VII
E’ legittimo attendere che si avranno conseguenze anche
nell’organizzazione del lavoro (telelavoro, tele-management..) e nel
rapporto con unità esterne all’impresa (outsourcing).
Le risorse umane, i vari stakeholder (azionisti, manager, lavoratori,
banche, fornitori, clienti, mercato finanziario, istituzioni formative,
pubblica amministrazione), si andranno sempre più qualificando
culturalmente, professionalmente con crescenti possibilità di un loro
coinvolgimento ai risultati gestionali. Opportunità e condizionamenti si
creeranno anche nel cambiamento dei modelli di consumo con una
maggiore possibilità di soddisfare una più autonoma ed esigente domanda
del consumatore finale (che diventa prosumer) grazie ad un marketing
interattivo (es: televisione on demand con un rapporto diretto con il
produttore), nel rapporto con la distribuzione (franchising, prodotto
virtuale) con le relative conseguenze nel campo della logistica. Rilevante
sarà anche l’impatto del mutamento delle scelte istituzionali e legislative
nei vari settori (es: telecomunicazioni,...).
Un quadro quindi delle reali prospettive dell’impresa nel mondo attuale e
futuro, utili per avvalorare l’aumento della complessità ambientale in un
contesto globale.
Nasce l’esigenza anche nelle teorie d’impresa di un aggiornamento alla
luce di questi cambiamenti.
E’ da questo approfondimento che nasce e si sviluppa questo lavoro,
secondo la metodologia della teoria evolutiva d’impresa
2
che propone una
interpretazione della realtà industriale secondo una visione per paradigmi e
archetipi.
2
Autori di riferimento B. Di Bernardo, E. Rullani in vari contributi: “Evoluzione: un nuovo paradigma
per la teoria d’impresa e del cambiamento tecnologico”, in Economia e politica industriale, n°42, 1984;
Transizione tecnologica e strategie evolutive: l’impresa industriale verso l’automazione, , Cedam,
Padova,1985; Il Management e le macchine, Il Mulino, Bologna, 1990. Questa teoria nasce in relazione
alla emergente difficoltà a spiegare l’economia dell’impresa nell’era del post-fordismo.
VIII
Questo approccio permette di collocare le forme d’impresa identificate
nei tre capitoli del lavoro [soggetto, manageriale, , post manageriale] in una
dimensione storica (paradigmi) secondo l’evoluzione delle variabili
ambientali e tecnologiche (vengono distinte tre fasi: meccanizzazione
puntuale, produzione di massa, automazione).
Per quanto riguarda gli archetipi che rappresentano l’aspetto funzionale
di governo della complessità viene presa in considerazione la finanza
aziendale come area manageriale ad alto contenuto informativo interessata
alla gestione del fattore capitale.
Se ne opera un’analisi teorica analizzando alcuni contributi in letteratura
al fine di mostrare la sua capacità di stimolare, di responsabilizzare, di
aggregare le varie soggettività che ruotano attorno all’impresa e si
individuano tre momenti (contabile, sistemico, interattivo) che identificano
diversi livelli di dialogo con gli stakeholders.
Naturalmente questi non vengono successivamente a sopprimersi, ma
convivono in una struttura stratificata.
Si considera come categoria finanziaria il capitale di rischio inserendolo
nei modelli d’impresa delineati da una iniziale coincidenza della proprietà
con il potere di controllo, ad una separazione e ad un tentativo di
ricomposizione nell’ottica post manageriale.
In essa viene messa in risalto la possibilità e l’opportunità di coinvolgere
unità esterne all’impresa in una concezione di imprenditorialità a rete in
grado di coagulare risorse diverse per una strategia innovativa.
Entra ancora su questo piano il discorso finanziario per quantificare e
misurare i possibili risultati a livello di progetto, di opzioni da perseguire e
per razionalizzare la reperibilità delle fonti necessarie.
Il lavoro prende in considerazione la realtà italiana facendo una breve
premessa sui modelli di capitalismo presenti nei paesi anglosassoni, in
IX
alcune realtà dell’Europa centrale e in Giappone mettendone in rilievo le
loro possibili potenzialità in materia di allocazione efficiente delle risorse.
Per la situazione in Italia si analizza l’anomalia del capitalismo familiare
che non offre ad esempio ai lavoratori né la partecipazione di tipo tedesco
né la fiducia americana nell’efficienza dei mercati del lavoro e dei capitali
con un potenziale di conflitto tra lavoratori e imprese più aspro soprattutto
nella riduzione e nella riorganizzazione della mano d’opera e che presenta
una struttura per grandi gruppi industriali che controllano buona parte degli
investitori istituzionali che canalizzano sempre più il risparmio verso la
partecipazione alla proprietà delle imprese.
