La gestione delle risorse umane: il contributo del controllo di gestione
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1.1 si conclude assegnando alla progettazione del sistema di controllo di gestione un
ruolo di facilitatore nel far fronte a tali necessit . Il successivo paragrafo si prefigge di
approfondire il ruolo del capitale umano all interno del piø complesso sistema del
capitale intellettuale, presentando la classificazione del capitale intellettuale di
Edvinsson e Malone [1997]. Questa classificazione viene proposta con due intenti: il
primo Ł cercare di chiarire i processi di creazione di valore che interessano il capitale
umano, il secondo Ł offrire un possibile supporto concettuale utile per individuare un set
di parametri interrelati che consentano di valutare il ruolo del capitale umano all interno
del sistema aziendale.
Il secondo capitolo rappresenta la prosecuzione di quello precedente. In
particolare, nella prima parte (paragrafo 2.1) vengono presentati i meccanismi del
controllo strategico e direzionale all interno di un unico sistema di controllo di gestione
che, in questo modo, consente il bilanciamento tra le spinte contrapposte di efficacia ed
efficienza, breve e medio-lungo periodo [Bergamin Barbato, 1991]. La presentazione
dei due meccanismi consente di apprezzare l influenza del sistema di controllo sui
comportamenti dei collaboratori aziendali e stimola una riflessione sul fatto che
un efficace integrazione tra la dimensione strategica e quella direzionale richiede
l utilizzo di un sistema multiplo di misure che permetta di superare i limiti derivanti
dall impiego esclusivo delle misure di tipo financial. E a partire dalla necessit di
costruire un sistema unico che coinvolga la dimensione strategica e quella direzionale,
integrando misure quantitativo-monetarie, quantitativo-non monetarie e qualitative, che
il successivo paragrafo 2.2 presenta il modello della balanced scorecard (BSC). Questo
modello propone di integrare alle misure quantitativo monetarie quelli che dovrebbero
essere i driver della performance futura, ci avviene attraverso q uatto prospettive
ritenute significative: economico-finanziaria, clientela, processi aziendali interni,
apprendimento e crescita. In quest ottica viene richiamata la logica sottostante alla
balanced scorecard, il suo impiego come sistema strategico di management e la
possibile integrazione tra gli obiettivi in essa contenuti e il sistema degli incentivi.
Il terzo capitolo infine conclude il lavoro con una descrizione della struttura della
BSC e delle misure in essa contenute offrendo una sintesi delle prime tre prospettive e
focalizzandosi maggiormente su quella dell apprendimento e della crescita e sul rilievo
assunto dalle risorse umane al suo interno.
CAPITOLO I
RISORSE UMANE E VANTAGGIO COMPETITIVO
1.1 Vantaggio competitivo e fattori critici di successo
I fattori critici di successo configurano le principali variabili rispetto alle quali
catalizzare l attenzione e gli sforzi aziendali per la migliore realizzazione delle
condizioni di efficacia globale.
Si ritiene che lo sviluppo dell impresa sia influenzato da due categorie di
condizionamenti: a) la sua struttura; b) l ambiente in cui Ł inserita1. Ci significa che il
successo dell impresa discende dal diverso combinarsi di una pluralit di fattori
interrelati, sia interni che esterni. Le variabili esterne riguardano il posizionamento
dell azienda nell ambiente, con particolare riferim ento agli elementi che ne definiscono
costruttivi rapporti con i diversi stakeholder2.Le variabili interne si riferiscono invece
alle connotazioni di assetto (istituzionale, tecnico, organizzativo, ecc.) e gestionali a
livello intraorganizzativo, alle connesse interdipendenze e influenze reciproche3.
Una corretta individuazione dei parametri qualitativi e quantitativi idonei a
garantire il bilanciamento tra efficacia ed efficienza, medio e lungo periodo, rende
pertanto necessaria una visione integrata della dimensione esterna con quella interna. I
parametri devono quindi partire dall individuazione delle variabili critiche discendenti
dai punti di forza e di debolezza emergenti dal confronto tra l impresa e l ambiente 4. A
1
M. Rispoli (2002), pag. 26.
2
Il rapporto impresa-ambiente pu riferirsi ad ambi ti diversi per estensione qualitativa e quantitativa. A
questo proposito, pu esserci il rischio che una de finizione troppo ampia di ambiente risulti
eccessivamente generica e quindi poco utile. Si preferisce cos riferirsi a un concetto di «ambiente di
riferimento» per indicare quella parte che piø interagisce con l impresa. A questo riguardo Rispoli (2002)
individua sette categorie di attori rilevanti: concorrenti diretti, clienti, fornitori, produttori di beni e servizi
complementari, offerenti di prodotti sostitutivi, potenziali entranti, enti «regolatori». Questi sette tipi di
attori sono inoltre influenzati da fattori dinamici di evoluzione delle condizioni competitive e da elementi
strutturali del settore/i in cui opera l impresa. Per un maggior dettaglio rimandiamo a Rispoli (2002), pag.
136.
3
D. M. Salvioni (2004a), pag. 40.
4
M. Bergamin Barbato (1991), pag. 48
La gestione delle risorse umane: il contributo del controllo di gestione
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ben vedere, Ł la stessa qualit di sistema «aperto» dell impresa a sottolineare non solo le
interdipendenze tra le componenti interne, e quindi l esigenza di una concezione
unitaria del sistema dei parametri obiettivo, ma anche quelle tra ambiente e impresa, in
un gioco di continuo scambio di elementi materiali e immateriali. Si ritiene quindi che
solo una concezione sistemica sottolinei adeguatamente i rapporti di reciproca influenza
impresa-ambiente consentendo una rappresentazione idonea del diverso comporsi di
fattori critici interni ed esterni.
