La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di marketing delle
imprese industriali.
In quest’ottica, la gestione del rischio di credito si profila prima di tutto
come gestione della relazione, dal momento che anche il sistema cognitivo del
cliente impatta, nel suo evolversi, sull’intensità del rischio di credito.
Lo stesso continuum relazionale è costellato, oltre che di attriti, anche di
conflitti relazionali. Sia nel conflitto monadico che in quello diadico, il cliente
avverte la necessità di un riequilibro del valore per ripristinare l’equità relazionale.
Anche la tipologia di relazione influenza l’intensità del rischio di credito.
Clienti molto coinvolti nella diade consentono all’impresa di monitorare
maggiormente i loro comportamenti e i loro sistemi cognitivi e, quindi, di porre in
essere azioni mirate ad influenzarli.
Il commitment del cliente nella relazione dipende da un coorte di fattori, tra
i quali la dipendenza dall’organizzazione, nelle sue varie forme, riveste un ruolo
importante come deterrente nei confronti di comportamenti dilazionatori.
Disaggregando le performances del e per il cliente è possibile differenziare
le proposte di valore, non solo sulla base dei flussi di cassa attesi dallo stesso, ma
anche in funzione del relativo rischio di credito attuale e prospettico. De-
enfatizzando, poi, gli attributi dell’offerta che intensificano il rischio di credito e
ponendo l’accento su quelli che realmente trasferiscono valore al cliente, si
contribuisce all’incrementalità dei flussi di cassa prospettici.
Infatti, sulla base dell’individuazione del legame tra componenti
dell’offerta e attività aziendali è possibile perseguire l’obiettivo dell’integrazione tra
costi – valore rilasciato - e valore ottenuto in cambio. Per questa via, l’attività di
erogazione del credito può essere definita come ‘un attività accessoria a risorse non
vincolate a valore aggiunto oppure no’ in funzione della maggiore o minore
sensibilità del cliente alla dilazione di pagamento.
Rischiosità e profittabilità sono le due faccie di una stessa medaglia e
rendono possibile, per questa via, un’allocazione ottimale delle risorse/sforzi di
marketing laddove vi sono le maggiori potenzialità in un ambiente a rischio
accettabile.
IV
PRESENTAZIONE.
La gestione del rischio di credito viene, perciò, a rivestire una valenza
strategica.
Una strategia “risk-oriented” presuppone, in primis, un presidio continuo
delle performances del e sul cliente per mezzo di un allineamento di tutta
l’organizzazione allo stesso nel processo di creazione di valore incrementale.
La responsabilizzazione sia dei part-time marketers che degli uomini di
marketing nel processo di creazione di valore per il cliente passa per sistemi di
performance management.
Le schede di valutazione bilanciate sono la chiave di lettura adatta a
confermare se le strategie perseguite sono quelle giuste, in quanto consentono di
porre in essere azioni correttive su basi continuative grazie al ricorso anche ad
indicatori “anticipati” delle performance aziendali.
Le BSC contribuiscono a predisporre l’impresa ad una migliore gestione
della relazione e, pertanto, del rischio di credito: per esempio, le BSC migliorano
l’interscambio delle informazioni tra chi è responsabile della relazione e il credit
manager. Poi, tecniche di Data Mining, per mezzo di reti neurali, renderanno via via
possibile l’individuazione del profilo del cliente a rischio prospettico di credito. Il
tutto, però, deve transitare attraverso un ben strutturato Customer DataBase.
Il lavoro, poi, analizza in profondità i sottoprocessi di affidamento al fine di
intercettare le possibili ‘criticità’ che possono favorire l’intensificazione del rischio
di credito.
Ciò porta a presentare la Customer ScoreCard come compendio del
sottoprocesso d’affidamento - e delle revisioni del merito creditizio nel tempo – con
il valore attuale e prospettico del singolo cliente.
