Ecco le imprese che attirano i talenti: da questo titolo di articolo, apparso
su “Il Sole 24 Ore” del 28 gennaio 2002, ha preso origine il presente lavoro.
L’articolo racconta della prima edizione italiana dell’indagine condotta dal Great
Place To Work Institute Italia, il cui motto è “migliorare la società aiutando le
aziende a trasformare il loro ambiente di lavoro”. L’eccellenza dell’ambiente di
lavoro, oltre ad influire positivamente sulla soddisfazione dei collaboratori interni,
ha un impatto positivo anche sul mercato del lavoro, poiché, facendo conoscere
all’esterno quali sono le aziende che hanno la migliore organizzazione e
gratificano i propri collaboratori, attirano i talenti.
Iniziando a documentarmi sul tema dei talenti, ho scoperto moltissimi
contributi teorici espressi sull’argomento. Sono stata piacevolmente sorpresa
anche dall’interesse che le aziende dimostrano nel tema. Probabilmente i principi
manageriali raccontati nei libri sono andati assumendo, negli ultimi anni, una
certa consistenza: le organizzazioni sembrano essere ormai consapevoli
dell’importanza delle persone che, in quanto detentrici di conoscenze,
informazioni, esperienze e capitale intellettuale, sono riconosciute un patrimonio
fondamentale per la prosperità dell’azienda, in grado, a tutti gli effetti, di creare
valore. E’ importante, quindi, saper gestire in modo rigoroso e sofisticato anche i
propri collaboratori, al pari di tutte le altre risorse tangibili, se si vuole continuare
a competere anche nel contesto attuale.
Proprio da questo presupposto ha origine una contraddizione con cui le
imprese devono confrontarsi: se da una parte il capitale intellettuale diventa il
fattore competitivo per eccellenza, dall’altra è sempre più difficile attrarre e
trattenere le risorse di valore. L’espressione “guerra dei talenti”, coniata per la
prima volta da McKinsey nel 1997, indica appunto questo fenomeno.
L’impegno profuso dalle aziende nella gestione dei talenti, dopo aver
preso coscienza delle conseguenze negative che avrebbe portato un programma
carente in questo ambito, è andato sempre più aumentando. Si può dire, tuttavia,
che la metafora bellica sia, almeno per quanto riguarda il contesto italiano,
eccessivamente enfatica: le esperienze aziendali che sono parte integrante di
questo lavoro, infatti, segnalano sì una viva attenzione per la gestione dei talenti,
ma essa si traduce essenzialmente in un impegno continuo nella valorizzazione,
nella formazione e nello sviluppo dei collaboratori. E’ giusto riconoscere, in ogni
caso, il carattere evocativo di una simile espressione e l’efficacia con cui mette in
risalto l’importanza delle persone, in generale, e dei talenti, in particolare, per il
successo dell’azienda.
L’obiettivo principale di questo lavoro consiste proprio nell’indagare il
reale significato della gestione dei talenti, i presupposti da cui ha origine e le sue
linee di sviluppo. Ampio spazio è dedicato alla definizione del talento, anche se la
questione rimane aperta: si commetterebbe un errore, infatti, a voler dare una
definizione universalmente valida di talento. E’ compito di ogni organizzazione,
sulla base delle proprie peculiarità e necessità, formularne una che sia la più adatta
e opportuna possibile. Si è poi cercato di individuare quale sia il ruolo del sistema
aziendale nella gestione del talento, intendendo per questa un processo che inizia
con la fase di attrazione ed identificazione dei talenti, e prosegue con lo sviluppo e
il trattenimento degli stessi.
