2
La caratteristica fondamentale dell'istituto è che sono le parti a
scegliere i soggetti che decideranno la loro controversia, cioè gli
arbitri. Si può ricorrere all'arbitrato se le parti hanno manifestato
questa scelta al momento della redazione del contratto inserendo
la clausola arbitrale oppure sottoscrivendo un compromesso
arbitrale nel momento stesso in cui la lite è insorta.
Il lodo arbitrale, cioè la decisione degli arbitri, ha gli stessi effetti
di quella del giudice di primo grado (Tribunale, Giudice di
Pace). Le parti inoltre non hanno necessità di ricorrere
all'assistenza di un avvocato e possono liberamente far pervenire
qualsiasi documento o deduzione scritta. I costi dell'arbitrato,
che sono determinati sulla base delle vigenti tariffe
professionali, sono molto ridotti rispetto a quelli normalmente
necessari per affrontare un contenzioso ordinario e sono posti a
carico della parte soccombente.
Unico presupposto per attivare la procedura è che le parti siano
d'accordo nel deferire la controversia all'arbitro. E' bene quindi
3
sentire preventivamente l'altra parte per sapere se intende o meno
ricorrere a questo tipo di soluzione. Se l'accordo non c'è sulla
scelta dell'arbitrato è sempre possibile richiedere (anche da una
sola delle parti) un "parere pro veritate" ossia un parere giuridico
che indica quale è la soluzione da applicare al caso proposto.
Tale parere non è vincolante ma le parti possono sapere in tal
modo chi ha ragione e decidere eventualmente di comporre la
lite.
4
1. 2. L’arbitrato nell’antica Roma.
Nonostante possa apparire strano, molte testimonianze indicano
la presenza dell’istituto arbitrale a Roma da tempi lontanissimi,
già da secoli e secoli dunque, i privati si affidano nella decisione
delle controversie, a quei soggetti denominati “arbitri”. Agivano
dunque al di fuori di quelli che erano i normali canoni posti
dall’ordinamento, e soprattutto ricorrevano ad un istituto diverso
da quello che era il processo controllato dagli organi della
collettività.
Il pretore tra la metà e l'ultima età repubblicana dispose una
tutela giudiziaria ad alcune convezioni diffuse nella prassi -
compravendita, locazione, società, mandato - , ma non diede un
altrettanto riconoscimento a quello strumento mediante cui due
parti concordavano extragiudizialmente di affidare di comune
accordo e a persona determinata la decisione di una loro
controversia.
5
Era evidente all’epoca il disfavore del pretore verso questo
istituto, disfavore derivante probabilmente da un timore, dalla
paura che esso, già diffuso tra la gente di affari prima della
creazione del processo formulare, potesse minacciare il “suo
processo”.
Perciò qualora i privati manifestassero il desiderio di ricorrere
all’arbitrato anziché al processo ufficiale, il pretore negava ogni
tipo di protezione giudiziaria. Ed ecco allora che la
giurisprudenza escogitò un complesso espediente: suggerì alle
parti di dare luogo a reciproche stipulationes penali tramite le
quali una parte prometteva all'altra, il pagamento di una somma
determinata di denaro, in caso di insolvenza, la controversia
sarebbe stata decisa da un arbitro che le parti concordemente e
liberamente avevano scelto. Si parlò al riguardo di
compromittere e compromissum. Intorno agli inizi del primo
secolo a.C. , il pretore non poté più far finta di nulla, e fu
costretto perciò a trattare nel suo editto l'arbitrato privato; con
6
l'edictum c.d. de receptis dispose una prima tutela per le parti che
ricorrevano all’arbitrato, nel caso in cui il soggetto che avesse
dato parola di rivestire il ruolo di arbitro, avesse poi deciso di
non procedere all'istruzione e alla decisione della controversia in
assenza di un giustificato motivo, sarebbe stato sottoposto ad una
“coercitio”, il più delle volte consisteva nella minaccia di
irrogazione di una multa, così facendo il pretore “costringeva”
l'arbitro designato dalle parti a svolgere il compito che si era
assunto, e quindi , a pronunziare la sentenza (sententiam dicere).
La materia fu così sempre più regolamentata, Matteo Marrone
nel settembre 1996 in occasione del congresso romano di Studi
latino-americani, indicò quelle che furono le prime disposizioni
disciplinanti l’arbitrato: fu previsto un termine per la pronunzia
della sentenza
1
; si escluse l'arbitrato privato in materia di
crimini e delitti infamanti
2
, di azioni popolari; si stabilirono
1
Arg. ex D.4.8.14 (Pomp. 11 ad Q. Mucium). La clausola relativa era spesso articolata in
modo da dare facoltà all'arbitro di prorogare il termine (c.d. clausula de die proferenda):
D.4.8.25.1 e 27 pr. (Ulp. 13 ad ed.). Cfr. K.-H. ZIEGLER, op. cit., 65 e seg., 70 e seg.
