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Capitolo 3
Un’analisi delle frodi assicurative in Italia basata su interviste e esperienze
professionali: casistiche, limiti e approcci preventivi dell’attività antifrode
3.1 Interviste ad operatori qualificati del mercato assicurativo:
metodologia, obiettivi e casistiche frodi
Questo capitolo è basato su una serie di interviste semi-strutturate ad
operatori qualificati del mercato assicurativo italiano, che lavorano per la
compagnia Aviva, colosso inglese che vanta un’esperienza di oltre 300 anni nel
settore assicurativo, con 53 milioni di clienti nel mondo e presente in Italia dal
1921.
La scelta dei soggetti da intervistare è stata fatta in base alla loro qualifica
professionale e alla loro azione diretta o indiretta nell’attività antifrode.
Ciò che emerge dalle seguenti cinque interviste sono: una conoscenza
approfondita del fenomeno fraudolento, con esempi di truffe realmente accadute;
gli aspetti operativo-strategici e normativi, i mezzi di contrasto che le compagnie
mettono in campo quotidianamente, e i metodi diversi, ma tutti finalizzati al
contrasto del fenomeno fraudolento.
Le interviste mirano a identificare i modus operandi tipici delle frodi
assicurative, dalle più comuni, a quelle messe in atto dalla criminalità organizzata,
attraverso un approccio analitico dell’attività sul campo dei responsabili di varie
business unit aziendali, impegnati in attività sia di antifrode pura, sia a livello
assuntivo e commerciale, e applicando il crime script.
A seconda del ruolo ricoperto in azienda, ho anche domandato agli
intervistati una casistica-tipo delle frodi da loro analizzate, per desumerne un
possibile modus operandi.
Ho inoltre chiesto quali limiti ravvisano nella loro attività e/o quali approcci
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situazionali sono stati messi in campo per prevenire o per evitare la reiterazione
delle frodi.
Il primo intervistato è il Responsabile operation risks and antifraud senior
specialist.
La sua attività principale è l’analisi delle frodi operate nei confronti di
Aviva e dell’analisi di rischio e dell’impatto economico che queste hanno sui
bilanci annuali della compagnia.
Ho domandato, innanzitutto, quali sono le frodi che colpiscono
maggiormente una compagnia assicurativa secondo la sua esperienza:
Sono le frodi in ambito liquidativo quelle che hanno un maggiore impatto. e esistono due
profili di tentativo di frode: il sinistro mai accaduto e quello avvenuto “gonfiando” le richieste di
danno.
Carrozzieri compiacenti che aumentano i preventivi di spesa o riparano con pezzi non
originali, interventi non necessari di società di infortunistica stradale e di avvocati, terzi
trasportati inesistenti al momento del sinistro, testimoni “a pagamento”, microlesioni false, etc...
sono solo alcune tra le pratiche fraudolente messe in atto per guadagnare illecitamente da un
sinistro automobilistico.
Un altro fenomeno fortunatamente risolto è quello della falsificazione dell’attestato di
rischio e del contrassegno.
Attraverso la dematerializzazione, già in corso, e convogliando tutte le informazioni alle
banca dati, in questo modo, gli intermediari possono conoscere la reale sinistrosità pregressa del
cliente. Ma il range di frodi possibili è estremamente ampio.
Aspetto cardine dell’illecito è rappresentato dal fatto che il truffatore
abituale e la criminalità organizzata ben conoscono la legislazione in materia: chi
organizza la frode, infatti, pone particolare attenzione ai processi della compagnia,
alla sua struttura interna e alla competenza degli uffici sul territorio.
