INTRODUZIONE
Il tema della conoscenza è esploso con enfasi negli ultimi due decenni, ma, non si può
certo parlare di un evento del tutto improvviso, l’idea di un sistema produttivo che ruota
intorno ai due fattori della potenza cognitiva e della rapidità di connessione, pur essendo
apparso solo recentemente, era già stato delineato da almeno un terzo di secolo da
sociologi, statistici, studiosi di strategia d’impresa. La conoscenza quale risorsa strategica
assume grande rilevanza anche all’interno delle imprese fornitrici di servizi, le quali
stanno vivendo una fase di profondi cambiamenti. In particolare, in questo settore, diventa
fondamentale gestire al meglio i flussi informativi con fornitori e clienti, con il fine di
ottimizzare la qualità del servizio offerto, in un’arena in cui impresa, fornitore e cliente
stringono legami, in cui risultano centrali gli scambi informativi e di conoscenza.
Trovare soluzioni sempre più aderenti alle esigenze del cliente è una sfida non facile, e
riuscire a gestire i flussi provenienti dalla clientela, è un elemento che racchiude
un’importanza strategica non sempre colta da tutte le imprese che operano nel campo. La
gestione della conoscenza non assume dunque valore esclusivamente per quelle
organizzazioni produttrici di beni, che lottano con altre imprese a livello globale, per
aggiudicarsi fette di mercato. Le imprese fornitrici di servizi, infatti,(nel caso della tesi in
questione fornitrici di servizi alla persona), nonostante agiscano in ambito locale, e siano
supportate da una piattaforma provinciale, nonostante non si trovino a dover combattere
in un’arena con altre organizzazioni concorrenti per aggiudicarsi una fetta di mercato, si
trovano anch’esse a dover affrontare il problema della gestione della conoscenza al loro
interno.
Nel corso degli ultimi decenni, sono emerse alcune strutture tipiche di trasmissione della
conoscenza, le quali sono state oggetto di studio, una di queste è costituita dalle Comunità
5
di Pratica, ossia dai processi d’interazione sociale concettualmente identificati, in
particolare da Lave e Wenger alla fine degli anni ottanta. Questa tesi intende spingersi in
questa direzione, focalizzando l’attenzione sulle comunità di pratica, quale strumento di
gestione della conoscenza, ed è all’interno di questa prospettiva che vengono articolati i
successivi capitoli.
Nel corso del primo capitolo si definisce il costrutto concettuale “comunità di pratica“,
che nasce alla fine degli anni Ottanta del Novecento nell'ambito di uno specifico program-
ma di ricerca sul tema dell'apprendimento, e trova fin dalla sua prima enunciazione, un fe-
condo ambiente di sviluppo nel quadro degli studi organizzativi. La prospettiva dell'ap-
prendimento organizzativo, a partire dalla classica formulazione di Argyris e Schon
(1978), ha infatti dato un grande impulso anche a una serie d’iniziative e strategie mana-
geriali orientate alla valorizzazione delle conoscenze generate nelle organizzazioni, (ad
esempio la “learning organization“ e il “knowledge management“), rappresentando dun-
que un punto di riferimento particolarmente rilevante, sia sul piano dell'elaborazione teo-
rica, sia su quello empirico e applicativo, per il discorso sulle comunità di pratica.
Il primo capitolo prosegue focalizzando l’attenzione su quali possano essere i valori ag-
giunti che la formazione di una comunità di pratica apporta all’organizzazione stessa vista
nella sua totalità. Si evidenziano dunque alcuni dettagli, ossia il fatto che tale forma, ven-
ga a costituire un fattore di scambio, un circolo vizioso, che finisce per coinvolgere gruppi
di lavoro, team, ecc., i quali, appoggiandosi alla comunità stessa, trasformano radical-
mente il paesaggio dell’organizzazione. I campi di conoscenza in questi casi, diventano
punti focali per collegare le persone che, in differenti unità, lavorano su progetti comuni.