2
D.4.8.27.1 (Ulp. 13 ad ed.), D.4.8.32.19 (Paul. 13 ad ed.), D.4.8.47 pr. e 49.2 (Iul. 4 dig.).
7
principi circa la capacità di fare da arbitri, escludendo
ovviamente gli schiavi
3
, gli incapaci ed anche i minori di 25
anni
4
; si fissarono le regole per lo svolgimento del procedimento
arbitrale (convocazione delle parti e necessità della presenza loro
in ogni udienza, compresa quella della pronunzia della sentenza,
luogo e giorni di udienza, etc.).
Rivoluzionaria fu la precisazione che la pena contrattuale
sarebbe stata inflitta non solo alla parte che avesse disatteso la
sentenza arbitrale ma anche a quella che, regolarmente
convocata, non fosse stata presente anche ad una sola delle
udienze istruttorie
5
, senza addurre un giustificato motivo; alla
stessa pena sarebbe stata esposta la parte che, anche prima della
decisione arbitrale, avesse adito la giustizia ordinaria per fare
valere quella pretesa per cui aveva scelto il compromissum.
3
D.4.8.7 pr.-1 e 9 pr. (Ulp. 13 ad ed.), D.4.8.8 (Paul. 13 ad ed.).
4
D.4.8.9.1 (Ulp. 13 ad ed.), D.4.8.41 (Call. 1 ed mon.). Non è improbabile che dalla
funzione di arbitri fossero escluse le donne, almeno in punto di fatto: K.-H. ZIEGLER, op.
cit., 119 e seg.
5
D.4.8.21.9 (Ulp. 13 ad ed.), D.4.8.27.4 (Ulp. 13 ad ed.); D.4.8.40 (Pomp. 11 var. lect.).
8
Il quadro appare abbastanza chiaro, un istituto che fatica ad
ottenere il giusto riconoscimento, dunque non può sembrarci
paradossale il fatto che non fosse prevista la possibilità di
impugnare la decisione arbitrale, in realtà però nei casi più gravi
di sentenza ingiusta, la parte inadempiente poteva opporre
l'exceptio doli all'avversario che avesse agito con l'azione da
stipulazione penale, cosi la decisione arbitrale non poteva avere
esecuzione e la controversia poteva essere decisa in un giudizio
ordinario.
Le controversie erano varie: possesso di fondi, restituzione di
schiavi, responsabilità del tutore.
Dalle fonti giuridiche e private pervenuteci, è evidente come il
ricorso al compromissum, nel periodo considerato, avveniva a
tutti i livelli sociali: tra i membri della classe senatoria, tra gli
appartenenti alla classe media, fino alle persone di più modesta
condizione sociale, la ragione è abbastanza chiara: all'arbitro non
si corrispondeva alcun compenso.
9
Nel già citato congresso
6
del settembre 1996 Matteo Marrone
precisò che testimoni, tra il I sec. a.C. e il III d.C. , riguardo
l’applicazione dell'arbitrato mediante compromissum, sono
Cicerone
7
e Tacito
8
.
Nessun documento in lingua greca, eccetto un papiro mutilo
della collezione genovese
9
.
Tra i testi giurisprudenziali vi sono sei costituzioni imperiali di
età classica: tre nel titolo de receptis del Codex Justinianus
10
,
una nella Consultatio
11
; altre due, di Antonino Pio e di un
imperator Antoninus, richiamate in D.4.8.27.2
12
e D.4.8.32.14
13
.
Il IV secolo segna a Roma e nell’Impero l’affermazione di un
governo dispotico ed assoluto, tutti i poteri sono concentrati
nella mani dell'imperatore e il legislatore è l’ unica fonte viva
6
Congresso romano di Studi latino-americani settembre 1996.
7
Cic. In Verrem II.2.27/66; pro Roscio comoedo 4.10-13 e 5.15; epist. ad famil. 12.30.5.
8
L'episodio narrato da Tacitus hist. 1.24 e Sveton. Otho, 4.2 (il futuro imperatore Otone,
designato come arbitro da due suoi soldati per una lite di confini, acquistò il fondo di uno
dei litiganti e lo donò all'altro).
9
PUG Inv. nr. 1126.
10
(cc.1, 2 e 3 di C.2.55, l'ultima delle quali di Diocleziano).
11
(9.17).
12
(Ulp. 13 ad ed.).
13
(Paul. 13 ad ed.).
10
del diritto e in queste condizioni, il regime giuridico
dell'arbitrato cambia.
Nelle costituzioni imperiali di quest'epoca affiora l'idea dell'unità
della funzione giudicante, non importa se affidata ad organi dello
stato o a privati, così a partire dal IV secolo, il giudizio arbitrale
privato va verso una sua graduale regolamentazione secondo
principi e criteri analoghi a quelli propri della giurisdizione
ordinaria.