Tale scheda cliente consente, attraverso una parametrizzazione del merito
creditizio e del valore del cliente in un rating, sia una confrontabilità dei giudizi di
affidamento nel tempo e nello spazio che una “customizzazione” degli stessi. Poi,
grazie alla tecnologia è possibile generare, in automatico, segnali di allarme
allorquando un cliente/segmento si approssima a superare determinate soglie,
preventivamente stabilite e periodicamente riviste, di accettazione del rischio.
V
La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di marketing delle
imprese industriali.
Diviene, altresì, possibile porre in essere il benchmarking per singolo
cliente o per segmento considerato.
Infatti, ogni cliente, così profilato, può essere raggruppato in segmenti
caratterizzati da una forte omogeneità, al loro interno, in termini di comportamenti e
fattori di rischio comuni.
Ne consegue che il rischio di credito non è solo legato alla perdita in caso di
default o alla probabilità che il cliente non rispetti le scadenze pattuite, ma è anche
legato al peggioramento del merito creditizio nel tempo – “downgrading”.
Nel § 4.5 viene, infine, presentato un approccio - definito “macro” – alla
gestione del rischio di credito ove il rischio viene visto come aggregazione di singoli
rischi di credito. In buona sostanza, si simula un approccio di tipo assicurativo.
Attraverso un’applicazione pratica, verrà dimostrato come attraverso il
frazionamento e la diversificazione del portafoglio crediti/clienti è possibile porre in
essere azioni pro-attive per influenzare la composizione dello stesso e per
“segnalare” al marketing le zone, i mercati, i clienti, i settori ove vi sono le maggiori
opportunità di crescita in ambienti a basso rischio prospettico.
La parte seconda è dedicata ai casi aziendali, ove quanto esposto a livello
concettuale nella prima parte troverà riscontro pratico.
Tra le tante imprese a ‘conoscenza diretta e pluriennale’, è stata scelta la
GPS Bags Spa proprio in virtù del fatto che incarna il ‘tipo’ di impresa media che,
dopo anni passati al miglioramento continuo della qualità dei processi produttivi
interni, si scontra con una non altrettanto buona qualità della base clienti che sta
vanificando i ritorni attesi per gli investimenti effettuati. Un’impresa che sta uscendo
dall’implosione degli ultimi 25 anni per scoprire che la vera fonte del vantaggio
competitivo risiede al di fuori della stessa ovvero nel sua clientela.
Vodafone Omnitel, invece, è stato fortementemente voluto come caso
aziendale in quanto chiarirà com’è possibile creare valore incrementale per
l’azionista operando in mercati saturi ed iper-competitivi per mezzo di una gestione
pro-attiva della relazione con il singolo cliente.
VI
PRESENTAZIONE.
Infatti, la specificità del mercato delle telecomunicazioni mobili rende il
presidio dei comportamenti e delle attitudini dei clienti l’unica vera chiave di volta
per “contenere” la vulnerabilità e la volatilità dei flussi di cassa attesi.
VII
Capitolo primo: L’appropriazione dell’extravalore.
CAPITOLO PRIMO
“L’appropriazione dell’extravalore”
“No longer can marketers afford to rely on the traditional assumption that positive product-market results will
translate automatically into the best financial results.”
(Srivastava, Shervani, Fahey, 1998, 1)
§ 1.1 Le Statistiche.
Da una indagine condotta dalla D&B a livello europeo dal nome “One Europe:
scenari economici e abitudini di pagamento” emerge con chiarezza la crucialità della
gestione del rischio dei crediti commerciali. Un fattore importante per la corretta
gestione delle politiche di credito aziendali sono i termini e le condizioni contrattuali
nelle transazioni commerciali.
