La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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resistendo ad ogni influenza esterna; sia le caratteristiche dei sistemi aperti, poiché
indubbiamente si modificano in continuo rapporto con l’ambiente che lo circonda.
Come sistema chiuso, il sistema si autoregola, cioè mette in atto reazioni che
cercano di riportare il sistema allo stato iniziale dopo ogni perturbazione
(omeostasi). Nei sistemi sociali questa perturbazione è data essenzialmente
dall’informazione.
Come sistema aperto il sistema sociale è caratterizzato dalla sua capacità di
recepire ed accettare l’informazione esterna, di elaborarla, di realizzare i propri
fini o di modificarli; esso vive il cambiamento come nutrimento che mantiene la
sua identità integrando le differenze.
Nella teoria marxista il cambiamento all’interno dei sistemi sociali è concepito
come rottura, sovvertimento radicale, esprimibile in un generico “atteggiamento
contro il sistema”. Inoltre racchiude in sé elementi estremamente contraddittori;
infatti per poter modificare un sistema sociale chiuso, si propone un modello che è
anche esso un sistema chiuso, senza conflitti, con assoluta chiusura ad altre
informazioni che non siano quelle permesse dal sistema dottrinale. L’ipotesi
centrale della sua azione è che la trasformazione delle strutture è dominante
rispetto al cambiamento individuale.
L’approccio psicoanalitico si occupa del cambiamento individuale. Le strutture
che il cambiamento mira a coinvolgere sono quelle delle personalità: l’Io, il
Superio, l’ES ed i loro rapporti.
L’Io si può riferire al concetto di sistema aperto: esso è sensibile agli influssi degli
altri due sistemi e tende a mantenerli in equilibrio mediante una costante azione di
regolazione, attraverso il principio della realtà.
Il Superio può assimilarsi ad un sistema chiuso; esso tende a chiudersi ad ogni
influsso perturbatore della realtà per un mondo di “modelli” che il sociale ha
costituito nell’individuo, attraverso il condizionamento.
L’ES è il non-sistema, ciò che è disorganizzato, caotico, in continuo movimento e
cambiamento. Esso tende alla stasi, alla quiete immobile del sistema chiuso.
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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L’analisi che è la forma terapeutica, cioè di cambiamento, propri della psicoanalisi
mira appunto a portare chiarezza nella confusione tra immaginario e realtà, a
spezzare la ripetizione, a procedere ad un’azione di cambiamento sul mondo reale.
Scopo molto difficile da conseguire perché non sempre l’analisi raggiunge gli
obiettivi che si era prefissa; molte volte l’ambiente esterno all’individuo riprende
il sopravvento, poiché esso in genere presenta ai cambiamenti una inerzia più forte
di quella individuale.
Secondo Butera
2
vi sono due qualità principali di cambiamento, quello cumulativo
e quello di modello, la differenza tra questi tipi di cambiamento sta nel modo di
vedere l’organizzazione.
Il cambiamento cumulativo è il mutamento delle tecniche specifiche di gestione
dell’azienda. Presuppone che l’organizzazione sia una serie di norme e tecniche
che riguardano la divisione del lavoro e della responsabilità (struttura), i
meccanismi di connessione tra uomini e macchine, la gestione delle operazioni
tecniche e sociali. Queste norme devono essere coerenti tra di loro e adeguate alla
natura degli obiettivi e delle risorse che vengono organizzate.
Nel cambiamento di modello l’organizzazione è vista come un modello di
governo con il quale si tenta di ricondurre ad unità una serie di elementi dispersi.
La natura dei cambiamenti può riguardare diversi aspetti. Oggetto di questo
processo possono essere le attività lavorative, i confini organizzativi, le strutture
organizzative o la professionalità e le competenze delle risorse umane.
Non è possibile dare una definizione univoca e definitiva di cambiamento, diversi
sono stati gli autori, ma una possibilità di modello è lontana.
2
Cfr. F. Butera, L’orologio e l’organismo: il cambiamento della grande impresa in Italia, Franco
Angeli, Milano, 1992
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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4
Tra i diversi contributi ricordiamo:
Il cambiamento è un processo volontario e collaborativo per risolvere un
problema o, in via più generale, per programmare ed attuare un miglior
funzionamento delle organizzazioni.
3
Il cambiamento è trasformazione di un sistema d’azione… una operazione che
mette in gioco la capacità di gruppi diversi, impegnati in un sistema complesso, a
collaborare in modo diverso nella stessa azione… una scoperta ed una costruzione
umana… la rottura di circoli viziosi già istituiti.
