Introduzione
Introduzione
Le problematiche ambientali del progetto, della costruzione e dell’esercizio di
un’infrastruttura di trasporto, in ragione del loro valore sociale ed economico, hanno
grande rifluenza nella pratica professionale dell’ingegnere specialista.
In particolare, quando si tratta di una infrastruttura ferroviaria la complessità delle
questioni progettuali, esecutive e di gestione è tale che, fatalmente, per le stesse
intrinseche caratteristiche dell’opera, questa entri pesantemente in conflitto con le
componenti ambientali coinvolte.
Altresì occorre riconoscere che il modo di trasporto su ferro presenta innegabili vantaggi,
anche sul versante di una maggiore tutela ambientale, alla luce del contenuto
inquinamento atmosferico rispetto a quello prodotto dal traffico veicolare su gomma.
È infatti noto come, essendo l’Italia uno dei Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto sulla
riduzione delle emissioni inquinanti, la politica dei trasporti abbia virato su una più spinta
strategia intermodale, individuando nelle ferrovie l’opzione portante di un sistema
moderno e razionalizzato per il trasporto a media e lunga percorrenza di passeggeri e
merci.
Tale impulso, attualmente più programmatico che reale in verità, ha comunque portato
alla ripresa vigorosa di progetti e nuove realizzazioni così come ad una intensificazione
dell’offerta ferroviaria, anche all’interno delle aree urbane.
In molte città italiane, di media e grande dimensione, il trasporto su ferrovia tradizionale
integra o più frequentemente surroga le metropolitane per il trasporto collettivo di massa.
Dall’inevitabile interferenza tra infrastruttura ferroviaria e habitat urbano, si originano
diversi problemi di carattere ambientale e tra questi si manifesta ricorrentemente l’azione
vibratoria, alla quale è soggetta una molteplicità di ricettori sensibili, persone, strutture
edilizie e opere di fondazione, in prossimità della linea ferroviaria.
Non di rado tale fenomeno ha fatto sorgere vertenze legali, spesso conclusesi a sfavore
del gestore della rete con l’inibizione dell’esercizio del tratto incriminato.
Appare, allora, assai opportuno concentrare gli sforzi per la comprensione e risoluzione
del problema già in fase di progetto, avvalendosi di modelli, più o meno sofisticati, in
grado di simulare le condizioni di interazione tra veicolo ferroviario ed armamento dalle
quali scaturiscono le vibrazioni indesiderate.
Introduzione
Nella presente tesi si è sviluppato un modello FEM tridimensionale, la cui
implementazione presenta notevoli difficoltà metodologiche, avendo utilizzato un codice
di calcolo generalista non specifico per applicazioni ferroviarie.
La ragione di questa opzione di lavoro consiste nel volere definire con codici di facile e
relativamente economica acquisizione, scenari ferroviari complessi per i quali strumenti
specialistici possono risultare non particolarmente versatili.
In questo modo sono stati rappresentati, al termine di un processo articolato in successive
fasi di affinamento del modello, diversi scenari di linea ferroviaria studiati secondo una
tecnica parametrica ed, infine, il modello è stato applicato ad una situazione reale della
città di Palermo, riferendosi alla linea ferroviaria urbana in prossimità della stazione
Notarbartolo.
Parte prima
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Parte Prima
Gli elementi finiti ed il metodo agli elementi finiti
Parte prima
- 2 -
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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1. IL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI: TEORIA MATEMATICA.
1.1Introduzione.
Il Metodo degli Elementi Finiti (Finite Element Method, ovvero FEM) costituisce uno dei
più importanti metodi numerici per la soluzione delle equazioni differenziali alle derivate
parziali nei problemi propri dell’Ingegneria e delle Scienze Applicate. Questa tecnica
dell'Analisi Numerica, che originariamente fu sviluppata per l'analisi di strutture in campo
aeronautico, si è rapidamente diffusa anche in settori non strettamente connessi
all'Ingegneria Strutturale. Oggi, i suoi campi di utilizzo sono vastissimi: dall'analisi
strutturale ai processi industriali, dalla Meteorologia all'Ingegneria Biomedica. Il grande
vantaggio di questa tecnica computazionale consiste nel fatto che l'implementazione in un
codice di algoritmi iterativi, relativamente semplici, consente in tempi di calcolo
ridottissimi di disporre di soluzioni, praticamente "esatte" di problemi molto complessi,
altrimenti non ottenibili per altra via. Inoltre, come detto, il Metodo degli Elementi Finiti,
si presta all'analisi di problematiche tra loro molto diverse nella formulazione analitica, e
questo lo rende uno strumento molto versatile ed affidabile.