Esiste una correlazione molto stretta tra la lunghezza delle dilazioni, i ritardi nei
pagamenti e le perdite relative al credito aziendale. Il profilo di rischiosità aziendale è
direttamente legato alla variabilità delle dilazioni sulle condizioni pattuite. Per
ottimizzare la politica commerciale, nel momento in cui si formalizza un rapporto
economico, è determinante conoscere, oltre agli esiti dei pagamenti, se le dilazioni di
pagamento contrattuali accordate vengano rispettate. Si parla di una consuetudine di
pagamento nelle transazioni commerciali di 60/90 giorni per l’Italia
1
, Francia, Spagna e
Portogallo, mentre per gli altri paesi osservati si scende ai 30/60 giorni medi. Per quanto
riguarda, invece, i ritardi nei pagamenti rispetto alle condizioni pattuite la media
europea si attesta sui 13 giorni nell’anno 2001 riconfermando il dato dell’anno
precedente. L’Italia ha registrato un leggerissimo miglioramento rispetto al 2000
(miglioramento comunque inferiore rispetto a quello registrato nel 2000 rispetto al
1999) attestandosi, comunque, sui 16 giorni ben al di sopra della media europea,
superata in peius solo da Olanda, Francia e Belgio dove si registra la performance
1
1
Peraltro nel 2001 la soluzione di pagamento dei 30 giorni data fattura o fine mese risulta in percentuale
meno “gettonata” rispetto allo stesso dato dell’anno precedente, confermando per questa via il dato medio
generale!
1
La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di Marketing.
peggiore pari a 18.2 giorni di ritardo medio. La Francia, ad ogni modo, è il paese che
registra il più forte peggioramento rispetto al 2000 con un aumento dei giorni di ritardo
pari a 1,4 dove, nel quarto trimestre 2001, si denota che ben il 48,2% delle imprese paga
i propri fornitori con un ritardo di 14 giorni rispetto alla media europea del 34%.
Solamente Olanda e Belgio sfiorano il 50%, realizzando comunque un sensibile
miglioramento rispetto allo stesso dato dell’anno precedente. A far compagnia alla
Francia, nel peggioramento delle performances nei ritardi di pagamento, c’è anche la
Germania, anche se presenta dilazioni di pagamento pattuite sicuramente inferiori.
La Germania infatti attribuisce ai ritardi di pagamento un quarto dei fallimenti
delle PMI
2
avvenuti negli ultimi anni
3
, mentre la Francia è “afflitta” dalla consuetudine
di termini contrattuali di pagamento più elevati rispetto agli altri Paesi europei, dai 60 ai
90 giorni. L'Italia presenta, peraltro, termini di pagamento simili a quelli francesi.
Mentre, il 30% dei fallimenti delle PMI è ascrivibile ai ritardi nei pagamenti secondo
diversi studi
4
; questi hanno posto anche l’accento sul fatto che tale dato è
comparativamente peggiore rispetto a quello tedesco, in quanto la spina dorsale
dell’economia italiana è fatta da PMI. Inoltre, emerge che solo il 2.8% delle procedure
fallimentari chiuse nel 2000 ha visto il pagamento integrale dei debiti “di fornitura”,
mentre nel 48.3% dei casi si chiude la procedura fallimentare con ‘insufficienza o
mancanza di attivo”
5
§ 1.2 Il recepimento della Direttiva Europea n. 35/2000.
Nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del 23/10/2002 è stato pubblicato il Decreto
Legislativo n. 231 del 09/10/02 che recepisce la Direttiva Europea n. 35/2000 sui ritardi
nei pagamenti nelle transazioni commerciali: direttiva già recepita da Francia e
Germania.
2
Per PMI s’intendono quelle imprese ove permane la coincidenza fra proprietà e direzione ed, inoltre,
sussiste una limitata dimensione aziendale, individuata da una pluralità di parametri quantitativi
opportunamente individuati. Per gli aspetti definitori, Marchini, “Il governo della piccola impresa. Le basi
delle conoscenze”, 1995, Aspi/Ins-Edit, Urbino.
3
Torresani, Il Sole-24 Ore di Lunedì, 25 marzo 2002, Inserto “Norme e Tributi”, Sezione “Prima
Pagina”, titolo “La Situazione in Europa”.