Il truffatore, raccoglie molte altre informazioni fondamentali per trovare il
punto debole, sfruttarne le carenze e per capire come l’azienda si comporta di
norma nei casi di evidenza di frode:
• Compagnia che archivia semplicemente il caso, ritenendo sufficiente il
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non aver pagato il singolo evento, se si ritira la denuncia;
• Compagnia che valuta il beneficio tra un modesto risarcimento e la
causa;
• Compagnia che procede invece penalmente e indipendentemente dalla
somma
Ho domandato se esistono a livello normativo, regole a cui le
compagnie assicurative devono far riferimento e che, in qualche modo,
rappresentano esse stesse dei “paletti” procedurali favorendo atteggiamenti
speculativi da parte del truffatore:
Ci si immagina spesso che le frodi assicurative siano casi evidenti di reato, ma spesso nella
casistica entrano comportamenti al limite del lecito e del legale, che spesso la norma, nelle sue
lacune o per sua stessa volontà, permette.
Alcune disposizioni normative possono essere utilizzate in maniera diretta
da chi cerca di commettere una frode ai danni delle assicurazioni, quindi
legittimando un comportamento “lecito”.
Un esempio citato dal Responsabile è l’utilizzo delle agevolazioni presenti
nel decreto Bersani-bis (d.l. 7/2007), chiamato anche decreto Liberalizzazioni,
convertito poi nella legge 40/07.
La legge Bersani ha regolamentato molte materie tra cui le assicurazioni,
normando:
• Possibilità del plurimandato per gli agenti;
• Validità della classe di merito acquisita e valida per 5 anni;
• Mantenimento della classe di merito sul secondo veicolo, nuovo o usato
che sia, se intestato alla stessa persona o ad un parente convivente e risultante
dallo stato di famiglia;
• Variazione della classe di merito a seguito di sinistro accertato e
liquidato.
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L’agevolazione Bersani deve essere espressamente richiesta all’atto di
stipula dell’assicurazione e viene evidenziata sulla polizza rilasciata; il
proprietario del veicolo da assicurare attraverso l’applicazione della legge, e
quello del veicolo già assicurato del quale si vuole ereditare la classe di merito,
devono necessariamente essere la stessa persona, o, il secondo soggetto può essere
costituito appunto anche da un parente, purché presente all’interno del nucleo
familiare.
Nonostante sia uno strumento di legge, il profilo di rischio “ereditato”
sicuramente non è rapportato all’effettiva esperienza di guidatore: questo sistema
può essere letto come un potenziale strumento per frodare le compagnie
assicurative?
Un neopatentato che si assicura per la prima volta dovrebbe entrare in
quattordicesima classe (le classi di merito si estendono da 1 a 18) con un esborso
di premio particolarmente oneroso.
Utilizzando l’attestato di rischio di un parente, statisticamente guidatore
virtuoso, acquisisce una classe di merito sicuramente migliore e pagando un
premio decisamente inferiore.
Dove si può quindi ravvisare un utilizzo fraudolento di questa agevolazione
normativa?
In questo caso, è lampante che il rischio di sinistro sia di gran lunga più alto
di quanto la classe di rischio dimostra, essendo connaturato alla mancanza di
esperienza del guidatore assicurato; assodato quest’aspetto, esistono ambiti per un
utilizzo spregiudicato? E se sì, quali?
Il manager mi ha citato un caso realmente accaduto:
Un’assicurata neo-patentata si avvale della legge Bersani e viene assicurata in classe
prima, grazie all’ attestato di rischio del padre. Successivamente, commette cinque sinistri
nell’arco di un anno nella compagnia precedente che, ovviamente, disdice la polizza per
sinistrosità, alla scadenza.
Dopodiché, la cliente si assicurata presso la nostra compagnia presentando l’attestato di
rischio del fratello e quindi “ripulendo” completamente il suo passato automobilistico.
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Fare richiesta dell’applicazione offerta dall’agevolazione della legge
Bersani utilizzando un altro componente del nucleo familiare, come in questo
caso, risulta essere “un escamotage nell’escamotage”; infatti, come prescrive la
suddetta legge, la cliente avrebbe dovuto avere una variazione di classe di merito
a causa dei sinistri, che avviene quando il cliente è il responsabile principale del
sinistro.
