10
mette in discussione la decisione del Comitato di Basilea di introdurre un requisito di
capitale per il rischio operativo.
Il terzo capitolo prende in esame la funzione di Operational Risk Management
nei sui profili generali, soffermandosi sia sul ruolo che riveste il vertice strategico della
banca per la sua implementazione e sia su ognuna delle diverse fasi di gestione:
individuazione, valutazione, misurazione, monitoraggio e controllo/mitigazione dei
rischi operativi. Il processo di ORM è esaminato descrivendo ed interpretando i principi
di correttezza, riguardanti gli aspetti organizzativi e di gestione per il trattamento del
rischio operativo, contenuti nel documento sulle Sound Practices che il Comitato di
Basilea ha predisposto nell’ambito del Secondo Pilastro del Nuovo Accordo sul
Capitale. Il capitolo si conclude con alcune riflessioni che riguardano le più ampie
opportunità che, oltre alla valutazione e riduzione dei rischi operativi, possono emergere
dalla considerazione della funzione di Operational Risk Management integrata
nell’ambiente organizzativo e strategico della banca.
Il quarto capitolo espone il tema del rischio operativo con specifico riferimento
alla situazione italiana. Sono presentate le istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia sui
Controlli Interni che, nel nostro Paese, costituiscono ancora il punto di riferimento per il
trattamento dei rischi operativi, prima dell’implementazione delle disposizioni
contenute nel Nuovo Accordo. Relativamente a queste ultime, è analizzato, inoltre, il
punto di vista dell’Associazione Bancaria Italiana, nonché le sue proposte ed i progetti
realizzati in vista della loro attuazione.
Il quinto capitolo approfondisce i modi di manifestazione dei rischi operativi
all’interno di due specifici ambiti d’attività: Retail Banking e Commercial Banking.
Dopo aver brevemente descritto le caratteristiche generali, la definizione all’interno del
nuovo sistema per il trattamento del rischio operativo definito da Basilea II, e le
rispettive peculiarità operative e organizzative delle due aree, si passa all’analisi
qualitativa delle modalità di incidenza dei diversi fattori causali di rischio operativo e
delle conseguenti tipologie di eventi di perdita. In seguito, sono mostrati i dati
quantitativi sugli eventi di perdita raccolti per l’anno 2001 dal Comitato di Basilea,
dettagliando le informazioni relative alle due linee operative in esame. Infine, sono
riportati sinteticamente gli esiti di una rielaborazione di tale insieme di dati, che
riguardano la rischiosità operativa e l’allocazione di capitale economico di rischio
operativo, nelle diverse business line.
11
Nel sesto capitolo si applicano i diversi argomenti approfonditi nel corso del
lavoro per un’analisi di due casi aziendali: Banca Monte dei Paschi di Siena e Banca
Nazionale del Lavoro. Per entrambe le banche si osservano gli aspetti organizzativi, con
particolare riferimento alle funzioni di risk management ed al sistema dei controlli
interni, si esaminano in maggiore dettaglio i modelli di gestione del rischio operativo
progettati ed in via di attuazione, soffermandosi, in particolare, sulle informazioni che
riguardano le aree di business Retail Banking e Commercial Banking che rappresentano
due importanti ambiti di attività in entrambe le istituzioni.
Nel settimo capitolo si esprimono le considerazioni conclusive che sono emerse
in relazione al tema generale della gestione del rischio operativo, anche con riferimento
alla situazione italiana. Successivamente si formulano più specifiche conclusioni sia
sulla gestione dei rischi operativi nelle aree di business Retail Banking e Commercial
Banking, sia sui casi aziendali analizzati.
12
Capitolo 1
1
La gestione dei rischi nelle banche: caratteristiche generali
e processo di regolamentazione
1.1 Introduzione
L’attenzione e la sensibilità ai rischi sono molto importanti per la gestione delle
banche, esse, infatti, assumono rischi, li trasformano e li inglobano nei propri prodotti e
servizi. Le banche che gestiscono attivamente i loro rischi ottengono un vantaggio
competitivo poiché assumono i rischi in modo più consapevole, anticipano i
cambiamenti sfavorevoli dell’ambiente, si proteggono da eventi inattesi e accrescono le
loro competenze per valutare i rischi stessi.