Per quanta riguarda il rapporto con le varie soggettività si descrivono le
problematiche relative ai lavoratori in materia di fondi pensione e il
rapporto banca impresa alla luce dei nuovi provvedimenti legislativi e degli
strumenti gestionali a livello finanziario sempre in una prospettiva
interattiva.
1
Premessa metodologica
P.1. Dialogare con la complessità
Non è possibile dare una definizione univoca di complessità, in quanto
il termine stesso provoca sensazioni di molteplicità di situazioni, disordine,
dinamicità, indeterminismo, incertezza, ambiguità.
D’altra parte la complessità non è una dimensione generale e, pertanto,
non cresce nel tempo in termini assoluti, ma va riportata in termini
soggettivi e intersoggettivi ai differenti potenziali interpretativi disponibili
nelle diverse epoche storiche. E’ quindi un valore relativo funzione delle
capacità di cui i soggetti dispongono. Il suo emergere, in quanto
connaturato all’ambiente, dipende dall’apertura e dalla profondità di analisi
che si vuole dare al reale, dalla tensione a coglierne anche gli aspetti
contraddittori e in movimento.
1
Si può però cadere in una doppia tentazione: da un lato fuggire dalla
complessità, chiudendosi nel proprio mondo interpretativo della realtà;
dall’altro inseguire la complessità perdendo di vista l’essenziale,
rispondendo alla realtà con strumenti decisionali che oscurano spesso
l’opportunità competitiva che l’impresa può cogliere.
E’ dunque indispensabile un atteggiamento di riconciliazione con la
complessità, ed è questa la prospettiva di ricerca che si propone in questo
lavoro.
La sfida della complessità, se accolta con umile ascolto dei segni dei
tempi e nel rispetto di quella legittima autonomia delle realtà terrene che
hanno leggi e valori propri che l’uomo è tenuto a rispettare e che con fatica
1
Cfr. C. Benevolo, Complessità, in L. Caselli (a cura di), Le parole dell’impresa, volume I, pag. 154,
collana documenti ISVET, F. Angeli, Milano, 1995.
2
deve scoprire riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni singola
scienza o arte
2
, pone il ricercatore e il soggetto economico in generale a
riscoprire una ragione capace di stupirsi e che riconosca la dignità del reale,
la sua fitta trama ontologica, la sua dignità d’essere, la sua densità
relazionistica con una intelligenza capace di discernere l’essenziale.
Solo se ordine e caos vengono pensati all’interno di una regione di
frontiera in cui non vengono negati, ma, anzi, in cui attraverso il loro
conflitto si sprigionano le capacità creative, allora emerge la possibile
soluzione. Questa regione di frontiera si presenta come un’area sfumata;
essa ha bisogno della diversità e dell’errore per creare, va organizzata, ma
non istituzionalizzata perché è un’attività rigeneratrice a tutti livelli, la
quale si fonda sulla computazione, l’elaborazione di strategie, la
comunicazione, il dialogo
3
. Si tratta di porsi nell’ottica di un miglioramento
continuo, di un sistema in continua ricerca di sé, mai concluso, la cui
tensione alla perfezione è sempre presente ed avviene con la ricerca e
l’autocritica.
Risulta importante, ai fini di un chiarimento terminologico, la
distinzione fra un problema complesso da uno complicato. Quest’ultimo
rimane all’interno di un mondo continuo e derivabile dal punto di vista
informazionale, dove ciò che conta è la quantità, il suo costo, la sua
accessibilità e la capacità computazionale a disposizione, mentre l’esistenza
di fenomeni complessi costringe ad ammettere la molteplicità dei punti di
vista e la scarsa prevedibilità di quei fenomeni stessi. In sostanza, un
problema è complesso se presenta una di queste caratteristiche: 1) è aperto,
cioè possiede un numero infinito di soluzioni, 2) gli enti in gioco sono in
2
Cfr. Gaudium et spes, n°36, pag.30, Figlie di S. Paolo, 1986
3
Si veda E. Morin, Le vie della complessità, in G. Bocchi-M. Ceruti (a cura di), La sfida della
complessità, Feltrinelli, III ed., 1987 (I ed. 1985).
3
grado di apprendere, 3) gli enti in gioco costruiscono linguaggi o sistemi
simbolici evoluti
4
.
Se come ente in gioco si considera l’impresa intesa non come una
categoria astratta, ma come soggetto storico che vive all’interno di una
temporalità e spazialità e che condetermina le sue forme e l’ambiente
5
;
allora si può comprendere quale influenza reciproca si instauri con la
complessità. Essa si sviluppa sia con i soggetti esterni ed interni
all’impresa, con le attese di tutti coloro che entrano in rapporto con essa a
vario titolo.
L’impresa presenta quindi una irriducibile complessità perché è tante
cose ad un tempo: un flusso di trasformazioni, un agente economico che
crea valore, un organismo, un cervello, un insieme di culture, una struttura
socio-psicologica, un sistema di potere; non è un attore isolato, ma
momento di una popolazione di attori che concorrono alla definizione del
mercato e dell’ambiente.