L’impatto più evidente, come già detto, è sicuramente il fatto che il
pagamento di un premio assicurativo basso non compensa il grado di rischio di
questa tipologia di cliente.
Un altro “trucco” che ha utilizzato la protagonista di questo caso, ma che
purtroppo avviene spesso, è denunciare il sinistro tardivamente a cavallo di fine
d’anno, così da non farlo risultare nell’anno di accadimento e non far scattare
l’aumento di classe di merito, da evidenziare nell’attestato di rischio.
Questo implica la possibilità di migrare il contratto presso altre compagnie,
avendo diritto alla stessa classe di merito bassa almeno per un altro anno.
Il comportamento appare immediatamente sospetto dato l’alto numero di
incidenti della cliente e la reiterazione anche nella seconda compagnia; il tutto
emerge chiaramente dalle indagini investigative: senza ombra di dubbio il
comportamento della cliente può essere definito fraudolento.
Nell’analisi del fascicolo della cliente, le dinamiche di sinistro appaiono
pressoché identiche e vengono puntualmente confermate dalla controparte.
Da ciò, è automatico dedurre che esista della complicità a fini criminosi con
altri soggetti.
Purtroppo, essendo uno strumento di legge, l’applicazione della legge
Bersani non pone alcuna via d’uscita alle compagnie, le quali hanno l’obbligo di
assicurare i clienti per la responsabilità civile;
un’azione preventiva può perciò avvenire solo nel post-vendita, disdettando la polizza dopo
un anno, a seguito di verifica di sinistri sospetti e quindi di legittima motivazione, evitando così la
reiterazione del reato.
Ma si può definire propriamente “frode”? Forse no - tecnicamente - ma il
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modus operandi è riconducibile alla regia di un truffatore.
Il sottile confine tra lecito e illecito in questo caso è particolarmente
evidente.
Un altro strumento “legale” che si presta però a speculazioni sui sinistri è la
cessione del credito: il cliente seleziona il suo carrozziere di fiducia, gli cede il
credito e ritira l’auto riparata senza pagare.
Alcune compagnie cercano di vietare l’utilizzo della cessione di credito; il
carrozziere alla fine della riparazione dovrebbe, nella prassi corretta, concordare il
danno con il perito dell’assicurazione e chiedere il saldo al cliente che, a sua volta,
otterrebbe il risarcimento dalla compagnia dopo 30 giorni (nel caso di Card -
doppia firma) o dopo 60 giorni (nel caso di assenza di Card).
Il cliente deve quindi anticipare la riparazione, oppure in molti casi non fa
riparare l’auto, e si “intasca” il risarcimento.
Dati gli alti costi di alcune riparazioni, una mancanza di liquidità economica
generalizzata e soprattutto la piaga dei carrozzieri che sfruttano questa situazione
di crisi, qualcuno ci specula anche troppo, sia al nord che al sud.
La cessione di credito è stata additata come una causa dell’aumento dei
premi assicurativi, dato che spesso vengono utilizzati legali per recuperare il
credito: siamo nella frode conclamata?
Anche in questo caso non esiste un atteggiamento illegale tout court, ma
sicuramente c’è un modus operandi al limite della frode, che permette di
arricchirsi maggiormente a danno delle compagnie assicurative.
L’unica soluzione possibile è cercare di attivare convenzioni con carrozzerie
autorizzate a cui indirizzare i clienti, così da verificare il reale flusso del
risarcimento.
Difatti, il risarcimento in forma specifica prevede l’obbligo per il cliente di
rivolgersi ad un’officina convenzionata con la propria compagnia assicurativa per
far riparare il mezzo danneggiato.
In tal modo non vi è circolazione di denaro con l’assicurato, che se è in
buona fede avrà tutto l’interesse a vedere riparato il proprio veicolo e nel minor
tempo possibile.