Sin dagli inizi dell'età postclassica, con appositi interventi
legislativi imperiali si dettarono le regole dei procedimenti e
delle decisioni affidate ai capi delle comunità cristiane ed
ebraiche - vescovi e patriarchi - per la risoluzione di liti di diritto
privato. Morrone
14
nella sua relazione dice che nel 408 Arcadio,
Onorio e Teodosio stabilirono che avessero diretta efficacia
esecutiva le decisioni per le quali fedeli cristiani, anche senza
l'espediente delle reciproche stipulazioni, si fossero
14
Congresso romano di Studi latino-americani settembre 1996.
11
concordemente e liberamente affidati al loro vescovo
(episcopalis audientia). Analogo provvedimento era stato
adottato dieci anni prima in ordine agli arbitrati per cui fedeli di
religione ebraica avessero fatto ricorso al giudizio dell'autorità
spirituale della comunità di appartenenza (solitamente, il
patriarca).
Quanto all'arbitrato privato «laico» - non affidato cioè vescovi e
patriarchi - una costituzione del 386, di provenienza occidentale,
di Graziano, Valentiniano e Teodosio, menziona l’arbitrato
accanto alle forme del processo ufficiale, dunque gli arbitri
privati accanto ai giudici ordinari.
L’intervento certamente più incisivo si ebbe con Giustiniano, il
quale introdusse come requisito fondamentale dell’arbitrato il
giuramento solenne, dei contendenti e dell'arbitro debitamente
documentato, la decisione arbitrale sarebbe stata così
direttamente vincolante e per la parte che aveva prevalso sorgeva
l’actio in factum per l'esecuzione della sententia arbitri.
12
Dieci anni dopo, fu lo stesso Giustiniano, che non ritenendo
efficiente l’espediente da lui creato, revocò la sua precedente
costituzione e, quindi, l'efficacia diretta della decisione arbitrale,
proibì così l'arbitrato giurato.
Il compromissum elaborato dai giuristi classici, tornò ad essere
la regola e la convenzione arbitrale, con o senza pena, divenne di
norma una convenzione scritta. Non è un caso pertanto che la
legislazione di Giustiniano in materia arbitrale presupponesse
solitamente l'esistenza di un documento che facesse fede dei
contenuti degli accordi tra le parti.
Ma quali erano nelle età postclassica e giustinianea i vantaggi,
che l'arbitrato privato offriva rispetto al processo ordinario?
Un aspetto non poco importante riguardava il fatto che il
procedimento arbitrale era gratuito; si presentava più snello e
semplice rispetto al processo ordinario
15
.
15
É fuori discussione che le testimonianze dell'applicazione, in concreto, del processo
ufficiale per le liti tra privati nelle età postclassica e giustinianea sono assai più numerose
rispetto a quelle relative al procedimento arbitrale privato.
13
Parte della dottrina, in polemica all’altra ritiene che la
spiegazione della diffusione dell’arbitrato risieda nel fatto che
esso era espressione di gruppi sociali, ad es. delle aggregazioni
di artigiani, di religiosi, i cui componenti ritenevano più naturale
risolvere tra essi le controversie privatistiche che reciprocamente
li riguardano, affidandole quindi ad uno dei loro anziché ad un
giudice, quest’ ultimo veniva considerato come un soggetto
estraneo appartenente alla compagine statale.
14
1. 3. Arbitrato e diritto Intermedio
Forme di arbitrato per la decisione delle controversie civili non
si sono avute solo nel diritto romano con le figure del iudicium e
del compromissum ma anche nel diritto medievale e nel diritto
dell'epoca moderna. Si pensi nell'alto Medioevo all' udientia
episcopalis, la cui struttura giuridica, anche nell'epoca della
dominazione ostrogota in Italia, era fondata su due caratteristiche
essenziali: la facoltà delle parti di rimettersi liberamente al
tribunale del vescovo per definire le loro controversie civili; la
natura e l'efficacia tipicamente arbitrali intrinseche alla sentenza
vescovile. La Chiesa sin dal periodo del Basso Impero invitava i
credenti a rivolgersi alla giurisdizione del vescovo e cercava di
sostituire l’opera dei tribunali ecclesiastici a quella delle
magistrature dello stato; ma solo nell'epoca dell’occupazione
longobarda la giurisdizione vescovile riuscì ad acquistare i
caratteri dì una magistratura pubblica.
15
Riferimenti a forme di giudizi arbitrali li troviamo in molte fonti
dell’alto Medioevo ed in particolare nelle raccolte legislative
compilate dai barbari.
In passato si credeva che durante l'epoca feudale, l’istituto non
fosse molto usato, ma in realtà le fonti del periodo attestano che
quell' epoca di evidente crisi del potere dello Stato, in cui non si
aveva fiducia nella giurisdizione pubblica fu il periodo in cui i
lauda, cioè le definizioni arbitrali delle liti appaiono più
frequenti delle sentenze giudiziarie. Una delle caratteristiche di
questo periodo storico, e di tutto l'alto Medioevo, è la larga
influenza di principi del diritto germanico sulla struttura dei
giudizi arbitrali.
L'epoca del rinascimento giuridico medievale fu di grande
importanza si assiste al diffondersi del giudizio arbitrale ed alla
sua trasformazione da istituto di natura privatistica a istituto di
carattere processuale.