Introduzione
Obiettivo 7C: Dimezzare entro il 2015 la percentuale di persone
che non ha accesso all’acqua potabile ed agli impianti igienici di base.
(United Nation Millennium Development Goals)
Nel marzo del 2012 le Nazioni Unite ed il mondo intero hanno festeggiato
il raggiungimento anzitempo del settimo punto degli Obiettivi di Sviluppo
del Millennio, un programma lanciato nel 2000 dalle Nazioni Unite che si
pre gge obiettivi concreti e misurabili da raggiungere entro il 2015.
Un rapporto pubblicato nel 2012 dall’UNICEF e dall’Organizzazione
Mondiale della Sanit a attesta, infatti, che l’89% della popolazione mondiale,
circa 6,1 miliardi di persone, ha accesso a fonti migliorate d’acqua potabile:
l’1% in pi u di quanto pre ssato dai Millennium Development Goals (MDGs)
[UNICEF e World Health Organization, 2012].
Tuttavia, il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, ha accolto la
notizia dichiarando: \Ovviamente, ancora molto lavoro resta da fare. Ri-
mangono ancora 780 millioni di persone senza accesso a fonti migliorate di
acqua potabile. [...] Alcune regioni, in particolare l’Africa Subsahariana,
sono rimaste indietro. Per molti abitanti poveri e delle aree rurali spes-
so mancano i miglioramenti riguardo l’acqua potabile ed i servizi igienico
sanitari." [UNICEF e World Health Organization, 2012]
Come riportato nel rapporto dell’UNICEF, nell’Africa Subsahariana solo
il 61% della popolazione ha accesso a fonti migliorate di acqua potabile,
rispetto ad oltre il 90% della popolazione che vive in America Latina, nei
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Introduzione
Figura 1: Disponibilit a di acqua potabile per percentuale della popolazione [Fonte:
UNICEF e World Health Organization [2012]]
Caraibi, nel Nord Africa e in gran parte dell’Asia, altre aree critiche per
quanto riguarda la fornitura dei servizi idrici. In questa regione, infatti,
risiede oltre il 40% della popolazione globale che ancora non ha accesso
all’acqua potabile (vedi Figura 1).
Inoltre e necessario sottolineare la di erenza tra aree urbane e rurali:
nelle aree rurali dei paesi meno sviluppati, 97 persone su 100 non hanno ac-
qua corrente e il 14% della popolazione beve acqua di super cie, proveniente
da umi, stagni o laghi (vedi Figura 2).
L’anno trascorso lavorando per l’ONG Lay Volunteer International As-
sociation (LVIA) in un contesto rurale subsahariano mi ha permesso di co-
noscere da vicino le problematiche connesse alla distribuzione dell’acqua
potabile nei villaggi della Tanzania, che sar a l’argomento principale trattato
in questa tesi.
Durante quest’anno ho avuto l’opportunit a di condurre, insieme ad un
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(a) Disponibilit a di acqua potabile nelle aree rurali
(b) Disponibilit a di acqua potabile nelle aree urbane
Figura 2: Di erenze nella disponibilit a di acqua potabile nelle (a) aree rurali e
(b) urbane [Fonte: UNICEF e World Health Organization [2012]]
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Introduzione
gruppo di lavoro italiano e locale, una ricerca sulla disponibilit a di acqua
potabile in un area speci ca della Tanzania. Essendo la scarsit a di acqua
potabile in quest’area fortemente connessa ai problemi di gestione degli sche-
mi idrici rurali, la ricerca si e focalizzata sull’analisi delle forme di gestione
presenti e sulle loro criticit a.
Questa esperienza di lavoro mi ha anche permesso di analizzare il ruolo
della cooperazione internazionale e come questa si inserisca all’interno della
questione riguardante le risorse idriche.
L’acqua e stato uno dei temi principali sul quale si sono concentrati
i progetti di cooperazione n dagli anni ’60, quando si inizi o a ragionare
in termini di basic needs ed a destinare fondi per il miglioramento delle
infrastrutture con l’obiettivo di aumentare la capillarit a della distribuzione
in ogni villaggio.