4
Ibidem. Cfr. anche www.linceonline.com/news/fallimenti.phtml cosultato in data 06/02/03 ed, inoltre,
www.assind.vi.it/nordestimpresa/News_neiV2.nsf/print/c1256.html consultato in data 06/02/03.
5
Ibidem.
2
Capitolo primo: L’appropriazione dell’extravalore.
In sintesi, tale provvedimento legislativo sancisce in 30 giorni il termine di
pagamento qualora le parti non si accordino per iscritto (Art. 4) su termini superiori
6
e
purchè questa dilazione non risulta iniqua (a vantaggio del debitore)
7
8
(Art. 7); E’ fatto
salvo il diritto delle associazioni di categoria di agire in giudizio per far accertare
l’iniquità delle condizioni pagamento e/o di prezzo e di ottenere provvedimenti di
correzione degli squilibri (Art. 8). L’altra novità importante è che gli interessi di mora
decorrono in automatico – senza necessità di costituzione in mora con raccomanda A.R.
– al tasso d’interesse fissato dalla B.C.E. maggiorato di sette punti
9
(Art. 5). Il saggio
d’interesse viene rivisto semestralmente con idonea pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale. Ovviamente, le parti possono pattuire diversamente. Ritardi immotivati danno
diritto al creditore di esigere anche le spese di recupero crediti stragiudiziali e/o legali
sostenute
10
.
L’ultima novità importante introdotta dal decreto testè indicato all’Art. 9,
consiste nella possibilità, per il creditore, di ottenere una procedura abbreviata per le
ingiunzioni al pagamento. Infatti, il tribunale competente, con procedura abbreviata
appunto, può emanare il decreto ingiuntivo entro 30 giorni dalla domanda (deposito
6
Solo per i prodotti alimentari deteriorabili s’impongono 60 giorni dalla consegna o dal ritiro, senza alcun
riferimento alle date delle fatture, sempre nel caso che non risulti per iscritto un termine pattuito.
7
Termini di pagamento iniqui sono considerati tali secondo un principio che, la suindicata legge,
definisce “principio dell’uguaglianza”, ossia ogni debitore deve trattare (cioè pagare) il proprio creditore
con lo stesso metro che applica quando egli è creditore.
8
L'accordo in deroga è nullo se risulti gravemente iniquo a danno del creditore, ai sensi dell'art. 7 del
decreto legislativo 231/2002 sulla lotta ai ritardi nei pagamenti. Il legislatore fissa le circostanze rilevanti
ai fini di tale giudizio, riconducibili a elementi oggettivi e soggettivi . E’ da precisare che tali circostanze
non possono risultare unicamente dal documento contrattuale, ma dovranno risultare da ulteriori "prove"
di natura documentale o orale. Il decreto legislativo dà un'indicazione di ciò che debba intendersi per
«accordo gravemente iniquo» e cioè quello che «senza essere giustificato da ragioni oggettive, abbia
come obiettivo principale quello di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del
creditore».Tuttavia, l'espressione continua a rimanere vaga, perché ogni pagamento dilazionato rispetto
alla fornitura procura al venditore liquidità aggiuntiva. (Fonte: Il Sole 24Ore del 14/02/03).
9
Il D. Lgs. n. 231/2002 ha introdotto nel nostro ordinamento una sorta di tutela in favore della parte che,
negli scambi commerciali, viene considerata contrattualmente più debole. E questo attraverso il
riconoscimento, ex-lege, di interessi di mora. Vengono fissati i tassi di interesse per i pagamenti tardivi
nelle transazioni commerciali. È, infatti, stato deciso che il tasso di riferimento Bce per il periodo 1º
luglio-31 dicembre 2002 è il 3,35%, mentre sul semestre 1º gennaio-30 giugno 2003 la misura del saggio
è del 2,85 per cento. A ciascuna di queste percentuali va, però, sommata la maggiorazione di sette punti
indicata all'art. 5 del D.Lgs. n. 231/2002. Sicché si può dire che la misura complessiva è, rispettivamente,
del 10,35% (2002) e del 9,85% per i primi sei mesi del 2003. (Fonte: Il Sole 24Ore dell’ 11/02/03)
10
Per la quantificazione di tali spese si assume come parametro le tariffe forensi in uso.