Le istituzioni finanziarie hanno, quindi, diversi motivi per sviluppare pratiche
per la gestione e modelli di valutazione del rischio, in più, la Vigilanza cui sono
soggette fa di questo sviluppo una delle loro maggiori priorità, perché detta le norme di
stabilità patrimoniale e contenimento del rischio che ogni banca deve rispettare.
Originariamente, lo schema della regolamentazione tendeva a differenziare
regole di prudenza per ogni grande area di business della banca, questo tipo di vigilanza
strutturale segmentava il mercato e limitava la competizione. L’innovazione ha reso le
norme obsolete perché gli attori hanno trovato dei modi per aggirarle, spostandosi dal
loro ambito originario d’attività all’intera gamma delle aree di business dell’industria
finanziaria. Il corollario di questo processo di deregolamentazione è stato quello di
un’accresciuta competizione tra attori differentemente esperti, l’implicazione è stata la
crescita dei rischi. I fallimenti che sono seguiti hanno fatto nascere il bisogno di una
riregolamentazione verso un tipo di vigilanza prudenziale che lascia liberi gli
intermediari di articolare le proprie scelte strategiche e operative nel rispetto di alcuni
vincoli essenziali. Tale processo sta ancora evolvendosi con nuove linee guida
1
Dal par. 1.1 al par. 1.5 di questo capitolo, cfr. J.Bessis, Risk Management in Banking, John Wiley &
Sons, 2002, pp. IX-XX, 1-74
13
provenienti, in particolare, dalle organizzazioni internazionali di coordinamento tra le
Autorità di Vigilanza.
1.2 I rischi bancari
Il concetto di rischio in campo economico-finanziario fa riferimento alla
possibilità che il risultato di una particolare operazione (o della complessiva attività
aziendale), misurato ex-post, sia diverso da quello previsto e atteso ex-ante. In questo
senso, il concetto di rischio si collega a quello d’incertezza: un operatore economico
assume fisiologicamente un rischio quando la sua attività si svolge in condizioni di
incertezza, intesa come l’impossibilità di prevedere il futuro.
Si parla allora di rischi speculativi quando l’evento non atteso può manifestarsi
in senso sia positivo sia negativo, si parla, invece di rischi puri quando la situazione di
incertezza può condurre a conseguenze unicamente negative
2
. Si parla inoltre di rischi
economici quando queste manifestazioni o conseguenze degli eventi non attesi si
producono sul reddito.
I rischi bancari di cui si occupa il risk management sono definiti come degli
sfavorevoli impatti futuri sulla profittabilità, prodotti da diverse, attuali, fonti di
incertezza. Per la gestione di tali rischi è fondamentale individuare la fonte di incertezza
e la dimensione quantitativa del suo potenziale impatto avverso sulla profittabilità,
affinché sia possibile determinare la quantità di capitale per la loro copertura. I diversi
rischi necessitano perciò di un’accurata definizione che costituisca una solida base per
la loro gestione e misurazione quantitativa. Le definizioni di rischio hanno ottenuto
sempre più precisione attraverso gli anni e la regolamentazione, imponendo requisiti di
capitale per tutti i rischi, ha aiutato enormemente questo processo.
2
R. Ruozi, Economia e gestione della banca, Egea, Milano 2002, p. 313.
14
L’insieme dei rischi bancari può essere rappresentato come segue:
I rischi finanziari sono assunti dalla banca direttamente nello svolgimento del
suo ruolo d’intermediario finanziario. L’assunzione di rischi finanziari è una delle
caratteristiche che definiscono le istituzioni finanziarie nonché la ragione fondamentale
per la quale esse detengono capitale.
I rischi non finanziari, invece, non costituiscono una caratteristica distintiva
delle banche ma sono comuni a tutti i tipi d’aziende. Questi rischi sorgono quando vi è
la potenzialità, per l’azienda, di incorrere in perdite dovute a cause diverse da quelle
finanziarie, ad esempio, per errori operativi interni, per incontrollabili eventi esterni o
per errori nelle scelte strategiche.
Qualsiasi sia la causa dei rischi la banca ha bisogno di detenere capitale
sufficiente per coprire le perdite.
