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1. LE FONTI NORMATIVE EUROPEE 
 
Con l’adesione al Trattato istitutivo della Comunità Europea
7 
e 
successivamente all’Atto Unico europeo,
8
 come integrato dal Trattato 
di Maastricht
9 
e dal Trattato di Amsterdam,
10
 la categoria delle fonti 
primarie del nostro ordinamento si è arricchita degli atti adottati dalle 
istituzioni comunitarie; infatti l’Unione Europea è dotata di autonoma 
capacità normativa e alcuni atti, attraverso i quali essa si esprime, 
hanno efficacia diretta negli ordinamenti degli Stati membri. 
L’articolo 249,
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 comma 1, del Trattato istitutivo della Comunità 
Europea stabilisce infatti che, per l’assolvimento dei loro compiti, gli 
organi comunitari possono emanare regolamenti, direttive, decisioni, 
raccomandazioni e pareri, attribuendo carattere vincolante alle prime 
tre categorie di atti; nello specifico: 
 il regolamento comunitario ha portata generale, è obbligatorio 
in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno 
degli Stati membri;  
 la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi, ma 
esclusivamente per i destinatari da essa designati;  
                                          
7
 Firmato a Roma il 25 gennaio 1957 
8
 Adottato il 16-17 dicembre 1985 ed entrato in vigore il 1° luglio 1987 cui l’Italia ha dato 
esecuzione con l’articolo 2 della legge 23 dicembre 1986,  n.909 
9
 Firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (in GUCE n. c 224 del 31 agosto 1992) e 
ratificato in Italia con la legge 3 novembre 1992,  n.454 
10
 Entrato in vigore il 1° maggio 1999 
11
 Ex articolo 189 
                                                                           
                                            
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 la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto 
riguarda il risultato da raggiungere, ferma restando la 
competenza degli organi nazionali in merito alla forma ed ai 
mezzi utilizzati per il raggiungimento dello scopo. 
  
1.1   L’AMBIENTE IN EUROPA  
 
Con riguardo all’ambiente, il Trattato di Roma prevedeva generici 
riferimenti al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini; solo 
nel 1972, a Parigi, la Conferenza dei Capi di Stato espresse la 
necessità di attuare una politica comune dell’ambiente, invitando le 
istituzioni all’elaborazione di un primo programma d’azione. La 
mancanza di una specifica base giuridica rese però necessario 
l’inserimento, mediante l’Atto unico europeo, di un apposito titolo
12
, 
dedicato all’ambiente, nel Trattato di Roma con cui si delineassero gli 
obiettivi della Comunità al riguardo, precisamente: salvaguardare, 
proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente; contribuire alla 
protezione della salute umana; garantire un utilizzo accorto e razionale 
delle risorse naturali; tutto ciò ricorrendo ai principi di precauzione, 
prevenzione e correzione, alla fonte, dei danni causati all’ambiente ed 
al principio “chi inquina paga”. 
 
                                          
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 Titolo VII “Ambiente” 
                                                                           
                                            
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Attraverso i Programmi d’azione comunitaria in materia ambientale, 
l’Europa si dota di strumenti programmatici a medio-lungo termine 
che palesano le condotte politiche della Comunità per il periodo di 
riferimento. Attualmente si è sotto la vigenza del VI Programma
13
, che 
ha come riferimento il periodo 2001-2010 e si concentra sui settori in 
cui l’intervento è più urgente, utilizzando come chiave di volta il 
cosiddetto “sviluppo sostenibile”,
14
 ossia la soddisfazione dei bisogni 
delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità per le 
generazioni future di soddisfare i propri bisogni
15
.  
Le aree prioritarie del VI Programma sono quattro, precisamente: 
 cambiamento climatico; 
 natura e biodiversità; 
 ambiente, salute e qualità della vita; 
 risorse naturali e rifiuti. 
 
In ordine a tale ultima area, il VI Programma “mira a garantire una 
migliore efficienza e gestione delle risorse e dei rifiuti ai fini del 
passaggio a modelli di produzione e consumo più sostenibili, 
dissociando l’aspetto della crescita economica da quello della 
produzione dei rifiuti e cercando di garantire che il consumo di risorse 
                                          
13
 Istituito con Decisione 22 luglio 2002,  n.160/2002/CE  - GUCE  10 settembre 2002  n. 
L242 - intitolato “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta” 
14
 Sancito nel Trattato di Amsterdam 
15
 Definizione di sviluppo sostenibile,  formulata nel 1987 dalla Commissione Brutland, 
nel documento Our Common Future 
                                                                           
                                            
14
rinnovabili e non rinnovabili non superi la capacità di carico 
dell’ambiente”, ottenendo così una loro sensibile riduzione 
. 
1.2   LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN EUROPA 
 
Nell’ambito della politica ambientale comunitaria, particolare 
attenzione è stata riservata alla regolamentazione della gestione dei 
rifiuti. La direttiva quadro in materia, la 75/442/CEE
16
, ha 
l’obiettivo di istituire una gestione coordinata dei rifiuti nella 
Comunità sia al fine di limitarne la produzione, prospettando la 
necessità di definire la nozione di rifiuto
17
, sia al fine di favorire 
l’armonizzazione delle legislazioni, eliminando disparità tra le 
disposizioni in applicazione o in preparazione nei vari Stati membri, 
con inevitabili conseguenze sulle condizioni di concorrenza e 
quindi sul funzionamento del mercato comune, sia soprattutto, al 
fine di garantire un elevato livello di protezione della salute umana 
e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della gestione dei rifiuti. 
Questa direttiva è stata modificata dalla direttiva 91/156/CEE
18
, 
conformemente agli impegni assunti in tal senso dal Consiglio delle 
Comunità Europee con la risoluzione del 7 maggio 1990, con la 
                                          