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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1.1 Introduzione al metodo degli elementi finiti.
Descrizione del problema. I fenomeni naturali e le attività umane generano forze,
variabili nel tempo, su strutture semplici o complesse. L'analisi del progetto di tali
strutture soggette a carichi dinamici costringono a considerare le forze inerziali dipendenti
da tempo. La resistenza di una struttura allo spostamento può includere forze che sono
funzioni dello spostamento stesso e della velocità. Di conseguenza, le equazioni che
governano il moto del sistema sono generalmente equazioni differenziali non lineari alle
derivate parziali, ovvero PDEs (Partial Differential Equations) che sono estremamente
difficili da risolvere in termini matematici. Di fatto, solo per certe situazioni semplificate si
possono ottenere soluzioni analitiche. Fra i metodi analitici più usati per la risoluzione di
una PDE vi sono quelli basati sulle Trasformate di Fourier e di Laplace, metodi
largamente impiegati nella risoluzione delle equazioni differenziali ordinarie. Il
procedimento consiste nel ridurre la PDE in una equazione ordinaria della trasformata di
Fourier o di Laplace della funzione incognita. Risolta quest'ultima equazione, l'incognita
viene determinata mediante una antitrasformazione.
Per i problemi fisici reali (che implicano complesse proprietà dei materiali, condizioni di
carico e condizioni al contorno), invece, quello che si tenta di fare è di introdurre ipotesi
ed idealizzazioni necessarie per rendere il problema matematicamente più facile, ma
ancora capaci di fornire soluzioni sufficientemente approssimate e risultati abbastanza
soddisfacenti dal punto di vista della sicurezza e dell'economia. Il legame tra il reale
sistema fisico e la soluzione matematica è fornito dal modello matematico del sistema
idealizzato, che include tutte le ipotesi ritenute significative per il sistema reale.
La soluzione delle equazioni del modello matematico viene, attualmente, calcolata
attraverso l'impiego di potenti metodi numerici (essenzialmente il Metodo degli Elementi
Finiti basato sulla formulazione variazionale) che rendono possibili l'esecuzione dello
studio e della progettazione in maniera pratica ed efficace. L'analisi teorica delle tecniche
di simulazione numerica e lo sviluppo applicativo dei relativi codici di calcolo
all'ingegneria meccanica-strutturale, costituiscono l'oggetto di studio della Meccanica
Computazionale delle Strutture.
Aspetti fondamentali del FEM. Il Metodo degli Elementi Finiti, ovvero FEM (Finite
Element Method), è una tecnica dell'Analisi Numerica volta ad ottenere, come anticipato,
soluzioni approssimate per una molteplicità di problemi, non solo di Ingegneria
Strutturale, ma anche di Fisica, Bioingegneria, Astronomia. Benché originariamente
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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sviluppato per studiare il campo tensionale nelle strutture aeronautiche, è stato poi esteso
ed applicato al vasto campo della Meccanica dei continui. Per la sua varietà di impiego e
duttilità quale strumento di analisi, è stato sviluppato ed è attualmente utilizzato nelle
Università e nell'Industria. In numerosi problemi fisici e ingegneristici risulta sufficiente
ottenere soluzioni numeriche approssimate, piuttosto che soluzioni analitiche esatte di
difficile utilizzo pratico. Poiché è sempre possibile (sotto certe ipotesi) scrivere le
equazioni differenziali e le condizioni al contorno anche di problemi complessi, si può
riscontrare tuttavia come non sia sempre possibile trovare una soluzione analitica in
forma chiusa, a causa della irregolarità della geometria.
