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possibilità di creare valore attraverso la strategia di diversificazione tecnologica,
determinando in che modo possa trovare nuovi ambiti di applicazione all’interno del
nuovo scenario economico di riferimento, analizzandola nelle sue interazioni con la
diversificazione del business e dei mercati, con la performance economica dell’impresa,
completando il quadro studiandone il legame con la strategia delle alleanze strategiche.
Nonostante la mancanza di un comportamento stabile da parte delle imprese non abbia
favorito la creazione di punti fermi nello studio delle strategie legate all’innovazione
tecnologica, sulla base delle nozioni teoriche e dei numerosi dati empirici riportati si
cercherà di risolvere tali questioni per avere un quadro completo in grado di indicare la
linea strategica seguita dalle imprese alla comparsa di una nuova discontinuità,
studiando in particolar modo come trarre vantaggio da un’innovazione tecnologica e
quali strategie adottare per sfruttarla al meglio in un’ottica di crescita aziendale.
Lo studio delle innovazioni tecnologiche e delle strategie ad esse collegate viene
introdotto con una trattazione teorica che ne analizza ogni aspetto sulla base di quanto
fino ad oggi noto a riguardo.
La prima parte del lavoro presenta da un punto di vista teorico i cicli e le discontinuità
tecnologiche, in modo da fornire una prospettiva temporale attorno alla quale studiare le
dinamiche dell’innovazione relative a prodotti, processi e cambiamenti organizzativi, ed
avere così un quadro generale in base al quale approfondire successivamente
l’argomento in ottica strategica. Vengono poi prese in esame le modalità in cui è solita
organizzarsi un’impresa in relazione alla sua evoluzione tecnologica, sottolineando le
caratteristiche che dovrà possedere per poter mantenere con successo il proprio
vantaggio nel tempo.
La seconda parte dell’analisi teorica, enfatizza invece i risvolti tecnologico-strategici
relativi a quanto introdotto precedentemente. Questa parte studia le opportunità
strategiche legate all’innovazione, individuando la base della competizione nella
diversificazione tecnologica, ossia nella possibilità di ampliare il portafoglio
tecnologico a disposizione dell’impresa. Vengono analizzate dapprima le possibili
economie legate alla diversificazione tecnologica, in particolare economie di scala e di
scopo, ed i cosiddetti first-mover advantages e disvantages, trattando tematiche quali la
leadership tecnologica, la prelazione sulle risorse, switching costs per il consumatore ed
effetti free rider in un’ottica di first vs late mover firm, considerando i rispettivi
vantaggi e svantaggi per le due tipologie di impresa. Dopodiché viene esaminato il
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processo di crescita di un’impresa non soltanto attraverso la diversificazione delle
proprie conoscenze tecnologiche, ma anche attraverso l’adozione di ulteriori strategie ad
essa strettamente collegate volte a sfruttarne in pieno il potenziale. Vengono considerate
così anche la diversificazione del business e la diversificazione dei mercati, e le loro
relazioni reciproche, analizzando l’estensione dell’attività aziendale sia in termini di
linee di business con il lancio di prodotti innovativi, che attraverso l’ampliamento dei
mercati obiettivo con un processo di espansione internazionale, per avere una linea
guida completa relativa alla strategia da adottare per sfruttare al meglio le possibilità
portate da un’innovazione tecnologica. Non viene inoltre trascurato il possibile ricorso
ad alleanze strategiche, una strategia di fondamentale importanza per rafforzare la
posizione competitiva dell’impresa,soprattutto in ambito tecnologico.
Lo studio viene successivamente completato ed ampliato con l’analisi empirica di una
realtà aziendale specifica, per verificare la validità dell’impianto teorico proposto e
trovare nuove opportunità di riflessione. Lo scopo del casework è quello di correlare il
livello d’innovazione dell’impresa con la sua performance economica, utilizzando un
modello che interpreti una serie di variabili tecnologiche e le correli direttamente a
quelle economiche, in un contesto riferito all’impresa, al suo settore industriale ed alla
sua nazione, in modo da avere un’analisi della relazione su più livelli. Parte del
contenuto del lavoro è inoltre riferito ai risvolti strategici seguiti dall’impresa in
relazione alle opportunità portate dalla nuova tecnologia, trattando così dal punto di
vista pratico tutti gli argomenti proposti nella parte teorica, ed arrivare così a formulare
le conclusioni relative agli obiettivi riportati precedentemente.
Per supportare i dati proposti dal casework, lo studio presenta infine un’estensione delle
prove empiriche in modo da individuare con più precisione quali strategie adottare per
trarre vantaggio dalle innovazioni in un’ottica di crescita aziendale, determinando la
traiettoria di diversificazione più conveniente ed il livello di diversificazione ottimale.
Per concludere viene riportata un’analisi degli indici di correlazione tra diversificazione
tecnologica e performance economica delle imprese, a conferma della validità dei
contenuti proposti e della linea strategica suggerita.