4
Il cambiamento è mutamento dei ruoli e delle relazioni proprie dei ruoli e quindi
anche delle mansioni e dei rapporti personali di coloro che li esplicano.
5
Il cambiamento è un fenomeno che ha un aspetto tecnico ed un aspetto sociale:
l’aspetto tecnico del cambiamento consiste nel realizzare una modificazione nei
consueti procedimenti meccanici del lavoro… l’aspetto sociale del cambiamento si
riferisce al modo in cui le persone, che sono direttamente coinvolte nello stesso
processo di cambiamento, pensano che esso modificherà le loro radicate relazioni
nell’organizzazione.
6
Il cambiamento ha due fonti: …mutato input dall’ambiente esterno che include il
super sistema dell’organizzazione… tensioni interne al sistema o squilibrio.
7
Il cambiamento è maggiore se: l’organizzazione ha alle spalle una storia breve…
se la sua struttura formale si propone di trarre profitto da nuove possibilità di
mercato… se ha un’alta rotazione di personale… se i suoi membri sono
palesemente insoddisfatti l’uno dell’altro… se ha dei leaders che amano il
rischio.
8
3
Cfr. W. G. Bennis, Lo sviluppo organizzativo, Etas, Milano 1972 (ed. or. 1969)
4
Cfr. M. Crozier, E. Friedberg, Attore sociale e sistema: sociologia dell’azione organizzata, Etas
Libri, Milano 1978 (ed. or. 1977)
5
Cfr. A.K. Rice, L’impresa e il suo ambiente, Angeli, Milano 1974 (ed. or. 1963)
6
Cfr P.R. Lawrence, “How to deal with resistence to change”, Harvard Business Review, 1954
7
Cfr P. Katz, R. Kahn, Psicologia sociale dell’organizzazione, Etas Libri, Milano, 1968 (ed. or.
1966)
8
Cfr. C. Sofer, L’organizzazione dal vivo, Angeli, Milano, 1973 (ed. or. 1963)
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5
Più che di diverse definizioni si può parlare di “tautologie definitorie”
9
, di
prodromi di quelle che sono le teorie più recenti del cambiamento organizzativo.
Si deve riconoscere a Sofer di aver introdotto la natura dinamica del percorso
tramite una visione longitudinale del cambiamento.
Crozier e Friedberg, a loro volta, collocano il soggetto al centro del processo
facendo emergere la natura soggettiva del cambiamento.
Si vengono a definire due paradigmi contrapposti, il primo in cui “la
denominazione cambiamento organizzativo per riferirsi a mutamenti pianificati e
deliberati compiuti per modificare il funzionamento del sistema organizzativo
globale o dei suoi sottosistemi significativi alla ricerca di una efficacia sempre
maggiore”.
10
Questo viene definito paradigma della “razionalità progettuale”, il cambiamento
viene considerato come un atto intenzionale, programmato per rispondere alle
esigenze del sistema organizzativo considerato. Questo tipo di intervento necessita
di abilità tecnica nel progettare prima razionalmente e attuare poi interventi
trasformativi coerenti con gli obiettivi iniziali.
L’altro paradigma si pone su un altro piano. È riconoscibile nella prospettiva
ciclica di Greiner
11
, e nella dinamica tra integrazione e differenziazione di
Lawrence e Lorsch
12
, in particolare nel concetto di “proprietà morfogenetica”
13
.
Secondo questa proprietà i sistemi cambiano nel tempo in modo discontinuo,
alternando fasi in cui il cambiamento viene metabolizzato dalle strutture
preesistenti e si limita a modificazioni adattive di poco rilievo; e fasi in cui esso
investe invece il nucleo centrale e la funzione stessa del sistema, determinando la
crisi del vecchio sistema e la produzione di uno nuovo.
9
G.P. Quaglino, Figure del cambiamento organizzativo, Tirrenia, Torino, 1987
10
S. Salvemini, La gestione del cambiamento organizzativo, “Sviluppo e Organizzazione”, n. 63,
1981
11
Per approfondimenti vedi L. E. Greiner, Evoluzione e rivoluzione nelle organizzazioni che si
espandono, “L’impresa”, vol. 14, n. 5, 1972 (ed. or. 1972)
12
Per approfondimenti vedi P.R. Lawrence, J.W. Lorsch, Diagnosi dello sviluppo delle
organizzazioni, Etas, Milano, 1972
13
Per approfondimenti vedi M. Rispoli, L’impresa industriale: economia, tecnologia, management,
Il Mulino, Bologna, 1989
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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6
È grazie a questa abilità di modificarsi che: “questo semicaotico, semipianificato
processo di autocorrezione ed auto modificazione che dà alle organizzazioni le
proprietà morfogeniche che le rendono un mezzo così flessibile e potente per
l’uomo da permettergli di estendere il proprio controllo sull’ambiente che lo
circonda ”.