3
La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di Marketing.
ricorso) e dar luogo al pignoramento con la riscossione coattiva qualora il debitore si
ostinasse a non pagare
11
.
Anche il Regno Unito si è occupato dei ritardi dei pagamenti, avviando nel 1998
un processo a tappe per la progressiva attuazione del "Late Payments of Commercial
Debts Act", che è positivamente terminato il 7 agosto 2002 recependo - di fatto - la
direttiva n. 35/2000
12
.
§ 1.3 I risvolti economico-finanziari dei ritardi nei pagamenti.
Volendo guardare ai risvolti economico-finanziari dei ritardi nei pagamenti così
come delle insolvenze vere e proprie vi sono numerosi studi che vanno ad approfondire
ai legami esistenti tra Capitale Circolante netto, valore creato dall’impresa, i profili di
rischio connessi e i tassi di crescita aziendale.
Con l’espressione “tasso di crescita aziendale” s’intende affermare il ritmo
percentuale di sviluppo annuo del fatturato indotto da una domanda aziendale espansiva,
che determina una crescita collegata al capitale circolante netto. A propria volta
l’espansione del circolante al netto dei debiti verso fornitori, se non viene coperta
mediante fonti interne generate dalla gestione (autofinanziamento) o da aumenti di
capitale proprio, genera un fabbisogno corrente da finanziare necessariamente con
debito bancario a breve aggiuntivo, che comporta sia l’accrescimento dell’onerosità
dell’indebitamento a parità di ogni altra condizione, che il consequenziale aumento del
rischio di credito.
13
Addirittura, a seguito di una politica spinta del credito commerciale,
finalizzata al sostegno di uno sviluppo del fatturato, l’azienda cliente potrebbe
11
In assenza, ovviamente, di contestazioni del debitore sulle somme dovute. Se le contestazioni sono solo
su una parte dell’importo dovuto, per la restante parte di procedere con procedure abbreviata
all’ingiunzione fino alla riscossione coattiva, ove necessario.
12
“Caterer & hotelkeeper”, 17/10/02, Vol. 191, n. 4244, pag. 40, prima parte. Inoltre,
www.payontime.co.uk consultato in data 19/12/02.
13
Per esempio, data l’azienda A con un fatturato pari ad € 100,00 con DMV pari a 60 gg, il suo credito
medio risulta pari a € 16,60 = (100/360*60). Per incrementare il fatturato concede una DMV a 120 gg.
ottenendo un fatturato di € 150,00. Il credito medio passa a € 50,00 = (150/360*120): quindi
incrementando il fatturato del 50% pari ad € 50,00 si sconta un aumento del credito medio del 201% pari
ad € 33,40 = (€ 50,00 - € 16,60). Per questa via ci si può aspettare un aumento dell’ammontare dei debiti
verso fornitori e conseguentemente delle scorte a magazzino ingenerando necessità incrementali di risorse
finanziarie come verrà meglio specificato del presente scritto.
4
Capitolo primo: L’appropriazione dell’extravalore.
incanalarsi in una crisi finanziaria irreversibile: sarà sufficiente il semplice ritardo
imprevedibile nell’incasso di taluni importanti crediti per rendere la crisi irreversibile!
14
Tale realtà si presenta nella sua massima criticità nelle PMI, le quali tra oneri
finanziari, costi amministrativi aggiuntivi, costi legali e/o di recupero crediti
stragiudiziale esterno, perdite di tempo sopportano all’anno una cifra che, riferita al
2001, si stima in € 2,5 miliardi
15
. Si stima, poi, che oltre un terzo delle risorse delle PMI
sono investite nel finanziamento ai clienti attraverso l’attività di erogazione di credito
16
.