Per una verifica empirica delle argomentazioni esposte, verranno
presentati e analizzati otto casi di aziende
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che, comprendendo ed apprezzando il
valore del talento, si adoperano al fine della sua identificazione, della sua crescita
e, infine, del suo trattenimento nell’organizzazione. La ricchezza di ogni
testimonianza consiste nella singolarità di ciascun approccio: ogni azienda, infatti,
in funzione delle proprie caratteristiche e della fase di implementazione del
programma, presenta peculiarità assolutamente individuali. Si è deciso, in un
secondo momento, di ascoltare anche il punto di vista dei talenti stessi,
riconosciuti tali dalle aziende in cui lavorano, attraverso alcune interviste
individuali. Infine, sono stati coinvolti anche 190 ex alunni del Master in Business
Administration della SDA Bocconi, a cui è stato fatto compilare un questionario
relativo alle motivazioni e alle preferenze dei “potenziali talenti”. Come si avrà
modo di apprezzare, sono proprio questi contributi empirici ad accrescere il valore
della presente ricerca.
1
Per esigenze di riservatezza, i nomi delle aziende sono indicati con dei nomi fittizi.
PRIMO CAPITOLO:
SPAZIO AL TALENTO
■ IL RUOLO STRATEGICO DELLE RISORSE UMANE
■ IL CAPITALE INTELLETTUALE COME
VANTAGGIO COMPETITIVO
■ ASCESA DI UNA SUPERCLASSE
■ LA GUERRA DEI TALENTI: ORIGINE E SVILUPPO
■ ALLA CONQUISTA DEL TALENTO ALTRUI
“Ciascuno porta in sé una individualità produttiva,
quale nucleo del suo essere;
e quando diviene cosciente di questa individualità,
allora si propaga attorno a lui una luce strana,
cioè la luce dell'insolito.
F. Nietzsche
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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1.1 IL RUOLO STRATEGICO DELLE RISORSE
UMANE
Gli anni '90 sono stati scenario di importanti cambiamenti nel significato
della Gestione delle Risorse Umane. La scelta del termine è essa stessa
testimonianza dell'avvenuto mutamento: l'accezione non rimanda più, come
accadeva riferendosi alla funzione semplicemente con il termine "Personale",
all'immagine di operazioni amministrative inerenti all'inserimento, allo sviluppo,
alla ricompensa e all'uscita delle persone in azienda. L'espressione Gestione delle
Risorse Umane (GRU) è essa stessa evocativa di un nuovo ruolo strategico
assegnato alla funzione, sempre più riconosciuta come una dimensione critica del
vantaggio competitivo dell'organizzazione [Beer, 1984].
Nel corso degli anni la GRU ha subito profonde trasformazioni di ruolo. E'
interessante capire quali sono state le spinte che hanno indotto i continui
cambiamenti di significato, la futura configurazione della funzione GRU e gli
eventuali ostacoli che si interpongono alla piena interpretazione del nuovo ruolo.
1.1.1 LE SPINTE AL CAMBIAMENTO
La globalizzazione, la sempre più accesa competizione e la continua
evoluzione della tecnologia sono le ragioni principali che hanno causato una
progressiva trasformazione della Gestione delle Risorse Umane. Essa è andata
assumendo un più significativo grado di importanza nel momento in cui le
organizzazioni si sono trovate a fronteggiare la necessità di un allineamento
interno di risorse e di funzioni [Schuler, 1989]: in concomitanza all'affermazione
della rilevanza strategica della gestione del personale, si è imposta pertanto
l'esigenza di una chiarificazione e di una ridefinizione dello status delle discipline
e delle tecniche relative alla funzione stessa.
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale [Beer, 1997]: emergono
modelli di organizzazioni più allargate e "piatte", meno gerarchiche e meno
burocratiche; si sviluppano livelli sempre maggiori di coordinamento tra le
funzioni; si afferma la consapevolezza che il commitment dei membri
dell'organizzazione rappresenti una fonte di continuo miglioramento; si scopre
l'importanza della creatività e dell'imprenditorialità diffusa e, infine, si predilige
un processo di comunicazione più esteso e una maggiore condivisione delle
informazioni.