Rischi Bancari
=
Volatilità Utili
Rischi
Finanziari
Rischi non
Finanziari
Rischi di
Controparte
Rischio di
Credito
Rischio di
Liquidità
Rischio Paese
Rischio di
Regolamento
Rischi
Speculativi
Rischio di
Mercato
Rischio di
Tasso di
Interesse
Rischio di
Cambio
Rischi
Strategici
Rischi
di
Reputazione
Rischi
operativi
15
1.2.1 I rischi finanziari di controparte
Questi rischi sono legati all’ipotesi che la controparte della banca, nell’ambito di
uno scambio finanziario, non adempia per modi, tempi e dimensioni agli obblighi
assunti manifestando così un’inadempienza contrattuale. Le figure di rischio specifico,
riconducibili alla categoria in esame sono il rischio di credito, il rischio di liquidità, il
rischio paese e il rischio di regolamento
3
.
Il rischio di credito
Il rischio di credito è il primo fra tutti i rischi in termini d’importanza e si lega
all’ipotesi che in un’operazione creditizia il debitore non assolva, in tutto o in parte, agli
obblighi di rimborso del capitale e di pagamento degli interessi, oppure all’ipotesi che
avvenga una diminuzione dello standing di credito del debitore stesso. Tali eventualità
comportano pertanto, per la banca, la possibilità di perdite definitive sui crediti in essere
oppure un aumento della probabilità di incorrere in queste perdite.
Per il banking book, il rischio di credito è critico poiché l’insolvenza di un
piccolo numero d’importanti clienti può generare ingenti perdite che possono
potenzialmente portare al fallimento. Tali eventi d’insolvenza possono consistere in
ritardi nel pagamento di obbligazioni, deterioramento dello standing di credito dei
clienti o il loro fallimento.
Per il trading book il rischio di credito degli emittenti operanti sul mercato è
valutato dalle agenzie di rating. La possibilità di scambio sul mercato degli strumenti
finanziari mitiga il rischio di credito, così, non c’è bisogno di mantenere come garanzia
lo strumento rappresentativo del credito finché il rischio di credito si materializza in
perdite effettive, se lo standing di credito degli obbligati declina è, infatti, ancora
possibile vendere questi strumenti sul mercato ad un prezzo più basso.
Per quanto riguarda la misurazione, gli elementi da considerare, per ogni tipo di
credito, sono: l’esposizione, la probabilità d’insolvenza, un deterioramento dello
standing creditizio e la quantità di credito recuperata nel caso d’insolvenza, ma la
scarsità dei dati rende difficoltosa la valutazione di questi elementi. I rating sono
3
R. Ruozi, cit., pp. 313,314.
16
tradizionalmente delle misure della capacità di credito dei clienti ma si riferiscono al
rischio dei singoli crediti e non al rischio dell’intero portafoglio della banca che
beneficia degli effetti della diversificazione.
Alcuni rischi sono vicini al rischio di credito, ma distinti, come il rischio di
liquidità, il rischio paese e il rischio di regolamento.
Il rischio di liquidità
Questo rischio è legato all’ipotesi che il debitore assolva i propri obblighi ma in
tempi diversi e successivi, rispetto a quelli prestabiliti. L’impatto economico di questo
rischio deriva dal fatto che il ritardo non previsto nei flussi di rimborso crea alla banca
un fabbisogno finanziario che, ovviamente, presenta un costo
4
.
Il rischio di liquidità dipende da una molteplicità di fattori ma principalmente da
come il mercato percepisce la rischiosità della banca: ciò influisce sia sulla possibilità di
ottenere fondi sia sul costo dei fondi stessi.
Il rischio paese
Il rischio paese caratterizza le operazioni internazionali nel caso in cui il debitore
si dimostra inadempiente per cause dipendenti dal quadro macroeconomico,
istituzionale o politico del contesto del Paese in cui opera, come colpi di stato,
inflazione e provvedimenti valutari o monetari d’emergenza
5
.
Il rischio di regolamento
Questo rischio si manifesta quando, nell’ambito di una transazione su strumenti
finanziari una delle due controparti non assolve gli obblighi assunti. Un esempio è
quello delle transazioni su titoli che, nella maggioranza dei casi, prevedono un certo
intervallo di tempo tra il momento della stipulazione del contratto e il momento della
sua esecuzione. L’elemento caratterizzante rispetto al rischio di credito è che il rischio
di regolamento è assunto contemporaneamente da ambedue le parti coinvolte nello
scambio e non solo dal lato del creditore
6
.
