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si sofferma sulla teoria della Gestione Per Obiettivi (MBO). Sono,
inoltre, esposti i meccanismi di coordinamento utilizzati dalla forza
lavoro e dai manager, che permettono lo scambio di informazioni
all’interno dell’organizzazione, in base al tipo di problema da risolvere.
Il terzo capitolo si incentra sul processo formativo del personale,
partendo dall’analisi del fabbisogno di risorse umane e percorrendo i
vari momenti della gestione del capitale umano in azienda, come la
selezione e il reclutamento della forza lavoro, l’importanza che la
carriera riveste per il dipendente e la valutazione attribuita alle sue
prestazioni con la conseguente retribuzione.
Il quarto ed ultimo capitolo, infine, mira ad una rielaborazione di
quanto esposto in precedenza, alla luce delle nuove teorie dell’impresa
e del ruolo che le risorse umane possono assumere nei processi
decisionali. Sono affrontate riflessioni sul cambiamento negli assetti
della corporate governance e sul rapporto tra capitale e lavoro
nell’impresa moderna. Successivamente l’analisi si sofferma
nuovamente sulle risorse, evidenziando la criticità di cui esse sono
dotate e quanto queste possano influenzare la gestione delle attività e
l’ottenimento di posizioni favorevoli sul mercato. In conclusione ampio
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spazio è dedicato alle considerazioni di sintesi relative all’argomento
trattato.
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Capitolo 1:
La gestione delle risorse umane
1.1 La rilevanza delle risorse intangibili per l’azienda
Le risorse di cui un’impresa dispone sono i beni, le capacità ed ogni
altra disponibilità necessaria per far fronte alle opportunità e alle
minacce del mercato. In molti casi, tuttavia, non risulta possibile
esprimere il valore di tali risorse all’interno dello Stato Patrimoniale: si
parla, infatti, di risorse immateriali o intangibili. Queste ultime si
identificano con le conoscenze organizzative accumulate nel tempo e
con il sistema di relazioni che l’impresa istituisce con gli interlocutori
esterni. Tra le risorse intangibili vanno inoltre menzionate quelle legate
alla marca, all’immagine dell’impresa e le conoscenze delle singole
persone a tutti i livelli della struttura, ossia il capitale umano. Vi sono,
infine, risorse immateriali che risiedono all’esterno dell’impresa,
ovvero la condivisione delle informazioni e degli obbiettivi da
raggiungere e la fiducia percepita, la quale comporta atteggiamenti
favorevoli da parte di soggetti esterni.
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La prospettiva basata sulle risorse (RBV- Resource Based View) pone
per la prima volta l’accento sugli elementi interni e intangibili per
raggiungere un equilibrio tra capacità dell’impresa e aspettative del
mercato. Non basta, quindi, disporre di risorse materiali e immateriali
per realizzare il vantaggio competitivo, ma è necessario avere la
capacità di gestirle e combinarle per conseguire il successo. Non tutte le
competenze, inoltre, sono in grado di assicurare al cliente un maggior
valore, ma sono in particolare le competenze dette distintive a darvi
luogo. Competenza distintiva è detta quella abilità chiave dell’impresa,
che la distingue dagli altri competitor e ne delinea l’identità, sulla quale
la stessa può fare affidamento per conseguire e mantenere nel tempo
una determinata posizione sul mercato. Tale visione afferma inoltre che,
per garantire la reale sostenibilità di un vantaggio competitivo, le
capacità e le risorse di un’impresa dovranno soddisfare una serie di
condizioni.
La prima condizione prevede che la risorsa sia critica, ossia
determinante per sfruttare un’opportunità o attenuare i rischi presenti
nell’ambiente competitivo ove opera l’impresa e in grado di
incrementare la sua efficacia ed efficienza. In secondo luogo, le risorse
devono possedere una condizione di rarità. Qualora talune risorse
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critiche siano disponibili per un grande numero di concorrenti, infatti,
esse non potranno costituire una fonte di vantaggio competitivo. Terza
condizione è l’imperfetta mobilità delle risorse, il che implica una
difficoltà nel trasferirle altrove. Non a caso, le attività più complesse
vengono trasmesse mediante affiancamento. Tale caratteristica è anche
associata al concetto di complessità sociale, per il quale ad una data
risorsa, portata in un diverso contesto, non è attribuibile lo stesso
valore.
Altra condizione prevista dalla RBV è rappresentata dalla imperfetta
imitabilità, ossia nell’impossibilità per i concorrenti di riprodurre a loro
volta la risorsa in esame nel proprio ambiente.