16
 Del 15 luglio 1975, come modificata dalla direttiva n. 91/156/CEE del 18 marzo 1991 
17
 Direttiva 75/442/CEE art.1: “per rifiuto si intende qualsiasi sostanza od oggetto di cui il 
detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi secondo le disposizioni 
nazionali vigenti” 
18
 Del 18 marzo 1991 
                                                                           
                                            
15
quale veniva evidenziata la necessità di una politica globale da 
applicare ad ogni tipo di rifiuto. La nuova direttiva sottolinea 
l’esigenza di ridurre la produzione di rifiuti e di potenziare le 
attività di recupero mediante il riciclo, il reimpiego ed il riutilizzo, 
per ottenere materie prime secondarie od energia; prefiggendosi:  
 il raggiungimento dell’autosufficienza, nello smaltimento dei 
rifiuti, all’interno della comunità, mediante l’istituzione di 
una rete integrata di impianti di smaltimento 
tecnologicamente perfezionati; 
 la riduzione al minimo dei movimenti dei rifiuti mediante 
l’assoggettamento a continui controlli, dalla produzione allo 
smaltimento definitivo, ed un’adeguata sorveglianza messa in 
atto anche dagli operatori intermedi addetti alla raccolta, al 
trasporto ed alla loro mediazione; 
 
e prevedendo a carico degli Stati membri obblighi fondamentali, quali: 
 
 l’adozione di misure intese a limitare la quantità e pericolosità 
dei rifiuti, mediante lo sviluppo di tecnologie pulite e l’uso di 
prodotti riciclabili e riutilizzabili; 
 la promozione del recupero e lo smaltimento dei rifiuti senza 
pericolo per la salute e pregiudizio per l’ambiente; 
 l’introduzione di un sistema di autorizzazioni e controlli nei 
confronti delle imprese che smaltiscono rifiuti, al fine di 
                                                                           
                                            
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coniugare il principio «chi inquina paga» (per il quale l’onere 
della riparazione dei danni all’ambiente non può ricadere sui 
cittadini ma deve essere “addebitato” a chi di tali danni è 
responsabile) con quello dello sviluppo sostenibile, pur nel 
rispetto del principio di sussidiarietà (in base al quale, se la 
tutela dell’ambiente può essere assicurata in modo efficace dal 
singolo Stato membro, l’intervento di diritto interno deve essere 
preferito a quello comunitario). 
La direttiva 91/156/CEE prevede, inoltre, la stesura di un Catalogo 
Europeo dei Rifiuti (CER), istituito con Decisione 94/3/CEE. In 
tema di rifiuti pericolosi, la direttiva n.91/689/CEE stabilisce norme 
supplementari e più severe, che tengano conto della natura di tali 
rifiuti mirando a riavvicinare le legislazioni degli Stati membri sulla 
loro gestione controllata, per migliorarne le condizioni di 
smaltimento. Essa prevede inoltre la stesura di una lista di rifiuti 
pericolosi, istituita con Decisione 94/904/CEE. Con Decisione 
2000/532/CEE
19
 è stato istituito un unico Elenco dei Rifiuti (nuovo 
CER), nel quale confluiscono tutte le voci precedentemente inserite 
nei suddetti elenchi; i rifiuti pericolosi sono contrassegnati da 
asterisco. 
In sintesi, la normativa comunitaria in materia di gestione dei rifiuti, 
ha introdotto un insieme di principi generali e di procedure di 
                                          
19
 Che sostituisce la 91/156/CEE 
                                                                           
                                            
17
controllo che mirano a garantire un livello elevato di protezione 
dell’ambiente e della salute umana in tutti gli Stati membri e che 
costituiscono gli strumenti di una politica dei rifiuti che può essere 
così schematizzata: 
 gerarchia nella gestione dei rifiuti, principio “chi inquina paga” 
e il requisito secondo cui la gestione dei rifiuti non deve avere 
ripercussioni negative sulla salute umana e sull’ambiente; 
 obblighi di autorizzazione, registrazione e ispezione contenuti 
nelle direttive sui rifiuti e sui rifiuti pericolosi; 
 regolamento sulle spedizioni di rifiuti. 
Da ultimo, con la Comunicazione 27 maggio 2003 n. 301, la 
Commissione europea ha elaborato una “strategia tematica di 
prevenzione e riciclo dei rifiuti”; il documento ha l’obiettivo di 
avviare un dibattito tra le istituzioni comunitarie e le parti 
interessate sull’opportunità di: 
 promuovere una reale prevenzione quantitativa e 
qualitativa; 
 utilizzare strumenti economici, comprese misure fiscali, 
per conseguire obiettivi di riciclo, prevedendo una 
maggiore flessibilità delle misure legislative; 
 estendere ulteriormente il principio della responsabilità del 
produttore, relativamente ad alcuni tipi di rifiuti.