Introduzione
2
Con questa proposta le autorità di vigilanza hanno inteso spingere il
mercato creditizio verso forme market-oriented di gestione del rischio
bancario contribuendo allo stesso tempo alla diffusione di una cultura
globale del rischio stesso. Questo lavoro di revisione della prima
versione dell’Accordo nasce dall’esigenza di adeguare il sistema dei
coefficienti alle modificazioni dello scenario finanziario, in particolare
alla maggiore complessità dei rischi che le banche dei paesi del G-10
devono fronteggiare, all’innovazione finanziaria e ai progressi delle
tecniche di misurazione e controllo dei rischi.
Negli ultimi anni molte banche internazionali hanno sviluppato
modelli innovativi nella gestione e misurazione del rischio di credito
che consentono di stimare il grado di rischio di una singola
esposizione e di conseguenza di determinare il capitale economico
assorbito.
I fattori che hanno determinato questo cambiamento sono da ricercarsi
nello sviluppo delle logiche del credit risk management e
nell’evoluzione in atto nella normativa di vigilanza.
Una quantificazione appropriata del rischio è fondamentale perché
consente alle banche di realizzare un pricing più corretto dei propri
prodotti, di stimare la redditività corretta per il rischio di ogni
esposizione, di diversificare al meglio il proprio portafoglio impieghi
e di allocare il capitale in modo efficiente.
Nel primo capitolo si riporta la definizione di rischio di credito
attualmente utilizzata dalle banche più evolute nelle nuove tecniche di
gestione del rischio di credito.
Introduzione
3
Nel secondo capitolo si delinea l’impianto generale dell’Accordo nella
versione dell’Aprile 2003 e si descrive il contenuto dei tre pilastri sui
quali poggia il nuovo sistema.
Il terzo capitolo è dedicato alle tecniche di misurazione del rischio di
credito e di determinazione dei requisiti patrimoniali delineata nel
Nuovo Accordo. Si sottolineano, in particolare, gli elementi di criticità
emersi durante la fase di consultazione. Si descrivono le modifiche
apportate al documento in seguito alle osservazioni ricevute, in
particolare per quanto riguarda la scelta di destinare i requisiti
patrimoniali alla copertura sia della perdita attesa che della perdita
inattesa.
Nel quarto capitolo si valuta l’impatto del Nuovo Accordo su alcuni
strumenti quali la cartolarizzazione, il factoring, il leasing, il private
equity e il project finance, soprattutto in termini di impatto sulla
convenienza delle banche ad aumentare o ridurre questo tipo di
esposizioni in portafoglio.
CAPITOLO 1
IL RISCHIO DI CREDITO IN BANCA:
COMPONENTI E TECNICHE DI GESTIONE
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
5
1.1 Il rischio di credito: definizione e classificazione
La definizione di rischio di credito proposta in tempi recenti presenta
una maggiore articolazione rispetto al passato. Nella prassi operativa
delle banche il rischio di credito veniva spesso identificato con la sola
componente del rischio di insolvenza. Una definizione più completa
identifica il rischio di credito con il rischio che una variazione inattesa
del merito di credito della controparte generi una corrispondente
variazione inattesa del valore della posizione creditoria.
Da questa definizione emerge che il rischio di credito non è solo il
rischio di insolvenza della controparte, anche il deterioramento del
merito di credito deve considerarsi una sua manifestazione. Questa
componente, nota come rischio di migrazione o transizione, è spiegata
dal fatto che l’aumento della probabilità di insolvenza aumenta il
premio a rischio richiesto dal mercato e riduce il valore di mercato del
prestito. Ne deriva che per misurare e gestire il rischio di credito non
si deve fare riferimento ad una semplice distribuzione binomiale di
eventi (insolvenza Vs non insolvenza), ma ad una distribuzione nella
quale l’insolvenza costituisce solo l’ultimo, il peggiore, di una serie di
eventi ciascuno con una propria probabilità di manifestazione
1
.
