la random walk theory, che nell’insieme
giustificano l’utilizzo dei calcoli probabilistici.
2.2.2. L’efficacia della diversificazione
Il principio alla base della teoria di Markowitz si articola nel passaggio da un “portafoglio di
selezione” ad un “portafoglio di composizione diversificato” (Mao, 1970). La diversificazione
funziona poiché i prezzi di azioni diverse, non hanno un andamento esattamente concorde:
non sono perfettamente correlati. Il rischio che può essere potenzialmente eliminato con la
diversificazione è chiamato rischio specifico: deriva dal fatto che molti dei “pericoli” che
circondano una singola impresa sono peculiari dell’impresa stessa. Vi sono poi “pericoli” che
7
In particolare, elabora un processo in base al quale le variazioni dei prezzi delle azioni possono
essere equivalenti al moto di una particella in un fluido, ovvero il noto moto Browniano.