Un paragrafo viene dedicato alla trattazione della conoscenza, quale elemento fondamen-
tale del capitale intellettuale, ne viene data una prima definizione grezza, per poi andare a
6
sottolinearne le varie sfaccettature e le forme in cui si presenta. Tale definizione, sviscera-
ta nelle sue caratteristiche fondamentali, risulta essere molto importante, poiché è proprio
la gestione di alcuni elementi costituenti la conoscenza stessa a definire il valore aggiunto,
su cui a sua volta, viene a prendere forma una comunità di pratica.
L’ultimo paragrafo termina con un punto interrogativo, nel quale si riflette su di una parti-
colare forma organizzativa del lavoro, il cui strumento di azione è costituito dall’equipe.
Nello specifico viene effettuata una breve riflessione, attraverso la descrizione di alcuni
punti riguardanti il lavoro eseguito in equipe, (questo per quanto riguarda le modalità con
cui viene gestita la conoscenza al suo interno, così come definita dai manuali), sui tratti
comuni che essa presenta, con la definizione data nel paragrafo precedente di comunità di
pratica.
Nel secondo capitolo viene presentato l'oggetto della ricerca, il cui punto focale è
costituito dalle modalità di gestione della conoscenza che un’equipe di lavoro adotta nel
gestire il flusso informativo al suo interno. Si tratta dunque di un’indagine a livello micro,
prendendo come caso di studio sul campo, un'equipe di valutazione multidimensionale, la
quale opera all’interno del sistema sanitario della provincia altoatesina, il cui ente
preposto è denominato Centro di Salute Mentale “C.S.M.”. Nella sezione metodologica,
vengono specificati alcuni punti chiave riguardanti le modalità adottate durante
l'indagine, arricchita da aspetti particolari, che meritano di essere messi in luce durante il
movimento di ricerca sul campo. Nei primi paragrafi ci si sofferma sulle due principali
tecniche adottate durante la ricerca, volte a ottenere quei dati fondamentali, utili per
l’analisi che avverrà nel capitolo successivo: le tecniche dell’osservazione partecipante e
le modalità adottate nella gestione delle interviste somministrate. Nell’ultimo paragrafo
viene effettuata una descrizione dettagliata del contesto in cui si trova a operare l’equipe
di valutazione multidimensionale, partendo da una sintetica descrizione a livello macro,
7
relativa all’organizzazione di tutto il sistema sanitario Altoatesino, per poi collocare l’ente
che si occupa della fornitura del servizio di supporto alle persone affette da disturbi
psichici, ossia, il sopra menzionato Centro di Salute Mentale, all’interno del sistema
stesso. Nello stesso tempo viene presentato lo strumento di azione del C.S.M., ossia
l’equipe di valutazione multidimensionale e i suoi membri, con l’obiettivo di dare una
visione generale del suo operato, dei suoi confini di azione e dei suoi rapporti con il
Centro di Salute Mentale e tutti gli enti che collaborano collegati al centro stesso.
Nel terzo capitolo, vengono analizzati i dati ottenuti attraverso le osservazioni
partecipanti, approfondendo i concetti legati all'oggetto di ricerca e verificando come si
sviluppa la conoscenza all'interno dell’equipe. Vengono dunque studiate le interazioni
durante le riunioni di valutazione multidimensionale dei pazienti, focalizzando molto
l’attenzione sui livelli di partecipazione. Parallelamente vengono analizzate le modalità
con cui tali interazioni avvengono durante gli incontri, attraverso lo studio delle tecniche
comunicative, (il linguaggio in uso e le regole adottate nella comunicazione fra i membri),
fattori chiave attorno cui si basa tale tipologia di servizio. Gli ultimi due paragrafi sono
dedicati a un confronto fra l’equipe di valutazione multidimensionale, così come osservata
sul campo, e altre tipologie di forme organizzative, per evidenziarne alcuni tratti comuni.
Nell’ultimo paragrafo viene descritto schematicamente come, l’equipe si valutazione
multidimensionale, organizza la partecipazione di figure esterne, attraverso una struttura
partecipativa a livelli differenziati. La tesi termina con alcune valutazioni sui dati ottenuti
attraverso l’indagine, ripercorrendo un po' tutto il lavoro svolto, mettendo in relazione gli
elementi caratteristici dell’equipe di valutazione multidimensionale osservata, con alcuni
punti relativi ad alcuni tratti tipici, di alcune tipologie organizzative affini all’equipe di
valutazione multidimensionale, (ovviamente dal punto di vista della trasmissione della
conoscenza), con lo scopo finale di dare una risposta definitiva alla domanda di ricerca.