Perché possa parlarsi di rischio occorre che la variazione del merito di
credito sia inattesa. Infatti, la perdita attesa stimata ex ante sarà stata
adeguatamente valutata e caricata in termini di spread sulle condizioni
praticate alla clientela. Di conseguenza la reale componente di rischio
1
Sironi A., 2001 “Il credito: evoluzione e innovazione nei criteri di valutazione” in Corporate e
investment banking.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
6
è rappresentata dalla possibilità che le valutazioni effettuate risultino a
posteriori errate. In realtà nella prassi operativa solo di recente si
considera anche questa componente di rischio.
Un altro aspetto legato alla definizione di rischio di credito è il grado
di estensione del concetto di esposizione creditizia. È un errore
considerare il volume dell’esposizione come sinonimo del livello di
rischio, questo è vero solo nell’ipotesi in cui ogni esposizione ha la
stessa probabilità di generare lo stesso ammontare di perdite. In realtà
tra gli impieghi delle banche esistono le linee di credito che
consentono un uso discrezionale. Non è corretto in questo caso
considerare a rischio l’intero ammontare dell’esposizione, ma è
opportuno introdurre una stima dell’exposure at default che tenga
conto dei comportamenti tipici dei debitori prossimi all’insolvenza. In
secondo luogo per una corretta misurazione del rischio di credito
sarebbe opportuno considerare l’exposure at default a valori di
mercato e non a valori contabili. Poiché la maggior parte delle
posizioni creditorie di una banca sono rappresentate da attività
illiquide, per le quali non esiste un mercato secondario, è necessario
che il valore dell’esposizione sia stimato attraverso un processo
interno
2
.
Da quanto detto emerge che è possibile individuare diverse cause di
questa categoria di rischio. Una prima fonte del rischio di credito è il
rischio di insolvenza della controparte. Se si verifica l’evento
dell’insolvenza la perdita per il creditore è data dalla differenza tra il
2
De Laurentis G., 2001 “Rating interni e credit risk management ” Bancaria Editrice.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
7
valore del credito e l’ammontare recuperato. Tra le fonti del rischio di
credito si deve considerare il rischio di migrazione, di deterioramento
del merito di credito del debitore, che non comporta una perdita
economica immediata, ma fa aumentare la probabilità di default del
debitore.
Il rischio di recupero è invece legato alle forme contrattuali e alle
garanzie che assistono l’operazione e si traduce nella difficoltà della
banca di incassare il credito, di escutere la garanzia o nella riduzione
del valore di quest’ultima.
Il rischio di esposizione è il rischio che l’esposizione, nei confronti
della controparte, aumenti in modo inaspettato nel periodo che
precede l’insolvenza e riguarda in generale le sole linee di credito che
consentono un uso discrezionale.
Un’ultima fonte del rischio di credito è il rischio di spread che si
verifica quando la controparte sopporta un aumento del costo del
capitale raccolto sul mercato in seguito al verificarsi di situazioni
esterne, senza che vi sia una variazione del merito creditizio.
Quest’ultima categoria di rischio riguarda soprattutto le attività che
sono negoziate in mercati secondari liquidi
3
3
Resti A., 2001 “Misurare e gestire il rischio di credito nelle banche: una guida metodologica”
Roma, Aprile.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
8
1.2 Le componenti del rischio di credito
Possiamo individuare tre componenti fondamentali del rischio di
credito la perdita attesa, la perdita inattesa e l’effetto diversificazione.
La prima è la perdita che una banca si aspetta mediamente di subire su
un dato portafoglio prestiti, può essere considerata come il valore
medio della distribuzione dei tassi di perdita. La seconda componente
è relativa alla variabilità della perdita intorno al dato medio e
rappresenta il vero fattore di rischio, cioè la possibilità che la perdita
si dimostri a posteriori superiore rispetto a quella inizialmente stimata.