Una possibilità per superare questa difficoltà è quella di fare ipotesi semplificative per
ridurre il problema dato ad uno possibile da trattare. Cronologicamente, il primo metodo
di Analisi Numerica sviluppato è stato il Metodo delle Differenze Finite ovvero FDM
(Finite Differences Method). Tale metodo lascia per così dire inalterato il modello fisico
e discretizza le equazioni differenziali del problema. L'algoritmo delle equazioni alle
differenze finite aumenta di efficacia al crescere del numero dei punti (dove la funzione è
incognita) di intersezione della griglia, che si sovrappone al dominio di definizione della
funzione incognita. Con il FDM si possono trattare problemi anche molto complessi (per
esempio di Fluidodinamica Numerica). Se tuttavia subentrano geometrie irregolari o
particolari condizioni al contorno, tale metodo diventa di difficile applicazione. Più
Figura 1
recentemente il FDM è stato soppiantato dal FEM: contrariamente al primo metodo, che
vede il dominio da analizzare come una serie di punti di un reticolo, il FEM vede il
dominio come l'unione di tanti sottodomini di forma elementare (vedi Figura 1).
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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Sintetizzando, come si è fatto in precedenza, si può dire che, in quest'ultimo caso, le
equazioni differenziali vengono lasciate inalterate (relativamente a ciascun elemento
finito) mentre il dominio viene discretizzato. In un problema al continuo di qualsivoglia
dimensione, cioè in un corpo o in una regione dello spazio in cui abbia luogo un
particolare fenomeno, la variabile di campo, come la pressione, lo spostamento, la
temperatura, la velocità o la densità, è funzione di ciascun generico punto del dominio di
definizione. Di conseguenza il problema presenta un numero infinito di incognite. La
procedura di discretizzazione agli elementi finiti lo riduce ad un problema con un
numero finito di incognite, suddividendo il dominio in elementi finiti ed esprimendo il
campo incognito in termini di funzioni approssimanti, definite all'interno di ogni
elemento. Le funzioni approssimanti, chiamate anche funzioni di forma, vengono
individuate mediante i valori che la variabile dipendente assume in punti specifici detti
nodi. I nodi sono posti di solito sul contorno degli elementi, in punti comuni a due o più
elementi. Oltre ai nodi sul contorno un elemento può presentare dei nodi al suo interno.
I valori che la variabile di campo assume sui nodi, ne definiscono univocamente
l'andamento all'interno dell'elemento. Nella rappresentazione agli elementi finiti di un
problema, i valori nodali della variabile di campo rappresentano le nuove incognite.
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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1.2 Formulazione del problema strutturale.
Dagli studi che generalmente si seguono ai corsi di ingegneria si è abituati a fare un’analisi
a livello dell’elemento infinitesimo del corpo oggetto di studio. L’applicazione delle
relative equazioni di equilibrio, costitutive e di conservazione permettono di ottenere
delle equazioni differenziali che governano il comportamento del sistema a livello
infinitesimo. Tali relazioni così ricavate presentano spesso una forma piuttosto complicata
e, nella maggior parte dei casi pratici, non sono risolvibili in forma chiusa (cioè esatta) a
causa di articolate condizioni al contorno ed alla non regolarità del dominio di
integrazione.
La soluzione di un qualsiasi problema governato da note equazioni differenziali può
essere affrontata in tre differenti modalità, ognuna delle quali presenta diverse
caratteristiche e particolarità.
Un problema strutturale può essere riportato in una delle seguenti forme: la formulazione
forte, la formulazione debole e la formulazione variazionale.
Tra queste quelle debole e variazionale sono direttamente collegate al FEM: le equazioni
differenziali vengono trasformate in equazioni algebriche, mediante operazioni di
integrazione o di derivazione. L’insieme delle equazioni algebriche è sistematicamente
risolvibile mediante la teoria dei sistemi lineari.