Una prima causa all'origine della trasformazione della GRU è
riconducibile alla ricerca dell'efficienza dei costi. La funzione, infatti, non è stata
risparmiata dalle pressioni avvenute in molte organizzazioni, prima negli Stati
Uniti e poi nel resto del mondo, relative al risparmio di costi: constatato che la
riduzione di personale porta benefici esclusivamente nel breve periodo [Pfeffer,
1998], urge trovare nuove forme organizzative e nuovi ruoli per la GRU.
I CEO sono la seconda causa del cambiamento della GRU. Essi, infatti,
hanno la possibilità di diffondere la nuova concezione delle Risorse Umane come
una funzione strategica, promuovendo l'impegno dei general manager e degli altri
collaboratori ad allineare il loro comportamento con la strategia e i valori
dell'organizzazione.
La terza e più importante spinta al cambiamento è rappresentata dalla
consapevolezza che il potenziale delle persone è esso stesso fonte di vantaggio
competitivo. Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi libri in cui viene
messo in evidenza il legame tra l'efficacia dell'organizzazione, la cultura aziendale
e la performance finanziaria [Collins & Porras, 1994; Denison, 1990; Kotter &
Heskett, 1992; Pfeffer, 1994]. Il fatto che questi libri fossero proprio indirizzati ai
manager ha contribuito a rinforzare la convinzione del ruolo delle Risorse Umane
come strategico al fine del conseguimento del vantaggio competitivo. In essi si
evidenzia la ridefinizione del compito delle Risorse Umane, non più impegnate
esclusivamente nella selezione e nello sviluppo di individui ad alto potenziale, ma
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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anche nella creazione di un contesto organizzativo in grado di promuovere la
collaborazione e il lavoro di gruppo.
Numerose ricerche hanno dimostrato che i cambiamenti condotti divisione
per divisione si sono rivelati essere quelli di maggior successo: questo significa
che le implementazioni attuate direttamente dalla funzione Risorse Umane non
sempre portano a una trasformazione efficace. Il top management deve avere
l'accortezza di notare gli approcci innovativi nella gestione del personale adottati
dalla singola divisione e incoraggiare quindi le altre divisioni ad attuare le stesse
innovazioni. E' tuttavia fuor di dubbio che, nelle aziende in cui sono state
implementate le trasformazioni culturali di maggior successo, la presenza di una
funzione Risorse Umane orientata al cambiamento, nella condizione di
collaborare con il vertice, ha giocato un ruolo di estrema importanza [Beer,
Eisenstat, & Spector, 1990].
1.1.2 LA FUTURA CONFIGURAZIONE DELLA FUNZIONE GRU
Le dinamiche evolutive che hanno investito la funzione aziendale di
gestione delle risorse umane potrebbero farle assumere una configurazione
caratterizzata:
ξ da una elevata pervasività, in quanto tutte le politiche aziendali hanno una
componente che impatta sulle risorse umane e viceversa;
ξ da una relativa despecializzazione, in quanto la cura delle risorse umane
non è più percepita come una competenza esclusiva delle direzioni del
personale, ma come una competenza che investe in diversa misura ogni
centro di responsabilità dell'impresa [Peretti, 1996];
ξ da profondi cambiamenti nella professionalità e negli atteggiamenti degli
addetti a tale funzione.
Molti sono concordi, inoltre, nel ritenere che la funzione si debba liberare
di alcuni compiti meramente amministrativi e di servizio, esternalizzandoli a
società specializzate, in modo da focalizzarsi su attività più strategiche.
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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L'obiettivo di inserire il management delle Risorse Umane nel processo
strategico non si raggiunge elevando lo status formale della direzione del
personale [Fombrun & Tichy, 1984]. E' invece necessario modificare le modalità
di definizione delle priorità e di assunzione delle decisioni. I cambiamenti di
maggiore rilevanza vanno realizzati nei comportamenti dei manager operativi,
portandoli a considerare le problematiche delle risorse umane contestualmente
alla scelta delle strategie e alla individuazione dei percorsi di implementazione.