A livello nazionale, a prescindere dalla tipologia delle imprese considerate, nel
2002 i costi imputabili ai ritardi nei pagamenti possono essere desunti dalle seguenti
cifre
17
:
- Debiti per un valore di € 23.6 miliardi all’anno
- Interessi persi pari a € 10.8 miliardi all’anno
- ritardi nei pagamenti quantificati in € 90 miliardi all’anno
I risvolti negativi per l’impresa creditrice, stanti questi numeri, possono, quindi,
essere
18
:
Rischio di fallimento
Rischio di chiusura di un impresa su quattro
Ricorso all’usura per carenza di liquidità
Difficoltà finanziarie indotte
Rinuncia a nuovi investimenti
14
Le imprese italiane, secondo uno studio condotto da D&B dal titolo “evoluzione del credito
commerciale: analisi dei pagamenti in Italia e in Europa nel 2000”, investono circa un terzo del totale
delle proprie risorse per finanziare i clienti attraverso il credito.
15
Frisone, Il Sole-24 Ore di Sabato 15 giugno 2002, Inserto “Norme e Tributi”, titolo “Sotto tiro in
pagamenti in ritardo”.
16
Fonte: www.kataweb.it/speciali/dnb2000/pdf/studio_Pagamenti_2000.pdf consultato in data 07/02/02.
17
www.Linceonline.com/news/stopritardipagamento.phtml consultato il 06/02/03.
18
Ibidem.
5
La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di Marketing.
Oneri bancari elevati per spese legali
Obsolescenza dei macchinari e deperimento merci
Parimenti, un sondaggio condotto nel Regno Unito dal “AccountingWEB.co.uk”
e sponsorizzato dalla Royal Bank of Scotland Commercial Services
19
su un campione
di 10.000 imprese
20
, ha evidenziato che il 70% delle stesse, con fatturato annuo inferiore
ai 10 milioni di sterline, s’imbatte quotidianamente in problemi di ritardati pagamenti
delle loro fatture, come segue:
- Il 10% di costoro dichiarano di essere costrette ad attendere 2 o più
mesi al fine di ottenere il dovuto rispetto la data pattuita per il
pagamento
- Il 30% attende tra i 30 e i 60 giorni per ottenere il pagamento
- Il 60% ottiene il ritardato pagamento entro 30 giorni rispetto la data
pattuita.
Lo studio chiarisce, inoltre, che queste PMI, in virtù di tali ritardi nei pagamenti,
incorre nelle seguenti problematiche:
Il 13% di queste si trovano costrette a posticipare gli acquisti degli
approvvigionamenti o a ridurli in quantità a causa di una mancanza
“imprevista” di liquidità
L’8% non può usufruire degli sconti cassa sul pagamento in contanti
delle rispettive fatture ai propri fornitori sempre a causa di “inattese”
mancanze di liquidità
Il 5%, infine, dichiara di essere incorse in problemi nell’ottenimento
di credito (per esempio maggior fido in banca) proprio a causa di una
clientela definita “tardy payers”.
19
Rivista “Cm – Credit Management”, titolo articolo “Late Payment remains major headache”, Ottobre
2002, Sezione News, pag.12. A conclusioni non dissimili da quelle poste in essere da questo studio, è
arrivato
20
Che hanno risposto esaustivamente ai quesiti del testè indicato sondaggio.
6
Capitolo primo: L’appropriazione dell’extravalore.
Del campione di 10.000 imprese testè citato solo il 2% di loro è riuscito
effettivamente ad ottenere dai propri clienti che pagano in ritardo, oltre all’intera sorte
capitale, anche gli interessi e gli oneri annessi e connessi
21
previsti dal "Late Payments
of Commercial Debts Act", che recepisce, appunto, la direttiva europea n. 35/2000 sui
ritardi nei pagamenti.