Rispetto a quel periodo molto e cambiato. La tecnologia ha avuto un
grande sviluppo, ottenendo infrastrutture sempre pi u e caci che riescono
ad ottenere acqua pulita e sicura laddove no a qualche anno fa c’era solo
savana e deserto. Le societ a sono diventate sempre pi u complesse e stan-
ziali: e drasticamente diminuito il numero delle popolazioni nomadi e sono
aumentate le competenze tecniche interne alle comunit a locali.
Tuttavia, i progetti di cooperazione hanno continuato per un lungo pe-
riodo a porre l’enfasi sulla fornitura di infrastrutture piuttosto che sulla loro
e ettiva sostenibilit a. Purtroppo, non sono rari gli esempi di progetti falliti
per mancanza di lungimiranza riguardo il futuro dei progetti: poich e fornire
un’infrastruttura non e su cente, e necessario curare l’aspetto gestionale
a nch e non sia stato inutile il lavoro svolto.
Gi a da qualche anno si sta percorrendo questa strada, favorendo i pro-
getti che prevedono fondi per la fase di hand over dell’infrastruttura idrica
ai villaggi, ma gli ostacoli da superare sono ancora molti, non solo tecnici e
legali, ma anche culturali. Bisogna, infatti, considerare di cosa signi ca in-
stallare un sistema gestionale con regole e logiche proprie dei paesi donatori,
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Introduzione
in un contesto estremamente diverso e, di conseguenza, e necessario analiz-
zare quali accorgimenti sono necessari se si vuole garantire la sostenibilit a
dello schema idrico.
Nel mio lavoro di tesi ho voluto approfondire questa tematica, cercando
di comprendere quali sono le cause per cui il 46% degli schemi idrici in
Tanzania non e funzionante [WaterAid, 2009].
La Tanzania e uno stato che si pu o de nire giovane: nasce nel 1964
dall’uni cazione del Tanganica e del Sultanato di Zanzibar, dopo aver ot-
tenuto l’indipendenza dal Regno Unito, e si sviluppa per quasi trent’anni
sotto la guida del Maestro Julius Nyerere secondo un modello socialista.
Durante questo periodo l’organizzazione statale e fortemente centralizzata
e solo successivamente, sotto le pressioni del Washington Consensus, inizia
un processo di decentralizzazione degli apparati statali.
Seguendo questa evoluzione, anche il settore idrico tanzaniano attraversa
diverse fasi, compiendo un percorso che inizia col controllo totale da parte
del governo nazionale ed arriva alla gestione comunitaria delle risorse.
Inoltre, e da sottolineare come la politica dell’ Ujamaa promossa dal Pre-
sidente Nyerere sia stata un punto di svolta per la popolazione tanzaniana.
Fino all’indipendenza la parte centrale della nazione era abitata in gran par-
te da popolazioni nomadi, che si spostavano in accordo con le necessit a del
bestiame e delle risorse del territorio. Attraverso la villaggizzazione prevista
dalla politica di Nyerere che aveva il ne di o rire pi u facilmente i servizi di
base, queste popolazioni si stabilizzarono occupando zone che non sempre
erano adatte a sopportare lo sfruttamento provocato dalla presenza di un
villaggio [Gentili, 2008; Jennings, 2008].
La Tanzania oggi e un paese stabile ma che vive una condizione ancora
critica per quanto riguarda la qualit a della vita della popolazione.
L’88,5% dei tanzaniani vive al di sotto della soglia di povert a di 1,25$ al
giorno e la svalutazione dello Scellino Tanzaniano che sta colpendo il paese
rende sempre pi u complesso a rontare le spese quotidiane [United Nation
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Introduzione
Generale Dar es Salaam
Altre
aree
urbane
Aree
rurali
Tanzania
continentale
1991/92 0.33 0.30 0.35 0.33 0.34
2000/01 0.34 0.36 0.36 0.33 0.35
2007 0.37 0.34 0.35 0.33 0.35
Tabella 1: Indice di Gini [Fonte:United Republic of Tanzania [2007]]
Development Programme, 2009].