1.1.3 GLI OSTACOLI ALL'INTERPRETAZIONE DEL NUOVO RUOLO
La trasformazione della GRU incontra diversi ostacoli che mutuamente si
rinforzano, divenendo difficili da superare.
Forse il maggior ostacolo è rappresentato dalle capacità degli esperti delle
Risorse Umane: si richiedono loro doti analitiche e relazionali, spesso difficili da
trovare nella stessa persona. Inoltre lo stereotipo diffuso del ruolo delle Risorse
Umane e i sistemi di ricompensa comunemente adottati rende difficile avvicinare
esperti con quelle caratteristiche. Una soluzione potrebbe semplicemente
consistere nell'inserire all'interno della Funzione GRU specialisti di linea, che già
abbiano dimostrato di conoscere i problemi del business e siano in grado di
condurre il cambiamento. Un'alternativa potrebbe essere quella di sviluppare negli
stessi responsabili di GRU abilità analitiche, di progettazione e di gestione del
cambiamento.
Un secondo possibile ostacolo alla trasformazione del ruolo delle Risorse
Umane è rappresentato dallo stesso top-management. Spesso, infatti, i CEO
sostengono di volere accrescere la dimensione strategica della funzione RU, senza
comprendere effettivamente le implicazioni della scelta. Molti di loro giudicano
l'efficacia della funzione dal modo in cui svolge i compiti amministrativi o dalla
capacità di risolvere le azioni regolatorie. Oppure impediscono la trasformazione
della funzione quando continuano a pretendere che i responsabili della GRU
svolgano il ruolo di loro rappresentanti.
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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Superare questi ostacoli non è compito da poco: gli specialisti di Risorse
Umane non possono essere da soli, ma necessitano dell'appoggio del top-
management per promuovere i cambiamenti nell'organizzazione. Esso deve
impegnarsi in prima linea se vuole trasformare la funzione GRU della propria
organizzazione in una fonte di vantaggio competitivo.
Recenti studi sulla direzione del personale in Europa hanno anch'essi
evidenziato una netta tendenza a delegare alla linea operativa alcune delle aree
precedentemente presidiate dalla funzione personale, e in particolare le attività di
sviluppo e formazione delle persone affidate ai capi di linea [Ratti, 2001]. Una
caratteristica evolutiva della GRU in azienda che può significativamente
modificare le modalità di approccio allo sviluppo delle persone. Pertanto il
principale ruolo del manager sarà quello di collaborare attivamente alla creazione
di un cast di eccellenti attori a cui affidare ruoli ben definiti e perfettamente
adeguati alle capacità possedute.
In conclusione, se la produttività degli anni Ottanta si è sviluppata in
nuove metodologie di produzione, per gli anni Novanta le aziende dovranno
investire più pesantemente nella capacità dei loro manager e dei loro operatori. Le
opportunità per la GRU di affermarsi come funzione strategica sono quindi più
che mai aperte: i responsabili delle Risorse Umane devono sentirsi attivi
consulenti del personale, mantenendo forti legami con tutte le aree aziendali. Ecco
allora emergere la possibilità di un nuovo ruolo per la Direzione del Personale: la
fornitura di un servizio. Lo studio e l'ingegnerizzazione di prodotti che altri, la
linea, utilizzeranno [Costa, 1997]. Solo così sarà possibile non veder realizzarsi
una seconda alternativa, sicuramente possibile: l'azienda senza Direzione del
Personale.
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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1.2 IL CAPITALE INTELLETTUALE COME
VANTAGGIO COMPETITIVO
Come dichiarato nel paragrafo precedente, la ragione più influente sul
processo di trasformazione della Gestione Risorse Umane è rappresentata dalla
consapevolezza che il potenziale delle persone è esso stesso fonte di vantaggio
competitivo. Le risorse umane diventano un elemento strategico per il successo:
l’importanza delle persone come asset intangibile all'interno delle imprese si è
andata sempre più consolidando.