Ci premesso, in questa sede si far tuttavia preva lente riferimento a variabili di
tipo interno, ci Ł reso necessario ai fini dell ec onomicit del lavoro. Dalle
considerazioni svolte, chi scrive, Ł comunque del parere che nella realt , una troppo
rigida separazione tra fattori interni ed esterni Ł una semplificazione che pu risultare
fuorviante in quanto rischia di tralasciare proprio le reciproche influenze e i rapporti di
scambio fra impresa e contesto naturale e sociale. Consapevoli di questo rischio, si
ritiene quindi opportuno proporre un approccio «misto» che parta da alcune brevi
considerazioni sull attuale contesto di riferimento per arrivare alla presentazione della
resource-based view come possibile chiave interpretativa utile per l individuazione di
alcune delle caratteristiche delle attuali fonti di vantaggio competitivo.
Sinteticamente, siamo del parere che l attuale contesto di riferimento si caratterizzi
almeno per i seguenti aspetti:
- un sistema economico sempre piø dinamico;
- una globalizzazione dei mercati;
- la soddisfazione dei bisogni di carattere primario e la diffusione di ricchezza e
di benessere5.
Sotto il primo punto di vista, si Ł determinato un ridimensionamento nel peso dei
vantaggi competitivi, delineandosi un quadro di mercato entro il quale nessuna
posizione di vantaggio competitivo Ł destinata a durare nel tempo (cd.
hypercompetition)6. In questi mercati in continua evoluzione, variabili critiche
diventano la creativit e l innovazione; Ł quindi necessario incoraggiare le persone a
5
E evidente come tale considerazione non sia assolutamente generalizzabile e che in questo lavoro ci si
riferisca ai paesi cd. «sviluppati». Sembra altres superfluo riconoscere come questo aspetto induca
profonde riflessioni anche dal punto di vista etico e non prettamente economico.
6
Il concetto di hypercompetition Ł stato proposto da R. A. D Aveni (1994) cit. in M. Rispoli (2002), pag.
52. Per un maggior dettaglio R. A. D Aveni, 1994, Hypercompetition. Managing the Dynamics of
Strategic maneuvring, New York, The Free Press.
Risorse umane e vantaggio competitivo
5
cercare incessantemente nuove idee e nuovi modi di creare valore. In tal senso, una
responsabilizzazione sui risultati anzichØ dire alle persone cosa devono fare, significa
creare quei margini di discrezionalit decisionale che stimolano l apprendimento e la
motivazione verso un innovazione continua7. Al riguardo, Ł stato ricordato come
questo possa tuttavia esporre l impresa a rischi considerevoli qualora le persone
decidessero di sfruttare opportunit particolarment e «azzardate» ovvero concentrassero
la loro attenzione su troppe opportunit senza, in realt , sfruttarne alcuna. 8
La globalizzazione dei mercati ha ampliato lo scenario competitivo incrementando
il numero di concorrenti. Ne deriva una valorizzazione sia degli obiettivi di efficacia che
di efficienza, pena la marginalizzazione o addirittura l esclusione dal mercato9.
Valorizzazione resa critica, tra l altro, non solo dal confronto con un maggior numero di
concorrenti, ma anche dall esigenza di soddisfare le peculiari esigenze dei numerosi
segmenti della clientela servita10. Tra i molti fattori che hanno spinto in tal senso, si
vuol citare lo sviluppo delle tecnologie di carattere informatico11.
A nostro parere il terzo aspetto Ł particolarmente denso di significati, si Ł quindi
consapevoli che con molta probabilit verranno tral asciate numerose considerazioni
importanti ovvero se ne enfatizzeranno talune a scapito d altre. Obiettivo non Ł quindi
l esaustivit ma proporre al lettore solamente alcu ni spunti di riflessione. La
soddisfazione dei bisogni primari e la diffusione di ricchezza e benessere ha segnato il
passaggio dall omogeneit dei bisogni alla loro var iet 12, ma non solo: ci che oggi
chiamiamo bisogni si caratterizza sempre piø in senso culturale e ci significa che il
singolo bisogno tende ad essere definito in funzione di tutto il sistema dei bisogni13.
Entrambi questi fattori hanno reso necessaria una riconsiderazione delle precedenti
logiche produttive; si Ł segnato un passaggio da prodotti e processi standardizzati a
7
R. Simons (2004), pag. 351-352.
8
A tal proposito sottolinea R. Simons che per implementare la strategia, si stimoleranno le persone verso
il massimo impegno e innovazione: «creando convinzioni condivise e senso della mission; proponendo
obiettivi impegnativi; istituendo incentivi legati ai risultati; definendo taluni comportamenti off-limits».
Per una piø esaustiva trattazione si veda R. Simons (2004), pag. 349-376.
9
A. Almici in D. M. Salvioni (2004a), pag. 83.
10
R. S. Kaplan; D. P. Norton (1996). T.I. A. Bubbio, (2000), pag. 14.
11
Al proposito si ricorda che tale sviluppo ha interessato non solo i settori della cd. new economy, ma che
l ICT, qualificandosi come una general purpose technology, ha trovato impiego anche nei settori piø
«tradizionali» configurandosi, a seconda del contesto e dei punti di vista, come nuova opportunit o
minaccia. Sembra quindi ragionevole ritenere che lo sviluppo delle ICT abbia rappresentato e/o
rappresenti per numerosi settori, ci che in un par agrafo successivo sar definito «incertezza strateg ica».
12
F. Fontana (2001) cit. in D. M. Salvioni (2004a), pag. 84.
13
G. Volpato (1995), pag. 57