Un’altro indicatore esplicativo delle problematiche del paese e l’Indice
di Gini, una misura sintetica del grado di diseguaglianza della distribuzio-
ne del reddito: l’indice e pari a zero nel caso di una perfetta equit a della
distribuzione dei redditi, e invece pari a uno nel caso di totale diseguaglianza.
E importante evidenziare che in generale l’andamento di questo indice
per la Tanzania e crescente, sintomo che le diseguaglianze nella distribuzione
del reddito sono in aumento (vedi Tabella 1).
La diseguaglianza e ancora pi u marcata se si analizzano le di erenze di
reddito tra le aree rurali e quelle urbane: si stima infatti che l’83% delle
persone che vivono al di sotto della soglia di povert a risieda in area rurale
[United Republic of Tanzania, 2007].
Non e da dimenticare, in ne, che l’ United Nation Development Program-
me (UNDP) classi ca la Tanzania al 159
o
posto nell’Indice di Sviluppo Uma-
no, un’indicatore utilizzato per valutare la qualit a della vita in un paese
[United Nation Development Programme, 2009].
Struttura della tesi
La tesi tratter a la questione della gestione delle risorse idriche nelle aree
rurali della Tanzania, inizialmente da un punto di vista strettamente teorico
e successivamente presentando i risultati dello studio condotto nella regione
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Introduzione
di Dodoma. Lo scopo dello studio e di analizzare quanto la realt a si disco-
sti dalle indicazioni delle policy e quali azioni possono essere promosse per
migliorare la sostenibilit a degli schemi idrici.
Il primo capitolo presenta tre possibili approcci proposti dai ricercatori
Lein e Tagseth per la gestione delle risorse idriche che schematizzano gli
orientamenti che una politica idrica pu o assumere, a seconda di quale attore
(stato, mercato o comunit a) giochi un ruolo predominante.
Successivamente, si analizza come questi approcci siano coesistenti nella
storia delle politiche idriche tanzaniane. L’analisi dei testi legislativi della
National Water Policy e dei suoi emedamenti ha permesso di identi care
chiaramente le lacune presenti a livello governativo e comprendere pi u a
fondo i problemi presenti nei villaggi.
Nel secondo capitolo, invece, ho approfondito un aspetto che pu o de nirsi
centrale nelle politiche tanzaniane degli ultimi anni: la decentralizzazione.
Come anticipato, la National Water Policy del 2002, prevede una ge-
stione delle risorse idriche a livello communitario, attraverso l’istituzione di
Water User Association (WUA), elette dalla comunit a di villaggio e preposte
all’amministrazione delle fonti d’acqua presenti in esso.
Il settore idrico ha risentito particolarmente di questo cambio di strate-
gia: il passaggio da una gestione centralizzata ad una su base comunitaria
e avvenuto in pochi anni e questo ha provocato non poche di colt a nella
gestione delle risorse.
Nella prima parte del capitolo ho analizzato nel dettaglio le norme che re-
golano la creazione e l’operato di una WUA, ponendo l’accento sulle relazioni
che intercorrono tra i diversi attori coinvolti.
Nella seconda parte, invece, ho approfondito due aspetti della motivazio-
ne alla base della scelta di lasciare alla comunit a la gestione delle risorse del
territorio: l’approccio partecipativo e la necessit a di instaurare un processo
di capacity building.
Negli ultimi due capitoli, in ne, sono presentati i risultati del lavoro di
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Introduzione
ricerca sui sistemi di gestione degli schemi idrici nell’area rurale dei distretti
di Kongwa e Chamwino, al quale ho avuto modo di partecipare attivamente
durante il periodo che ho trascorso in Tanzania.
Nella prima parte e presentatata la metodologia con la quale e stato pia-
ni cato e svolto lo studio, mentre successivamente sono presentati i risultati
in accordo con le macroaree analizzate durante la ricerca.
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