Già all'inizio degli anni Ottanta, la maggior parte delle cosiddette "hard
industries" erano considerate una reliquia del passato. Nuove scoperte
tecnologiche e una crescente efficienza dei processi ha trasformato i settori da
labour a capital intensive, fino a giungere all'era dell'informazione, dove la nascita
e la morte delle aziende avviene in funzione del livello di conoscenza posseduto.
Il loro successo è determinato dalla capacità di sfruttare le potenzialità degli asset
intangibili nel modo migliore e più veloce. Con la diffusione delle tecnologie
informatiche e il conseguente accentuarsi della densità relazionale relativa ad
individui ed organizzazioni, la conoscenza è divenuta una variabile chiave della
competizione [Lipparini, 2002]. Peter Drucker (1993) coglie questa criticità e
afferma che la risorsa economica fondamentale è rappresentata dalla conoscenza e
dai soggetti che la generano. L'enfasi sulla conoscenza non è in realtà un fatto
nuovo: moltissimi autori ne hanno sottolineato l'importanza strategica, da
Marshall (1920) e Schumpeter (1942), fino a Polany (1966) e Nonaka (1994).
L'informazione e la conoscenza sono dunque oggigiorno la linfa che
mantiene floride le aziende, molto più del capitale o del lavoro in sè. La maggior
importanza che queste variabili sono andate assumendo non comporta
semplicemente la considerazione di nuovi parametri nel processo di produzione
dei beni: cambia radicalmente le regole del gioco. La capacità di gestire il capitale
intellettuale è, nell'era in cui viviamo, la chiave del successo [Quinn, 1992]. La
Primo Capitolo: Spazio al Talento
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capacità dell'impresa di creare ricchezza dipende dalle potenzialità e dalla
conoscenza delle persone che vi appartengono [Savage, 1990]. In un recente
contributo, Davis e Meyer (2000) delineano uno scenario futuro in cui gli
elementi alla base del valore, tra cui il capitale umano e gli altri asset intangibili,
verranno trattati in mercati finanziari efficienti, e le unità di business saranno
trattate in base al loro capitale intellettuale.
1.2.1 COSA SI INTENDE PER CAPITALE INTELLETTUALE
Gli apporti teorici sul tema del capitale intellettuale sono numerosi. I più
rilevanti, che hanno sancito l'affermazione del concetto, si collocano verso la metà
degli anni Novanta. Nel 1994, gli editoriali di Thomas Stewart apparsi su Fortune
portano un'ampia comunità di professionisti a riflettere sulle rispettive
organizzazioni in termini di conoscenza. Egli definisce il capitale intellettuale
come l'asset a maggior valore per l'impresa, essendo rappresentato dal patrimonio
di conoscenza, informazioni, proprietà intellettuale ed esperienza da utilizzarsi per
raggiungere una posizione di "benessere". Secondo un contributo uscito pochi
anni dopo, il concetto di capitale intellettuale richiama l'insieme delle risorse
intangibili [Bontis, 1996; Edvinsson and Malone, 1997; Roos and Roos, 1997]
presenti nell'azienda e le loro interconnessioni [Roos at al., 1997; Bontis, 1998]. Il
problema, pertanto, si sposta sulla definizione di risorse intangibili: basti
affermare, in questa sede, che si considera risorsa un qualsivoglia fattore, più o
meno direttamente a disposizione dell'azienda, in grado di influenzare la creazione
di valore. Più precisamente Daft (1983) definisce le risorse di un'impresa come
tutte le attività, capacità, processi organizzativi, attributi, informazioni e
conoscenze controllate dalla stessa, che le permettono di elaborare ed
implementare strategie che aumentino la sua efficienza ed efficacia e che le
permettano di raggiungere i suoi obiettivi.