4
R. Ruozi, cit., p. 314.
5
R. Ruozi, cit., p. 314
6
R. Ruozi, cit., p. 314, 315.
17
1.2.2 I rischi finanziari speculativi
Diversamente dai rischi di controparte, questi rischi comportano la possibilità di
alimentare alternativamente utili o perdite per l’operatore che ne decida l’assunzione e
sono legati all’andamento non prevedibile e non governabile delle variabili di scenario,
andamento che può incidere sul segno, sulla dimensione e sulla variabilità dei risultati
economici delle banche. In quest’ambito è possibile identificare diverse categorie di
rischio: il rischio di mercato, il rischio di tasso d’interesse e il rischio di cambio
7
.
Il rischio di mercato
Il rischio di mercato è il rischio di variazione del valore del portafoglio di
negoziazione dovuto ai movimenti di mercato durante il periodo di liquidazione delle
transazioni. Tale variazione è data dalla differenza tra il valore di mercato alla data di
assunzione della posizione e il valore di mercato alla data della sua estinzione. La data
di estinzione è un elemento critico per la valutazione del rischio, infatti, la probabilità di
andare incontro al peggior caso di perdita è più alta quando l holding period è più lungo,
questo perché la volatilità dei valori tende a crescere di più nel lungo periodo. In
generale, comunque, è sempre possibile liquidare gli strumenti negoziabili prima della
loro scadenza per limitare il rischio di mercato.
Il rischio di mercato non si riferisce alle perdite sul portafoglio di negoziazione
dovute a cause diverse dai movimenti del mercato. Ogni insufficienza nel controllo del
portafoglio di trading può tradursi in una variazione sfavorevole dei valori di mercato,
questa fattispecie, tuttavia, non si riferisce al rischio di mercato ma al rischio operativo.
Il rischio di mercato è valutato con la tecnica relativamente recente del VaR
(Value at Risk) che consiste nella definizione della perdita massima potenziale che il
valore di una posizione può subire in un dato intervallo temporale, entro un certo
intervallo di probabilità
8
. Questa tecnica identifica nel capitale proprio la copertura delle
massime perdite ipotizzabili per ogni esposizione al rischio e, in questo senso, segue
un’ottica di risk management, a differenza dell’ALM in cui manca ogni riferimento al
7
R. Ruozi, cit., p. 315
8
F. Saita, Il Risk Management in banca, Egea, Milano 2000, p. 44.
18
capitale proprio. Per tali motivi la tecnica del VaR è applicabile anche alle altre
tipologie di rischio e, in particolare, al rischio di credito.
Il rischio di tasso d’interesse
Questo rischio è riconducibile alla possibilità che la dinamica dei rendimenti di
mercato imprima al margine d’interesse della banca caratteristiche di variabilità che
incidono negativamente sui profitti. Molte delle voci di bilancio della banca generano,
infatti, costi e ricavi che sono guidati dai tassi d’interesse, così la loro instabilità si
riflette sugli utili. Il rischio di tasso d’interesse è presente sia per le operazioni attive
d’investimento, perché la banca rischia di vedere ridotti i propri utili da un declino dei
tassi d’interesse, sia per le operazioni passive, perché la banca che deve pagare un tasso
d’interesse variabile sopporta costi più alti quando i tassi di interesse crescono. L’altro
lato della medaglia è che le esposizioni al tasso di interesse, sia attive sia passive,
possono generare anche delle possibilità di guadagno, se la variazione del tasso è
favorevole. La gestione di questo rischio è affidata alla tecnica della gestione integrata
dell’attivo e del passivo (Asset-Liability Management).
Il rischio di cambio
Il rischio di cambio fa riferimento alla possibilità che variazioni nei tassi di
cambio delle valute estere in cui possono essere denominate alcune attività e passività
incidano sul valore delle stesse nella valuta di riferimento del paese della banca. Questo
tipo di rischio, ovviamente, è presente in misura maggiore nel campo della finanza
internazionale
9
.
1.2.3 I rischi non finanziari
I rischi non finanziari possono essere suddivisi in categorie basate sulle cause di
perdita, tre classi principali includono i rischi strategici, i rischi di reputazione e i rischi
operativi.