A livello di management e più in generale in sede scientifica, come si
vedrà più avanti, si sta procedendo ad un revisione della rete concettuale
per tentare una conciliazione con la complessità e, parallelamente, una
rivalutazione dell’intelligenza e della creatività dell’uomo che permettano
non solo di reagire al cambiamento, ma di creare le capacità di cambiare e
modificare il contesto nel quale ci si trova ad operare
6
.
Molti autori si sono occupati di queste tematiche dando, come detto
all’inizio di questo paragrafo, una risposta non univoca; in questo lavoro si
farà principalmente riferimento al rilevante contributo di un gruppo di
economisti che ha elaborato il cosiddetto “approccio evolutivo” alla
complessità
7
, integrandolo con altre scuole di pensiero
8
. Secondo la visione
4
Cfr. L. Biggiero, Teorie dell’impresa..., pag. 76, F. Angeli, Milano, 1989.
5
Cfr. G. Sapelli, L’impresa come soggetto storico, pag. 17, Il Saggiatore, Milano, 1990.
6
Si vedano le considerazioni nate dal Convegno della Sda Bocconi “Economia, società e management:
riflessioni alle soglie del XXI secolo”, S. Margherita Ligure, in Il Sole-24 Ore, pag. 6, 12/11/95.
7
In particolare: B. Di Bernardo, E. Rullani, S. Vaccà.
4
evolutiva, il concetto di complessità viene impiegato nel suo significato
tecnico, ripreso dalla teoria dei sistemi, e si esprime come “il grado di
varianza che manifesta un fenomeno, ossia il numero dei casi possibili che
si presentano distinti nel senso di qualitativamente differenti l’uno
dall’altro per aspetti significativi. [...] La varianza di un fenomeno ha una
dimensione sincronica (varietà) e una dimensione diacronica (variabilità),
che sono comprese insieme nel concetto di complessità. La varietà si
riferisce alla differenziazione (effettiva o potenziale) dei casi possibili che
possono presentarsi in uno stesso momento; la variabilità si riferisce invece
alla possibilità che un fenomeno presenti varianti successive nel tempo”
9
.
Con questa accezione, in termini di varietà/variabilità, non si vuole
certamente ridurre il concetto di complessità su un piano puramente
computazionale, ma invece proiettarlo in una prospettiva di cambiamento
delle regole e dei significati dove l’impresa è anche sistema cognitivo che
apprende, interagisce con la realtà e genera decisioni nel processo di
formulazione e realizzazione delle strategie
10
. In questa fase di dialogo con
l’ambiente, che si caratterizza storicamente oggi con la presenza di un
potenziale tecnologico (interazione, virtualità), con una dilatazione
dell’orizzonte spaziale (globalità) e un diverso e più esigente
comportamento del consumatore, il management spesso si trova di fronte a
situazioni di “eccesso” di complessità da fronteggiare. Per questo, alcuni
autori
11
distinguono all’interno della complessità totale, la complessità
libera e quella governata.
8
Con riferimento in particolar modo a: La scuola del valore con capofila in Italia il Prof. Luigi Guatri,
Prof. Salvio Vicari con l’estensione del concetto di autopoiesi al sistema d’impresa e lo studio dei
capitalismi nazionali e il Prof. G.Lorenzoni con lo studio dell’impresa guida, le imprese terze e il
concetto di rete.
9
Da E. Rullani, La teoria dell’impresa: soggetti, sistemi, evoluzione, pag. 16-17, in M. Rispoli (a cura
di), L’impresa industriale, Il Mulino, Bologna, 1989.
10
Cfr. L. Biggiero, “Teoria dell’impresa: alcuni spunti di riflessione”, in Economia e politica industriale
n. 71, 1991, pag. 39-40.
11
Si veda: B. di Bernardo, E: Rullani, Il Management e le macchine, pag 147-160, Il Mulino, Bologna,
1990.
5
La prima è definita dal numero delle varianti significativamente
diverse che possono prodursi nell’ambiente, indipendentemente dall’azione
e dalla volontà del sistema. La seconda consiste dal numero delle varianti
che possono essere prodotte in modo controllato dal sistema stesso,
mediante i mezzi (codici, linguaggi, strutture) di cui esso dispone.
L’influenza reciproca tra queste due dimensioni della complessità è
inevitabile, il management esercita in continuazione un processo di
selezione intelligente delle varietà presenti nella complessità libera, per
alimentare la complessità regolata interna producendo informazione utile ai
fini decisionali.
C’è sempre però la prospettiva dell’iper-complessità, del limite interno
manifestato dalla via organizzativa al controllo della complessità, della
spirale che si crea quando la complessità governata, che in origine era stata
costruita per sostituire la complessità libera diventa a sua volta complessa,
tale da generare varietà e variabilità incontrollate e imprevedibili al suo
interno.