A livello di portafoglio prestiti, la perdita attesa risulta dalla media
ponderata delle perdite dei singoli impieghi, mentre la perdita inattesa
è tanto minore quanto minore è il grado di correlazione degli
impieghi. Da ciò deriva che la prima componente non può essere
eliminata attraverso la diversificazione del portafoglio, mentre la
seconda può essere ridotta componendo il portafoglio prestiti con
impieghi che presentano una correlazione negativa o nulla.
Un’altra importante differenza tra perdita attesa e inattesa emerge dal
punto di vista contabile e determina il modo in cui le singole perdite
devono essere coperte dalla banca e prezzate ai debitori. La perdita
attesa, in quanto tale, deve trovare un’adeguata copertura nel conto
economico, attraverso un accantonamento a fondo rischi o una
rettifica del valore dell’attivo. La perdita inattesa deve invece trovare
copertura nel patrimonio della banca. In realtà, nella normativa di
vigilanza, i coefficienti patrimoniali si riferiscono a entrambe le
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
9
componenti di perdita. La scelta di coprire con il capitale bancario
ogni possibile perdita si giustifica con il fatto che le svalutazioni di
bilancio riflettono perdite che si sono già manifestate o che sono
prossime a verificarsi, vengono quindi effettuate solo sui crediti
problematici, mentre le perdite attese si riferiscono anche ai crediti in
bonis. Un’altra ragione, che porta ad estendere la copertura
patrimoniale anche alla componente di perdita attesa, riguarda la
composizione del patrimonio supplementare nel quale sono ricompresi
anche gli accantonamenti ai fondi rischi su crediti. Questo comporta
che l’aggregato di riferimento è più esteso dell’effettivo capitale di
rischio
4
.
4
Resti A., 2002 “Il Nuovo Accordo di Basilea: dai presupposti teorici ai possibili passi falsi”
Bancaria n. 10; A.Sironi, C. Zazzara, “Il Nuovo Accordo di Basilea: possibili implicazioni per le
banche italiane”Bancaria n. 4, 2001; A. Sironi, “Il progetto di riforma dei requisiti patrimoniali
una valutazione e alcune ipotesi di miglioramento” Bancaria n.10, 1999.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
10
1.2.1 La perdita attesa
Il tasso di perdita atteso, connesso ad un finanziamento, può essere
scomposto in due elementi che sono altrettante variabili casuali: la
probabilità di insolvenza (PD) e il tasso di perdita in caso di
insolvenza (LGD)
5
.
I tassi medi di perdita calcolati ex post, con riferimento ad un dato
orizzonte temporale e a un certo insieme omogeneo di crediti, possono
essere utilizzati per stimare ex ante il livello di rischio di operazioni
simili.
Da qui la necessità di costruire portafogli omogenei di crediti, ad
esempio attraverso la realizzazione di classi di rating per le quali è
possibile stimare il tasso di perdita atteso (ELR) con il tasso di perdita
medio, calcolato su un insieme di serie storiche.
Ex post la singola operazione può presentare solo una delle due
situazioni: insolvenza o non insolvenza, in questo caso ha senso
parlare di perdita attesa solo con riferimento ad un portafoglio prestiti.
Il tasso di perdita medio di un portafoglio sarà dato dalla media dei
tassi di perdita individuali, ponderata per le esposizioni relative.
Ex ante la singola operazione può essere considerata come una
variabile casuale, un insieme di eventi possibili, tutti con una propria
probabilità di manifestazione. In questo caso la perdita attesa è data
dal prodotto tra PD e LGD:
ELR= PD x LGD.
5
Sironi A., 2001“Il credito: evoluzione e innovazione nei criteri di valutazione” in Corporate e
investment banking.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
11
Questa espressione del tasso di perdita consente di valutare
separatamente il merito creditizio del debitore, che dipende da fattori
quali le condizioni economico-finanziarie attuali e prospettiche
dell’impresa, la qualità del management, il settore produttivo, e le
singole linee di affidamento legate alla natura del finanziamento e alle
eventuali garanzie accessorie che assistono lo stesso.