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Parte I
Analisi teorica
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1 I CICLI TECNOLOGICI E LE CORRENTI D’INNOVAZIONE
1.1 La complessa realtà della competizione tecnologica: il paradosso del successo
Negli ultimi anni il settore industriale sta operando in un periodo definito da molti
economisti “l’età della discontinuità”. Infatti, la comparsa di innovazioni tecnologiche
che trasformano i settori industriali sono molteplici. Per esempio, i televisori piatti
renderanno obsoleti gli ingombranti tubi a raggi catodici attualmente presenti nei
televisori e nei monitor dei computers, e i dischi ottici soppianteranno gli attuali dischi
fissi magnetici grazie alla loro capacità di immagazzinamento dati.
E’ proprio questa sorta di “cambiamento discontinuo” che determina il processo di
“distruzione creativa”, ossia il rovesciamento ed il rinnovamento di determinate
strutture industriali che Schumpeter vide come la principale fonte del progresso
capitalista. Gestire attraverso periodi di progresso tecnologico e di trasformazione
richiede lo sviluppo di modelli e metodi manageriali capaci di fornire una visione
generale di tale cambiamento tecnologico. La descrizione di progresso tecnologico
attraverso una serie di curve a S fornita da Foster (Allegato 1) suggerisce che il
cambiamento tecnologico segue un modello ciclico, rendendo così l’innovazione e lo
sviluppo di nuovi prodotti le fonti primarie sulle quali costruire un vantaggio
competitivo sostenibile nel tempo, potendo considerarsi come leve attraverso le quali le
imprese possono reinventarsi e riorganizzarsi in continuazione nel tempo.
Con tutta l’attenzione prestata all’importanza dell’innovazione e allo sviluppo di nuove
tecnologie, un’importante questione deve essere considerata ed analizzata con estrema
attenzione dai managers aziendali. In un mondo in cui il progresso tecnologico è
all’ordine del giorno, imprese ricche di risorse e tecnologie spesso falliscono nel
competere in ambienti industriali “tecnologicamente turbolenti” che esse stesse hanno
contribuito a creare. Con l’avvento di importanti innovazioni, non fu la comparsa di
nuove tecnologie a condurre al decesso di tali imprese, ne tantomeno l’improvvisa
perdita della quota di mercato, ma piuttosto una sorta di “soddisfazione” organizzativa
che le resero incapaci di rinnovarsi dando vita a correnti innovative, ossia modelli di
innovazione che simultaneamente migliorano ed espandono i prodotti anteriori e
distruggono quelli che contarono per il successo storico dell’impresa, in modo da
mantenerla al passo con i tempi, formando e riformando i mercati. Questo modello
paradossale nel quale imprese di successo, con tutte le loro conoscenze tecniche e
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risorse, spesso perdono la loro posizione è notevolmente diffuso tra diversi settori
industriali e diverse nazioni. Sembra infatti che costruire core competencies ed evolvere
attraverso miglioramenti continui delle stesse non sia sufficiente per mantenere il
vantaggio competitivo nel tempo. O ancora peggio, continuare a basarsi nel tempo sulle
proprie core competencies ed impegnarsi soltanto in miglioramenti delle stesse lega
l’organizzazione aziendale al suo passato e le conduce in certi casi al fallimento, a causa
dell’impiego continuo della stessa tecnologia nei rispettivi mercati. Per esempio,
importanti imprese da tutto il mondo non sono riuscite a seguire le innovazioni
introdotte da imprese più piccole, nonostante queste ultime dotate di un minor
ammontare di risorse, per via di un’azione manageriale rigida e obbligata, incapace di
adattarsi alle nuove opportunità tecnologiche offerte dal mercato. Così i problemi in
queste imprese sono da ricercare esclusivamente nella loro incapacità di prendere
vantaggio dalle opportunità tecnologiche o nell’incapacità di plasmare ed introdurre una
nuova corrente tecnologica nei loro rispettivi mercati.
Il paradosso del successo non è un processo deterministico; le core competencies di
un’impresa non devono diventare necessariamente core rigidities. Alcune
organizzazioni si sono dimostrate in grado di estendere o rimpiazzare le proprie
competenze tecnologiche, dando vita a nuove correnti per lo sviluppo di innovazioni
radicali e incrementali capaci di migliorare gli attuali standards, sostituendo o
riconfigurando i prodotti esistenti adattandoli a differenti mercati. Infatti, gestendo in
maniera proattiva le correnti innovative attraverso l’adozione di strategie volte a
sfruttarne in pieno il potenziale, il top management può aumentare la probabilità che la
sua impresa sia in grado di dar vita al nuovo standard industriale, prendere vantaggio
dai nuovi mercati e introdurre prodotti sostitutivi che, “cannibalizzando” quelli esistenti,
creeranno nuovi mercati e regole competitive.