Rischi strategici
9
R. Ruozi, cit., p. 316.
19
I rischi strategici hanno origine nei livelli più alti del sistema organizzativo della
banca e includono vari tipi di cause, ad esempio: errori di previsione della domanda di
mercato, errate supposizioni in merito alla strategia di business, rischi derivanti dal
lancio di nuovi prodotti o servizi, errori nella scelta del mix di attività, perdita del
controllo sulla proprietà intellettuale di idee innovative, investimenti sbagliati, errori
nelle operazioni di acquisizione e fusione con altre aziende, e diverse altre cause
10
.
I rischi strategici non sempre conducono a delle perdite specifiche e, nel caso in
cui esse avvengano, possono impiegare anche molti anni per divenire apparenti, più
spesso il loro impatto finanziario è rappresentato, invece, da un costo opportunità. Tali
caratteristiche rendono questa categoria di rischi molto difficile da misurare. In genere
le tecniche e gli strumenti per la gestione dei rischi strategici sono abbastanza soggettivi
e variano molto da business a business.
Al pari dei rischi finanziari, questi rischi sono assunti direttamente dalla banca
che effettua determinate scelte strategiche attendendosi da esse un ritorno economico
11
.
Rischi di reputazione
Per le istituzioni finanziarie, la reputazione rappresenta un elemento
fondamentale per la loro sopravvivenza. Una delle maggiori preoccupazioni per le
banche riguarda la loro reputazione nei confronti degli investitori e dei clienti, ma anche
verso le Autorità di Vigilanza, le controparti di scambio sui mercati finanziari ed i
partner strategici.
Un danno alla reputazione può prendere la forma di problemi sull’affidabilità
della banca, sull’ottenimento di finanziamenti o sulla capacità di fidelizzare i clienti.
Questi danni possono derivare da una molteplicità di cause tra le quali, in particolare, la
scarsa qualità delle decisioni di gestione percepita dagli stakeholder e dal mercato, e la
mancata conformità della banca a norme vigenti, regole di vigilanza e standard di
gestione.
La banca trae diversi benefici dalla protezione di una solida reputazione: dalla
prospettiva della comunità finanziaria può significare un miglioramento della
valutazione di mercato, un migliore standing creditizio e, in generale un più facile
accesso al mercato dei capitali; dalla prospettiva dei clienti spesso significa una quota
più ampia della domanda e un premio sul prezzo dei propri prodotti e servizi; nei
10
Cfr. Business Risk, su www.erisk.com
11
Cfr. M. Holmes, Operational Risk: looking at the bigger picture, “Risk”, agosto 2003.
20
confronti del pubblico in generale può comportare un trattamento preferenziale da parte
di diverse organizzazioni con cui la banca potrebbe venire in contatto ed una migliore
immagine attraverso i media.
I rischi di reputazione, come i rischi strategici, non sono facilmente misurabili. I
danni alla reputazione sono spesso devastanti e comportano perdite maggiori di quelle
dirette, è dunque difficile allocare un’adeguata quantità di capitale per la loro
copertura
12
.
Rischio operativo
Il rischio operativo è un rischio “puro” nel senso che non ha corrispettivi di
profitto e non è attribuibile a determinate scelte strategiche o di gestione. Esso è
presente in tutte le attività di un’organizzazione e, sebbene sia possibile ricondurre a
questa categoria di rischio le perdite una volta che si sono verificate, ed è stato
individuato il particolare evento che le ha generate, è molto difficile prevedere con
esattezza quali eventi di perdita operativa accadranno in futuro, in quale area ed in quale
momento.
Il rischio operativo è collegato alla possibilità di perdite dovute a variazioni
inattese delle condizioni di operatività dell’impresa rispetto a quelle del contesto,
ovvero al fatto che tali condizioni di operatività si presentano più onerose rispetto a
quelle di sistema. Questa categoria comprende tutti quei rischi che hanno in comune la
perdita di controllo di uno o più ambiti operativi dell’azienda. Dalla considerazione di
tali ambiti operativi si possono ricavare delle segmentazioni che possono essere utili per
la concreta delimitazione dei confini della categoria. Si parlerà, ad esempio, di rischi
organizzativi, che comprendono la possibilità del verificarsi di quegli eventi che
condizionano negativamente la funzionalità dell’azienda per errori nelle scelte sulle
soluzioni di problemi/opzioni tecniche proprie dell’attività svolta, o di rischi di
rilevazione, che traggono origine dal fatto che le informazioni sull’attività dell’azienda
non entrano a far parte completamente o correttamente del patrimonio informativo della
banca, o di rischi di eventi casuali, che riguardano il comportamento delle risorse umane
e i disastri in genere
13
.