Per utilizzare questo approccio a due dimensioni è necessario che
l’analisi ex post dei dati storici sia condotta separatamente per questi
due aspetti e sia rivolta a stimare, da un lato, la frequenza con la quale
i debitori che hanno determinate caratteristiche diventano insolventi,
dall’altro come le condizioni e garanzie, che assistono il
finanziamento, possono influenzare il tasso di recupero
6
.
Per calcolare la perdita attesa (expected loss: EL) in valore
dell’esposizione è necessario considerare un ulteriore elemento,
l’esposizione al momento dell’insolvenza (EAD):
EL= PD x LGD x EAD.
Anche questa componente richiede una stima che tenga conto della
tipologia di esposizioni bancarie ed, in particolare, dei differenti
metodi di valutazione che riguardano le esposizioni a valore certo, per
le quali l’importo è definito alla conclusione del contratto, e quelle a
valore incerto, che concedono una certa discrezionalità al debitore nel
grado di utilizzo del credito
7
.
6
De Laurentis G., 2001 “Rating interni e credit risk management ” Bancaria editrice.
7
Resti A., 2001 “Misurare e gestire il rischio di credito nelle banche: una guida metodologica”
Roma, Aprile.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
12
La stima della perdita attesa richiede la stima delle tre componenti
analizzate: la probabilità di default, la loss given default e l’exposure
at default.
1.2.2 La perdita inattesa
Le perdite effettivamente conseguite in un dato periodo futuro
possono discostarsi dalle perdite attese stimate ex ante.
In effetti la vera componente di rischio è rappresentata dal fatto che le
perdite effettive possono essere ex post maggiori delle perdite attese.
Queste ultime tendono ad avvicinarsi alle prime solo se si considerano
orizzonti temporali protratti, quindi le banche devono, nel breve
periodo, fare fronte ad eventuali scostamenti negativi tra perdite
effettive e perdite attese.
Di conseguenza, nella determinazione del capitale di rischio, è
necessario considerare un ulteriore elemento: la perdita inattesa.
Quest’ultima viene definita come una misura del grado di variabilità
della perdita intorno al dato medio, rappresentato dalla perdita attesa.
Il tasso di perdita inatteso dipende da due elementi: il grado di
dispersione dei tassi di perdita e la probabilità che si verifichino tassi
di perdita superiori a quello atteso.
Una misura statistica della variabilità delle perdite che consente di
cogliere questi due elementi è la deviazione standard.
Per calcolare la deviazione standard è necessario considerare l’intera
distribuzione del fenomeno che consente di osservare la dispersione
degli eventi intorno alla media.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
13
Una variabile casuale discreta è descritta dalla distribuzione di
probabilità che associa ad ogni evento una probabilità di
manifestazione; una variabile casuale continua è descritta dalla
funzione densità di probabilità che associa agli eventi compresi in un
intervallo una certa probabilità di manifestazione.
La deviazione standard è la radice quadrata della somma di tutte le
differenze tra i singoli tassi di perdita e la perdita attesa, moltiplicata
per un fattore (1/n-1) che tiene conto del fatto che gli scarti avvengono
non dalla media della popolazione ma dalla media del campione
8
:
2
1
)(
1
1
ELLR
n
n
i
i
ƒ
ς
Anche per la perdita inattesa la deviazione standard calcolata ex post
su un gruppo omogeneo di crediti può essere utilizzata per stimare ex
ante la perdita inattesa di crediti dello stesso tipo
9
.
Una volta determinata la perdita attesa e inattesa si tratta di stimare il
grado di rischio connesso ad un portafoglio di più impieghi. In questo
caso è necessario considerare un ultimo elemento, quello della
diversificazione, che consente di ridurre il rischio di portafoglio
rispetto ai rischi individuali.
Emerge una importante distinzione tra perdita attesa e inattesa. La
prima componente non può essere eliminata diversificando il
portafoglio in termini di settori produttivi, classi dimensionali, aree
8
Girone G., Salvemini T., 1997 “Lezioni di statistica”, Cacucci Editore, Bari.
9
De Laurentis G., 2001 “Rating interni e credit risk management ” Bancaria editrice..