Alle caratteristiche già menzionate, infine, vanno aggiunte secondo
Grant, la durevolezza e l’appropriabilità della risorsa. La prima va
intesa come capacità dell’impresa di mantenere e sviluppare nel tempo
le proprie competenze, in relazione ai mutamenti ambientali; la seconda
consiste, invece, nella capacità di generare ed usufruire delle rendite
provenienti dall’uso della risorsa e quindi di beneficiare dei profitti da
essa creati. Dall’introduzione della RBV, la dottrina aziendale è andata
sempre più evolvendosi, fino agli inizi del XXI secolo, in cui è ormai
ampiamente riconosciuto il ruolo delle risorse immateriali inteso come:
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ξ determinante essenziale della vitalità e competitività delle
imprese
ξ fonte della capacità di produrre reddito, o di generare valore, per
l’impresa e per i soggetti che partecipano alla sua attività
ξ elemento che diviene necessario considerare e analizzare in modo
specifico, ogni volta che sorge l’esigenza di calcolare il valore
economico dell’impresa stessa.
Sul piano teorico e dell’elaborazione concettuale, questa
consapevolezza è frutto di una significativa convergenza ravvisabile in
distinti filoni di ricerca, che si affianco alla già trattata RBV,
nell’ambito delle discipline economiche, aziendali e manageriali.
Alcuni di questi si ricollegano a spunti e intuizioni anche molto lontani
nel tempo, ma hanno dato luogo soprattutto a sviluppi di ricerca negli
ultimi 20 anni, con una forte accelerazione di intensità nel decennio
appena trascorso. E’ significativo richiamare i seguenti filoni di studi,
che hanno non poco accompagnato e influenzato le esperienze delle
imprese di ogni paese e settore:
ξ la teoria del capitale umano, che ha riconosciuto una fonte
importante di ricchezza e di reddito in fattori immateriali, come
l’istruzione e il progresso scientifico e tecnico (Becker, 1975).
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Questa visione, espressa in un primo tempo al livello
macroeconomico e macro-sociale, è stata poi estesa alle risorse e
capacità umane presenti in azienda. Fino ad affermare che
l’organizzazione stessa può essere considerata capitale (Scifo,
1974).
ξ Le metodologie sviluppate in materia di qualità, soprattutto
attraverso il total quality approach, tendente a coinvolgere non
solo il management ma tutti gli operatori aziendali in una
prospettiva di miglioramento continuo, orientata dall’attenzione
per il cliente (Juran, 1964, Deming, 1982).La qualità del prodotto
o del servizio è intimamente legata alla qualità dell’azienda, della
sua organizzazione, del suo management. Le sue determinanti
fondamentali sono quindi ravvisabili in una serie di fattori
intangibili legati in gran parte a caratteristiche e comportamenti
delle risorse umane a tutti i livelli dell’impresa.
ξ Gli studi sull’apprendimento organizzativo, che sottolineano la
necessità per le organizzazioni di modificarsi di continuo per
corrispondere e trarre vantaggio rispetto alle trasformazioni del
contesto in cui operano (Senge, 1990). L’apprendimento si
manifesta sia come una routine adattiva, rivolta alla soluzione di
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problemi, sia come assunzione di nuovi paradigmi concettuali,
discontinui rispetto alle esperienze passate (Argyris-Schon,
1978). La learning organization emerge come nuova
configurazione aziendale, che favorisce l’emergere del pensiero
sistemico e adotta forme di sviluppo organizzativo capaci di
superare gli ostacoli e le routine difensive che normalmente
limitano l’apprendimento individuale e collettivo (Argyris C.,
1993).
ξ La concezione dell’impresa e dell’economia incentrata sulla
creazione di conoscenza, che rappresenta in qualche modo il
catalizzatore delle diverse risorse immateriali (Drucker,
1993,Nonaka–Takeuchi,1995). E’ la capacità di creare
conoscenza la fonte continua di innovazione e quindi il
fondamento del vantaggio competitivo, al livello sia dell’impresa,
che delle nazioni o dei più ampi sistemi economico sociali.
ξ Le ricerche sulla cultura organizzativa, che hanno evidenziato
l’importanza di fattori tipicamente qualitativi e intangibili, come i
valori, i significati, i simboli, le convinzioni radicate e condivise
delle persone nel determinare i comportamenti individuali e di
gruppo (Schein, 1985). La capacità dell’organizzazione e dei suoi
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leader di orientare questi aspetti e di costruire una cultura
aziendale costituisce un elemento di coesione organizzativa ed un
presupposto per il successo aziendale (Pfeffer, 1981).
ξ La prospettiva del people value, che inserendosi nelle direttrici di
ricerca tracciate dai filoni del capitale umano, della visione
competence based e della creazione di conoscenza, afferma come
la capacità di attrarre e trattenere risorse professionali di qualità e
dotate di talento costituisca ormai in modo generalizzato il più
importante fattore di successo e di generazione del valore per le
imprese (Ulrich, 1997, O’Reilly III-Pfeffer, 2000).
Da questo patrimonio di elaborazione concettuale in continua crescita
emerge un quadro assai ampio e variegato delle risorse invisibili o
intangibili, di come classificarle, metterle in gerarchia o scala di
priorità, combinarle in un insieme coerente. L’attenzione sarà in
particolare indirizzata al ruolo delle risorse umane nell’azienda e a
come queste possano costituire fonte di vantaggio competitivo.