Formulazione forte. La formulazione di un problema in base alle sue equazioni
differenziali, unite alle necessarie condizioni al contorno, è la cosiddetta formulazione
forte, di cui è possibile valutare la soluzione analitica (quindi esatta) solo per un certo
numero limitato di casi particolari: semplici condizioni al contorno ed un dominio di
integrazione regolare. Si consideri ad esempio l’equazione differenziale che governa il
problema della fune inestensibile:
(1.2;1)
0 ) (
0 ) 0 (
2
2
l u
u
q
dx
u d
H
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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dove v(x) è lo spostamento verticale, H è il tiro della fune, x è l’ascissa e q è il carico
distribuito che agisce sulla fune. Si ponga l’attenzione sul fatto che se viene definito
l’operatore differenziale come segue:
(1.2;2)
2
2
dx
d
L
il problema rappresentato dalla (1.2;2) può quindi essere riscritto nella forma:
(1,2;3) q Lu
Tale forma di rappresentare il problema in forma forte è tipica della teoria degli operatori
dove nella (1,2;3) si può leggere un’applicazione lineare da uno spazio vettoriale delle
forze ad un altro degli spostamenti:
(1.2;4) u q L :
Formulazione debole. A causa delle già citate complicazioni legate alla soluzione analitica
delle equazioni differenziali, si cerca di risolvere tali problemi mediante l’impostazione
della formulazione debole. Il problema impostato secondo la formulazione forte viene
trasformato al fine di diminuire il grado di derivazione delle equazioni.
Consideriamo ad esempio lo stesso problema del punto precedente; si proceda al calcolo
del residuo ponderato mediante le funzioni peso w e quindi integrando su tutto il
dominio :
(1.2.5) 0
2
2
dx q
dx
u d
H w
La principale caratteristica delle formulazioni deboli è quindi la possibilità di diminuire il
grado di derivazione delle equazioni differenziali (indebolendole appunto) mediante una
procedura matematica che consiste nell’integrazioni per parti. Dalla (1.2;5) si può inoltre
evincere come tale impostazione consideri il residuo dell’equazione differenziale
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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eventualmente approssimata. In particolare il residuo viene valutato su tutto il dominio
rendendo meno restrittiva la richiesta (valore medio e non puntuale).
Formulazione variazionale. Con la formulazione variazionale si caratterizza la soluzione
mediante un metodo matematico che permetterà di costruire le equazioni di equilibrio
come estremanti di un funzionale, dove per funzionale si intende un’applicazione (ad
esempio potenziale totale del sistema) del tipo:
(1.2;6) X :
Essendo X uno spazio vettoriale e l’insieme dei numeri reali.
L’impostazione variazionale nasce dalla considerazione che ogni fenomeno fisico viene
retto da una qualche grandezza (ad esempio
il funzionale) che, per trovare una
condizione di equilibrio, deve essere resa
massima o minima. Si pensi ad esempio alla
catenaria dove tra le possibili configurazioni
di equilibrio, quella che si verifica in natura è
quella che realizza la minima area A
racchiusa alla catena stessa e da un asse di
riferimento (vedi Figura accanto).
L’equazione algebrica tipo si costruirà mediante una procedure di derivazione simile alla
seguente:
(1.2.7) 0
i
x
Il vantaggio di una formulazione variazionale sta nel fatto che le equazioni che se ne
ricavano contengono già all’interno le condizioni naturali (di Neumann). Ad esempio le
forze interne che nel metodo diretto vengono considerate, in quello variazionale non
vengono prese in considerazione perché compiono lavoro nullo.
Un altro vantaggio della formulazione variazionale, oltre che nella possibilità di ricavare le
equazioni algebriche con metodi sistematici, sta anche nel fatto che le condizioni al
contorno naturali (di Neumann) sono già contenute all’interno del funzionale. Per contro
il procedimento non permette un diretto controllo sulle equazioni generate in quanto non
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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sono facilmente riconducibili relazioni con il mondo fisico ed inoltre non è sempre facile
riuscire a ricavare il funzionale del problema in esame.
Il Principio dei lavori virtuali Uno dei principi più utilizzati per lo sviluppo della teoria
degli elementi finiti risulta essere il principio dei lavori virtuali (PLV), che afferma:
“L’applicazione di uno spostamento virtuale congruente con le condizioni di vincolo ad
un sistema in equilibrio, genera un sistema di forze (interne, esterne e vincolari) tale per
cui il lavoro interno (quello prodotto dalle forze interne) risulta uguale al lavoro esterno
(quello prodotto dalle forze esterne)”.