Va ricordato che in Italia il testo legislativo che recepisce tale direttiva europea
prevede, come tutela per le PMI, che anche le associazioni di categoria presenti nel Cnel
abbiano titolo ad agire davanti alla competente autorità per impedire il perpetrarsi di
condizioni contrattuali gravemente inique in danno dei creditori, anche mediante la
richiesta di inibitoria dei comportamenti abusivi. E, in caso di inadempimento, il
giudice, anche su domanda dell’associazione che ha agito, dispone il pagamento di una
somma che va da 500 a 1.000 euro per ogni giorno di ritardo
22
.
Sul tema dei ritardi nei pagamenti, vi è uno studio finanziato dalla Western
Union negli USA e condotto dalla Opinion Research Corp. Int. su 1.016 persone in un
arco temporale di tre anni
23
che ha evidenziato che il 25% delle persone monitorate
paga almeno un fattura in ritardo per mese. Al primo posto nella classifica dei
conti/fatture pagate in ritardo vi sono quelle per i servizi telefonici “wireless”, seguiti a
breve distanza da quelle per gli “utilitity servicies”, mentre al terzo posto troviamo i
conti delle carte di credito, fino ad arrivare all’ultimo posto ove troviamo che le rate dei
mutui ipotecari sono le prime ad essere pagate.
Esiste uno studio che, a parere di chi scrive, meglio di altri da l’idea dei risvolti
economico-finanziari testè sintetizzati: lo studio della politica della concessione del
crediti attraverso la “Shareholding Value Analysis” utilizzando il costrutto logico
dell’EVA.
21
Spese amministrative e spese legali o stragiudiziali sostenute per il recupero. In Italia tali spese sono,
per legge, quantificabili in un importo che non deve superare la media calcolata tra il minimo e il
massimo delle tariffe forensi in materia stragiudiziale. Il sole-24 Ore del 15/06/02, titolo articolo “Sotto
tiro i pagamenti in ritardo”
22
Il sole-24 Ore del 15/06/02, inserto “Norme e Tributi”, titolo articolo “Sotto tiro i pagamenti in
ritardo”.
23
National Mortgage News, 21/10/02, pag. 61, titolo articolo “One quarter of Americans routinely pay
their monthly bills late”. Ed anche la rivista “Chain Store Age”, Novembre 2002, Vol. 78, n. 11, pag. 81.
7
La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di Marketing.
Premettendo che la concessione del credito pone l’azienda venditrice nella
duplice veste di venditore/fornitore e creditore mettendo la stessa di fronte a due
certezze:
1. costo di gestione e recupero del credito
2. costo dilazione di pagamento.
Il costo finanziario del credito è sintetizzato nella seguente formula:
Cfc= (credito a scadere x DMV x WACC)/365 +
+ (Credito scaduto x Ritardo medio di vendita x WACC)/365.
Ove:
• DMV=dilazione media di vendita
• WACC(Weighted Average Cost of Capital)=costo medio ponderato del
capitale e indica il rendimento attesa da parte dell’azionista
Ne deriva che tanto più si diluiscono i tempi d’incasso del credito tanto più
aumenteranno i costi per l’impresa creditrice, tenendo anche presente che esiste una
legame strettissimo tra l’aumento della durata dell’incasso del credito e la perdita su
crediti
24
.
Questa teoria dimostra, altresì, che l’aumento di fatturato non è sinonimo di
maggior creazione di valore. Considerando la seguente formula:
EVA =Nopat – WACC x CINO
Ove:
• Nopat (Net operatine profit after tax)= reddito netto prodotto dalla
gestione caratteristica
24
Istituto di Ricerca Internazionale – Seminario del 3-5 aprile 2001 a Milano dal titolo “La gestione dei
crediti commerciali”
8
Capitolo primo: L’appropriazione dell’extravalore.
• Cino( Capitale investito netto operativo) = dotazione di capitale
assegnata al management per produrre il reddito operativo netto.
L’EVA è, quindi, pari alla differenza fra il reddito netto prodotto dalla
gestione operativa e il costo di tutto il capitale impiegato per produrlo. Pertanto, una
società crea valore (per l’azionista) solo se i suoi rendimenti sono maggiori di quelli che
i suoi azionisti possono ottenere dagli investimenti del medesimo rischio.