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
14
geografiche, al contrario la seconda può essere ridotta con una
adeguata politica di diversificazione.
Mentre il livello di perdita attesa di un portafoglio risulta pari alla
media ponderata delle perdite attese degli impieghi che lo
compongono, il tasso di perdita inattesa potrà risultare inferiore alla
media dei tassi delle singole esposizioni, nel caso in cui vi sia tra
queste una correlazione imperfetta.
La variabilità delle perdite di un portafoglio dipende non soltanto
dalla variabilità delle perdite dei singoli impieghi, ma anche da un
ulteriore elemento: la correlazione tra gli impieghi
10
.
La correlazione è misurata dalla covarianza, cioè dalla media dei
prodotti delle differenze tra i tassi di perdita e i tassi medi dei due
impieghi, ponderati per le frequenze relative di queste differenze:
)*)(*)((
,
1
, BiAiBBiA
n
i
AiBA
PELRLRELRLRCOV
ƒ
Considerando anche l’effetto della diversificazione, la perdita inattesa
di un portafoglio di due impieghi A e B è espressa da questa
formula
11
:
)**2**(
,
222
2
BABABBAA
EADEADCOVEADEAD ς ς ς .
10
Sironi A.,2001 “Il credito: evoluzione e innovazione nei criteri di valutazione” in Corporate e
investment banking.
11
De Laurentis G., 2001 “Rating interni e credit risk management ” Bancaria editrice.
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
15
È possibile misurare la correlazione con il coefficiente di correlazione
(ρ), che ha il vantaggio di essere compreso tra –1 e +1 ed è pari al
rapporto tra la covarianza e il prodotto delle due varianze:
BA
BA
BA
COV
ς ς
Υ
ξ
,
,
Un indice di correlazione pari –1, indica una perfetta correlazione
negativa. In questo caso i tassi di perdita si muovono in direzione
opposta e annullano la perdita inattesa, viceversa se l’indice è pari a
+1 la variabilità delle perdite è positiva e perfetta e la perdita inattesa
del portafoglio è pari alla media ponderata delle perdite inattese dei
singoli impieghi.
In tutti i casi in cui Υ <+1, l’aggiunta di un impiego in portafoglio
consente di ridurre la perdita inattesa e il rischio apportato è tanto
minore rispetto al rischio individuale quanto più basso è il valore della
correlazione. L’elemento della correlazione non è incorporato nei
rating dei prenditori e delle operazioni, ma è trattato a livello di
portafoglio nei credit risk model.
Per stimare la perdita potenziale, che si potrebbe verificare in un certo
arco temporale, occorre passare dal concetto di perdita inattesa a
quello di capitale a rischio (VAR).
Il VAR esprime la massima perdita in cui si può incorrere in un dato
intervallo temporale, con un certo livello di probabilità.
Mentre la politica delle riserve deve coprire le perdite attese, è il
capitale a rischio che ha la funzione di coprire le perdite inattese. Si
individua nella perdita inattesa, pari alla differenza tra un dato
Il rischio di credito in banca: componenti e tecniche di gestione
16
percentile e la perdita attesa del portafoglio, un’indicazione del livello
adeguato di capitale.
Se si assume un livello di confidenza del 95%, la perdita massima in
cui si può incorrere è quella che lascia alla propria sinistra un’area pari
al 95% delle probabilità.
Se si adotta un livello di confidenza del 100%, il livello di capitale
adeguato per coprire le perdite risulterebbe troppo elevato e nessuna
banca sarebbe in grado di avere una dotazione patrimoniale
sufficiente.
Al contrario, un livello di confidenza troppo basso espone la banca ad
una probabilità elevata di subire perdite superiori al proprio capitale
economico e diventare insolvente.
La scelta del livello di confidenza è un elemento fondamentale, anche
perché diversi livelli di confidenza possono produrre risultati di VAR
significativamente differenti.
PERDITA
INATTESA
PERDITA
ATTESA
95° PERC.
5%
Probabilità
Perdita (min euro)