8
CAP. I: IL V ALORE DELLE COMUNITA' DI PRATICA NELLA GESTIONE DELLA
9
CONOSCENZA PER LE ORGANIZZAZIONI ATTRA VERSO LA LETTERATURA
INTRODUZIONE
L’obiettivo di questa tesi come appena menzionato nell’introduzione è quello di analizzare
come viene gestita la conoscenza all’interno di un’equipe di valutazione
multidimensionale. Nascono spontanei alcuni punti interrogativi, ossia, cosa è la
conoscenza? Cosa significa gestire la conoscenza? Esistono delle strutture in grado di
gestire la conoscenza?
La risposta a tali quesiti, sembra essere stata data attraverso il concetto di comunità di
pratica, quale strumento di trasmissione della conoscenza all’interno di un’organizzazione;
ma da dove nasce tale termine?
Il costrutto concettuale di comunità di pratica, che nasce alla fine degli anni ottanta del
Novecento, ha trovato fin dalla sua prima enunciazione un fecondo ambiente all’interno
degli studi organizzativi, in particolare tra le elaborazioni legate al filone interpretativo,
che considera le organizzazioni come degli insiemi caratterizzati dalla loro intrinseca
capacità di apprendimento. La nozione di comunità di pratica è stata elaborata da Etienne
Wenger e Jean Lave i quali rovesciano l’assunto consolidato nelle credenze di senso
comune, secondo cui l’apprendistato si fonderebbe su una relazione speciale tra esperto e
novizio, mettendo in evidenza il fatto che, l’apprendimento graduale di una competenza
esperta, si basa su un processo sociale di partecipazione ad una pratica, la quale configura
un set completo di relazioni tra il novizio e gli altri membri del gruppo, tra il novizio e la
pratica, tra il novizio e la cultura del gruppo.
Questo capitolo intende dunque analizzare il costrutto concettuale di comunità di pratica
compreso delle sue varie sfaccettature, per identificare, al contempo il valore aggiunto che
10
comporta coltivare una comunità di pratica, all’intero apparato organizzativo in cui viene a
formarsi. In seguito viene analizzato il concetto di conoscenza e le varie forme in cui si
presenta, per poi legarlo alle comunità di pratica, viste quali strumento di gestione della
conoscenza stessa.
Nell’ultimo paragrafo viene focalizzata l’attenzione su di un particolare strumento di
azione in uso presso quelle organizzazioni che adottano una programmazione delle attività
per processi, in evidenza soprattutto in seguito alla riorganizzazione del sistema sanitario
nazionale; tale strumento è il lavoro eseguito in equipe. Questa forma viene analizzata per
evidenziarne alcune caratteristiche sue peculiari, che sembrano presentare similitudini con
il costrutto concettuale di comunità di pratica.
1.1 COSA S’INTENDE PER COMUNITA’ DI PRATICA?
Le comunità di pratica sono gruppi di persone che condividono un interesse, un insieme di
problemi, una passione rispetto a una tematica, che approfondiscono la loro conoscenza ed
esperienza in quest'area mediante interazioni continue. Gli ingegneri che progettano un
certo tipo di circuito elettronico particolarmente sofisticato, trovano utile confrontare
frequentemente i progetti e discutere sulla complessità e difficoltà della loro
specializzazione. I genitori che accompagnano i loro figli a giocare a calcio, approfittano
delle partite per condividere consigli e idee rispetto alla difficile arte di fare i genitori; lo
stesso vale per gli artisti che s’incontrano nei caffè o nei loro atelier per dibattere intorno
alle implicazioni di un nuovo stile o di una nuova tecnica.
Queste persone non lavorano necessariamente insieme ogni giorno ma, s’incontrano perchè
riconoscono valore alle loro interazioni mentre passano del tempo insieme, condividono
informazioni, intuizioni e consigli, si aiutano reciprocamente a risolvere i problemi,
11