Si può, quindi, notare che il credito produce un effetto benefico sul Nopat, in
quanto permette di aumentare le vendite e di conseguenza – in virtù delle marginalità
stesse – di produrre maggiori redditi netti; tuttavia, tale margine incrementale può essere
eroso dall’incremento dei costi che l’aumento del credito aziendale comporta, come in
precedenza delineato. Ne deriva che ai fini della creazione di valore, la leva del credito
va utilizzata fin tanto che il reddito incrementale netto prodotto dall’aumento del credito
concesso non viene eroso dai costi finanziari, gestionali e per perdite originate
dall’aumento del credito stesso. Infatti, l’effetto del credito sul “Cino” dipende dal costo
finanziario ingenerato dallo stesso, come evidenzia la seguente formula:
I = [( Crediti * DMV * WACC ) / 360 ]
Ove “DMV” rappresenta la dilazione media di vendita che si prevede di
concedere alla propria clientela.
In altre parole, il ∆P della seguente formula deve essere sempre positivo:
∆P=∆R-∆C-∆A
Ove:
• ∆P=risultato economico incrementale
• ∆R=ricavi incrementali di vendita
• ∆C=costi incrementali di produzione-vendita
• ∆A=costi incrementali connessi ai crediti commerciali
9
La gestione del rischio dei crediti commerciali come strumento di Marketing.
§ 1.3.1 Uno studio “in-house” sui ritardi nei pagamenti nel nord-est.
Uno studio condotto nel primo semestre del 2002 su 50 piccole e medie imprese
operanti nel settore manifatturiero ed ubicate principalmente nel nord-est, confermando
sostanzialmente i dati suesposti nel § 1.1 per quanto riguarda le dilazioni medie di
pagamento e i ritardi registrati, ha posto, all’attenzione di chi scrive, un duplice ordine
di fattori - da cui prende spunto il presente lavoro; in primis, risulta che il 90% delle
aziende intervistate dichiara che la gestione del processo di affidamento dei clienti così
come la gestione del ritardo è stato demandato da coloro che erano preposti
all’amministrazione-finanza ai responsabili commerciali registrando una considerevole
diminuzione sia delle perdite su crediti che dei ritardi nei pagamenti.
Tale risultato, ad ogni modo, non può essere generalizzato sia perché la scelta
delle aziende da intervistare non ha seguito i rigidi dettami del campionamento statistico
– per così dire - ‘randomizzato’, bensì si è voluto contattare quelle aziende presso cui si
ha una conoscenza diretta sia perché il campione non è rappresentativo dell’intera realtà
nazionale – ma di una zona geografica ben delimitata – sia, infine, perché tali aziende
appartengono solo al settore manifatturiero.
Il secondo ordine di fattori interessanti emersi dallo studio testè indicato,
riguarda le motivazioni addotte – e verificate
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- dai vari debitori/clienti a
giustificazione del ritardo nel pagamento del dovuto: emerge con chiarezza che nel 60%
dei casi le ragioni di questi comportamenti ‘dilatori’ risiedono, in estrema sintesi, in una
non ottimale gestione della relazione con il cliente. E proprio tale realtà fattuale ha
spinto, a loro dire, a principiare quell’iter che porta a strutturare all’interno della realtà
azienda una maggiore attenzione ‘al cliente’ in tutti i processi aziendali sia da parte di
coloro che operano nell’area marketing-commerciale sia da parte dei cosidetti “part
time marketers” (Gummesson, 2001) il cui contributo alla gestione del cliente non è, ai
fini delle perfomances globali rese dall’azienda, meno importante.
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in questo caso le motivazioni ‘addotte’ sono anche verificate: trattasi di motivazioni la cui veridicità è
stata riconosciuta dall’azienda creditrice. È in buona sostanza un dato purificato dalle cosidette
“motivazioni pretestuose”.
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