14
Si delinea così il secondo paradigma definibile del “divenire vitale” che trova
espressione nelle “riflessioni sul cambiamento organizzativo” di March
15
.
Tra le riflessioni citiamo:
Riflessione 1: le organizzazione cambiano in continuazione, seguendo una
routine, con facilità, rispondendo a stimoli; ma il cambiamento di regola non può
essere controllato nel modo voluto.
Riflessione 4: sebbene la risposta dell’organizzazione ai mutamenti ambientali sia
in gran parte adattiva e prevalentemente di routine, tale risposta avviene in modo
imprevedibile. Ne risulta che processi banali conducano talvolta a risultati
sorprendenti.
Riflessione 5: l’adattamento a un ambiente mutevole comporta una combinazione
di razionalità e di insensatezza.
Ed è proprio in questa riflessione che emerge l’idea del cambiamento come
dimensione fondamentale dell’esistenza delle organizzazioni cioè del
cambiamento come evento di routine.
È possibile integrare questi paradigmi antitetici tra loro introducendo un terzo
paradigma. Quaglino spiega il funzionamento delle organizzazioni come prodotto
delle interazioni tra struttura sociale, personalità individuale e cultura accumulata
dall’organizzazione. (vedi figura 1).
14
P.R. Lawrence, J.W. Lorsch, op. cit.
15
J. G. March, Footnotes to Organizational Change, Administrative Science Quarterly, dicembre
1981 (trad. It. Riflessioni sul cambiamento organizzativo,Problemi di gestione, 1983)
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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Figura 1. Paradigma dell’orientamento al processo
Azioni finalizzate
di cambiamento
Accumulo e
Cambiamento trasformazioni
organizzativo della cultura
organizzativa
Processi di trasformazione negli
individui (bisogni, progetti, resistenze)
Fonte: G.P. Quaglino
Nel cambiamento emergono l’interezza sistemica tra la dimensione del progetto
razionale dell’universo motivazionale ed emozionale degli individui che animano
l’organizzazione stessa, nonché, del processo di sedimentazione del sistema di
valori e norme prodotto dal continuo rapporto tra individui e organizzazione.
In questo paradigma, definibile come “orientamento al processo”, l’orientamento
si sposta sulla dimensione del processo di cambiamento, inteso come fenomeno
multidimensionale e complesso, nel quale interagiscono spinte e resistenze spesso
di natura contraria.
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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1.2 Modelli e fasi
Le organizzazioni sono coinvolte in numerosi cambiamenti nel proprio ambiente,
di conseguenza per avere o continuare a sopravvivere devono essere capaci di
adattarsi a queste trasformazioni. Esistono diversi modelli per comprendere e
condurre il processo di cambiamento verso i risultati prefissati.
Costruire uno schema implica far emergere all’interno del cambiamento una
pluralità di forme, di livelli, tipi, espressione di un principio o criterio qualunque
d’ordine gerarchico. Non esiste un modello unico e valido per ogni situazione, di
seguito ne verranno presentati alcuni:
Approccio della distribuzione del potere
16
;
I quasi-modelli
17
;
Autostima e cambiamento
18
;
Modello dell’adattamento organizzativo
19
;
Matrice spinte-resistenze
20
;
Modello dinamico
21
;
Il Business Process Reengineering.
16
Cfr. L. E. Greiner, Modelli di cambiamento organizzativo, Problemi di gestione, n. 5 special,
1994
17
G.P. Quaglino, Figure del cambiamento organizzativo, Tirrenia, Torino, 1987
18
Cfr. G. Wilson, Attuare il cambiamento organizzativo. Una guida passo dopo passo per la
ristrutturazione aziendale, Jackson libri, Milano, 1995
19
Tosi, Pilati, Mero, Rizzo, Comportamento organizzativo, EGEA, Milano, 2002
20
Cfr. R. Mercurio, F. Testa, Organizzazione, assetto e relazioni nel sistema di business,
Giappichelli, Torino, 2000
21
Cfr. L. Solari, Cambiamento organizzativo, Sviluppo & organizzazione, 2003
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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1.2.1 Approccio della distribuzione del potere
Secondo Greiner
22
, considerando i modelli più seguiti per attivare i mutamenti
organizzativi, si può osservare la loro collocazione in un ipotetico continuum che
rappresenta la distribuzione di potere. Ad un estremo si posizionano i modelli che
si basano sull’autorità unilaterale; all’estremo opposto sono posizionati gli
approcci che prevedono la massima delega. In una posizione più moderata si
trovano quei modi di affrontare il problema che hanno natura partecipativa.