12
Cfr. Hoffman D., Managing Operational Risk. 20 Firm-wide Best Practice Strategies, Wiley & Sons,
New York, 2002, pp. 77-79.
13
Cfr. M. Vellella, Valorizzazione del capitale economico e rischio operativo nella banca, “Banche e
Banchieri” n.6, 1999, pp. 538-540.
21
Per questa categoria di rischio, la copertura patrimoniale si rivela, dunque, una
condizione necessaria ma non sufficiente, essendo importanti anche le scelte
organizzative e sul sistema dei controlli interni. La limitazione dei rischi operativi si
basa, soprattutto, sulla ricerca dell’efficienza operativa ed organizzativa dell’azienda nel
suo complesso, per questa ragione gli effetti di una corretta gestione del rischio
operativo possono contribuire al miglioramento della gestione in generale e, quindi,
anche alla creazione di valore per gli stakeholder della banca.
22
1.3 Le business line
L’attività bancaria comprende numerose aree operative in cui le varie istituzioni
possono essere in diversi modi specializzate o focalizzate. Uno schema che riassume
tutte le possibili attività bancarie, dividendole in grandi aree, a loro volta comprendenti
vari gruppi e sottogruppi di attività, è proposto dal Comitato di Basilea
14
all’interno del
documento sul Nuovo Accordo sul Capitale di aprile 2003 con riferimento alla
classificazione delle linee operative
15
.
Le tecniche di risk management variano in modo rilevante secondo le unità
principali e, all’interno di queste, secondo le singole business-line. Ad esempio il retail
banking, che è caratterizzato da un grande numero di transazioni, si affida
maggiormente a tecniche statistiche per la valutazione del prestito individuale, il
reporting è organizzato in grandi sottoinsiemi di transazioni raggruppate secondo la data
di origination, il tipo di cliente o la famiglia di prodotto. Per la clientela corporate,
invece, le decisioni sul prestito devono essere prese con più giudizio perché criteri
meccanici non sono sufficienti a valutare l’attuale standing di credito di un’azienda, per
questo, in tale segmento di mercato, prevale il relationship management.
Una distinzione fondamentale dell’attività bancaria è quella tra il banking book e
il trading book: il banking book include tutti i prestiti e i depositi derivanti
principalmente dalle tradizionali attività commerciali verso la clientela retail e
corporate ma anche dalle attività d’investment banking, mentre il trading book
comprende tutte le attività di negoziazione in proprio della banca su strumenti finanziari
che sono negoziabili sul mercato. La principale differenza tra questi due segmenti è la
diversa filosofia che li caratterizza: il banking book è orientato al mantenimento, nel
tempo, delle posizioni assunte, mentre il trading book è orientato alla continua
negoziazione, inoltre, sono differenti anche le regole di contabilità applicabili ai due
segmenti: per il banking book, i valori di riferimento sono quelli contabili, per il trading
book, invece, sono quelli di mercato.
14
Per una descrizione del Comitato di Basilea si veda la nota n. 17 del presente capitolo.
15
Si veda, all’interno del secondo capitolo, la tabella n. 1.
23
Queste caratteristiche rappresentano la ragione per mantenere separati, sotto il
profilo della gestione, i due portafogli. Il banking book genera liquidità e rischio di
tasso, infatti, tutte le attività (asset) e passività (liability) generano costi e ricavi di cui
gran parte proviene dai tassi d’interesse. La gestione integrata dell’attivo e del passivo
(Asset-Liability Management) si applica proprio al banking book ed è focalizzata sul
rischio di tasso d’interesse e sul rischio di liquidità.
Il trading book è soggetto a differenti regole di gestione, il turnover delle
posizioni è più veloce e i guadagni sono dati dalle differenze dei valori mark to market
d’acquisto e vendita degli strumenti negoziati sul mercato. Questo segmento è
caratterizzato, inoltre, dalla sua estensione oltre i confini geografici per seguire
l’operatività dei mercati dei capitali. I rischi che genera il trading book sono, quindi,
prevalentemente i rischi di mercato e di cambio.
Nel bilancio della banca i pesi relativi delle singole attività variano da
un’istituzione ad un’altra secondo il business in cui sono focalizzate, ad esempio nel
retail e commercial banking i prestiti e i depositi sono tradizionalmente più alti.