Come è noto il lavoro di una forza è pari al prodotto scalare della forza per lo
spostamento del suo punto di applicazione. Il lavoro virtuale sfrutta la stessa definizione:
(1.2;8) s F L
Con riferimento alla Figura in basso, è possibile scrivere il principio dei lavori virtuali
come segue:
(1.2;9)
i k
k k
j
j j i i
s F R u F
dove ui sono gli spostamenti dei punti di
applicazione delle forze, j sono i cedimenti
vincolari e sk sono gli spostamenti virtuali
interni (allungamento della molla).
Tale principio è uno strumento molto potente per poter ricavare le relazioni matriciali
che servono per l’implementazione in codici di calcolo in grado di risolvere le strutture
idealizzate.
Inoltre, non avendo formulato nessuna ipotesi sulla natura delle leggi costitutive, queste
possono essere lineari o non-lineari.
Le ipotesi che devono essere rispettate sono:
la congruenza tra spostamenti e deformazioni;
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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l’equilibrio tra forze interne, esterne e vincolari.
La potenza del principio è insita nella possibilità di scindere i due sistemi: forze e
spostamenti - deformazioni non devono essere necessariamente legati l’uno all’altro. Ciò
significa che una struttura può essere studiata nel suo comportamento usando delle forze
di prova, ottenendo come risultato un campo degli spostamenti che rappresenterà, per
l’appunto, il comportamento.
Capitolo 1 Metodo degli elementi finiti: Teoria matematica
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1.3 La soluzione approssimata dell’equazione di governo.
Un qualsiasi problema pratico nella scienza e nella tecnologia può essere formulato
matematicamente in un dominio assegnato da un set di equazioni di governo ( equazioni
differenziali ordinarie o alle derivate parziali con relative condizioni al contorno ). In
genere si tratta di equazioni di cui la soluzione in forma chiusa può essere trovata solo per
geometrie semplici e a volte anche attraverso ipotesi semplificative.
La soluzione del problema potrebbe essere trovata o attraverso l’utilizzo di un metodo
sperimentale, che comporterebbe comunque costi necessariamente elevati ed i cui
risultati sono con difficoltà generalizzabili, ovvero attraverso metodi che forniscono
soluzioni approssimate del problema, che hanno il vantaggio di essere applicabili anche a
geometrie complesse, e tali che la bontà dei risultati forniti sia opportunamente
controllabile e misurabile.
Tra questi, il metodo degli elementi finiti (FEM) è una tecnica matematica che attraverso
la riformulazione del problema in termini discreti, permette di ottenere “soluzioni
approssimate”.
Soluzione approssimata dell’equazione di governo. Supponiamo di voler conoscere la
risposta U di un problema, che è descritto da un set di equazioni di governo.
A seconda del tipo di problema, U può essere definita in un dominio monodimensionale
(U(x)), bidimensionale (U(x,y)) o tridimensionale (U(x,y,z)); inoltre nel caso di problema
non stazionario la U è anche funzione del tempo (U(x,y,z;t)), e tale funzione può risultare
o di tipo scalare (U(x,y,z;t)) o vettoriale (U(x,y,z;t)= (U1(x,y,z;t), U2(x,y,z;t), …, Un(x,y,z;t)).
Per semplicità consideriamo un problema monodimensionale stazionario, per il quale la
risposta è di tipo scalare U=U(x).
Un metodo di soluzione approssimata consiste nel cercare una soluzione u
~
(x), costituita
da un’espressione esplicita in termini di “funzioni note ed opportunamente definite” che
tuttavia soddisfi approssimativamente l’equazione o le equazioni di governo e le
condizioni al contorno.
Una procedura approssimata di soluzione (vedi figura 2) è in genere caratterizzata dalle
seguenti fasi:
1. scelta della soluzione di tentativo;
2. adozione del criterio di ottimizzazione;
3. stima di accuratezza della soluzione;