Nella posizione dell’autorità unilaterale il cambiamento organizzativo viene
effettuato ponendo l’accento sull’autorità legata alla posizione gerarchica di un
individuo nell’azienda. In questo caso la definizione e la soluzione del problema
da affrontare tendono ad essere formulate dai livelli gerarchici più elevati e
trasmesse verso il basso con l’impiego di sistemi di controllo formali ed
impersonali. Per Greiner questo modo di procedere assume tre forme diverse.
Con ordini di servizio o per decreto. È sostanzialmente una dichiarazione a
senso unico diretta verso il basso ai livelli organizzativi inferiori. In genere
l’approccio è impersonale, formale e orientato al compito. Presuppone che
i dipendenti vengano guidati da indicazioni autoritarie, e che adeguino il
proprio comportamento consapevoli che si potranno raggiungere risultati
efficaci seguendo le disposizioni impartite.
Per sostituzione. Vi si fa spesso ricorso quando l’ordine di servizio non
raggiunge lo scopo e comporta la sostituzione di persone in posizione
chiave. Si fonda sul presupposto che i problemi di organizzazione tendono
a concentrarsi attorno a pochi individui in posizioni strategiche e che la
sostituzione di tali elementi porterà a trasformazioni drastiche e radicali.
Anche questo processo parte dall’alto, ma tende ad avere un carattere più
personale rispetto al precedente.
22
Cfr. L. E. Greiner, Modelli di cambiamento organizzativo, Problemi di gestione, n. 5 special,
1994
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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10
Per struttura. Questo modo di procedere, nella sua forma primitiva dava
luogo all’approccio altamente razionale in relazione sia alla progettazione
dell’organizzazione formale, sia al layout della tecnologia. Il presupposto
di base in questo caso era che gli individui si comportassero in stretto
accordo con la struttura e le tecnologie ad essi proposte. Presentava però
gravi inconvenienti poiché non sempre ciò che in teoria era valido trovava
riscontro nel momento in cui veniva messo in pratica. A motivo della
maggior considerazione degli effetti della struttura sull’individuo, possono
forse essere definiti più personali, più sottili e meno autoritari
dell’approccio sia per decreto che per sostituzione.
Nella posizione centrale del continuum sulla distribuzione del potere, si trovano
gli approcci fondati sulla partecipazione, nei quali l’autorità è ancora presente ed
operante, ma vi è anche interazione e condivisione del potere. Questo modo di
procedere può assumere due forme.
Con gruppi che prendono decisioni. I problemi tendono ad essere definiti
unilateralmente ad alto livello, ma i gruppi inferiori sono di solito lasciati
liberi di formulare decisioni alternative e di scegliere tra di esse. Il
presupposto fondamentale è che gli individui sviluppino maggiore
impegno nell’agire quando hanno partecipato alle decisioni che li
riguardano. Ne risulta una condivisione del potere tra capi e dipendenti,
nonostante vi sia una divisione di compiti tra quanti definiscono i problemi
e quanti ne sviluppano le soluzioni.
Con gruppi che risolvono i problemi. Con questo metodo sia le definizione
che la soluzione dei problemi hanno luogo nel contesto di discussione del
gruppo. Il potere risulta condiviso durante tutto il processo di decisione. I
livelli inferiori hanno maggiori opportunità di partecipare alla definizione
del problema. Il presupposto di questo modo di procedere è che
l’individuo si sente maggiormente impegnato non solo per il fatto che ha
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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11
un ruolo maggiore nelle decisioni, ma anche perché dà un importante
contributo alla definizione del problema.
All’estremo opposto rispetto all’autorità delegante si trova la delega dei
provvedimenti di riorganizzazione, dove la responsabilità della definizione e
risoluzione dei problemi viene attribuita quasi completamente ai dipendenti.
Anche questo metodo si presenta in due forme.
Discussione dei casi. Questo metodo si concentra più sull’acquisizione di
conoscenze e di abilità che sulla soluzione di problemi specifici. Chi guida
la discussione del gruppo stimola i singoli partecipanti a sviluppare
un’analisi personale e ad utilizzarla come meglio credono. Il presupposto
implicito in questo metodo è che gli individui, nel corso di discussioni su
situazioni concrete, sviluppino una capacità generica di risolvere problemi
tale da poterli aiutare nell’attuazione di successivi interventi di
cambiamento organizzativo.