Si vedranno più avanti le possibili soluzioni concrete gestionali, ma è
prioritario tentare una conciliazione fra pratica e teoria convinti che in un
contesto complesso essa abbia ancora un ruolo che non è certamente quello
di esaurire tutta la varietà e variabilità del possibile, ma quello di essere
utile per una pre-riduzione della complessità rispetto al momento della
decisione concreta. In particolare, nei prossimi paragrafi si analizzeranno
criticamente le principali teorie d’impresa e i loro fondamenti metodologici
alla luce della loro sensibilità a recepire l’attuale cambiamento
nell’economia d’impresa e ad analizzare l’evoluzione della varietà delle
forme d’impresa e dei percorsi di sviluppo.
6
P.2. Epistemologia e teorie d’impresa
Non è certamente obiettivo di questo lavoro svolgere approfondimenti
di filosofia della scienza, si faranno solo brevi cenni al fine di inquadrare le
teorie d’impresa.
La scienza è stata la prima a fare i conti con la scoperta del mondo
come sistema complesso. Il momento cruciale è l’inizio del XX secolo,
quando Planck (1858-1947) e la teoria sui quanti, Heisenberg (1901-1976)
con il principio d’indeterminazione e infine Einstein
12
(1879-1955) con la
teoria della relatività hanno minato le fondamenta del cristallo
deterministico e hanno iniziato a dipanare un corpus apparentemente
coerente di definizioni teoriche. Per inquadrare più approfonditamente
l’evoluzione teorica nella scienza economica, come in tutte le altre scienze,
è necessaria una premessa nell’ambito dell’epistemologia, intendendo
questa come attività di supporto al sapere e ai saperi specifici, rivolta
quindi alla creazione e chiarificazione dei supporti metodologici di cui i
vari sottosistemi scientifici possono disporre. In questa disciplina, il
dibattito
13
ruota intorno alla scelta di fondo tra realismo e relativismo. Il
primo sostiene, con toni e prospettive anche molto differenziate, la
possibilità di rappresentazione teorica della realtà considerata unica e
regolata da leggi immutabili; il secondo nega la possibilità di attribuire
oggettività alla realtà e considera la concezione della teoria scientifica
come niente altro che uno dei possibili modelli di conoscenza
14
.
12
Si veda , Umberto Bottazzini, “Tutto è relativo tranne la relatività”, in Il Sole-24 Ore, pag. 28, 30/7/95.
13
Cfr. 10° Congresso internazionale di Logica, metodologia e filosofia della scienza, breve richiamo in Il
Sole-24 Ore, pag. 21, 27/8/95 e recensione libro di Paolo Parrini, Conoscenza e realtà. Saggio di filosofia
positiva, Laterza, Bari, 1995 e art. di A. Massarenti, in Il Sole-24 Ore, pag. 29, 24/9/95.
14
Cfr. C. Ciappei, Autonomia e assetti d’impresa, pag. 17, Giappichelli Editore, 1990.
7
Il realismo è storicamente la posizione dominante nel mondo
scientifico, che, a partire da Galileo (1564-1642) e Descartes (1596-1650) ,
si rafforza con l’illuminismo e nell’800 con il positivismo. Questa filosofia
subisce progressivi attacchi tali da portarla ad assumere forme più tenui nel
realismo metafisico e, successivamente,nel realismo interno
15
.
Nella corrente di pensiero del relativismo, si possono distinguere due
prospettive di ricerca: una fa capo a R.Rorty
16
; l’altra può essere etichettata
come costruttivismo. Si forma all’inizio del nostro secolo anche una
corrente di pensiero definibile come realismo critico che fa capo a K.
Popper
17
. Senza approfondire le suddette teorie si sintetizzano le diverse
principali impostazioni nella seguenti figure
18
commentandole brevemente
15
Si veda , H. Putnam filosofo analitico, americano, contemporaneo (1926-), come autore di riferimento
di questo filone, “Realismo e antirealismo”, in Il Sole-24 Ore, pag. 25, 7/1/96.
16
Filosofo americano contemporaneo (1931-). Cfr.tra le sue opere: La filosofia e lo specchio della natura,
1979, si veda anche: Armando Masserenti, “Rorty: va pensiero anche senza assoluti”, in Il Sole-24 Ore,
pag. 27, 23/7/95.
17
Filosofo (1902-94), tra le sue opere di epistemologia vanno ricordate: La logica della scoperta
scientifica (1934) e Congetture e confutazioni (1962), si veda: “Sir Karl, filosofo dell’eterna ricerca”, in
Il Sole-24 Ore, pag. 28, 18/9/95.
18
Da L. Biggiero, op. cit., pag.28, 1989.