T-Group. Questa tecnica mira principalmente ad aumentare la
consapevolezza di sé e la sensibilità per i processi sociali di gruppo. Gli
elementi della discussione sono tipicamente costituiti dalle relazioni
interpersonali degli individui all’interno del gruppo. Il presupposto
fondamentale cui si rifà questo metodo è che l’esposizione a una
situazione non strutturata permetta il libero sfogo di energie emozionali
inconsce da parte degli individui e che questo fatto, a sua volta, li induca
all’autoanalisi, alla comprensione e al cambiamento del proprio
comportamento. L’autorità viene delegata al gruppo in misura assai
superiore agli altri metodi e ci si attende che il gruppo stesso stabilisca le
modalità di azione in un’atmosfera altamente informale e di rapporti
prettamente interpersonali.
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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12
Per riuscire a determinare se esistono alcuni elementi nei mutamenti organizzativi
che si distinguono dal complesso dei caratteri peculiari ad una sola azienda, sono
state esaminate diciotto esperienze di interventi organizzativi. In particolare si
voleva vedere se esistevano delle analogie e/o delle differenze fra tali studi.
Tenendo conto degli elementi forniti dalle esperienze positive, i processi di
cambiamento sono stati suddivisi in sei fasi, ciascuna delle quali comprende uno
stimolo specifico e la relativa reazione, che appaiono fattori decisivi nel far
muovere la struttura di potere da una fase all’altra. (Vedi figura 2).
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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Figura 2: schema del processo di cambiamento
Fase 1
Stimolo Pressione Fase 2
sulla sull’alta Fase 3
struttura direzione Intervento del Fase 4
di potere Attuazione consulente Fase 5
al vertice
Fase 6
Riconsiderazione Diagnosi delle
Reazione dei problemi aree di problemi
della interni
struttura Individuazione Ricerca delle
di potere dei problemi nuove soluzioni
specifici
Coinvolgimento Sperimentazione
verso i nuovi
corsi di azione
Ricerca Rinforzo
d sulti
Accettazione
della nuova
prassi
Fonte: L. E. Greiner op. Cit.
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
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1.2.2 I quasi modelli
Come già esposto voler creare uno schema di cambiamento vuol dire distinguere
all’interno dello stesso una pluralità di forme, dimensioni e livelli. Tale pluralità
in ogni caso si riassume nella distinzione tra due tipi di cambiamento. Molti
contributi, per gran parte rivisitati e selezionati da Levy
23
, sono strutturati secondo
questa dicotomia. Alcune distinzioni sono fondate su un criterio dimensionale.
23
A. Levy, Second-order planned change: definition and conceptualization, Organizational
Dynamics, 1986
La formazione nei processi di cambiamento organizzativo. Il caso Inps
__________________________________________________________
15
24
G. Vickers, The art of judgment, Basic Book, New York, 1965.
25
L. Gerlack, V. Hines, The dynamics of change in America, University of Minneapolis Press,
1973.
26
S. Grabow, A. Heskin, Foundations for a radical concept of planning, Journal of the American
Institute of Planners, 1973.
27
A. Sheldon, Organizational paradigms: a theory of organizational change, Organizational
Dynamics,1980.
CAMBIAMENTO
ESECUTIVO:
attuare le strategie per mantenere
l’adattamento delle operazioni in
linea con le relazioni e le norme
di standard prefissate.
VICKERS
24
(1965)
CAMBIAMENTO STRATEGICO:
definire e costruire un nuovo
sistema di valori.
CAMBIAMENTO
EVOLUTIVO:
è un cambiamento all’interno di
un processo del sistema sociale
che aggiunge o migliora
elementi invece di sostituirne
alcuni che sono chiave.
GERLACH
e HINES
25
(1973)
CAMBIAMENTO
RIVOLUZIONARIO:
è un cambiamento che sostituisce
obiettivi completamente differenti
portando il sistema in una direzione
diversa
CAMBIAMENTO
RAZIONALE:
non c’è cambiamento nella
struttura interna perché non si
mettono in discussione le
caratteristiche fondamentali su
cui è basata l’attività
GRABOW
e HESKIN
26
(1973)
CAMBIAMENTO RADICALE:
è un cambiamento di paradigma e
del sistema.
CAMBIAMENTO NORMALE:
l’adattamento tra
l’organizzazione, il suo ambiente
e le sue componenti
è raramente perfetto così le
organizzazioni passano
costantemente da una
dimensione all’altra.
SHELDON
(1980)
27
CAMBIAMENTO DI
PARADIGMA:
implica alcune o tutte le dimensioni
in una volta.
Cambiamento radicale nel mondo e
nella visione del mondo.